Dietrich Bonhoeffer, settant’anni fa il martirio

By 9 Aprile 2015Cultura

MILANO – Settant’anni fa, all’alba del 9 aprile 1945, con l’esecuzione nel lager di Flossenbürg si concludeva a 39 anni l’esperienza terrena del teologo evangelico Dietrich Bonhoeffer, pastore e teologo luterano, una delle figure più influenti del Novecento religioso europeo.

LA VITA – Nato nel 1906 a Breslavia (oggi in Polonia) Dietrich Bonhoeffer sviluppa un interesse verso il trascendente che lo porta a intraprendere gli studi teologici nelle Università di Tubinga e Berlino. Dopo la laurea diventa pastore della comunità luterana tedesca di Barcellona. Trascorso un anno di studi all’Union Theological Seminary di New York torna in patria nel 1931, dove diventa assistente all’Università di Berlino.
Bonhoeffer non tarda a manifestare la propria avversità nei confronti del regime nazionalsocialista e la propria opposizione, all’interno del mondo luterano, ai “cristiano tedeschi”, la parte della chiesa vicina al nazionalsocalismo.
Dopo alcuni anni trascorsi a Londra in qualità di pastore della locale comunità luterana di lingua tedesca, nel 1935 rientra in Germania dove collabora attivamente con il piccolo seminario teologico della “Chiesa confessante”, la parte della Chiesa luterana avversa al regime hitleriano e ai “cristiano tedeschi” condiscendenti con il nazismo, definita in questo modo in quanto “confessa” Gesù Cristo quale unico Signore della Chiesa.
La Chiesa confessante viene fortemente osteggiata da Hitler, le attività di Bonhoeffer sono fatte oggetto di provvedimenti sempre più restrittivi che culmineranno con il bando da Berlino, il divieto di insegnare all’università, di predicare e di pubblicare scritti e di parlare in pubblico. Nel 1939 si avvicina ad un gruppo di resistenza e cospirazione antinazista fino a essere coinvolto nel fallito attentato a Hitler del luglio 1944, organizzato da alcuni militari di alto grado della wehrmacht.
Poco dopo il suo fidanzamento ufficiale, nel marzo del 1943 Bonhoeffer viene arrestato per aver favorito la fuga di alcuni ebrei dalla Germania. Dopo l’attentato fallito al Führer passa in diversi luoghi di internamento fino al campo di concentramento di Flossenbürg dove, su ordine diretto di Hitler, verrà impiccato assieme ad altri cospiratori il 9 aprile 1945. Ventinove giorni più tardi la guerra finiva.

IL PENSIERO – Bonhoeffer è una figura molto apprezzata ancora oggi, anche fuori dal protestantesimo, non solo per la coraggiosa coerenza della propria fede fino al martirio, ma anche per la profondità della sua riflessione teologica, accompagnata dalla pratica della devozione cristiana fatta di meditazione biblica e di preghiera quotidiane. Uno dei punti principali del suo pensiero è infatti l’idea che non possa esistere una “religione senza fede”, ovvero l’adesione formale a una chiesa e a pratiche religiose e sociali senza un cammino personale al seguito di Cristo; non ha caso la sua opera più nota si intitola Sequela (1937), in cui sviluppa questo suo principio.
Un altro aspetto significativo del pensiero bonhoefferiano, testimoniato dalla sua stessa vita, è l’impegno diretto del cristiano nelle vicende temporali come conseguenza della fede. La Chiesa confessante si oppone al nazismo non per ragioni politiche ma religiose; per Bonhoeffer la Chiesa incarna pienamente Cristo sulla terra e per tale motivo non può avere altra autorità che Cristo stesso; Bonhoeffer combatte il nazismo perché lo considera incompatibile con il cristianesimo, e lo fa senza paura di “sporcarsi le mani” né di pagare il prezzo che questa scelta comporta. Ogni azione in lui è accompagnata dalla fede in Dio e nell’esistenza di una vita ultraterrena destinata a chi ha creduto: le sue ultime parole prima di salire al patibolo furono «È la fine, per me è l’inizio della vita». Bonhoeffer è il teologo protestante più letto e conosciuto in Italia, e a lui sono state dedicate strade, scuole e biblioteche.

SUI MEDIA – La ricorrenza non è stata dimenticata dai principali media italiani – cristiani e secolari – che hanno dedicato ampio spazio all’anniversario. Il Corriere della Sera affida il ricordo ad Alberto Melloni, che definisce il teologo “la cui figura e la cui opera segnano un prima e un dopo della storia del cristianesimo” e rileva come Bonhoeffer «non è un uomo costretto a vivere sotto il nazismo: avrebbe potuto restare negli Stati Uniti o a Londra, dove lo aveva portato il suo lavoro di teologo e dove sognò un concilio di tutte le Chiese per annunciare la pace di Cristo al mondo in delirio. Tornato in patria lavora nel seminario clandestino della Chiesa confessante», fino all’arresto del 5 aprile 1943 che «segna uno stacco nel modo di pensare Dio con una “fede concreta”».

Avvenire dedica una pagina all’anniversario; nel ricordo di Bonhoeffer Marco Roncalli inserisce nella rievocazione un dettaglio poco noto, il toccante racconto del medico del campo, testimone oculare delle ultime ore del condannato: «Attraverso la porta semiaperta in una stanza delle baracche vidi il Pastore Bonhoeffer, prima di levarsi la sua divisa carceraria, inginocchiarsi sul pavimento per pregare Dio con fervore. Fui profondamente toccato dal modo in cui questo uomo amabile pregava, così devoto e sicuro che Dio udisse la sua preghiera… Sul posto dell’esecuzione, disse un’altra breve preghiera e quindi salì gli scalini verso il patibolo, coraggioso e composto. La sua morte seguì dopo pochi secondi. Nei quasi cinquant’anni di professione medica, non ho mai visto un uomo morire così totalmente sottomesso alla volontà di Dio».
A chiudere lo spazio dedicato alla commemorazione, un inedito datato 26 novembre 1939, dedicato alla vittoria di Cristo sulla morte e alla “poca fede” che può sconfiggere i cristiani, brano contenuto in una nuova raccolta di scritti e interventi del teologo in uscita per Piemme.

Anche l’Osservatore romano sceglie di ricordare Bonhoeffer con l’anticipazione di un brano inedito dalla raccolta in uscita: in questo caso il testo riguarda la paura, “principale nemico” dei credenti, forza che «corrode e rosicchia di nascosto tutti i fili che ci uniscono al Signore e al prossimo».

Più organico l’intervento di Riforma, organo delle chiese protestanti italiane, che riflette sulle numerose ragioni che hanno portato Bonhoeffer a diventare «non solo un simbolo, ma addirittura un mito». Agli elementi più evidenti, come la difesa degli ebrei e lo stesso martirio, si aggiunge la sua critica «nei confronti di un protestantesimo esangue – scrive Fulvio Ferrario -, che utilizza le parole di Lutero sulla salvezza per grazia al fine di sottrarsi all’obbedienza quotidiana ai comandamenti; che straparla di «libertà evangelica» senza sapere che essa nasce dalla disciplina; che celebra la centralità della Bibbia senza una pratica quotidiana di lettura e di meditazione».

Bonhoeffer, spiega Ferrario, offre «la consapevolezza che un cristianesimo, e in particolare un protestantesimo, fatto di consuetudini e di acquisizioni culturali, anche sacrosante, non ha futuro, e nemmeno presente. Bonhoeffer aveva capito benissimo già negli anni Trenta quello che ad alcuni non è chiaro nemmeno ora, cioè che l’epoca di un protestantesimo nominale, che può permettersi di vivere, o almeno vivacchiare, contando sulla propria grande eredità è finita per sempre». E ben venga, dunque, «anche il mito di Bonhoeffer, se esso contribuisce a ricordarci quel che conta».

(parte storica a cura di Giambattista Mendicino)

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