I Forum di Evangelici.net (https://evangelici.net/cgi-bin/forum/YaBB.pl)
Dottrina, storia ed esegesi biblica (partecipazione riservata a chi si identifica con i punti di fede di evangelici.net) >> Dottrina e riflessioni bibliche >> In che senso Gesù preesisteva?
(Messaggio iniziato da: Meridionale il 20.08.2017 alle ore 15:01:06)

Titolo: In che senso Gesù preesisteva?
Post di Meridionale il 20.08.2017 alle ore 15:01:06
Salve,  ieri leggendo 1 Pietro 1:20 mi sono posto la domanda con cui ho aperto questa discussione. In questo versetto si dice che Gesù fu “ben preordinato prima della fondazione del mondo, ma manifestato negli ultimi tempi per voi.”
Che significa preodinato? La risposta la possiamo trovare in Efesini 1:4-5: “ così come ci elesse unitamente a lui prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi e senza macchia dinanzi a lui nell’amore. Poiché egli ci preordinò all’adozione a sé come figli mediante Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà.”
Da questo versetto è chiaro che questi cristiani furono preordinati o scelti da Dio “ prima della fondazione del mondo”, quindi prima che venissero in vita.
Dato  che nella scrittura di Pietro si dice la stessa cosa di Gesù (  preordinato prima della fondazione del mondo), mi sembra logico pensare che anche Gesù prima di nascere come uomo non si trovava in uno stato di preesistenza.
A questo punto mi chiedo: può essere che la preesistenza di Gesù di cui parla la Bibbia ( per es. nel vangelo di Giovanni) vada intesa non in senso reale o letterale ma in senso figurativo? In altre parole, non può essere che  Gesù prima di nascere come uomo preesisteva solo nella mente Dio?
Aggiungo che questo è pure il pensiero della tradizione ebraica:
“Sette cose furono create prima che il mondo fosse: la Torah, il pentimento, il Giardino dell'Eden (ie. Paradiso), Gehinnom, il Trono della Gloria, il Tempio, e il nome del Messia” - (Pes. 54a).

“Il Re Messia nacque fin dall'inizio della creazione del mondo, perché è entrato nella mente (di Dio), prima ancora della creazione del mondo.” - (Pesiqta Rab. 152B).

Titolo: Re: In che senso Gesù preesisteva?
Post di ilcuorebatte il 22.08.2017 alle ore 09:49:31
Suggestiva la lettura, ma la ritengo un po forzata nel caso del prologo di Giovanni. La prima questione è linguistica, l'apostolo scrive la "Parola ERA con Dio" la CEI traduce ERA PRESSO... e noi "IN LUI" come nel caso di Efesini, nel passo citato in cui parla della posizione dei Cristiani in Cristo. Ma anche afferma che Nel Principio (In principio), la Parola ERA presso Dio, ed ERA Dio (come l'armonizziamo?). L'uso dell'imperfetto da una valenza oggettiva alla Parola (Logos) e ritengo quindi forzato pensare che questa sia da intendersi in modo "concettuale". La seconda obiezione è di natura logica, sempre in Efesini nel passo citato: "In lui" (in Cristo) ci ha eletti prima della fondazione del mondo...  questo fa presupporre che Cristo già esistesse prima della fondazione del mondo.


Titolo: Re: In che senso Gesù preesisteva?
Post di kosher il 24.08.2017 alle ore 15:39:46
L’argomento del topic riguarda la preesistenza di Gesù. Stranamente, però, si citano due passi che nulla hanno a che vedere con l’oggetto della discussione.

a) 1 Pietro 1,20, ci comunica che l’intervento di Dio nel mondo, la decisione della croce, ha preceduto la creazione del mondo;

b) Ef 1, 4-5, afferma che il piano salvifico di Dio inizia con la «elezione» (che risale all’eternità) in Cristo dei santi, e si attua, come seconda fase, nella incorporazione a lui mediante la figliolanza adottiva.

Chiedo ancora: cosa c’entrano i due passi con la preesistenza di Gesù? Se si vuole discutere del fatto che Gesù sia stato generato ab aeterno dal Padre, occorrerebbe richiamare - e magari discutere - altri passi.

c) Infine si cita la tradizione ebraica. L’impostazione del topic di meridionale è simile, per non dire uguale, a quella di altri lidi. In tali ambienti virtuali si fa di Gesù un semplice uomo. Sia chiaro, ognuno è libero di pensarla come vuole. Io credo, però, che chi si appella ad una sorta di Sola Scriptura, dicendo, - così come insegna Paolo -, che: «Tutto ciò che è scritto nella Bibbia è ispirato da Dio, e quindi è utile per insegnare la verità, per convincere, per correggere gli errori ed educare a vivere in modo giusto», non debba per convenienza appellarsi ad altre fonti. A proposito della preesistenza di Gesù infatti, questi signori, in assenza di argomenti esegetici convincenti, cosa fanno? Si appellano alla tradizione ebraica.

Questo è un modo subdolo e scorretto di procedere che inganna ignari sprovveduti. Chi afferma che solo la Bibbia e null’altro insegna la verità, non dovrebbe - per correttezza ed onestà intellettuale - appellarsi alla tradizione ebraica. Il fatto che “Sette cose furono create prima che il mondo fosse: la Torah, il pentimento, il Giardino dell'Eden (ie. Paradiso), Gehinnom, il Trono della Gloria, il Tempio, e il nome del Messia” - (Pes. 54a) e che “Il Re Messia nacque fin dall'inizio della creazione del mondo, perché è entrato nella mente (di Dio), prima ancora della creazione del mondo.” - (Pesiqta Rab. 152B), sono, infatti, insegnamenti che con la Scrittura non hanno nulla a che vedere.

La stessa tradizione ebraica che viene chiamata in causa, non riconosce Gesù come messia. Essa (la tradizione) ha autorità solo quando ci fa comodo o anche quando afferma che Gesù non è il messia? e che gli autori del NT non hanno nulla a che vedere con il vero ebraismo e con ciò che insegna la Torah?

A questo punto chiedo all’interlocutore: seconda lettera a Timoteo 3:16 o la tradizione ebraica? Delle due l’una.





Titolo: Re: In che senso Gesù preesisteva?
Post di Marmar il 24.08.2017 alle ore 21:57:46
Io, personalmente, vedo la cosa in questi termini:

http://www.marmari.org/apocalisse-037/pers&int/24-parola/24parola.htm

Titolo: Re: In che senso Gesù preesisteva?
Post di ilcuorebatte il 28.08.2017 alle ore 10:34:34
Ciao Marcello, quindi se ho ben compreso tu ritieni che Cristo prima della creazione preesisteva in Dio ma non avesse una sua personalità?

Titolo: Re: In che senso Gesù preesisteva?
Post di Marmar il 28.08.2017 alle ore 10:38:47
No, non credo quello, penso che fu generato, quindi in qualche modo autonomo.

Tutto ciò è, però, molto difficile da indagare perché dovremmo essere in grado di capire l'eternità, ed è una cosa che ci è negata, quindi le nostre speculazione non possono andare molto al di là di ciò che è scritto.

Titolo: Re: In che senso Gesù preesisteva?
Post di Domenico il 28.08.2017 alle ore 17:34:31
Ecco quel che ho scritto in un mio libro dal titolo: “Gesù Cristo è Dio?”

BREVI CONSIDERAZIONI SUL LOGOS


I. L’ESSERE PREESISTENTE DEL LOGOS

Le brevi considerazioni che faremo sul logos, di cui nel prologo di Giovanni, ci permetteranno, non solo di approfondire la conoscenza riguardo la “Parola”, di cui il nostro testo è saturo, ma potremo anche stabilire se questa Parola, di cui parla l’evangelista, debba essere considerata e compresa in ordine al tempo o piuttosto fuori di esso. Il concetto di tempo, è chiaramente indicato nella seconda parte di (Giovanni 1:1): Nel Principio, o in Principio. Questo però non vuol dire che Giovanni adoperi questo termine per presentarci il problema del tempo con tutta la sua problematica. Che il tempo abbia cominciato la sua esistenza prima del mondo, o insieme ad esso o dopo di esso, non era certamente il motivo per il quale Giovanni adoperò il termine “archē”. D’altra parte, non possiamo affrontare la problematica del tempo, per stabilire un ordine ben preciso se collocarlo prima o dopo la creazione o addirittura con la stessa creazione. Una simile trattazione, ci porterebbe fuori il contesto per il quale Giovanni adoperò il termine “archē”.

Con ogni probabilità, Giovanni scelse questo termine in analogia a (Genesi 1:1), e ciò per indicare, non tanto l’inizio dell’esistenza del mondo creato o l’inizio dell’esistenza della Parola, quanto per esprimere l’essere del logos prima del mondo. (Cfr. R. Schnackenburg, Il Vangelo di Giovanni I, pag. 293)

Se dovessimo interpretare la frase “nel principio “come una designazione di partenza per il logos, dovremmo per forza di coerenza stabilire un tempo nel quale il logos, cominciò la sua esistenza. Se poi si pensa che questa “Parola “sia semplicemente una forma verbale di Dio, dovremmo, anche per questa asserzione, stabilire quando essa cominciò in Dio. Come si può benissimo notare tutta la faccenda non è solamente imperniata a stabilire l’inizio dell’esistenza della “Parola”, ma investe Dio stesso nella sua natura.

Se la “Parola”, di cui parla (Giovanni 1:1) deve essere intesa come espressione verbale di Dio, va da sé che questa Parola, deve essere collocata fuori del tempo, perché Dio appunto è fuori del tempo. Se tutto ciò che esiste, esiste nel tempo (e tutto ciò che ha avuto un inizio non è eterno), e se la Parola in (Giovanni 1:1) è semplicemente un’espressione verbale di Dio, questa deve essere necessariamente fuori del tempo, perché Dio stesso è fuori del tempo, quindi eterna.

D’altra parte, sarebbe insostenibile affermare che ci fu un tempo nel quale Dio non aveva un’espressione verbale. Se ci permettiamo di fare riferimento alla Parola come espressione verbale di Dio, non lo facciamo perché (Giovanni 1:1) significhi questo, ma solamente per far notare come sia impossibile sostenere, sia dal punto di vista grammaticale che dal punto di vista teologico, che il logos abbia potuto avere un inizio nel tempo.

In considerazione di quanto esposto, la frase: “Nel principio”, non ha niente a che vedere con l’inizio dell’esistenza del logos, perché questi, quando cominciò il tempo “in principio”, “era”. Che il logos deve essere considerato eterno, viene provato in maniera inconfutabile dal valore del verbo essere che Giovanni adopera.

Questo verbo non può essere considerato come se andando indietro nel tempo, arrivassimo ad un punto in cui comincia la marcia. Il senso indefinito del verbo “era”, ci porta inevitabilmente nell’eternità, dove non è più possibile avere la nozione del tempo. Quindi, per forza di coerenza, “in principio”, significa nient’altro che l’essere eterno e senza fine.

Non si può usare per il logos la frase: “è stato creato”, perché il logos, non è mai stato creato, egli “era”, vale a dire che già allora esisteva assoluto fuori del tempo in eterno. Se dovessimo ammettere per un solo istante che il logos è stato creato, non sarebbe fuori posto chiedere: Chi ha creato il logos? L’unica risposta a questa precisa domanda sarebbe, Dio ha creato il logos

Dal momento che si afferma che il logos è stato creato (non importa quando), si dovrebbe provare con un testo biblico, che dica chiaramente (anche in una maniera implicita) che Egli è stato creato. Dal momento che si chiede un testo biblico, si capisce subito che l’osservazione si fa acuta e seria.

Trattandosi del logos, così come Giovanni ce lo presenta, è una vera follia affermare che il logos è stato creato da Dio, senza il sostegno di una prova scritturistica. Se la prova scritturistica non può essere prodotta, perché non esiste nella Bibbia una sola parola che lasci intravedere la creazione del logos, affermarla significa: Esporre una convinzione caratterizzata da una presa di posizione altamente preconcetta. Tutto il ragionamento che facevano gli ariani quando affermavano che ci fu un tempo quando il Figlio di Dio non esisteva, viene categoricamente smentito e confutato da Giovanni 1:1 che afferma: In principio era il logos”.

Che questo logos sia Gesù Cristo, è provato dallo stesso evangelista quando dice: E il logos è divenuto carne (Giovanni 1:14). Tutta la storia dell’incarnazione che il N.T. presenta, è sempre ed esclusivamente attribuita a Gesù Cristo.

2. PERSONALITÀ DEL LOGOS
Onde confutare che il logos non è da considerarsi come un’espressione verbale di Dio, Giovanni afferma: In principio era il logos e il logos era con Dio. Con questa frase: “Con Dio”, l’apostolo presenta il logos come una reale persona distinta da Dio. Se il logos non fosse una reale persona, ma semplicemente un’espressione verbale di Dio, Giovanni non avrebbe usato il termine “pros” con, presso, avrebbe piuttosto adoperato il termine “en “in, che meglio esprime questo concetto.

Se il logos era con Dio, e Dio è una reale persona, lo deve essere necessariamente anche il logos, altrimenti la frase del nostro testo non avrebbe nessun senso. Se non si può negare la personalità di Dio presente in (Giovanni 1:1), non si può neanche negare quella del logos Se noi diciamo che Michele era con Giovanni l’altro giorno in città, sarebbe illogico considerare solamente Michele come una reale persona ed escludere Giovanni. Giovanni e Michele sono due distinte persone, non importa se il primo è in qualità di padre e il secondo in quella di figlio.

segue...


Titolo: Re: In che senso Gesù preesisteva?
Post di Domenico il 28.08.2017 alle ore 17:42:58
Compreso bene il concetto di natura con quello di persona, non si dirà mai che sol perché in principio il logos era con Dio, e il logos era Dio, che (Giovanni 1:1) insegni la dottrina di due Dèi: Uno grande ed eccelso, l’altro piccolo e meno eccelso. L’intero versetto bene interpretato, è un argomento irresistibile contro tre classi di eretici:

1)
I Sabelliani, i quali negano ogni distinzione di persona nella Trinità, e dicono che Dio si manifesta ora come Padre, ora quale Figlio, ora quale Spirito Santo.
2)
Gli Ariani, i quali sostengono che Cristo fu il primo e il più nobile degli esseri creato da Dio, ma inferiore a Dio, così per natura come per dignità.
3)
I Sociniani o Unitari, i quali insegnano che Gesù Cristo non fu Dio in senso alcuno, e non ebbe esistenza qualsiasi, prima di nascere dalla vergine.
4)
4. LA PREROGATIVA DEL LOGOS

Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui non è stato fatto un solo (essere) che sia stato fatto (Giovanni 1:3).

Questa traduzione fatta in questa maniera suona bene, perché il soggetto dei due versi precedenti è rimasto invariato col termine logos Siccome logos è sostantivo maschile, s’addice molto bene il pronome maschile: “lui”. Ma mettendo al posto di logos, la Parola, il “lui”, non si adatta più, perché appunto Parola è sostantivo femminile.

Nel caso della versione della TNM che ha preferito la “Parola “al posto di logos, rendere il v.3 “Tutte le cose son venute all’esistenza per mezzo di lui, e senza di lui neppure una cosa è venuta all’esistenza”, non solo non è grammaticalmente corretto, ma significa in termini inequivocabili, che quello che ha portato all’esistenza le cose che esistono, non è stata la Parola.

In questo caso si toglie alla Parola una prerogativa molto importante quella cioè di aver portato all’esistenza tutto il creato. Leggendo il testo di seguito, dal primo al terzo versetto, si sa con estrema certezza matematica ch’è stato il logos la Parola, a portare all’esistenza il creato.

Tutte le traduzioni che hanno lasciato nel soggetto la Parola, non traducono “lui”, ma “essa”. Questa disquisizione l’abbiamo fatta, non solo per quanto riguarda l’aspetto puramente linguistico, ma soprattutto per salvaguardare la prerogativa divina del logs

La prerogativa di portare all’esistenza tutte le cose, è squisitamente divina. Questa affermazione che Giovanni fa in riferimento al logos, rappresenta una chiara dimostrazione sul piano teologico dell’altra affermazione che il logos era Dio. Giovanni non si limita ad affermare che il logos era Dio, semplicemente su un piano concettuale.

Dalla (Genesi 1:1) si sa che Dio creò tutto e da (Giovanni 1:1,3) che il logos portò all’esistenza tutte le cose. Nessuno può creare (nel senso pieno di questo termine) tranne che Dio; perché creare, appunto significa: Trarre all’esistenza dal nulla. Questa affermazione che l’universo è stato portato all’esistenza dal logos, è una chiara confutazione all’eternità della materia.

Tutto è stato fatto per mezzo di lui. Si discute in quale modo deve essere interpretato la preposizione “dia “per”. Si son proposti quattro modi:
1. Nel senso di un collaboratore
2. Nel senso di un modellatore
3. Nel senso di causa esemplare, archetipo
4. Nel senso che egli stesso crea attivamente.


Si fa notare inoltre che la preposizione “dia”, non implica inferiorità alcuna. Per quanto riguarda l’affermazione di (Giovanni 1:3), abbiamo una perfetta armonia con (Colossesi 1:16-17) che stabilisce che Cristo creò tutto: le cose visibili e le invisibili. Inoltre, si mette in risalto da diversi testi biblici, come per esempio: (Salmo 33:6-9; 102:25; 148:5; Isaia 40: 26; 48:3; Romani 11:33-36) che tutta l’opera della creazione è attribuita a Dio.

La Bibbia non afferma mai che il Padre abbia creato l’universo, afferma sempre che Dio ha creato tutto. Siccome il logos è Dio, ed è soltanto Dio che crea o porta all’esistenza tutte le cose, ne consegue che il logos, nell’opera della creazione, non agì come un collaboratore, ma come colui che crea attivamente.

Dobbiamo tener presente che quando (Giovanni 1:1) dice che il logos era con Dio, lo fa per mettere in risalto le due personalità distinte, in questo caso quella del Padre e quella del Figlio; non fa lo stesso però per l’opera della creazione. Si potrebbe domandare perché? L’opera della creazione, nella sua totalità, non è l’opera di un Dio, è l’opera di un solo Dio.

Quando si cerca di scandire: Dio il Padre, in cooperazione di Dio Figlio, o viceversa, crearono tutte le cose. Anche se teologicamente è esatta questa affermazione, lascia spazio ad una errata interpretazione come se dicendo ciò si volesse affermare l’esistenza di due Dèi. Se Giovanni attribuisce al logos l’esistenza di tutte le cose, lo fa per dimostrare che questo logos, oltre ad essere una persona distinta, è soprattutto Dio (e non un dio), per quanto riguarda la sua natura, in virtù della quale ha tutti i carismi per trarre all’esistenza tutte le cose.

Qui non ci troviamo davanti ad una formula teologica ambigua e complicata, ci troviamo piuttosto davanti ad una affermazione tendente a mettere in risalto, non tanto la personalità del logos, quanto la sua deità. Quando il cristianesimo afferma che il Padre è Dio, che il Figlio è Dio e che lo Spirito Santo è Dio, proclama una verità biblicamente dimostrabile. Ma coloro che non credono a questa verità, trovano gli appigli per affermare che il cristianesimo crede a tre Dèi, verità in contrasto con l’insegnamento della Bibbia che proclama un solo Dio.

Coloro che non credono alla dottrina della Trinità, trovano difficoltà ad accettarla, perché dicono, è contro la ragione. Un simile modo d’esprimersi, prova in maniera inequivocabile che la loro posizione è altamente preconcetta, e non lascia nessuna possibilità alla ragione di vagliare obiettivamente tutto il problema.

Nonostante che attraverso i secoli si sia spiegato chiaramente, sia dal punto di vista sintattico che teologico, che l’unità di Dio, è unità composta e che in questa unità c’è la pluralità delle persone, si continua a negarla, e tacciare coloro che la credono come pagani, perché secondo loro, la Trinità è dottrina pagana e non biblica.

Dio non è separatamente il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (anche se tutti e tre sono Dio); Dio è: Padre, Figlio e Spirito Santo nella loro inscindibile unità. Questo perché, nonostante che il Padre, il Figliolo e lo Spirito Santo siano tre persone distinte tra di loro, hanno in comune una sola natura, la natura divina.

segue...

Titolo: Re: In che senso Gesù preesisteva?
Post di Domenico il 28.08.2017 alle ore 17:44:31
Ecco perché Paolo arriva ad una conclusione, quando dice: Affinché Dio sia tutto in tutti (1 Corinzi 15:28). L’affermazione di Paolo, che da alcuni, specie dalla Torre di Guardia, è usata per confutare che Gesù Cristo non è Dio, non mira a degradare Gesù Cristo della sua prerogativa divina; mira solamente a chiudere il ciclo della subordinazione di Cristo al Padre per quanto riguarda la sua missione.

Quando tutto sarà completato, non ci sarà più bisogno che Cristo appaia inferiore al Padre, perché alla fine, non sarà il Padre tutto in tutti, ma Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo. Quando si interpreta giustamente la Bibbia, quei preconcetti di irrazionalità cadono e tutto appare chiaro nella sua luminosa luce.

5. L’INCARNAZIONE DEL LOGOS

L’ultimo tratto dell’inno al logos e il suo punto culminante, è appunto la sua l’incarnazione.

E il logos si è fatto carne ed ha abitato per un tempo fra noi, pieno di grazia e di verità; e noi abbiam contemplata la sua gloria, gloria come quella dell’Unigenito venuto da presso al Padre (Giovanni 1:14).

La maggior parte degli esegeti son concordi nell’affermare che questo verso deve essere collegato col v.1, non solamente per la parte formale, ma soprattutto per il suo contenuto.

Leggendo questo testo alla luce del primo versetto di (Giovanni 1:1), la verità relativa all’incarnazione appare nella sua profondità e si può meglio valutare la portata cristologica che ha. Così fecero i padri, specialmente Atanasio che ebbe il merito di confutare brillantemente gli ariani. In questo verso si afferma che in un’ora ben precisa della storia, il logos si è fatto carne. Questo è il grande paradosso che il logos il quale in principio era con Dio, ed era Dio, sia diventato carne ed abbia abitato per un tempo fra noi.

Questa affermazione dell’apostolo, non vuol dire: “Il logos si è trasformato in carne “o: “Il logos è apparso sotto un rivestimento di carne”, per il semplice motivo che la frase che segue “si è attendato fra noi, e noi abbiam contemplato la sua gloria”, non darebbe un contenuto sufficiente al verbo “ghinestai”.

Col divenire carne, non bisogna intendere come se il logos avesse cessato di essere quello che prima era. Nulla di tutto questo è accennato nel nostro testo. Anche se in questa visuale non appaiono le due “nature”, ce lo dirà chiaramente (Filippesi 2:6-11). Quello che maggiormente si deve notare e ch’è di estrema importanza, è l’azione spontanea e personale del logos
Se la frase: Il logos era con Dio, lascia intravedere una distinzione per ciò che riguarda la personalità, e il logos è diventato carne, ne indica la sua personale azione. Se Dio, in (Giovanni 1:1) è una reale persona, lo deve essere necessariamente anche il logos Il segno più marcato e la prova più convincente che il logos è una reale persona, viene data da (Giovanni 1:14). Mettendo in risalto l’aspetto personale del logos, si capisce subito che egli è cosciente di quello che fa.

Anche se nel N.T. e specie in Giovanni, leggiamo spesso che il Padre ha mandato il suo Figliolo nel mondo, non leggiamo mai che il Padre ha fatto diventare carne il logos

Questo diventare carne, è più di un diventare uomo; esprime nel senso più completo, l’assunzione della natura umana. Il logos che in principio era con Dio, si trasferisce per un tempo tra gli uomini; il logos che era Dio, ora, in un preciso momento della storia, diventa carne. Questo è il grande mistero dell’incarnazione che Paolo in un inno a Cristo, non ha nessuna titubanza ad affermare (1 Timoteo 3:16) e che lo stesso Giovanni pone come un banco di prova per conoscere lo Spirito di Dio (1 Giovanni 4:23; 2 Giovanni 7).

Come il logos, che in principio era con Dio, ed era Dio, sia diventato carne, questo è il mistero che né Giovanni, né tutti gli altri scrittori del N.T. non ci fanno sapere. Nonostante ciò, l’incarnazione è diventata una professione di Fede, fin dal sorgere del cristianesimo e che si protrae ininterrottamente attraverso i secoli.

D’altra parte, bisogna precisare che un cristianesimo senza l’incarnazione, non ha il diritto, né di chiamarsi né di considerarsi tale. L’incarnazione è la pietra fondamentale sulla quale è stato eretto l’edificio del cristianesimo, pietra che si erge, come un solido pilastro in mezzo ad un mare tempestoso. Se questo solido fondamento ha resistito a tutti i violenti attacchi che ha subito attraverso i secoli, e al presente continua a sfidare il tempo, lo è perché, il logos ch’è diventato carne, era con Dio, era Dio ed è Dio.

La frase “abitare”, può anche essere tradotta: “attendarsi”. Quest’ultima, a dire il vero, favorisce lo sviluppo del significato che la tenda sacra aveva in riferimento all’incontro di Yahvè con Mosè. Era la gloria di Yhavè che scendeva e si manifestava quando Mosè entrava nella tenda, e più tardi riempì il tempio (cfr. Esodo 40:10; 1 Re 8:11).
Ecco perché Giovanni può dire: Abbiamo contemplato la sua gloria. Come la gloria di Yahvè venne vista da Mosè e da Salomone, così la gloria del logos venne contemplata dagli uomini. Se si tiene presente che la gloria del logos è la gloria di Dio, perché il logos era con Dio ed era Dio, la gloria che noi abbiamo contemplato è la stessa gloria che Mosè vide nella tenda e che ai tempi di Salomone fu notata nel tempio.

Tenendo presente questa valutazione d’insieme, che abbiamo fatto, possiamo capire meglio le parole di Gesù:

Ed ora, o Padre, glorificami tu presso te stesso della gloria che avevo presso di te avanti che il mondo fosse (Giovanni 17:5).

La Gloria in (Giovanni 1:14) non era quella di “un figlio unigenito”, come se il Padre, di cui fa specifico riferimento il testo, avesse altri figli; è la gloria del logos, che in principio era con Dio, ed era Dio, dell’Unigenito venuto da presso il Padre. I cinque punti che abbiamo considerato brevemente, su (Giovanni 1:1,3,14), sono estremamente importati perché ci permettono di capire chi è il logos, e comprendendolo, possiamo afferrare tutta l’importanza che il prologo ha per la cristologia. L’essere eterno del logos e l’essere carne nel tempo, viene messo in una tale evidenza che non è possibile, né ignorarlo, e tanto meno negarlo.