Prima sentenza a nove anni dall’orrore di Malatya

By 13 Febbraio 2016Dicembre 17th, 2020Chiesa Perseguitata

ISTANBUL – A nove anni di distanza dai tragici fatti di Malatya, dove un gruppo di estremisti turchi torturò e uccise tre missionari evangelici, il tribunale locale ha emesso una prima sentenza che denuncia gravi carenze da parte dell’apparato pubblico nella prevenzione, e dispone per questo un rimborso danni alle famiglie delle vittime.

L’aggressione ai tre cristiani avvenne il 18 aprile 2007 nella sede della piccola casa editrice evangelica Zirve a Malatya, nella Turchia sud-orientale. Cinque giovani ultranazionalisti uccisero Ugur Yüksel, 32 anni, e Necati Aydin, pastore di una comunità locale, 36 anni, entrambi turchi convertiti al cristianesimo dall’islam, e Tilmann Geske, missionario tedesco, 45 anni. I cristiani subirono un interrogatorio sulle loro attività, poi furono legati e sgozzati. Altri cristiani dichiararono che i giovani assassini avevano in precedenza frequentato gli evangelici uccisi che normalmente nella sede della casa editrice Zirve tenevano studi biblici.

Susanne Geske, vedova del missionario tedesco Tilmann Geske, ha spiegato all’agenzia Morning Star News che le cause civili portano a qualche risultato, al contrario di quelle penali; per questo nel 2008 la sua famiglia e altri coinvolti nel caso decisero di intentare una causa civile parallelamente al processo penale.

Il 26 gennaio di quest’anno finalmente un tribunale di Malatya si è pronunciato su un risarcimento danni che il Ministero dell’interno dovrebbe suddividere tra le famiglie dei tre uccisi: Susanne Geske, vedova di Tilmann Geske e i suoi figli, la moglie di Necati Aydin e il padre di Ugur Yüksel.

Susanne Geske dopo la sentenza ha dichiarato al Morning Star News di non riuscire a concepire l’idea di una compensazione in denaro per la morte del marito e padre dei suoi figli: «Non è certamente il denaro che può restituirlo o colmarne la perdita», ha detto, aggiungendo che oltretutto un ricorso in appello da parte del governo potrebbe far trascinare la questione per anni prima di una vera conclusione del processo; inoltre ha rilevato che tra tasse, imposte e spese legali la somma che spetterebbe ai familiari delle vittime risulterebbe molto modesta.

Come denunciato da Susanne Geske, il processo penale ai cinque accusati di omicidio è proseguito a fatica, rivelandosi complicato benché la polizia avesse arrestato i cinque giovani ultranazionalisti autori dei delitti quasi subito dopo il fatto: i giudici furono sostituiti almeno due volte, i pubblici ministeri quattro volte, alcuni testimoni citati al processo rifiutarono di presentarsi senza addurre un motivo legittimo e senza essere perseguiti. I ritardi maggiori, però, furono causati da un tentativo di esplorare i legami tra la vicenda e un presunto tentativo dell’esercito turco di sovvertire il governo del Paese, collegamento che portò a testimoniare tutta una nuova schiera di testimoni fra i quali numerosi militari.

A margine del processo penale, inoltre, il 10 marzo 2014 è capitato un fatto particolarmente inquietante per le famiglie delle vittime e per tutti i cristiani locali: il rilascio su cauzione dei cinque accusati per effetto di una riforma di legge che riduceva il periodo di detenzione preventiva da dieci a cinque anni. Non stupisce che il 5 gennaio scorso durante un’udienza penale Susanne Geske abbia espresso alla corte la sua frustrazione per i tempi d’attesa di un verdetto. [gp]

Notizia correlata di evangelici.net (anno 2007)

(nella foto di Morning Star News: Susanne Geske alla commemorazione di uno dei cristiani uccisi)

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