Le notizie della settimana – 29 luglio

By 29 Luglio 2017Focus

Roma rimane a secco, e l’Italia riscopre il valore dell’acqua: un bene prezioso che abbiamo sempre considerato inesauribile, permettendoci sprechi fuori luogo. Ora che siamo costretti a ripensare il rapporto con le risorse idriche può tornarci utile l’esperienza di Israele, che, ricorda Il Foglio, se «è diventato un esempio virtuoso trasformandosi da territorio deserto e arido in quello che il Deuteronomio descrive come “un paese di frumento e orzo e viti e fichi e melograni, un paese di olivi da olio e di miele”», è anche grazie a una gestione particolarmente attenta di un bene dalla disponibilità limitata.

Sul fronte giudiziario la Corte di Cassazione ha confermato che non ci sono prove convincenti di un collegamento tra vaccinazioni e autismo. La sentenza, com’era prevedibile, non ha cambiato gli equilibri tra i due fronti: del resto nel nostro Paese l’opinione non è la base per il dialogo ma il dogma per una nuova ideologia, il confronto non è un modo per capire le posizioni dell’altro ma il pretesto per una guerra di religione, la prova scientifica non riconduce alla ragione ma fa gridare al complotto.

Ad animare le discussioni sui massimi sistemi questa settimana è stato anche Eugenio Scalfari, che inaspettatamente se la prende con gli atei: per il fondatore di Repubblica gli appartenenti alla categoria “non sanno di essere poco tolleranti”, i loro modi sono “provocatori, rissosi e calunniosi”, la loro azione è imbevuta della “prepotenza del loro Io”. Secondo Scalfari «il loro ateismo proclamato vuole soddisfazione, perciò non lo predicano con elegante pacatezza ma lo mettono in discussione partendo all’attacco contro chi crede in un qualunque aldilà, lo insultano, lo vilipendono, lo combattono intellettualmente». Un affondo senza riserve fino all’ultima riga: «mi spiace – conclude il giornalista – che gli atei ricordino lo scimpanzé dal quale la nostra specie proviene».

Pagina esteri. Apriamo con le notizie di cui si è sentito parlare di meno. Un doppio attentato suicida a Lahore in Pakistan e a Kabul in Afghanistan ha provocato almeno sessanta vittime. Almeno otto persone sono invece morte nei pressi di Maiduguri, nel nordest della Nigeria, a seguito di tre attacchi suicidi compiuti in campi profughi da tre donne. Un’epidemia di colera si sta espandendo in Kenya; il maltempo ha provocato altre cinque vittime in Bangladesh, portando il totale a oltre quaranta morti. Quarantamila morti sono invece lo spaventoso bilancio dei caduti a Mosul secondo il quotidiano The Independent. Porte Aperte propone un reportage sui cristiani di Marawi, nelle Filippine, sfollati dopo l’attacco degli integralisti islamici. L’Osservatore romano informa che la prima famiglia cristiana è tornata nella città assira di Karamles, nel nord dell’Iraq, dopo la fuga dell’estate del 2014 causata dall’arrivo dell’Isis.

In Brasile si sta facendo strada Marina Silva, «ecologista intransigente evangelica militante» che si rivolge agli elettori delusi: un’alternativa politica in odore di “grillismo tropicale”, dai contenuti vaghi ma con «un’immagine mediatica molto facile da spendere».

Sarà un fine settimana intenso in Nicaragua, dove si terrà un’evangelizzazione di massa che coinvolgerà, secondo la Stampa, tremila missionari evangelici provenienti da tutto il mondo.

Passando al medioriente, il New York Times offre un lungo servizio multimediale su Mosul liberata.

Si sono spente le ultime speranze per il piccolo Charlie Gard: i genitori, constatato che i danni muscolari erano ormai irreversibili e che a questo punto anche i trattamenti sperimentali sarebbero stati inutili, si sono rassegnati a lasciare che i medici spegnessero le macchine che lo tenevano in vita. E ieri sera Charlie se n’è andato.

Sui giornali si riparla anche del caso di Ratisbona. Lucetta Scaraffia sull’Osservatore romano sottolinea il diverso rilievo dato, negli stessi giorni, a un caso di violenza avvenuto in ambito militare e alla nota vicenda che ha chiamato in causa la chiesa cattolica: «da una parte- rileva la studiosa – tolleranza verso la vita militare e gli eccessi di un nonnismo che degenera in violenza, dall’altra estrema severità verso l’istituzione ecclesiastica» evidenziano un «ricorso costante a due pesi e due misure nel giudicare i suoi comportamenti e nell’attribuire responsabilità». Un approccio che, conclude Scaraffia, «non giova a nessuno».

Venendo a questioni più leggere: anche la Gran Bretagna avrà un centro a tema biblico. Un po’ parco giochi, un po’ museo, la struttura verrà realizzata a Manchester e dovrebbe venire inaugurata a Pasqua del prossimo anno.

Negli Usa un’azienda ha offerto ai suoi dipendenti la possibilità di usare un microchip al posto del tesserino elettronico: si profila un ritorno sui social degli apocalittici.

Cronaca locale. La Stampa racconta la sfida di cinque amici ventenni, membri della chiesa valdese di Pinerolo, che hanno deciso di riscoprire i 350 chilometri del percorso utilizzato nel 1687 dal Duca di Savoia per deportare tremila valdesi da Saluzzo a Ginevra. L’iniziativa, accompagnata da uno spettacolo teatrale storico, punta a sottolineare «la necessità di riflettere sulla convivenza, la tolleranza, l’integrazione e i diritti dell’uomo».

Ed è una vicenda locale, ma fin troppo comune, anche quella che ha visto la protesta dei genitori di Malo, in Veneto, che hanno deciso di reclamare per i loro figli il diritto al gioco in un’area vietata. Una scelta pericolosa: «Rivendicare infatti il diritto al gioco in presenza di un cartello che proibisce di giocare – riflette Antonio Gurrado sul Foglio – equivale a rivendicare il diritto a ciò che è vietato. Rivendicarlo sulla scorta del fatto che i bambini sono bambini sottintende che si ha diritto a esenzioni della legge in ragione di ciò che si è; siamo tutti casi particolari». Non solo: «rivendicare il diritto al gioco presuppone il riconoscimento del fatto che, di fronte ai propri, i diritti altrui non contano affatto». Non esattamente il modo migliore per insegnare ai ragazzi il rispetto verso gli altri.

Doveroso anche salutare Maurizio Cianci, popolare speaker radiofonico attivo negli anni Ottanta e Novanta sulle frequenze delle emittenti evangeliche locali (grazie a Piero M. per i dettagli). Maurizio, che da anni si era trasferito in Nuova Zelanda, se n’è andato ieri, e viene salutato e ricordato in queste ore sui social da decine di amici, colleghi, fratelli.

Capitolo svarioni. Secondo il sito di Panorama una nota popstar americana collabora con una chiesa pentacostale.

Angolo amarcord. Trentacinque anni fa scompariva in un incidente aereo Keith Green, uno dei cantautori che, con passione e originalità, hanno segnato la musica cristiana del secondo Novecento.

Parentesi di costume. Ricordate il caso della donna sarda che, abbandonata nel giorno delle nozze, ha portato comunque gli invitati al banchetto nuziale? Negli Usa c’è chi ha fatto di meglio: una donna nell’Indiana ha annullato le nozze, ma non potendo disdire il banchetto ha deciso di invitare alla festa «trecento poveri, disoccupati o senzatetto della zona. Ha perfino convinto uno sponsor a donare loro abiti consoni alla festa, acciocché non si sentissero fuori posto». Le assonanze sono troppe per non riportare alla mente la nota parabola.

Nella sua rubrica settimanale sul Corriere dedicata alla vita da single, raccontando di un inaspettato dialogo con due sacerdoti («una delle conversazioni più interessanti che vi sia mai capitato di fare durante un post cerimonia»), Antonella Baccaro riflette sul conforto della fede. Dopo aver riscontrato l’entusiasmo dei due, «per la prima volta – ammette – vi trovate a pensare che forse, se tutti i preti sapessero parlare con lo stesso entusiasmo di fede come di Maradona e di letteratura, qualcuno potrebbe stare meglio e la Chiesa intercettare le nuove solitudini. Si può fare, o no?». Indubbiamente l’entusiasmo di una fede vissuta in maniera piena e coerente avvicina le persone a Dio più di mille iniziative. Solo che una autentica vita di fede non si può simulare: o c’è, o non c’è. E, forse, il problema è proprio questo.

Sempre sul Corriere si parla di perdono e di quanto le persone oggi siano «reticenti a esporre le proprie debolezze». Il perdono, come “modello aspirazionale”, passa per cinque fasi: «la presa di coscienza personale della propria responsabilità, la gestione delle proprie emozioni di colpevolezza, il compatimento di se stessi (usando volontà, intelligenza, cuore, sensibilità e buon senso). La confessione delle proprie colpe e la richiesta di perdono».

Angolo cultura. A un anno dall’inaugurazione, Massimo Gaggi dagli Usa racconta in un ampio servizio sul Corriere (richiamato perfino in prima pagina) la celebre Arca di Noè ricostruita in dimensioni reali nel Kentucky per iniziativa del noto creazionista Ken Ham e visitata nei primi dodici mesi da un milione di persone («non sono tutti creazionisti e nemmeno tutti cristiani» precisa Ham). Di recente l’iniziativa è tornata al centro delle polemiche per una questione, diciamo così, di primogenitura: alcuni gruppi LGBT si sarebbero lamentati perché di notte l’Arca viene illuminata con i colori dell’arcobaleno, denunciando che «i creazionisti ci detestano ma poi usano il nostro simbolo». Fulminante la risposta di Ham: «l’arcobaleno è da 4400 anni il simbolo della fine del diluvio e del ritorno della vita sulla Terra». A margine del reportage, una videointervista con lo stesso Ham sull’arcobaleno conteso e sulla polemica relativa all’estinzione (tardiva, secondo la tesi dello studioso) dei dinosauri.

Su Linkiesta un interessante articolo richiama alla memoria l’eroismo del villaggio di Eyam, in Inghilterra, che nel 1666 fermò la peste: quando esplose l’epidemia, infatti, la popolazione – incoraggiata anche dai pastori della chiesa locale – decise di non fuggire ma di isolarsi, limitando così drasticamente la diffusione del focolaio sul territorio. Un gesto di altruismo che salvò innumerevoli vite ma che ebbe un costo: su 350 abitanti ne sopravvissero solo 90. La vicenda riporta in primo piano una domanda spinosa: fino a che punto siamo disposti a sacrificarci per gli altri?

La Stampa rievoca la rocambolesca storia di un manoscritto del 1202, un codice ebraico di 142 pagine contenente Meghillot e Aftaroth (Agiografi e Profeti) che nei secoli ha attraversato l’Europa scampando «le censure, i roghi, i sequestri e persino le razzie naziste».

E due: l’Osservatore romano, dopo l’affondo sulla presunta saldatura integralista tra le correnti antiecumeniche, questa settimana pubblica un articolo sulla cosiddetta scrofa di Wittenberg, rappresentazione antisemita commentata a suo tempo (vergognosamente) anche dallo stesso Lutero. Sia chiaro: si tratta di un articolo di sapore storico, uno tra i tanti pubblicati (spesso meritoriamente) dalla testata; eppure, dopo le generose parole spese in questi mesi in occasione del cinquecentenario di Wittenberg, pare difficile non leggere in questa duplice scelta editoriale un messaggio tra le righe rivolto al mondo evangelico.

Archeologia. Come in un film, gli archeologi affermano di aver trovato a Silo indizi nella ricerca dell’Arca del Patto.

Pagina spettacoli. Pensavate che la serie apocalittica de Gli esclusi fosse definitivamente conclusa? Ebbene no: Paul Lalonde, autore della saga cinematografica, annuncia che sta lavorando su un’opera articolata – dai sei agli otto film – che si baserà su tutti e sedici i libri della collana.

Sempre a proposito di cinema, anche Il pellegrinaggio del cristiano (The Pilgrim’s progress), celebre opera allegorica di John Bunyan, che dal Seicento ha accompagnato la formazione di generazioni di evangelici, a breve diventerà un film.

Per ora sono solo voci di corridoio: Justin Bieber starebbe pensando di collaborare più strettamente con Hillsong – negli ultimi mesi c’è stato un avvicinamento alla missione australiana – ma per qualcuno starebbe addirittura per fondare una sua chiesa.

Chiudiamo con lo sport e il bel gesto di Charl du Toit, un atleta paralimpico che, al termine della gara cui ha partecipato, si è inginocchiato in pista insieme agli altri atleti per ringraziare Dio.

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