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   La Predestinazione in Zwingli e Calvino
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   Autore  Topic: La Predestinazione in Zwingli e Calvino  (letto 4807 volte)
fra Sandro Savonarola
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La Predestinazione in Zwingli e Calvino
« Data del Post: 23.03.2010 alle ore 12:31:18 »
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Trattando la PREDESTINAZIONE rispondo prima con La predestinazione secondo Zwingli e poi con quella secondo Calvino, entrambi due teologi Riformati. Il concetto base è la sovranità di Dio. Come è accaduto che il concetto di "grazia" (che per Lutero era connesso alla giustificazione del peccatore) venisse a riferirsi alla sovranità di Dio, espressa nella dottrina della predestinazione ?
 
Parte 1^. Zwingli e la sovranità divina.
Tra l'agosto 1519 e il febbraio 1520 un cittadino su due di Zurigo morì di peste.  Tra i compiti pastorali di Zwingli c'era quello di consolare i morenti. Sentendosi minacciato dal pericolo di morte, Zwingli si rese conto che la sua sopravvivenza era nelle mani di Dio. Esiste una poesia di Zwingli "Pestlied" = "Inno della peste". Vi si trova l'austera determinazione di accettare  qualsiasi cosa gli venisse riservata da Dio. Qualunque sorte Dio
gli avesse assegnato, Zwingli era pronto ad accettarla:
"Dio, Fai quel che vuoi,
chè nulla mi manca.
Son tuo strumento,
che puoi riscattare o distruggere"
        Zwingli
 
E' impossibile leggere questa poesia senza essere colpiti
 dall'abbandono totale di Zwingli alla volontà di Dio. In realtà Zwingli guarì, ma quell'esperienza fece crescere in lui la convinzione di essere uno strumento nelle mani di Dio, da usarsi esclusivamente per l'adempimento dei propositi divini.
Il problema dell'onnipotenza  di Dio non era più per Zwingli un problema da manuale teologico, bensì una questione che aveva un'incidenza immediata sulla sua esistenza. L'idea zwingliana dell'assoluta sovranità di Dio
venne sviluppata nella sua dottrina della Provvidenza
nel suo trattato "De providentia Dei". Molti critici di Zwingli notano delle somiglianze tra le idee di Zwingli e il fatalismo di Seneca. Secondo Zwingli la salvezza o la dannazione di una persona stanno totalmente nelle mani di Dio, che ha fatto liberamente la sua scelta  da tutta l'eternità.  Sembra tuttavia che l'importanza attribuita da Zwingli all'onnipotenza  divina e all'impotenza umana , derivi dalla sua lettura di Paolo e che si sia rafforzata dal suo incontro ravvicinato con la morte nell'agosto
 del 1519.
Mentre la teologia di Lutero è fortemente influenzata  dalla sua esperienza di essere stato, in quanto peccatore, giustificato da Dio, l'esperienza di Zwingli è qiasi interamente determinata dal suo sentimento della
sovranità assoluta di Dio. Paragonando gli atteggiamenti di Lutero e di Zwingli nei confronti della Scrittura, vi si riflette la diversità del loro modo di concepire la GRAZIA
DI DIO. per Lutero la Scrittura si occupa essenzialmente delle promesse divine di grazia, che culminano nella promessa della giustificazione per fede del peccatore.
Per Zwingli la Scrittura si occupa principalmente della
legge di Dio, cioè di un codice di condotta e delle richieste Dio sovrano nei riguardi del suo popolo.
Lutero fa una distinzione netta tra Legge  ed Evangelo, mentre Zwingli li considera sostanzialmente coincidenti.
Per Zwingli il destino dell'umanità e in particolare quello della Riforma sono determinati dalla Provvidenza divina.
Dio, e non qualche essere umano, è l'attore principale del
processo di Riforma.
Rapporto con gli UMANISTI. Per Zwingli le tecniche educative umanistiche non sono che mezze misure, incapaci di cogliere il problema alla radice. Lo scetticismo
di Zwingli sul programma di riforma degli Umanisti fu reso pubblico nel 1525 con la sua diffusione del suo
"Commentario sulla vera e sulla falsa religione". Zwingli vi attaccava due dei presupposti fondamentali del programma riformistico Erasmiano: l'idea del libero arbitrio, che Erasmo aveva difeso vigorosamente contro
Lutero, e la convinzione che i nuovi metodi educativi
sarebbero stati in grado di riformare un'umanità corrotta
e peccatrice. Secondo Zwingli, invece, c'era bisogno di un provvidenziale intervento divino, senza il quale una vera riforma sarebbe stata impossibile. Alla fine del 1525
venne pure pubblicata l'opera decisamente contro Erasmo di Lutero, dal titolo: "De servo arbitrio" = La servitù della volontà, che confuta esplicitamente  la
dottrina Erasmiana sulla Libertà della volontà. L'opera di Lutero è permeata dall'accentuazione fortissima della
totale sovranità di Dio, collegata a una dottrina della
Predestinazione simile a quella di Zwingli.
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fra Sandro Savonarola
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Re: La Predestinazione in Zwingli e Calvino
« Rispondi #1 Data del Post: 23.03.2010 alle ore 12:46:20 »
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Parte 2^ : Calvino e la Predestinazione .  
Calvino è convinto che la propria conversione sia dovuta alla
provvidenza divina. Egli, afferma, era così devoto alle "superstizioni del papismo" che soltanto un intervento di Dio avrebbe potuto liberarlo. Asserisce inoltre che "Dio domò il suo cuore e lo ridusse all'obbedienza". Troviamo qui le sottolineature caratteristiche della Riforma: l'impotenza della natura umana e l'onnipotenza di Dio. queste sono appunto le idee che Calvino collegherà e svilupperà nella sua dottrina della predestinazione. La predestinazione NON è il centro del Pensiero Calviniano;  per lui essa non è che un aspetto della dottrina della salvezza. Il contributo principale che Calvino ha dato alla dottrina della grazia è il rigore logico con cui la espose. Paragoniamo il pensiero di Agostino a quello di Calvino al riguardo. Secondo Agostino l'umanità, dopo la caduta nel peccato, è corrotta e impotente e ha bisogno della grazia di Dio per essere redenta; ma quella grazia non è data a tutti. Agostino usa il termine "predestinazione" per indicare l'azione con cui Dio fa grazia ad alcuni. Dio dona la sua grazia a coloro che verranno salvati. Ma, che cosa succede agli altri?  Dio li trascura, dice Agostino. Dio non decide positivamente di dannarli, ma si limita a non salvarli. La
predestinazione , per Agostino, si riferisce soltanto alla decisione positiva di redimere alcuni, e non all'atto di  abbandonare il rimanente dell'umanità perduta.
La logica, secondo Calvino, esigeva invece che Dio scegliesse attivamente di salvare o di dannare. Non si può pensare che Dio faccia qualcosa per omissione. Perciò Dio
vuole attivamente la salvezza di coloro che saranno salvati e
la dannazione di coloro che non lo saranno. Una delle funzioni principali di questa dottrina consiste nel sottolineare la misericordia di Dio che dona la grazia. Per Lutero tale misericordia si esprime nel fatto che Egli giustifica dei peccatori, cioè uomini e donne che sono del tutto indegni di tale privilegio. Per Calvino la misericordia di Dio si manifesta
nella sua decisione di redimere alcuni individui indipendentemente dai loro meriti; senza riguardo al fatto se una persona cioè un individuo ne sia degno  o no. Per Lutero
la misericordia di Dio si dimostra nel fatto che Egli salva dei
peccatori "nonostante" i loro demeriti; per Calvino nella
decisione di salvare degli individui "indipendentemente" dai
loro meriti. Calvino e Lutero rivendicavano ambedue la misericordia di Dio in maniera un po' diversa; tuttavia, con le loro rispettive opinioni  sulla giustificazione e la predestinazione, essi affermano lo stesso principio.
Calvino espone la sua dottrina della predestinazione nel Libro III dell'  "Istituzione della religione cristiana"(edizione del 1559), come un aspetto della dottrina della redenzione per mezzo di Cristo. La trattazione calviniana del  "modo di
ottenere la grazia di Cristo, i benefici che essa conferisce,
e gli effetti che ne risultano" presuppone la possibilità di redenzione a motivo di ciò che Cristo ha compiuto con la sua morte sulla croce. Dopo aver esaminato in che modo quella morte possa essere la base della redenzione umana, Calvino
passa ad analizzare in che modo gli esseri umani possono trarre vantaggio dai benefici che ne risultano. Pertanto la trattazione si sposta dalle "cause" della redenzione al modo
in cui questa viene "attualizzata". Secondo Calvino la
predestinazione segue il seguente schema: 1)fede,
2)rigenerazione o penitenza, 3)vita cristiana, 4)giustificazione, 5)predestinazione.
La definizione che Calvino dà nel Libro III della "Istituzione della religione cristiana" è "il decreto eterno di Dio, per mezzo del quale, Egli ha stabilito quel che voleva fare di ogni
essere umano" Nell'edizione del 1559 dell' "istituzione" la
predestinazione è preceduta dalla dottrina (Calvinista) della grazia. Soltanto dopo aver elaborato i grandi temi della dottrina della grazia, come la questione della giustificazione per fede, Calvino passa a considerare il tema misterioso e imbarazzante della predestinazione. Secondo Calvino, la
predestinazione non è il prodotto della speculazione umana, ma un mistero della rivelazione divina: è stata rivelata in un
"contesto" specifico e in un "modo" specifico. Il "modo" si riferisce a Gesù Cristo, che è " uno specchio, nel quale è opportuno che contempliamo la nostra elezione". Il "contesto" si riferisce all'efficacia della proclamazione
dell' evangelo. Come mai certe persone rispondono e altre non rispondono all'evangelo cristiano?  alcuni credono all'evangelo ed altri non vi credono.  La funzione della dottrina della predestinazione consiste nello spiegare
perchè alcuni individui rispondono all'evangelo, e altri no.
E' una spirgazione  "ex post facto". Il predestinazionismo di Calvino dev'essere considerato una riflessione  "a posteriori"
sui dati dell'esperienza umana, e non già come qualcosa che sia dedotto  "a priori" da  idee preconcette concernenti l'onnipotenza divina.  Credere nella predestinazione non è un articolo di fede valido in sè e per sè, ma è il risultato finale di una riflessione, alimentata dalla Scrittura, sugli effetti che la grazia  produce sui singoli individui, alla luce degli enigmi dell'esperienza. L'esperienza indica infatti che Dio non tocca allo stesso modo il cuore di tutti gli esseri umani. Perchè non lo fa ?  Dipende da qualche inadeguatezza da parte di Dio ?
O c'è qualcosa di sbagliato nell'evangelo, che gli impedisce di convertire tutti? Alla luce della  Scrittura Calvino ritiene di poter escludere l'ipotesi di una debolezza o inadeguatezza da parte di Dio o dell'evangelo;  quel che si può osservare nelle
risposte che vengono date all'evangelo rispecchia un mistero, per il quale alcuni sono predestinati ad accettare e altri predestinati a rifiutare le promesse di Dio.  Questi
"ordina gli uni a vita eterna, gli altri all'eterna condanna"
(Istituzioni della religione cristiana" Libro III: 21,5 ).
La "scuola agostiniana moderna" , (di cui sono illustri rappresentanti vari teologi cattolici medioevali, tra cui Gregorio da Rimini) , insegnava anch'essa una dottrina dell'assoluta doppia predestinazione: ossia che Dio attribuisce ad alcuni la vita eterna e ad altri l'eterna dannazione, senza alcun riferimento ai loro meriti o demeriti.
E' possibile che Calvino abbia fatto suo questo aspetto caratteristico dell'agostinianesimo del basso Medioevo.
La salvezza si colloca dunque al di fuori delle possibilità d'intervento dell'essere umano, che non ha alcun potere
per modificare tale situazione. Calvino sottolinea che in ogni
sfera della vita dobbiamo fare i conti con il mistero di ciò che è inspiegabile.  Perchè succede che alcuni siano più fortunati di altri?  Perchè una persona dispone di doni intellettuali che un'altra non ha? fin dal momento della nascita due bambini possono trovarsi in situazioni assolutamente diverse, non per colpa loro. Per Calvino la predestinazione non è altro che un ulteriore esempio del mistero generale della vita umana, nella quale alcuni sono inesplicabilmente favoriti con doni materiali e intellettuali , che invece sono negati ad altri. (La
predestinazione non presenta dunque alcun problema particolare che non sia già presente in altre sfere dell'esistenza umana. ).
 Dio deve essere libero di scegliere chi vuole, altrimenti la sua libertà sarebbe compromessa da considerazioni esteriori
e il Creatore diventerebbe suddito della sua stessa creazione.
Quindi la predestinazione è una dottrina sussidiaria di Calvino, che cerca di spiegare un aspetto sconcertante della proclamazione dell'evangelo della grazia.
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fra Sandro Savonarola
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Re: La Predestinazione in Zwingli e Calvino
« Rispondi #2 Data del Post: 23.03.2010 alle ore 12:53:45 »
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Sabato 20.3.10 ho assistito in Claudiana a una conferenza sugli aspetti contemporanei del Calvinismo
del Pastore Giorgio Tourn: egli dice che la dottrina della predestinazione è oggi superata e non
se ne parla più in ambiente calvinista. Il mio riferimento è "quei molti" per cui è morto Gesù (molti al posto di tutti). Riassumendo il libro "Istituzioni della Religione cristiana"
che il pastore Tourn ha tradotto dal francese, ho preso i seguenti appunti: Calvino, francese, potè affermare il suo pensiero a Ginevra, perchè Francesco I sovrano di Francia invase il Ducato di Savoia che da sopra Ginevra si estendeva fino a Nizza, e frantumò il Ducato, scendendo oltre le Alpi nelle Valli Valdesi e stabilendo buoni rapporti coi valdesi delle valli piemontesi; nello stesso tempo il Ducato di Savoia, cattolico, fu invaso dai "lanzichenecchi" provenienti da Berna
e non mi è chiaro se anche da Wittenberg, città di Lutero. La dottrina della predestinazione nasce dal seguente schema che ho preso a lezione:
1) Fede ; 2)penitenza; 3)Vita cristiana ;4)Giustificazione; 5)predestinazione. Il Pastore Tourn ha spiegato che
nel calvinismo odierno intendiamo in modo diverso Predestinazione cioè
= elezione: = vocazione :  tu sei chiamato? devi rispondere!
 
Aggiungo lo schema delle "Istituzioni della Religione Cristiana" la composizione teologica letteraria più importante di Giovanni Calvino :
è composto di 4 (quattro sezioni): I, su DIO; II, su CRISTO come
mediatore tra uomo e Dio; III sull' UOMO; e IV su CHIESA e STATO. [queste
4 sezioni sono racchiuse in 2 volumi, acquistabili in libreria
Claudiana), tradotte dal pastore Giorgio Tourn, edizioni UTET
Se non l'ho già detto, ricordo che Calvino dedicò soltanto 4 capitoli alla predestinazione nella sezione III delle "Istituzioni della Religione Cristiana".
« Ultima modifica: 24.03.2010 alle ore 09:59:23 by Michele_48 » Loggato
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Re: La Predestinazione in Zwingli e Calvino
« Rispondi #3 Data del Post: 23.03.2010 alle ore 23:49:53 »
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In parole semplici: il film della vita gira lo stesso, anche se non ti sei letto il copione.
Leggerlo aiuta a recitare meglio la tua parte ma non a cambiarla.
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fra Sandro Savonarola
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Re: La Predestinazione in Zwingli e Calvino
« Rispondi #4 Data del Post: 24.03.2010 alle ore 00:02:58 »
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L'EREDITA' DI GIOVANNI CALVINO
Perchè ancora oggi ci diciamo calvinisti
 
Questa è la storia del pensiero o meglio della dottrina della predestinazione che fu redatta 500 anni fa'. Calvino non si preoccupava dell'eredità da lasciare, non pensava al dopo, viveva in un mondo che non rifletteva sul futuro.  
Nel percorso della storia, invece, molto viene da Calvino, anche se non lo sappiamo. Studiando il suo pensiero ci stupiremo di trovare che un uomo del Cinquecento  
affronti argomenti in campi svariati, con una visione che noi
consideriamo assolutamente moderna.
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fra Sandro Savonarola
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Re: La Predestinazione in Zwingli e Calvino
« Rispondi #5 Data del Post: 24.03.2010 alle ore 08:13:03 »
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Storia della dottrina della
 PREDESTINAZIONE nel Calvinismo di epoche successive.
 
In Calvino la dottrina della predestinazione non discende da una speculazione teologica: è solo il tentativo di spiegare "a posteriori" perchè alcuni muoiono in Dio e altri no. Quindi tale dottrina, in Calvino, non è "dedotta sistematicamente" a partire da un principio speculativo fondamentale. Inoltre Calvino riteneva che la predicazione del messaggio biblico e la teologia sistematica fossero praticamente identiche e rifiutò di stabilire tra loro quella distinzione che divenne corrente dopo la sua morte, allorchè acquistò importanza la preoccupazione per il metodo, ossia per l'organizzazione sistematica e la deduzione coerente delle idee. I teologi
riformati si trovarono a dover difendere le loro idee sia contro i luterani sia contro i cattolici. Assunse importanza
il fatto di poter dimostrare  la logica e la coerenza del  
Calvinismo. Di conseguenza molti autori calvinisti  si orientarono verso il pensiero di Aristotele, nella speranza che i suoi scritti sul "metodo" fornissero loro degli spunti.
Tre furono le carattesristiche del nuovo modo di fare teologia
che ne risultò:
1) la ragione umana si vide attribuire un ruolo di primo piano
nell'analisi  e nella difesa della teologia cristiana.
2)gli autori riformati delle generazioni posteriori a Calvino
vanno considerati dei teologi filosofici, anzicchè dei teologi biblici;
3) la teologia doveva occuparsi di questioni metafisiche e speculative, specialmente di quelle che si riferiscono alla natura di Dio, alla sua volontà per l'umanità e per il creato, e soprattutto della dottrina della predestinazione.
La teologia prese quindi come suo punto di partenza non un determinato evento storico, ma i princìpi generali. Mentre Calvino si concentrava su Gesù Cristo, e da lui partiva per studiarne le implicazioni, cioè era analitico e induttivo, diversamente da lui, il teologo calvinista Teodoro di Beza
partiva dai princìpi generali e ne deduceva le conseguenze
per la teologia cristiana, ossia usava un metodo sintetico e deduttivo. Beza basò il suo sistema sul decreto divino della
elezione, ossia sulla decisione divina di destinare certe persone alla salvezza e altre alla dannazione.
Ricordo una delle conseguenze più importanti di tale sviluppo, ossia la dottrina della  "espiazione limitata", o della
"redenzione particolare". (Il termine "espiazione" è spesso usato per riferirsi ai "benefici risultanti dalla morte di Cristo").
Già nel IX (nono) secolo il monaco cattolico benedettino
Godescalco di Orbais ( noto pure come  Gottschalk) aveva elaborato una dottrina della doppia predestinazione simile a quella più tarda del Calvinismo. Ragionando in modo rigorosamente logico sull'affermazione che Dio ha predestinato alcuni alla condanna eterna, godescalco sosteneva che era quindi assolutamente errato dire che Cristo
era morto anche per loro: infatti, se lo avesse fatto, sarebbe morto invano, poichè la sua morte non avrebbe modificato
il loro destino. Godescalco avanzò l'idea che Cristo fosse morto  "solo per gli eletti". La portata della sua opera redentrice era dunque limitata a coloro che avrebbero tratto beneficio dalla sua morte. Questa sottolineatura dell'idea di predestinazione traeva con sè un rinnovato interesse per la nozione di  "elezione" :  esisteva il concetto di un "patto" tra Dio e i credenti, simile al  "patto" stabilito tra Dio  e il popolo di Israele nell'antico Testamento. Le comunità, che si richiamavano alla fede riformata si consideravano  
il nuovo Israele, il nuovo popolo di Dio, che aveva con lui un nuovo rapporto pattizio.
Il  "patto di grazia" specificava i doveri di Dio verso il suo  
popolo e gli obblighi ( religiosi, sociali e politici) del popolo verso il suo Dio. Tale teologia Calvinista assunse in Inghilterra nel 1600 il nome di Puritanesimo, per la loro volontà di  "purificare" la chiesa d'Inghilterra da ogni residuo
di  "papismo".  La convinzione di appartenere  al "popolo, eletto, di Dio" si rafforzò quando il nuovo popolo di Dio entrò
nella nuova terra promessa, L'America.
E' importante rendersi conto che gli atteggiamenti sociali, politici e religiosi che caratterizzarono i coloni della
 Nuova Inghilterra derivavano dalla Riforma europea del
XVI secolo.   La prospettiva sociale internazionale dei riformati si fondava sulla nozione dell' "elezione"  divina e
del " patto di grazia".
In netto contrasto con tutto ciò, il Luteranesimo posteriore a Lutero, emarginò le intuizioni di Lutero del 1525 riguardo alla predestinazione divina e preferì operare nel quadro di una libera risposta umana a Dio, anzichè in quella  di una sovrana
"elezione" di determinati individui da parte di Dio.  Per  il  
luteranesimo della fine del Cinquecento, l'  "elezione" indicava
una decisione umana di amare Dio e non la decisione di Dio
di scegliere certe persone. Il disaccordo sulla dottrina della predestinazione divenne una delle principali controversie di cui si  occuparono per secoli i polemisti delle due confessioni.
I Luterani non ebbero mai quello stesso sentimento di essere gli  "eletti di Dio" e furono di conseguenza più modesti e contenuti nei loro tentativi di espandere la loro influenza.
 Il notevole successo del  "calvinismo internazionale"  ci ricorda quanto sia grande il potere di un'idea per tasformare individui e gruppi: la dottrina riformata dell'elezione e della predestinazione fu indubbiamente la forza propulsiva della grande espansione della chiesa riformata nei secoli seguenti,  
in Europa come negli altri continenti.
« Ultima modifica: 24.03.2010 alle ore 16:16:09 by Michele_48 » Loggato
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