Settant’anni dopo la sua morte, avvenuta il 9 aprile 1945 nel campo di concentramento di Flossenbürg, Dietrich Bonhoeffer ha ancora molto da insegnare, anche alla teologia fondamentale cattolica. Non è un’affermazione da poco quella risuonata ieri sotto le volte della Pontificia Università Lateranense (Pul), l’ateneo del Papa, dove il teologo luterano che tanto ha influito sulla riflessione del Novecento è stato ricordato in occasione dell’anniversario del suo martirio. Come ha detto Giuseppe Lorizio, ordinario di teologia fondamentale proprio alla Pul, «il pensiero di Bonhoeffer ci mette in guardia dalla crisi del teocentrismo che si esprime nella morte di Dio»…
«L’uomo postmoderno – ha fatto notare Lorizio – vede il divino, lo cerca anche, ma lo percepisce spesso come un flusso di energia… Ma la spersonalizzazione di Dio non è certo un problema per lui, quanto per noi – ha detto il docente della Lateranense -, poiché comporta la spersonalizzazione dell’uomo, ridotto all’anonimato, in pratica a un numero». È la tragedia dei grandi totalitarismi che Bonhoeffer ha sperimentato sulla sua pelle, ma anche della società di massa del XXI secolo.
Mimmo Muolo – Bonhoeffer “postmoderno”
Avvenire, 22/4/2015