Contare i giorni

By 12 Dicembre 2014Spazio libri

Uno degli elementi più certi, nella vita di oggi, è il tempo: conosciamo esattamente giorno, mese, anno in cui viviamo, e siamo in grado di misurare ore, minuti e secondi di ogni attività. Oggi possiamo dare per scontata la certezza di una data, che ci permette di calcolare quanto abbiamo vissuto fino a quel momento e quanto manchi a una scadenza. Raramente ci soffermiamo a ragionare su due aspetti: in primo luogo il fatto che fino ad appena qualche generazione fa i punti di riferimento non erano così chiari e condivisi. E, in seconda battuta, che il calcolo del tempo adottato oggi universalmente ha una chiara origine cristiana, e nemmeno i più acerrimi oppositori sono riusciti, nel corso dei secoli, a invertire la tendenza.

A ricordarcelo con un breve saggio, documentato ma leggibilissimo, è Hans Maier, professore emerito dell’università di Monaco e per sedici anni ministro della cultura e dell’istruzione in Baviera. Contare i giorni, titolo che richiama un noto passo biblico, racconta di come il calendario cristiano sia nato relativamente tardi, di pari passo con la consapevolezza dei cristiani per il loro ruolo nella società: solo cioè quando i credenti dei primi secoli, abbandonata gradualmente la chiusura dettata da una vocazione strettamente escatologica – l’attesa del ritorno di Cristo che veniva considerato imminente e «nei cui confronti sbiadivano molte cose, anzi quasi tutte» rendendo quindi superfluo ogni interesse nei confronti del “mondo” – allargarono la loro prospettiva sulla quotidianità dando corpo a una coscienza cristiana che si estendeva a tutti gli ambiti della vita, proclamando virtualmente Cristo come re anche attraverso il computo del tempo.

Un processo graduale che prima si affermò accanto alla computazione ordinaria, e solo in tempi successivi e in momenti diversi subentrò come calcolo convenzionale degli anni e delle epoche. Si sa che l’idea definitiva di segnare la cesura tra prima e dopo Cristo fu dell’abate Dionigi il Piccolo, nel 525; meno noto è che tutto nacque dai calcoli per definire con certezza la data della Pasqua: l’abate rifiutò di ricordare la Resurrezione seguendo il computo dell’epoca, che si rifaceva al famigerato imperatore Diocleziano, e preferì far partire il conto degli anni dall’incarnazione di Gesù, sostituendo così la celebrazione di un persecutore di cristiani con «il principio della nostra speranza».

La scelta fu radicale, ma storicamente il computo cristiano si affermò anche integrando i sistemi precedenti: la settimana, mutuata dalla cultura ebraica; l’anno, basato sul ciclo solare; la pasqua, definita in base al calendario lunare e “recepita attraverso la Pessach ebraica”; e infine le varie commemorazioni, celebrate in date fisse. Il mondo assumeva gradualmente – e non senza resistenze – consapevolezza di una nuova era: un’era imperfetta (gli studiosi si accorsero quasi subito degli errori in cui era incorso Dionigi il Piccolo) ma diversa da tutte le altre. Un cambiamento epocale anche sul piano teologico perché in questo modo, rileva l’autore, «il mondo non rappresentava più per i cristiani solo un ambiente contingente», ma «venne inserito nella storia della salvezza»: non più solo attesa della fine dei tempi, ma impulso a «operare sino a quando duri il giorno». Un impulso che dovrebbe rinnovarsi ogni volta che consultiamo il calendario.

Contare i giorni
Autore: Hans Maier
Anno: 2014
Pagine: 80
Prezzo: € 7

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