Il sabato africano di Porte Aperte

By 3 Maggio 2014Chiesa Perseguitata

RIMINI – È la cintura del Sahel la nuova area di persecuzione per i cristiani, su cui probabilmente bisognerà concentrare l’attenzione nei prossimi anni: è una delle notizie più significative emerse nella seconda giornata di lavori al 30.mo convegno nazionale di Porte Aperte, a margine del bilancio annuale delle zone più critiche per i cristiani. Una presenza difficile in decine di Paesi del mondo, che vede una recrudescenza particolare nel continente africano.
Porte Aperte, ha confermato lo staff presentando la situazione, continua la sua azione di sostegno ai cristiani perseguitati e di sensibilizzazione verso i credenti della chiesa occidentale e i media; per farlo tiene costantemente aggiornata la World Watch List valutando il grado di disagio per i cristiani attraverso quattro elementi che, in ordine di gravità, sono stati approfonditi nel corso della sessione.

Gradi di persecuzione. Il primo elemento su cui si basa la valutazione è il grado di opposizione che un cristiano incontra. «L’opposizione – ha spiegato lo staff – non uccide in senso stretto, ma sfianca e scoraggia il credente attraverso azioni sociali come gli insulti o la derisione».

Il secondo elemento da considerare è la disinformazione verso i cristiani, che compromette la reputazione del credente nel suo contesto lavorativo e familiare. La disinformazione crea una cultura del risentimento e dell’intolleranza verso una realtà religiosa che viene vista come estranea e in opposizione alla propria, creando una cultura del “noi contro loro”.

Il terzo elemento è l’ingiustizia. «La disinformazione prolungata – ha spiegato ancora lo staff – porta il credente ad accettare suo malgrado ogni forma di ingiustizia, dai divieti arbitrari al rifiuto di vedersi prestare cure mediche, fino all’esclusione del cristiano dalla società locale».

Il quarto e ultimo elemento di valutazione, il più grave, è la violenza fisica: rapimenti, conversioni forzate, omicidi, strategie di sottomissione utilizzate in particolare nei confronti delle donne. Le 187 ragazze nigeriane ancora in mano a Boko Haram sono solo ultimo, forse il più eclatante caso giunto all’attenzione dei media, drammatica conclusione di un escalation di violenza estremista che, da novembre 2012 a marzo 2014 ha mietuto oltre duemila vittime e ha visto i cristiani sotto pressione in 16 dei 19 stati a maggioranza musulmana.

Le illusioni della Primavera araba. Dalla Nigeria all’Egitto, è toccato a Brother Michael raccontare le speranze deluse dalla Primavera araba: «dopo piazza Tahrir – ha spiegato il missionario – era forte la speranza di un nuovo corso e di una maggiore libertà per l’apertura di nuove chiese, opportunità prima limitata all’autorizzazione diretta del presidente stesso». Ma la speranza, dopo alcuni momenti di “felicità artificiale”, si è trasformata presto in delusione: i Fratelli Musulmani, organizzazione radicale islamica fuorilegge in Egitto per 85 anni, dopo la caduta di Mubarak si sono organizzati legalmente e, insieme ai salafiti, altro gruppo di estremisti radicali, ha iniziato a spadroneggiare, minacciando i cristiani e incendiando i loro beni.

«Rimanere? Emigrare? Come criticare – si è chiesto Michael – chi fa una scelta o l’altra? Possiamo solo alzare le nostre mani e dire “Ya’arab”, Signore mio».
E proprio con questa invocazione sulle labbra, nei mesi scorsi, in Egitto 45 mila cristiani hanno pregato per dodici ore consecutive: non chiedendo cambiamenti politici o un trattamento migliore, ma per invocare insieme, senza distinzioni denominazionali, “Ya’arab”: «perché se il Paese cambierà – ha commentato il Brother Michael – non succederà attraverso un nuovo sistema politico, ma perché la chiesa si metterà in preghiera».

Reagire o perdonare. Allo stesso tempo è stato necessario, per i cristiani egiziani, capire come comportarsi di fronte alle violenze: «Gli attacchi contro la chiesa egiziana – ha spiegato il missionario – sono stati l’occasione per dimostrare concretamente il significato del perdono cristiano. E in questo modo, rigettando i propositi di vendetta, la testimonianza della chiesa egiziana è stata moltiplicata».

Significativi, in questo senso, alcuni gesti specifici: sui resti di quello che era stato il muro di una chiesa incendiata dagli integralisti, i cristiani hanno scritto – «amate i vostri nemici». Di fronte a scritte volgari all’esterno di una sala di culto, i credenti hanno esposto uno striscione, scrivendo a caratteri cubitali: «noi perdoniamo». Una linea che ha sorpreso e spiazzato anche molti musulmani.

La vita in Corea. La mattinata si è conclusa con un salto ideale verso l’estremo Oriente con la presentazione del nuovo libro di Porte Aperte, Il paradiso dei Kim di Jan Vermeer (ed. Porte Aperte, 223 pp, 12 euro), la storia di Zhang, un cristiano nell’inferno della Corea del Nord.

Il dramma di Damaris. Nel pomeriggio Damaris ha approfondito la sua drammatica testimonianza: 42 anni, quattro figli, ha perso suo marito quattro anni fa durante un attentato di Boko Haram, e ha dovuto affrontare la prova sostenendo, contemporaneamente, le domande e le paure dei suoi bambini. «La chiesa si è stretta attorno a me e mi ha aiutato – ha raccontato -, ma solo Dio mi ha risollevato da una crisi che credevo insuperabile».

La vicenda di Damaris testimonia l’importanza di un sostegno a tutto tondo, da parte di Porte Aperte, alle diverse esigenze di chi subisce la persecuzione, e la necessità di sviluppare l’impegno non solo sul piano spirituale ma anche psicologico, economico, sociale, fisico.

Attività 2014. Nel corso del pomeriggio sono stati presentati anche i prossimi viaggi di Porte Aperte che, compatibilmente con la situazione internazionale del momento, nel 2014 faranno rotta verso Nordafrica e Sudamerica. Ma non solo: «Venite in Egitto – ha aggiunto Brother Michael -, abbiamo bisogno di cristiani che ci visitino e preghino sulle nostre strade».

Continuano, inoltre, la petizione Save Syria e l’attività degli ambasciatori di Porte Aperte, che coprono attualmente 160 chiese italiane.

Doveroso omaggio infine, in chiusura di sessione, ai collaboratori di Porte Aperte che nel mondo corrono seri rischi per aiutare i perseguitati e a volte non tornano a casa.

La serata. Doppio appuntamento serale a tema per gli ospiti di Porte Aperte. Per i giovani dai 14 ai 24 anni è stata studiata l’iniziativa “Segui la felpa grigia”, per aiutare a comprendere le difficoltà e i pericoli corsi dai cristiani che si riuniscono nei Paesi dove è vietato; per gli over 24, invece, concerto di Giuseppe De Chirico accompagnato da Stefano Rigamonti (piano), Luca Rigamonti e Lorena Genta (cori).

Chiude il lungo sabato di Porte Aperte la lunga catena di preghiera notturna per la Nigeria, in programma dalle 24 alle 5 in un ambiente più raccolto rispetto alle precedenti edizioni.

La domenica. Il 30.mo convegno si chiuderà nella mattinata di domenica con il consueto culto comunitario nel corso del quale si terrà la Santa Cena.

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nella foto, Giuseppe De Chirico e la band nel corso della serata

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