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   Rapporto Scrittura - Tradizione
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   Autore  Topic: Rapporto Scrittura - Tradizione  (letto 5633 volte)
Haereticus
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #120 Data del Post: 11.08.2003 alle ore 16:13:47 »
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Caro Sweet Hawk,
Ho letto con molto interesse i tuoi commenti alle mie riflessioni e non ho ho trovato risposte alle mie domande e non hai risolto nessuno dei problemi da me sollevati. Inoltre, come ti hanno fatto notare sei andato fuori topic.
 

on 10.08.2003 alle ore 14:12:11, SweetHawk wrote:
Vedi Haereticus… il problema centrale è quello di chiedersi se l’evoluzione della Chiesa Cattolica/Ortodossa sia positiva o negativa, se essa sia legittima o meno. Una tale evoluzione deve essere senz'altro contro le intenzioni del Fondatore?.  

SEGUE

Questa è una tua analisi di quale sia il problema centrale, non necessariamente condivisibile. Comunque, secondo il mio parere, l’attuale chiesa cattolica non c’entra nulla con la chiesa fondata da Gesú
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #121 Data del Post: 11.08.2003 alle ore 16:32:26 »
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on 10.08.2003 alle ore 14:12:11, SweetHawk wrote:
 
[i]Infatti la Chiesa, è nata per Cristo e la sua funzione primaria è quella di conservare quanto Gesù ci ha rivelato per volere del Padre. Oltre a conservare e tutelare, la Chiesa vive e diffonde il messaggio evangelico. Nell’ambito di questi principi-base, la Chiesa ha poggiato la sua autorità su Cristo e coloro che Cristo ha mandato e quelli che sono venuti ancora successivamente, fino ad oggi.  

SEGUE

Il Nuovo Testamento testimonia che Gesù diede autorità a una cerchia molto ristretta di uomini: gli apostoli. La natura del ministero apostolico fa sì che non si possa trasmettere. Gli apostoli furono innanzitutto testimoni oculari scelti direttamente da Gesù per essere fondamento della Chiesa la cui autorità fu confermata con segni miracolosi che Dio operava per loro mezzo. I presunti succesori apostolici non riuniscono nessuna delle condizioni indispensabili annoverate nel Nuovo Testamento come costitutive del ministero apostolico.
Quali condizioni ritiene l’apostolo Pietro essere indispensabili per venire eletto come apostolo in sostituzione di Giuda?
“Bisogna dunque che tra gli uomini che sono stati in nostra compagnia tutto il tempo che il Signore Gesù visse con noi, a cominciare dal battesimo di Giovanni fino al giorno che egli, tolto da noi, è stato elevato in cielo, uno diventi testimone con noi della sua risurezione. Essi ne presentarono due: Giuseppe detto Barsabba, che era sopranominato Giusto, e Mattia. Poi in preghiera dissero “Tu, Signore, che conosci i cuori di tutti, indicaci quale di questi due hai scelto per prendere in questo ministerio apostolico il posto che Giuda ha abbandonato per andarsene al suo luogo” Tirarono quindi a sorte, e la sorte cadde su Mattia, che fu incluso tra gli undici apostoli”
 
-Essere stato in compagnia di Gesú.
-Essere stato testimone di tutta la vita pubblica di Gesú, dal suo battesimo fino all’ascensione in cielo.
-Essere stato testimone diretto della sua risurrezione.
 
Il ministero apostolico consisteva nell’essere testimoni oculari della vita, degli insegnamenti, della morte, risurrezione e assunzione in cielo di Gesù.
 
La conferma è abbondante:
 
SEGUE
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #122 Data del Post: 11.08.2003 alle ore 16:33:36 »
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APOSTOLI COME TESTIMONI
 
“Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato; di ciò noi tutti siamo testimoni” Atti 2:32
 
“e uccideste il Principe della vita, che Dio ha risuscitato dai morti. Di questo noi siamo testimoni” Atti 3:15
 
“Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù  che voi uccideste appendendolo al legno e lo ha innalzato con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele, e perdono dei peccati. Noi siamo testimoni di queste cose” Atti 5:32
 
“Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha destinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua bocca. Perché tu gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai viste e udite” Atti 22:14-15
È da segnalare che la Scritura ci descrive la vocazione di ogni membro del gruppo apostolico dandoci la precisa identità dell’individuo. Solo questo fatto dimostra l’unicità e la singolarità del loro ministero. Lo stesso Paolo tiene particolarmente a dimostrare la vera origine divina del suo ministero apostolico (cfr.Atti 26:16 e ss.; Gal.1:15 e ss.).
 
Infatti leggiamo:
 
“Non sono io apostolo? Non sono io libero? Non ho io veduto Gesù Cristo, il nostro Signore? Non siete voi la mia opera nel Signore?” (1 Co. 9:1) “Successivamente apparve a Giacomo e poi a tutti gli apostoli insieme. Infine, ultimo di tutti, apparve anche a me come all'aborto. Io infatti sono il minimo degli apostoli e non sono neppure degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la chiesa di Dio” (1Cor.15:9)
 
Pietro attribuisce il valore della sua testimonianza al suo carattere di testimone oculare:
 
“Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate dagli uomini, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà” (2 Piet. 1:16).
 
Giovanni non è certo una voce discordante:
“Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita (perché la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e via annunziamo la vita eterna che era presso el Padre e che ci fu manifestata), quel che abbiamo visto e udito, noi l’annunziamo…” (1 Gv 1:1-3).
 
Analizzando il Nuovo Testamento ci accorgiamo che gli apostoli (in senso tecnico) sono presentati come un gruppo unico ed irrepetibile perhé hanno delle carateristiche che nessun altro può vantare. Coloro che si attribuiscono l’autorità apostolica, hanno visto ocularmente Gesù? Sono stati testimoni oculari della sua morte e risurrezione?
 
SEGUE
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #123 Data del Post: 11.08.2003 alle ore 16:38:28 »
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APOSTOLI SCELTI DA DIO
 
Un’altra caratteristica essenziale viene fuori leggendo questi passi:
 
“Mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino alle estremità della terra” (Atti1:8) A chi rivolge Gesù queste parole? “Agli apostoli che aveva scelto” (1:2).
 
“Poi Gesù salí sul monte e chiamó a sé quelli che egli volle, ed essi andarono da lui. Ne costituí dodici per tenerli con sé” (Mr. 3:13-14) Si badi bene che non sono gli apostoli che scelgono di esserlo ma Gesù chi per sua esclusiva autorità e prerrogativa li chiama per prepararli per una missione irripetibile nel corso della storia: essere il fondamento della Chiesa di Dio (Ef.19-22). “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi” Gv.15:16.
La scrittura parla degli apostoli come un gruppo chiuso e distinto dal resto. La stessa opposizione che Paolo trovò per essere riconosciuto come apostolo (2 Corinzi) ci rivela la concezione “chiusa” rispetto al numero di apostoli che avevano i primitivi cristiani. Se gli episcopi avessero ricevuto la stessa autorità degli apostoli, perché questa veniva negata da alcuni a Paolo?
Gli apostoli erano tali perché scelti direttamente da Gesù: Possono dire lo stesso i presunti successori?
 
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #124 Data del Post: 11.08.2003 alle ore 16:53:33 »
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SEGNI APOSTOLICI
Spesso i cattolici citano i passi in cui Gesù diede la sua autorità ai discepoli. Dimenticano però che insieme a questa autorità diede loro anche il potere per compiere segni miracolosi che dimostravano le loro pretese.
 
“Poi, chiamati a sé i suoi discepoli, diede loro il potere di scaciare gli spiriti immondi e di guarire qualunque malattia e qualunque infermità” Mt. 10:1
 
“Sono diventato pazzo; siete voi che mi ci avete costretto, infatti io avrei dovuto essere da voi raccomandato, perché in nulla sono stato inferiore ai quei sommi apostoli, benché io non sia nullla. Certo, i segni dell’apostolo sono stati compiuti tra di voi, in una pazienza a tutta prova, nei miracoli, nei prodigi e nelle opere potenti” (2Cor.12:11-12).
“Poi apparve agli undici (Mr.16:14)[…] E quelli [gli undici] se ne andarono a predicare dapertutto e il Signore operava con loro confermando la Parola con i segni che l’accompagnavano” (Mr.16:20)
 
“Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli” (Atti 2: 43)
 
“Molti segni e prodigi erano fatti tra il popolo per le mani degli apostoli” (Atti.5:12a).  
 
“E quando fu giorno, [Gesù] chiamò a sé i suoi discepoli, e ne scelse dodici ai quali diede anche il nome di apostoli (Lc.6:13)  
 
“E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nel paese dei Giudei e in Gerusalemme; essi lo uccisero, appendendolo a un legno.Ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno e volle che egli si manifestasse non a tutto il popolo, ma ai testimoni prescelti da Dio” (Atti 10: 39-41)
 
Come mai i presunti successsori che si attribuiscono la stessa autorità apostolica non la possono dimostrare con gli stessi segni? Se Gesù diede agli apostoli insieme all’autorità il potere di operare segni miracoliosi, come mai i presunti successori non hanno tale potere?
 
RIASSUNTO
]I presunti successori non coincidono con il profilo che il Nuovo Testamento dà del vero apostolo né possono dimostrare le loro pretese come lo facevano gli apostoli. Non sono testimoni oculari, non hanno visto a Gesù risorto e non hanno il potere dato da Gesù ai suoi testimoni prescelti.
 
Mi sono dilungato troppo. Scuse a tutti. Scusate anche i possibili errori linguistici. L'italiano non è la mia madrelingua.
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #125 Data del Post: 11.08.2003 alle ore 17:55:01 »
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on 10.08.2003 alle ore 14:21:16, SweetHawk wrote:
[size=4]1)  "FINO A QUEL GIORNO"  
1TIM. 6,20 O TIMOTEO, CUSTODISCI IL DEPOSITO.
2 TIM.1,14 CUSTODISCI IL BUON DEPOSITO PER MEZZO DELLO SPIRITO SANTO.
2TIM.2.1 LE COSE CHE HAI UDITO DA ME…TRASMETTILE A PERSONE FIDATE CHE SIANO IN GRADO DI AMMESTRARE ANCHE GLI ALTRI.
2TIM.3.4 TU RIMANI SALDO IN QUELLO CHE HAI IMPARATO SAPENDO DA CHI L’HAI APPRESO.  
2 TIM.1,12 …SONO CONVINTO CHE (IL SIGNORE) HA IL POTERE DI CUSTODIRE IL DEPOSITO [b]FINO A QUEL GIORNO
.
[...]
2)La successione apostolica ricevuta per mezzo della imposizione delle mani, dai tempi apostolici fino ai nostri giorni, sia per designare l’"amministratore preposto alla Casa del Signore", fino al Suo ritorno"(Luca 12,41ss), sia per designare i vescovi posti per pascere il suo gregge, i quali amministrano in comunione con l’amministratore posto a capo o che ne fanno le veci in caso di sede temporaneamente vacante.
Dice infatti 1 Tim 4,14: Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito, per indicazioni di profeti, con l'imposizione delle mani da parte del collegio dei presbiteri. 15Abbi premura di queste cose, dèdicati ad esse interamente perché tutti vedano il tuo progresso. 16Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano.
 
  • 1.      I prodigi e i segni che si sono perpetuati in tanti santi e sante in tutti i vari secoli trascorsi.  
    Gesù infatti aveva indicato i segni che avrebbero accompagnato i credenti. (Marco 16,17 -vedi anche 1 Cor.12 e soprattutto il segno della carità (1Cor13).

SEGUE

 
Scusate ancora, vi prego di esaminare nel contesto questi passi citati da SweetHawk, sul serio credete che giustificano le pretese cattoliche? qualcuno può dedurre seriamente l'immensa costruzione romana riguardo alla sucessione da questi versetti?
Un chiarimento: I segni nel Nuovo Testamento sono sempre fatti da apostoli o persone vicinissime alla cerchia apostolica. Sono i presunti successori e non altre persone quelle che dovrebbero poter dimostrare ciò che affermano con il potere apostolico conferito da Gesù ai suoi testimoni prescelti di compiere miracoli.
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #126 Data del Post: 11.08.2003 alle ore 22:13:13 »
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on 11.08.2003 alle ore 16:08:23, semplice wrote:
Comunicazione di servizio per Sweet.
 
Per quanto riguarda il corsivo, ad esempio, questa frase la leggi bene?
 

 
Vedo le lettere a zig zag.... e mi affatico.... cmq li riporto più piccoli se volete.... pensavo di migliorare la leggibilità mia e degli altri....
 
PACE E BENE
« Ultima modifica: 11.08.2003 alle ore 22:21:52 by SweetHawk » Loggato

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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #127 Data del Post: 11.08.2003 alle ore 23:26:11 »
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Hereticus va bene la spiegazione sugli Apostoli ma sai bene che per dirla breve, dopo la loro morte rimasero le guide scelte e mandate da loro.  
 
Queste guide doveva continuare la loro missione e così in successione.
 
Voglio fare un esempio pratico di com'era la Chiesa nei primi anni e m'è venuto in mente, chissà perchè, un Padre della Chiesa come Ignazio di Antiochia.
 
Di Ignazio conosciamo che morì martire a Roma, versando il suo sangue nel circo, dilaniato dalle belve, a testimonianza per Cristo, intorno all'anno 110. Vescovo di Antiochia, venne deportato dalla Siria a Roma al tempo dell'imperatore Traiano. Durante il viaggio, incatenato e vessato da rozzi soldati, scrisse sette lettere, e precisamente quattro da Smirne e tre da Troade, nelle quali risplende la sua tempra eccezionale e la sua grande fede. Da Smirne scrisse alle comunità dell'Asia Minore, Efeso, Magnesia e Tralli; scrisse poi ai Romani, per supplicarli di non fare alcun passo in suo favore presso l'imperatore. Da Troade invece scrisse alle comunità di Filadelfia e di Smirne, e a S.Policarpo, vescovo di quest'ultima città, avendo saputo che era cessata la persecuzione che infieriva contro la sua comunità di cristiani ad Antiochia.  
 
Ignazio conobbe Giovanni e ascoltò l'apostolo amato dal Signore.
 
Dalle Lettere che Ignazio scrisse dalla prigionia troviamo numerose esortazioni e tra queste la prima era all'unione tra fedeli e vescovi.
 
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #128 Data del Post: 11.08.2003 alle ore 23:27:22 »
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Ad esempio vediamo come si apre la Lettera ai Magnesi ad esempio (ma leggete anche le altre o altri Padri come Ireneo di Lione ecc ecc ):
 
Saluto
 
 Ignazio, Teoforo, alla Chiesa di Magnesia vicino al Meandro benedetta nella grazia di Dio Padre in Gesù Cristo nostro Salvatore il mio saluto e l’augurio di grande gioia in Dio Padre e in Gesù Cristo.
 
Unione col Cristo
 
 I,1. Avendo conosciuto la disciplina della vostra carità verso Dio, pieno di Gioia ho pensato di parlarvi nella fede di Gesù Cristo. 2. Onorato di un nome di uno splendore divino, in queste catene che porto, canto alle chiese ed auguro loro l’unione nella carne e nello spirito di Gesù Cristo, nostra eterna vita, della fede e della carità, cui nulla è da preferire, e ciò che è più importante l’unione con Gesù e il Padre. Se rimaniamo in questa ed evitiamo ogni assalto del principe di questo mondo, raggiungeremo Dio.
 II. Ho avuto l’onore di vedervi in Dama, vostro vescovo degno di Dio, nei degni presbiteri Basso ed Apollonio e nel diacono Zootione, mio conservo, della cui presenza mi auguro sempre di gioire. Egli è sottomesso la vescovo come alla grazia di Dio e al presbitero come alla legge di Gesù Cristo.
 
Sottomissione al vescovo
 
 III,1. Conviene che voi non abusiate dell’età del vescovo, ma per la potenza di Dio Padre gli tributiate ogni riverenza. In realtà ho saputo che i vostri santi presbiteri non hanno abusato della giovinezza evidente di lui, ma saggi in Dio sono sottomessi a lui, non a lui, ma al Padre di Gesù Cristo che è il vescovo di tutti. 2. Per il rispetto di chi ci ha voluto bisogna obbedire senza ipocrisia alcuna, poichè non si inganna il vescovo visibile, bensì si mentisce a quello invisibile. Non si parla della carne, ma di Dio che conosce le cose invisibili.
 
 IV,1. Bisogna non solo chiamarsi cristiani, ma esserlo; alcuni  
parlano sempre del vescovo ma poi agiscono senza di lui. Questi non sembrano essere onesti perchè si riuniscono non validamente contro il precetto.
 
Le due monete
 
 V, 1. Poichè le cose hanno una fine e due cose ci sono davanti, la morte e la vita, ciascuno dovrà andare al suo posto. 2. Ci sono come due monete, una di Dio e l’altra del mondo ed ognuna di esse ha la sua impronta coniata; gli infedeli quella di questo mondo, i fedeli nella carità quella di Dio Padre per Gesù Cristo. Se non avessimo a morire spontaneamente per lui nella sua passione, la sua vita non sarebbe in noi.
 
La concordia
 
 VI,1. Poichè nelle persone nominate sopra ho visto e amato tutta la comunità vi prego di essere solleciti a compiere ogni cosa nella concordia di Dio e dei presbiteri. Con la guida del vescovo al posto di Dio, e dei presbiteri al posto del collegio apostolico e dei diaconi a me carissimi che svolgono il servizio di Gesù Cristo che prima dei secoli era presso il Padre e alla fine si è rivelato. 2. Tutti avendo una eguale condotta rispettatevi l’un l’altro. Nessuno guardi il prossimo secondo la carne, ma in Gesù Cristo amatevi sempre a vicenda. Nulla sia tra voi che vi possa dividere, ma unitevi al vescovo e ai capi nel segno e nella dimostrazione della incorruttibilità.
 
Unico tempio di Dio
 
 VII,1. Come il Signore nulla fece senza il Padre col quale è uno, nè da solo nè con gli apostoli, così voi nulla fate senza il vescovo e i presbiteri. Nè cercate che appaia lodevole qualche cosa per parte vostra, ma solo per la cosa stessa: una sola preghiera, una sola supplica, una sola mente, una sola speranza nella carità, nella gioia purissima che è Gesù Cristo, del quale nulla è meglio. 2. Accorrete tutti come all’unico tempio di Dio, intorno all’unico altare che è l’unico Gesù Cristo che procedendo dall’unico Padre è ritornato a lui unito.
 
Abbiamo ricevuto la grazia
 
 VIII,1. Non fatevi ingannare da dottrine eterodosse nè da antiche favole che sono inutili; se viviamo ancora secondo la legge ammettiamo di non aver ricevuto la grazia. 2. I santi profeti vissero secondo Gesù Cristo. Per questo furono perseguitati poichè erano ispirati dalla sua grazia a rendere convinti gli increduli che c’è un solo Dio che si è manifestato per mezzo di Gesù Cristo suo Figlio, che è il suo verbo uscito dal silenzio e che in ogni cosa è stato di compiacimento a Lui che lo ha mandato.
 
[continua con altro]
 
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #129 Data del Post: 13.08.2003 alle ore 10:44:37 »
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È impossibile trattare in modo esaustivo neanche una millessima parte di tutto ciò che ci sarebbe da dire riguardo alla storia della ecclesiologia. Comunque, anche se non  mi piace fare copia/incolla ho ritenuto molto interessante inserire l’analisi di Fausto Salvoni riguardo all’evoluzione delle forme di governo ecclesiastiche nei primissimi anni di storia del cristianesimo. Vi consiglio visitare e studiare i magnifici documenti del sito http://www.chiesadicristo-padova.it/ riguardo alla storia del cattolicesimo.
 
Periodo apostolico  
 
Nel periodo apostolico le singole «chiese» o «comunità» cristiane erano dirette collegialmente da un gruppo di anziani o vescovi coadiuvati dai diaconi(1) .  
Durante il periodo apostolico troviamo alla direzione delle singole chiese non una singola persona, bensì un gruppo di presbiteri o vescovi. Li troviamo a Gerusalemme dove accettano le offerte portatevi da Barnaba e Saulo (At 11, 30), firmano assieme agli apostoli la lettera da inviare alle chiese della gentilità (At 15,23; 16, 4) e con Giacomo ascoltano il resoconto di Paolo sul suo lavoro missionario (At-21:18).
Anche nelle chiese della gentilità stabilite da Paolo troviamo l'esistenza di una direzione collegiale da parte dei presbiteri. Parecchi sono i presbiteri di Efeso (At 20:18), come lo sono quelli di Filippi ai quali Paolo manda i saluti (2) .  Paolo nel suo secondo viaggio missionario stabilì in ogni chiesa da lui fondata degli «anziani» (plurale «presbiteri») per ogni città (At 14, 23).
[...]
 
Verso l'episcopato monarchico  
 
[...]
 
Tale esempio fu seguito anche in Asia Minore al tempo di Ignazio (ca 110 d.C.) che fu presentato da Eusebio come secondo vescovo di Antiochia (8) .  Questi, mentre veniva condotto a Roma per subirvi il martirio (9) ,  scrisse sette lettere ora conservate e di cui attualmente si riconosce la genuinità(10) .  
Con Ignazio assistiamo al sorgere della gerarchia ecclesiastica nella triplice classe di vescovo, presbiteri e diaconi (11) .  Che si tratti di fase iniziale dell'episcopato monarchico appare dal fatto che il contemporaneo Policarpo di Smirne , scrivendo ai Filippesi, tralascia di ricordarvi il nome del vescovo e ha un'intestazione che merita di essere riferita: « Policarpo e i presbiteri che sono con lui alla chiesa di Dio che abita in Filippi». Egli scrive sì in nome proprio, e in questo si diversifica dalla lettera a Clemente che è ancora collettiva, ma non si presenta solo bensì con i presbiteri. Nel c. 5, 3 insiste sull'ubbidienza dovuta « ai presbiteri e ai diaconi», suggerendo l'ipotesi che la chiesa locale avesse tuttora la forma collegiale ossia presbiteriale (12) .  Anche Ignazio, del resto, scrivendo alla chiesa di Roma non ne nomina il vescovo e si rivolge ad essa collegialmente, segno che non vi era ancora imposto il regime episcopale.
 
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #130 Data del Post: 13.08.2003 alle ore 11:01:58 »
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Siamo quindi tuttora in fase di transizione. Di più le affermazioni di Ignazio suonano più come un ideale da raggiungersi, anziché come una realtà già in atto. Tutto deve essere fatto dal vescovo, afferma Ignazio di continuo; segno quindi che la realtà era ben diversa, altrimenti tanta insistenza sarebbe stata superflua.  
 
[...]
 
 Ad ogni modo Ignazio è il corifeo dell'episcopato monarchico, che ebbe in Oriente uno sviluppo anticipato.  
 
[...]  
 
Ignazio, non volendo che la Chiesa si frazioni in conventicole separate e discordi, afferma che l'assemblea deve essere presieduta dal vescovo:
Se infatti la preghiera di uno o due ha tale potenza, quanto più quella del vescovo e di tutta la chiesa (Efesini 5, 2). Tutto quindi deve essere attuato assieme al vescovo. «Seguite tutti il vescovo, come Gesù Cristo seguì il Padre suo, e seguite il collegio dei presbiteri, come se fossero gli apostoli, ma venerate i diaconi come la legge di Dio. Non fate nulla di ciò che concerne la chiesa indipendentemente dal vescovo. Considerate valida l'eucarestia celebrata dal vescovo e da chi ne abbia da lui l'autorità. Dovunque appaia il vescovo, ivi sia anche la moltitudine, come dovunque è Gesù Cristo ivi è la Chiesa universale. Non è lecito senza il vescovo battezzare o celebrare l'agape. Ciò che egli approva è anche grato a Dio, sì da rendere certa e valida ogni cosa che voi facciate» (Agli Smirnesi 8). E' bene conoscere Dio e il vescovo; colui che onora il vescovo è onorato da Dio: colui che compie cosa alcuna senza la conoscenza del vescovo serve il diavolo (Agli Smirnesi 9). Come dunque il Signore senza il Padre nulla fece, essendo (a lui) unito, nè egli stesso né per mezzo degli apostoli, così neppure voi fate nulla senza il vescovo e senza i presbiteri. Non arrischiatevi a considerare nulla benedetto privatamente per voi (= eucarestia), ma nella adunanza una sia la preghiera, una la supplica, una la mente, una la speranza (Agli Smirnesi 7). Sono infatti approvati solo «quelli che sono in comunione (con Dio), con Gesù Cristo, con il vescovo e con gli insegnamenti degli apostoli» (Ai Trallani 7) .
 
In Occidente
 
In Occidente (= Roma) l'organizzazione episcopale monarchica si formò più tardivamente, ma vi si consolidò al massimo e vi trovò i suoi fautori più energici.
Alla fine del I secolo, al tempo di Clemente romano non vi era ancora una organizzazione monarchica (13) .  La lettera è tuttora collettiva perché Clemente non vi si nomina nemmeno e perché si suppone che tanto a Roma quanto a Corinto vi sia una organizzazione collegiale. I termini «vescovi» e «presbiteri» sono ancora sinonimi, ragion per cui non appaiono mai simultaneamente (14) .  Contro la rimozione dei presbiteri avveratasi a Corinto, l'autore della lettera ne sostiene l'inamovibilità (purché siano irreprensibili) e testifica le norme del come la elezione allora si effettuava.
« Non riteniamo giusto che coloro i quali furono da loro (= apostoli) stabiliti o, in seguito, da altri uomini ragguardevoli con l'approvazione di tutta la chiesa  e che servirono irreprensibilmente il gregge di Cristo con umiltà, tranquillamente e non volgarmente, e che per lungo tempo ebbero la testimonianza di tutti, siano rimossi dal ministero » (44, 3-5).
 
SEGUE
 
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #131 Data del Post: 13.08.2003 alle ore 11:05:25 »
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Chi siano costoro lo sappiamo da un altro passo:
« Gli apostoli portando l'annunzio per campagne e città stabilirono le loro primizie, dopo averle provate nello spirito, come vescovi e come diaconi, poiché così dice la stessa Scrittura: Stabilirò i loro vescovi in giustizia e i loro diaconi (= ministri) in fede » (15) .  
Sarebbe strano nominare i vescovi e i diaconi saltando il gruppo importantissimo dei «presbiteri», se questi non fossero stati identici ai vescovi. Tale identificazione risulta dalla frase che segue:
« Anche i nostri apostoli sapevano per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo che sarebbero scoppiate contese per l'episcopato... sarebbe non piccola colpa se cacciassimo dall'episcopato persone che in modo irreprensibile hanno offerto i loro doni. Felici i presbiteri che già prima hanno compiuta la loro vita, che hanno avuto una fine coronata di frutti e completa. Essi non trepidano che qualcuno tolga loro il posto »(16) .  
Verso la stessa epoca o poco più tardi Ignazio, che pur nomina molti vescovi nelle sue lettere, rivolgendosi alla Chiesa di Roma non fa nome del vescovo. Ciò si spiega con il fatto che verso il 110 l'episcopato monarchico non si era ancora stabilito in quella chiesa.
La conferma di tale ipotesi si ha dalla lettura del Pastore di Erma, scritto dal fratello di Pio, che la tradizione posteriore elencò tra i vescovi romani (17) .  In questo libro, ritenuto da alcune chiese ispirato, mai si nomina il «vescovo» al singolare, ma si ricordano i «presbiteri» come coloro che reggono la chiesa di Roma. Interessante al riguardo la visione terza. La Signora che è apparsa ad Erma così gli dice:
«Siedi qui!» Le dico «Signora, lascia che seggano prima i presbiteri». «Questo è quel che ti dico – dice – siedi!» Volendo io pertanto sedermi alla parte destra, non me lo permise, ma mi fa cenno con la mano di sedermi alla parte sinistra. Pertanto poiché ripensavo e mi affliggevo per il fatto che non mi aveva permesso di sedere alla sua destra, mi dice: «Ti affliggi, Erma? Il posto a destra è di altri, cioè di quelli che già sono piaciuti molto a Dio e hanno patito per il suo nome: a te invece molto manca per sedere con essi» (Vis 3, 1,8-9) .
In questa linea di precedenza Erma avrebbe dovuto dire: «Lascia che segga prima il vescovo»; mentre nominando solo i «presbiteri» lascia vedere che il vescovo, se già esisteva, non era altri che uno di loro, un primus inter pares.
Erma riceve poi il compito di rimproverare i «dirigenti » (proegoùmenoi ) della chiesa «dicendo loro » che raddrizzino nella giustizia le loro vie, affinché conseguano pienamente, con molta gloria, le promesse (18) .  Erma doveva comunicare le sue visioni ai presbiteri ( presbiteroi) preposti alla chiesa, ma dice di non averlo ancora realizzato. «Hai fatto bene» dice la vecchia « perché ho da aggiungere delle parole. Quando dunque avrò terminato le parole, sarà fatto conoscere a tutti gli eletti per mezzo di te. Scriverai pertanto due libretti e ne manderai uno a Clemente e uno a Grapte. Clemente poi lo manderà alle città straniere, perché ciò è affidato a lui. Grapte invece ammonirà le vedove e gli orfani. Tu infine lo leggerai a questa città insieme con i presbiteri preposti alla chiesa» (19) .  
Con questi presbiteri vanno perciò identificati quei « vescovi ospitali» ( epìscopoi xaì filóxenoi ) che sempre nelle loro case accolsero volentieri i servi di Dio senza ipocrisia; e quei vescovi che con il loro ministero protessero sempre ininterrottamente i bisognosi e le vedove e si diportarono sempre castamente (20) .  
Al suo tempo v'erano tuttavia degli orgogliosi, che occupavano i primi «seggi» nella chiesa e sono duramente biasimati da Erma:
« Or dunque dico a voi, che state a capo della chiesa e occupate le prime cattedre: Non siate simili ai fattucchieri. I fattucchieri invero portano i loro farmachi nei bossoli e voi portate il vostro maleficio e veleno nel cuore » (21) .  
Anche  quando Marcione si recò a Roma nel 139, quale agiato proprietario di navi, presentò la sua interpretazione del cristianesimo ai «presbiteri» romani, il che ci pone dinanzi a una direzione collegiale e non ancora episcopale-monarchica (22) .  
Verso il 155 l'evoluzione in senso monarchico si attuò finalmente anche a Roma, poiché il vecchio Policarpo, vescovo di Smirne, recatosi quivi poco prima del suo martirio, discusse la controversia riguardante la festa di Pasqua con il vescovo Aniceto e non più con i presbiteri (23) .  
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #132 Data del Post: 13.08.2003 alle ore 11:11:13 »
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Verso la metà del II secolo l'episcopato monarchico si trova praticamente in tutte le chiese, nonostante i diversi tentennamenti e contrasti con i presbiteri delle singole chiese. Da questo momento si cercò di legittimare tale posizione, falsamente ritenuta d'istituzione divina, attraverso il ragionamento e la storia presentata anacronisticamente.
Teologicamente il vescovo fu presentato come il depositario della tradizione apostolica e il garante della fede. Tale idea si trova germinalmente già negli scritti di Ignazio, che al vedere la chiesa di Filadelfia dilaniata da eretici fraternizzanti promiscuamente con i fedeli e che tentavano anzi di trascinare il martire dalla loro parte, grida loro di stare uniti al vescovo onde evitare tale malanno.
« Quando ero in mezzo a voi, a coloro ai quali io parlavo, ho gridato ad alta voce, con la voce di Dio: Ubbidite al vescovo, al collegio dei presbiteri e ai diaconi... Senza il vescovo non far nulla » (Ai Filadelfi 7)
Ma fu specialmente Ireneo (m. 202) che per meglio combattere le eresie trovò nella successione episcopale – che fece risalire agli apostoli – il più valido baluardo per la conservazione della verità rivelata.
« Se vuoi accertare quale sia la dottrina degli apostoli guarda alla Chiesa degli apostoli. Nella successione dei vescovi che derivano dall'età primitiva e che furono stabiliti dagli apostoli stessi, tu hai la garanzia per la trasmissione della pura fede, che nessun maestro isolato... può fornire. Vi è, ad esempio, la chiesa di Roma, la cui successione apostolica è perfetta in ogni anello e i cui primi vescovi sono Lino e Clemente, associati agli apostoli stessi; vi è pure la chiesa di Smirne, il cui vescovo Policarpo, il discepolo di Giovanni, morì solo l'altro giorno» (Adv Haer. 3,2,3.4).”
Fonte http://www.chiesadicristo-padova.it/
 
Il documento segue trattando come la chiesa si discosta progressivamente dal modello del Nuovo Testamento ma è troppo lungo per inserirlo tutto. Datevi un'occhiata.
 
Spero almeno aver stuzzicato la vostra curiosità.
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #133 Data del Post: 13.08.2003 alle ore 21:13:29 »
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on 11.08.2003 alle ore 23:26:11, SweetHawk wrote:

Voglio fare un esempio pratico di com'era la Chiesa nei primi anni e m'è venuto in mente, chissà perchè, un Padre della Chiesa come Ignazio di Antiochia.
 
Di Ignazio conosciamo che morì martire a Roma, versando il suo sangue nel circo, dilaniato dalle belve, a testimonianza per Cristo, intorno all'anno 110. Vescovo di Antiochia, venne deportato dalla Siria a Roma al tempo dell'imperatore Traiano. Durante il viaggio, incatenato e vessato da rozzi soldati, scrisse sette lettere, e precisamente quattro da Smirne e tre da Troade, nelle quali risplende la sua tempra eccezionale e la sua grande fede. Da Smirne scrisse alle comunità dell'Asia Minore, Efeso, Magnesia e Tralli; scrisse poi ai Romani, per supplicarli di non fare alcun passo in suo favore presso l'imperatore. Da Troade invece scrisse alle comunità di Filadelfia e di Smirne, e a S.Policarpo, vescovo di quest'ultima città, avendo saputo che era cessata la persecuzione che infieriva contro la sua comunità di cristiani ad Antiochia.  
 
Ignazio conobbe Giovanni e ascoltò l'apostolo amato dal Signore.
 
Dalle Lettere che Ignazio scrisse dalla prigionia troviamo numerose esortazioni e tra queste la prima era all'unione tra fedeli e vescovi.

Certo. Ma c'è anche da dire che la collezione di lettere di Ignazio ritenute genuine più antica che conosciamo fu usata da Eusebio (IV secolo) e non ci è pervenuta. La Enciclopedia Cattolica riconosce inoltre che ci sono grandi possibilità d'interpolazioni e modifiche nel testo originale.
"It is extremely probable that the interpolation of the genuine, the addition of the spurious letters, and the union of both in the long recension was the work of an Apollonarist of Syria or Egypt, who wrote towards the beginning of the fifth century."
In un certo senso i gravi problemi testuali di questi preziosi documenti, ci devono portare a riconoscere la mano di Dio che ha conservato il Nuovo Testamento integro.  
Poi, come ha esemplificato Rausman, la tradizione non è affatto unanime, e come dimostra Salvoni altri documenti del periodo apostolico come la Didaché, Il Pastore di Erma o la lettera di Clemente ai Corinzi rispecchiano una organizzazione ecclesiastica in cui le comunità locali erano presiedute da un collegio di vescovi(episcopoi)/presbiteri (parole sinonime nel N.T.).  
Nessuno può negare il valore di questi documenti, che è molto, ma bisogna contestualizzarli per non cadere in semplificazioni apologetiche e tenere conto di tutti i testimoni, non solo di quelli che aparentemente sostengono la nostra posizione.
 
Qualcuno mi può informare qual'è, secondo la dottrina ufficiale del cattolicesimo, il contenuto preciso della tradizione?
Tutto ciò che è stato scritto dai "Padri della Chiesa" è da ritenersi ispirato?
Con quale criterio viene differenziato ciò che appartiene alla vera tradizione apostolica dalle false tradizione così numerose già nelle comunità del N.T.?
 
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Re: Rapporto Scrittura - Tradizione
« Rispondi #134 Data del Post: 15.08.2003 alle ore 15:57:37 »
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Hereticus ho letto quanto hai scritto e francamente sono allibito: secondo te la Chiesa, i cristiani erano corsi verso l'apostasia manco 20 anni dopo la morte di Giovanni e forse prima?
E in questo Ignazio, discepolo diretto di Giovanni, fu uno degli artefici?
Io personalmente non concordo per nulla e spero che non ci creda nemmeno chi ha scritto quelle cose... scusami la franchezza ma ne avevo sentite tante  ma questa mi mancava...
Scusami.... ma allora se questa Chiesa ha calcato da subito strade "illegittime", perchè tu dovresti accettare che ne so, il corpus biblico sancito nel 397, o magari la dottrina della Trinità sancita a Nicea e tanto altro?  
E poi....perdonami... se "siluri" tutto in questo modo semplicistico cosa dobbiamo pensare? Che la Chiesa vera, colonna e sostegno della Verità sia quella di Fausto Salvoni che ha capito tutto e ha capito che la Chiesa già dal 130 era sulla via dell'apostasia? Le porte degli inferi sono prevalse? E nel 150? Scusami il tono diretto ma un pò sorrido...
 
Ecco che dunque ti rimando ai miei post "lunghi" quando dicevo che ogni modifica della prassi non è un cambiamento repentino ma un evento preparato da lunghe genesi.  
 
Sui Padri della Chiesa dico solamente che la loro saggezza e la preziosità di quanto ci hanno lasciato è immensa e che spesso oggi si ignorano perchè "in contrasto tra loro". Beh loro non erano divinamente ispirati, o meglio, Dio in loro ha operato per maturare nella Chiesa alcune cose ma tra i Padri si dialogava e si discuteva di teologia e di pastorale. Questo è indubbio, com'è indubbio che quello che hanno scritto deriva da una saggezza e una "vicinanza" alla sensibilità apostolica, non indifferente.
Oggi come vediamo, è valido tutto e il contrario di tutto, vuoi che sia per noi più importante un testo scritto da un teologo (magari apologeta della sua denominazione o di una certa "visione" storica) o un testo di Ignazio, Ireneo, Giustino, ecc ecc?
Per accorciare: quanto detto dai Padri non è pienamente ispirato ma contiene in se un progetto di Dio, di Cristo che è con la Chiesa "tutti i giorni fino alla fine del mondo", dello Spirito che la vivifica e la mantiene "colonna e sostegno della Verità" in modo da opporsi alle eresie che via via nascevano (arianesimo, gnosticismo, marcionismo ecc ecc).
 
Tutto quello che dico sottintende un'enormità di cose e cmq proclama una unità storico/teologica coerente. Questo potrai/potrete anche non condividerlo, ma per me (come per tutti i fratelli cattolico/ortodossi) è un partimonio enorme,da tutelare gelosamente.
Sicuramente non mancheranno incongruenze, appigli, dubbi, ma la sostanza della cosa rimane. Potremo raccontare periodi e uomini più o meno felici, piccole e grandi miserie umane ma in 20 secoli il cammino dottrinale è stato unico.
 
La tradizione protestante (perchè anche tutte le denominazioni hanno loro tradizioni più o meno lunghe) nasce in un certo periodo storico con determinate istanze teologico-filosofiche e trasla il punto di vista dalla chiesa al singolo, ponendosi come elemento di rottura nella storia in nome di una salubre correzione. Personalmente ritengo che un Lutero oggi, dopo il Vaticano II e una Unitatis Redintegratio, non esisterebbe  e che molte delle originarie buone intenzioni siano approdate a conclusioni deleterie e multiformi. Ma qui andrei su un campo minato e dunque non mi resta che rispettare le posizioni altrui pur rinnovando il mio geloso amore per l'unità storico/dottrinale delle chiese storiche.
 
PACE E BENE
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Inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te. (Sant'Agostino - Confessioni I, 1)
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