Le notizie della settimana – 24 giugno

By 24 Giugno 2017Focus

Si è parlato molto, questa settimana, del diritto di cittadinanza: la legge che introdurrebbe lo ius soli continua a provocare fratture trasversali in Parlamento. Piccolo riassunto: attualmente chi nasce in Italia da genitori stranieri può richiedere la cittadinanza entro i 19 anni se ha vissuto stabilmente in Italia dalla nascita. Se passa la normativa approvata alla Camera e attualmente in discussione al Senato, potranno richiedere la cittadinanza tutti i bambini nati in Italia, purché – semplificando – almeno un genitore abbia il permesso di soggiorno permanente; potranno inoltre richiederla anche quanti sono nati all’estero ma sono arrivati in Italia prima dei dodici anni e hanno compiuto qui almeno un ciclo di studi. La norma, secondo alcune stime, interesserebbe al momento circa 800 mila minori. Il dibattito è aperto e rimane piuttosto ampio il fronte di chi preferirebbe una legge più rigorosa: qualcuno propone di ispirarsi alla Svizzera mentre altri, come Lucio Malan, suggeriscono addirittura di adottare la soluzione nigeriana, che peraltro è molto più stringente di quanto si immagini.

Se quella in esame sia sic et sempliciter “una legge di civiltà”, come sostiene il premier Gentiloni, non lo sappiamo; di certo però ricalca un leit motiv piuttosto gettonato. «Abbattiamo i muri, niente più frontiere tra popoli, fedi, razze, sessi e omosessi, non più chiusure in nazioni, generi, famiglie, tradizioni ma aperti al mondo»: quante volte lo avete sentito ripetere, negli ultimi anni? Per Marcello Veneziani, troppe: ogni programma televisivo, ogni discorso, tutti i film, le dichiarazioni grondano di un pensiero unico “ripetuto all’infinito” contro un nemico “vago, anonimo, mitologico”. E nessuno, nota Veneziani, «è sfiorato da dubbi». Anzi, guai a chi non si adegua. Eppure, obietta il giornalista, «ricordo male o eravamo in democrazia, che vuol dire libertà e pluralismo, cioè opinioni libere e divergenti a confronto? Loro non credono alla Verità, sono relativisti, però guai a dissentire dal Discorso Obbligato». E chiude con un dubbio inquietante: «e se l’Imbecille Globale a reti unificate fosse il Grande Fratello del nostro tempo?».

Hanno fatto discutere i disordini di Torino, dove da qualche tempo si registra una fase di disorientamento e malumore diffuso. «I torinesi – spiega Luigi La Spina sulla Stampa -, proprio perché hanno vissuto una lunga e nobile storia di autentico liberalismo fondato su un profondo senso dello Stato, si sentono insopportabilmente traditi quando non percepiscono autorevolezza, credibilità, efficienza, buon senso ed equilibrio in coloro che lo impersonano». Il risultato è un «ribellismo alle regole, di qualunque genere e da chiunque emesse, che si manifesta in aspetti più marginali, ma evidenti, la diffusa e crescente indisciplina di automobilisti, ciclisti e pedoni, come in episodi più gravi e che fanno più notizia, l’attacco alle forze dell’ordine di gruppi di giovani nelle piazze della movida e la reazione, forse sproporzionata, con manganellate distribuite a casaccio anche su incolpevoli e terrorizzati avventori dei bar. Stati d’animo di frustrazione e di disagio sfruttati, come sempre capita, da gruppi di contestazione organizzata». La soluzione, conclude La Spina, deve partire dalle istituzioni locali, che devono dare «dimostrazione di serietà, buon senso e preparazione professionale».

“Scomunica ai corrotti”: tre parole che hanno agitato il mondo cattolico. Tutto nasce dalla notizia che Oltretevere si starebbe pensando a misure canoniche drastiche nei confronti di chi si macchia di corruzione. Un lavoro che si profila molto delicato e non così semplice e che per tutti – cattolici e non – ha avuto il pregio di riportare in agenda, e con una certa convinzione, la discussione sull’etica cristiana e sull’importanza di non ridurre la fede personale a un mero vincolo di appartenenza religiosa, ma di farne il riferimento in ogni aspetto della propria vita.

Infine, due notizie nel giro di pochi giorni hanno riportato l’attenzione sull’Ordine dei Giornalisti e sul suo ruolo di controllo: Filippo Facci è stato sanzionato per un articolo diffamatorio sull’islam e Livio Fanzaga ha visto confermare dall’Ordine nazionale la sospensione irrogata per un suo noto commento sulla senatrice Monica Cirinnà, espresso su Radio Maria nel febbraio del 2016. Se su Facci si sono già spesi elementi del calibro di Enrico Mentana e Pierluigi Battista, poco si è detto finora sul caso Fanzaga. Forse ricorderete la vicenda: ai tempi dell’approvazione della legge Cirinnà, Fanzaga – uomo immagine di Radio Maria – si era espresso con parole ben poco eleganti nei confronti della senatrice: «Questa qui mi sembra un po’ la donna del capitolo diciassettesimo dell’Apocalisse, la Babilonia insomma… Adesso brinda a prosecco, alla vittoria. Signora, arriveranno anche i funerali, stia tranquilla. Glielo auguro il più lontano possibile, ma arriverà anche quello». Nonostante in sede difensiva Fanzaga avesse precisato che «aveva inteso semplicemente ricordare alla Cirinnà che la gloria di un successo politico è effimera, mentre il Giudizio di Dio resta per l’eternità», il Collegio preposto ha ravvisato nelle parole del conduttore «un grave attacco alla persona della Cirinnà, che viene definita come una prostituta, e alla quale si augura, seppure in un futuro non troppo vicino, la morte».
Viene da credere che forse la situazione sia un po’ sfuggita di mano su entrambi i fronti. Ci fa piacere che l’Ordine comprenda nelle sue file elementi in grado di cimentarsi senza timori nell’esegesi di un capitolo tra i più complicati dell’intera Bibbia, ma probabilmente in questo caso Fanzaga, parlando a braccio e in diretta, ha semplicemente voluto rievocare – certo, con gusto discutibile – l’allegoria della donna che brinda con una coppa “colma di abomini”. Lascia poi perplessi che ci si spinga a considerare le parole del conduttore “un augurio di morte”. In realtà le espressioni di Fanzaga – che sulle iperboli ha costruito la sua cifra radiofonica – non dovrebbero suonare nuove alla tradizione italica, che da secoli accetta il memento mori senza considerarlo un augurio nefasto. Una pratica entrata nell’immaginario collettivo e rappresentata nei modi più disparati, dalle opere d’arte al «Verrà un giorno…» messo in bocca da Manzoni a fra Cristoforo, fino a un’indimenticabile scena di Non ci resta che piangere. La storia del nostro Paese, insomma, è costellata di predicatori scomodi che con parole di fuoco invocano la conversione, agitando davanti all’interlocutore il rischio della condanna eterna. Sarebbe singolare se proprio oggi – un’epoca in cui con un’alzata di spalle si tollera di tutto, dagli insulti beceri ai blast più sottili, ma in cui si sente sempre più forte il bisogno di trovare punti fermi – quel diritto venisse precluso.

Pagina esteri. Settimana difficile in Portogallo per un enorme incendio che ha sconvolto il Paese e provocato decine di morti.

Notizie di cui si è parlato poco: due vittime in Mali per un attacco islamico sferrato contro un resort frequentato da occidentali; cinque attentatrici suicide si sono fatte esplodere in una città della Nigeria, provocando la morte di almeno diciassette persone; nella Repubblica Centrafricana si contano oltre cento vittime a causa degli scontri tra milizie rivali; le piogge torrenziali nel sudest del Bangladesh hanno provocato almeno 170 morti; un’epidemia di colera ha causato più di mille vittime nello Yemen; sono almeno tremila i morti dopo otto mesi di combattimenti nella Repubblica democratica del Congo; nel Sudan del Sud quasi due milioni di persone sono state costrette alla fuga, da dicembre 2013, verso i Paesi vicini per salvarsi la vita.

Il Dubbio, quotidiano diretto da Piero Sansonetti, torna sulla vicenda di Andrew Brunson, il pastore evangelico detenuto dall’ottobre scorso in Turchia senza valide ragioni.

In primo piano in Gran Bretagna il caso di Charlie Gard, un neonato affetto da una sindrome così grave da portare i medici a stabilire che tenerlo in vita è accanimento terapeutico. I genitori, dal canto loro, non si sono mai rassegnati: anzi, dicono che in queste settimane le condizioni del piccolo stanno migliorando e vorrebbero portarlo negli Usa per sottoporlo a cure sperimentali. Ora sarà la Corte di Strasburgo a dover dirimere la questione; intanto il caso ha commosso il Paese: «si sono mobilitate 83.000 persone – segnala il Corriere – con donazioni che hanno raggiunto 1,3 milioni di sterline».

E sempre in Inghilterra il leader del partito liberal democratico del Regno Unito, Tim Farron, ha rassegnato le dimissioni (qui la sua lettera) a causa di una persistente campagna mediatica che, anziché concentrarsi sulle tematiche politiche, tornava costantemente sulle sue convinzioni cristiane, con una attenzione che rasentava l’ossessione. Lo scopo dei media in questione era quello di alimentare sospetti su presunte posizioni omofobe di Farron: posizioni, va da sé, mai dimostrate e anzi ampiamente smentite dal diretto interessato.
«Questo non è giornalismo, ma un gioco al massacro», ha tuonato in difesa di Farron The Spectator, che ha accusato le testate in questione di ridursi a «tormentare un politico per la sua appartenenza religiosa», ben sapendo che «le idee personali non sono affari nostri». Una dimostrazione, secondo il Foglio, che i canoni occidentali sono “tolleranti con tutti ma non con i cristiani”.

Sempre in Gran Bretagna qualche persona amareggiata dalla vita (o forse, più banalmente, un vandalo) ha scritto sul muro di una chiesa, nella cittadina inglese di Tamworth, “Dio ha fallito”. Pronta la risposta del responsabile: «Dio non ha fallito, ci ha dato il libero arbitrio. È l’uomo che ha fallito».

Negli Usa, l’arca di Noè ricostruita da Ken Ham nel Kentucky sta per compiere un anno. Secondo i media non naviga in buone acque; il cofondatore, Mike Zovath, ammette che a luglio si arriverà al milionesimo visitatore (il 30% in meno rispetto alle stime più prudenti dell’America’s Research Group); Ham, da parte sua, se la prende con i giornali e la butta sul teologico.

Spostandoci in medioriente, Open Doors rilancia la sua sfida: raccogliere «un milione di voci di speranza per i cristiani in Siria e in Iraq» attraverso una petizione a favore di una comunità che ha svolto «un ruolo fondamentale nella società per quasi duemila anni» ma che oggi si scontra «con la violenza mirata e la persecuzione». Le firme verranno presentate a dicembre al segretario generale dell’Onu. Porte Aperte Italia punta a fare la sua parte raccogliendo ventimila adesioni (siamo già oltre metà dell’opera). Se volete firmare anche voi, potete farlo da qui.

Cronache nostrane. Il caldo fa brutti scherzi, se è vero che a Napoli una discussione sull’esistenza di Dio si è conclusa in una rissa (un modo singolare di difendere la fede cristiana, senza dubbio).

L’evangelizzazione sotto la tenda a Favara è tornata in tv.

A Roma una chiesa evangelica di Primavalle ha fatto parlare di sé per aver rimesso a nuovo un parco pubblico.

Infine, anche Bergamo dedicherà uno spazio pubblico a Lutero.

Momento amarcord. Nel 2004 al Castello sforzesco di Milano si teneva il Festival della gioia; nel 2005 si svolgeva l’ultima crociata di Billy Graham; nel 2009 ci lasciava Michael Jackson.

Parentesi di costume. «La moda si nutre di linguaggi segreti e memorie perse, e racconta una fragilità senza rimedio»: così Dacia Maraini sul Corriere, che bacchetta l’adesione incosciente dei più giovani alle tendenze del momento. Coloro che si rasano i capelli sulle tempie, per esempio, non sanno che la stravaganza “è stata lanciata da Kim Jong Un” (e prima ancora dai popoli pagani del medioriente, verrebbe da aggiungere) o che il tatuaggio «nasce nelle prigioni, come il linguaggio della pelle prigioniera». In tutto questo, riflette la Maraini, «l’arroganza sta nel ripetere un rito senza conoscerne le origini, per cieca allusione a una sofferenza non propria, come il crocifisso scintillante su un petto di donna».

In Veneto lo psicologo Paolo Legrenzi commenta un sondaggio del Gazzettino, secondo il quale «meno di un veneto su sei, tra quelli sotto i ventiquattro anni, dice che conviene essere egoisti. Poi, da allora fino ai trentaquattro anni, crescono di età e calano di altruismo», e allo stesso modo «il rifiuto dell’altruismo aumenta di tre volte passando dai giovani studenti alla categoria dei non dipendenti». In questo quadro, peraltro, i credenti non risultano più altruisti degli altri. La spiegazione, secondo Legrenzi, è che l’altruismo è diventato «una cosa assai complessa». L’altruismo a corto raggio, spiega l’ex docente di psicologia di Ca’ Foscari, nasce dall’intelligenza emotiva, che ci pone in sintonia con chi ci sta di fronte. Se l’empatia è innata, il problema nasce sul lungo termine: «secondo alcuni – spiega ancora il docente – l’empatia “immediata” può bloccare la misericordia razionale, quella a lungo termine, soprattutto se la prima è sufficiente per mettersi la coscienza a posto». A quanto pare, concude Legrenzi, «i tempi del buon samaritano sono passati».

Piccola divagazione turistica: il Corriere ieri parlava delle realtà «dove la storia si è fermata a centinaia di anni fa»; tra queste vengono citati anche «gli amish, comunità religiosa nata da una costola della Chiesa mennonita nel 1693», e i mennoniti, «seguaci dell’anabattista Menno Simons e numerosi in Canada», due gruppi rimasti fedeli «a un Ottocento rurale».

Angolo cultura. C’è una sorta di «originaria parentela tra uomo, piante e animali»? Secondo un articolo di Vita e pensiero – citato dall’Osservatore romano – pare proprio di sì, perché «tutti e tre provengono dalla terra». Tra questi, basandosi su Genesi 2, «il primo è proprio Adam, plasmato appunto con la terra, l’adamà. La familiarità tra uomo e terra è così stretta che il primo porta il nome della seconda: Adam cioè Terroso, fatto di terra. Dio, infatti, fa germogliare le piante dall’adamà (Genesi 2, 9) e con la medesima adamà plasma gli animali (Genesi 2, 19)». Una “comunione sublime che ci spinge a un rispetto sacro, amorevole e umile” e che porta a un monito: «considerare il corpo senza la carne significa scarnificare l’uomo, rendendolo facile preda di dualismi e dissociazioni d’ogni genere».

Piccole perle: Lucetta Scaraffia racconta con passione il fascino irresistibile dei libri. Un’apologia che probabilmente – se vi conosciamo almeno un po’ – dovrebbe suonarvi molto familiare e non vi lascerà indifferenti.

Pagina spettacoli. Dopo Selena Gomez, anche la cantante degli Black Eyed Peas, Fergie, è stata vista frequentare una chiesa.

Dal serio al faceto: per gli appassionati di binge watching è il momento di gustarsi la prima stagione di Tina’s philosophy, breve serie per il web della inarrestabile Tina Venturi. Sei puntate dedicate a tic, manie e soprattutto contraddizioni della donna (e della cristiana) del XXI secolo.

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