Razzismo e chiese Usa, dallo schiavismo alla riconciliazione

By 16 Settembre 2020Focus

Michael Luo sul New Yorker propone un’ampia analisi sul rapporto tra il cristianesimo negli Usa e le diseguaglianze sociali. Secondo lo storico Jemar Tisby, spiega Luo, la radice del problema risale al primo risveglio: «l’enfasi del movimento sulla conversione individuale e sulla pietà» avrebbe infatti «limitato la sua visione sociale», attutendo le istanze contrarie allo schiavismo.

Per fare un passo avanti è stato necessario attendere «l’inizio del diciannovesimo secolo, il secondo grande risveglio, che portò con sé un fervore morale teso a perfezionare la società umana, e contribuì a innescare l’abolizionismo e altri movimenti di riforma»: un passaggio che però non arrivò a superare tout court il segregazionismo nei confronti dei neri. Non andò meglio «dopo la sconfitta del sud nella guerra civile», quando «i leader della chiesa meridionale lottarono per aiutare i loro fedeli a dare un senso alla loro perdita.

Il risultato fu la religione della causa perduta, una mitologia che nobilitò la Confederazione e idealizzò il Sud anteguerra come bastione della pietà e della morale cristiana». Questa lettura, «trasmessa dal pulpito, ha contribuito a legittimare un ordine sociale che ha continuato a soggiogare i neri» e che in seguito, «quando il cristianesimo evangelico, ancorato al Sud, crebbe fino a diventare l’espressione dominante del cristianesimo in America… diffuse anche la sua impalcatura culturale, radicata nella supremazia bianca».

Bisognerà attendere gli anni Novanta per una maggiore sensibilità sul fronte della “riconciliazione razziale come mandato biblico”, anche se «la comprensione degli evangelici bianchi del problema della razza» tende ancora «a essere radicata nelle convinzioni sulle decisioni e sui difetti individuali piuttosto che nei modi in cui forze sociali, istituzioni e istanze culturali più ampie possono vincolarle e modellarle».

Si tratta di un limite ma anche, paradossalmente, di un elemento di sollievo: «l’impegno religioso, misurato dalla frequenza in chiesa, dalla preghiera e dalla lettura delle Scritture, tende a migliorare gli atteggiamenti sulla razza, fungendo da influenza positiva. Ciò suggerisce che la radice del problema della chiesa bianca potrebbe non essere il “cristianesimo vero e proprio”» quanto piuttosto «la cultura che si è formata intorno al cristianesimo bianco», conclude l’autore.

foto: newyorker.com

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