Olanda, i calvinisti duri e puri snobbano la nazionale

By 11 Luglio 2010Rassegna Stampa

URK (OLANDA) – «La finale dei Mondiali? No, non la vedremo, perchè il calcio è commercio». In un’Olanda impazzita per la Coppa del Mondo, è quello che dice stamani il sacrestano di una chiesa calvinista in un polder dell’est, specchio dell’altro volto di un paese pieno di contraddizioni. A pochi chilometri dalle vetrine a luci rosse e dai coffe shop di Amsterdam c’è una terra immune dalla febbre arancione. È quella dei 650.000 seguaci delle “zwarte-kousenkerken”, le chiese delle calze nere, calvinisti puri e duri le cui origini affondano le radici nella guerra di indipendenza dalla Spagna del XVI secolo, che furono costretti a rifugiarsi ai limiti delle terre allora emerse per non farsi cattoliche. Sono comunità disseminate lungo la “Bijbelgorde”, la fascia della Bibbia che ricorda quella delle comunità amish degli Stati Uniti e che taglia il paese da ovest a est, dalla Zelanda alla regione dell’Overijssel, il “lago” dal quale ancora si strappano terre dal mare.

Uno dei villaggi chiave si chiama Urk: 15.718 abitanti, venti chiese, a un’ora di macchina a est di Amsterdam. Attività principali: pesca, agricoltura e lavoro in qualche industria vicina. Ma non la domenica. In questo paesino fatto di case basse addossate uno all’altra, con le strade fatte di mattoni, la domenica è strettamente riservata al Signore. Niente negozi, niente bar, niente ristoranti. Anche lo Sportcafè di Willem Barentsz in Meester Jansmastraat oggi è chiuso. È addobbato con una bandiera olandese e un festone arancione ma la porta è sbarrata. Le partite dell’Olanda di giorno feriale le hanno viste. Ma oggi no. E poco importa che sia giorno che fa storia. In strada poche persone. Le donne portano cappelli del XIX secolo. Gli uomini vestono di nero con camicia bianca. Tutti cortesi, ma riservatissimi. Anche parlare con i giornalisti viola il verbo.

La modernità è arrivata, sotto forma di internet e – naturalmente – di auto, pescherecci, navi, strumenti di lavoro. Ma il ritmo è ancora quello scandito dall’Antico Testamento. E quindi, la domenica, due funzioni religiose (alle 10 e alle 17) e il resto della giornata in casa. Al massimo, alla sera, visita agli anziani. «Noi pensiamo che la domenica debba essere il giorno del Signore. La gente non parlerà con voi perchè anche parlare con un giornalistà è un’attività…» spiega Klas Kramar, il sacrestano della Sionkerk che vede il football come attività commerciale.

Il biondo Martinus, 14 anni, però spezza l’incantesimo. A casa la televisione non ce l’ha. «Ma io le altre partite le ho viste in internet con il computer dei miei – racconta -. Oggi però non lo farò. Semmai capirò come sta andando perchè qualcuno la seguirà alla radio e magari suonerà la vuvuzuela». Non si sente diverso dagli altri. «La religione qui è molto importante e ne siamo fieri – spiega il ragazzo -. Io sono cresciuto qui e per me è normale così. Semmai è strano per voi che venite da fuori». Ma girando per le strade di Urk si finisce per incontrare anche la pecora nera. Ha 64 anni, si chiama Riekelt Brouwer e chiacchiera gravemente con due amici. Rispetta tutti i riti. «Ma stasera la partita me la guardo. Strettamente in privato, ma me la guardo». E strizza un occhio. Perché era dal 1978 che aspettava di sognare di nuovo.

da: Tuttosport
data: 11/7/2010

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