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   Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
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   Autore  Topic: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?  (letto 5186 volte)
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #60 Data del Post: 16.03.2015 alle ore 11:02:41 »
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on 14.03.2015 alle ore 14:46:45, Vladi91 wrote:
Di qui avviene il totale distacco dal testo biblico e l'applicazione delle categorie cui accenna Heschel, che giustamente osserva un'attitudine pagana che cerca di informare il testo biblico oltre il giustificabile limite del contesto culturale in cui ognuno vive.

Sai che qui non ho ben capito che cosa tu intendessi dire? Sorriso
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #61 Data del Post: 16.03.2015 alle ore 12:19:08 »
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on 14.03.2015 alle ore 09:33:43, Caste wrote:
Mah sì, in un certo senso è vero che ti dico "ognuno faccia per sé" in misura ridotta ha senso... comunque, volendo attenersi a una discussione più "oggettiva" cerchiamo di capire a che principi possiamo attenerci, anche se ammetto che pure io sto cominciando un po' a perdere il filo del discorso.

Tenere le fila è complicato proprio perché siamo diversi in impostazione.
Quindi se in un primo momento può sembrare facile argomentare in merito, poi dopo, entrando in profondità si vanno a toccare le premesse che noi o le chiese a cui facciamo riferimento usano nell'interpretare il testo biblico e quindi la questione diventa più personale. A quel punto mi accorgo che diventa difficile ragionare in maniera distaccata. Perché volontariamente o meno, si tende a cercare di difendere le proprie posizioni. Mi rendo conto anche io che, avendo sposato "una modalità" interpretativa, quando viene messa in discussione, tendo a difenderla.
 

Quote:
Non capisco più tanto se la discussione sia sul: "ci sono premesse che vanno bene e altre no" oppure "ci sono premesse migliori di altre" oppure "quali sono le premesse?" o ancora, "servono delle premesse?" perché mi sembra che abbiamo affrontato tutti questi quattro argomenti.

Li abbiamo toccati e non abbiamo stabilito niente di comune al momento. O quanto meno a me non è chiaro. Se vedi nel mio riepilogo non è chiarissimo tutto.
 

Quote:
Comunque, chiudo questi ultimi scambi che abbiamo avuto specificando che il mio ragionamento deriva dal fatto che , (vuoi per la mia formazione più scientifica, vuoi per abitudine personale) trovo difficile "digerire" una terminologia di stampo "scientifico" riferita a "esperti" che giocano coi testi. Come diceva Kosher, di studi seri ce ne sono, ma in linea di massima ne vediamo pochi (=0) nelle chiese...  
Ora, se per schemino ti riferisci ai 4 punti che avevi postato qui...  
 
Direi che siano tutti quanti assolutamente validi e condivisibili. Certo è, però, e questo lo sai anche tu, che non sono propri del metodo storico grammaticale, ma di qualsiasi metodo sensato di esegesi biblica.

Secondo me sinceramente, non sono SUFFICIENTI.
Sono condivisibili si, ma come fa notare Sergio, non sono sufficienti. Perché pur applicandoli entrambi, spesso arriviamo a conclusioni diverse. Quindi c'è qualcosa che non quadra. Non sono sufficientemente precisi o dettagliati.
 

Quote:
Il fatto è che, finché non riusciamo a scindere il metodo dalla filosofia a cui è associato, allora diventa complicato capirci. Perché in linea di massima viene usata l'assunzione del "MSG" filosofia riformata-protestante "MSC" filosofia scettica-illuminista.  
Per quanto non sia del tutto sbagliata, questa corrispondenza è un po'... datata... poteva essere certamente valida nel momento in cui ci si trovava a dover rispondere alla teologia liberale del primo novecento, ma ora sarebbe più opportuno rivedere le categorie con un po' più di oggettività e di conoscenza storica.
Inoltre, tanto poi ci torniamo sempre, risulta a mio parere importante rammentarci che, come ho scritto prima, il primo metodo di esegesi valido per un cristiano è la guida dello Spirito Santo. Poi, da quello, si possono tracciare le linee guida generali, certamente quelle che hai messo sono valide.

Concordo con il fatto che non si può più generalizzare, cioè se ieri si polemizzava verso il MSC e si affermava con forza verso il MSG, oggi le distanze si sono ristrette e il baratro è meno evidente. Questo è certo, hai ragione.
Ma io volevo cercare di fare una quadra con voi, per spirito di condivisione.
Sul discorso che lo Sirito Santo deve essere la guida, sono d'accordo. Ma purtroppo come vedi tra noi uomini le opinioni sono diverse. Perché caro mio?
Secondo me perché Cristo "non era tipo" da mandare lo Spirito Santo per farci diventare teologi. Credo che lo scopo principale dello Spirito Santo sia illuminarci per comprendere le Scritture e salvare la gente. Guidarci nelle nostre scelte quotidiane... insomma l'ermeneutica, l'interpretazione dottrinale, etc et, sono secondo me attività delegate ai responsabili della chiesa in qualche modo. Perché comunque nessuno è talmente consacrato da essere così ripieno di Spirito Santo e capire tutto della volontà di Dio, come avesse un filo diretto. Io credo che siamo salvati per grazia, ma peccatori. E questa condizione di peccatori, per quanto abbiamo vinto il peccato in Cristo, rimane in noi, nella nostra natura. Saremo liberati dal peccato PIENAMENTE alla resurrezione. Quindi questo peccato interferisce tra noi e Dio e influenza la nostra completa comprensione della verità di Dio. Questo.... per quanto lo Spirito voglia aiutarci dico...
Ecco perché secondo me è necessario "accordarsi" tra noi evangelici su questi temi.
 

Quote:
Per esempio, un metodo di vedere le cose diverse, potrebbe essere questo: utilizzando il metodo storico grammaticale, si cerca di comprendere al meglio come i termini (la grammatica) sono correlati tra di loro, per giungere a capire con quanta più certezza possibile se l'interpretazione che abbiamo è la migliore.
Con il metodo storico critico si cerca di comprendere al meglio come gli scritti (il sunto storico) sono correlati tra loro, per giungere a capire con quanta più certezza possibile se la versione che abbiamo è la migliore.  
 
Ovviamente, non pretendo di avere una posizione accurata, però credo che potrebbe essere un punto su cui discutere...

Cosi li stai ponendo come complementari anziché in competizione.
Sarà corretto? Anzi addirittura uno sembra includere l'altro.
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #62 Data del Post: 16.03.2015 alle ore 13:36:21 »
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on 16.03.2015 alle ore 12:19:08, Stefanotus wrote:

Secondo me sinceramente, non sono SUFFICIENTI.
Sono condivisibili si, ma come fa notare Sergio, non sono sufficienti. Perché pur applicandoli entrambi, spesso arriviamo a conclusioni diverse. Quindi c'è qualcosa che non quadra. Non sono sufficientemente precisi o dettagliati.

 
Certo, era un punto di partenza ma, almeno, siamo riusciti a stabilirlo. Poi è chiaro che, essendo una generalizzazione, per definizione non siano sufficienti Linguaccia  
 

on 16.03.2015 alle ore 12:19:08, Stefanotus wrote:

Concordo con il fatto che non si può più generalizzare, cioè se ieri si polemizzava verso il MSC e si affermava con forza verso il MSG, oggi le distanze si sono ristrette e il baratro è meno evidente. Questo è certo, hai ragione.
Ma io volevo cercare di fare una quadra con voi, per spirito di condivisione.
Sul discorso che lo Sirito Santo deve essere la guida, sono d'accordo. Ma purtroppo come vedi tra noi uomini le opinioni sono diverse. Perché caro mio?
Secondo me perché Cristo "non era tipo" da mandare lo Spirito Santo per farci diventare teologi. Credo che lo scopo principale dello Spirito Santo sia illuminarci per comprendere le Scritture e salvare la gente. Guidarci nelle nostre scelte quotidiane... insomma l'ermeneutica, l'interpretazione dottrinale, etc et, sono secondo me attività delegate ai responsabili della chiesa in qualche modo. Perché comunque nessuno è talmente consacrato da essere così ripieno di Spirito Santo e capire tutto della volontà di Dio, come avesse un filo diretto. Io credo che siamo salvati per grazia, ma peccatori. E questa condizione di peccatori, per quanto abbiamo vinto il peccato in Cristo, rimane in noi, nella nostra natura. Saremo liberati dal peccato PIENAMENTE alla resurrezione. Quindi questo peccato interferisce tra noi e Dio e influenza la nostra completa comprensione della verità di Dio. Questo.... per quanto lo Spirito voglia aiutarci dico...
Ecco perché secondo me è necessario "accordarsi" tra noi evangelici su questi temi.

Beh sì, ovviamente quando si parla di illuminazione, si parla sempre di illuminazione "parziale", come dici, siamo esseri umani e non si può pretendere di più. In fondo se questo era valido per la chiesa primitiva, quanto più lo sarà per noi...  
Purtroppo, però, proprio in causa di questa ragione, tutti quanti fatichiamo a evitare di considerarci più "illuminati" di altri (alcuni anche di nome Linguaccia ) con risultati a volte sconcertanti.  
 

on 16.03.2015 alle ore 12:19:08, Stefanotus wrote:

Cosi li stai ponendo come complementari anziché in competizione.

Eh, è il mondo in cui mi piace vivere Sorriso  

on 16.03.2015 alle ore 12:19:08, Stefanotus wrote:

Sarà corretto? Anzi addirittura uno sembra includere l'altro.

Come ho detto, non lo so, però mi pareva il caso di proporre la possibilità!
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #63 Data del Post: 16.03.2015 alle ore 14:22:45 »
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on 16.03.2015 alle ore 11:02:41, Caste wrote:

Sai che qui non ho ben capito che cosa tu intendessi dire? Sorriso

 
"Thinking with the Bible" significa indagare e comprendere ciò che è radicato nel testo e pensarlo anche oggi, per noi. Ciò avviene mediante un'attenta esegesi.
Tuttavia accade il contrario, paradossalmente: si legge la Scrittura attribuendo al testo significati completamente altri ed odierni (pagani nel senso di non biblici). Non si pone un limite agli inevitabili preconcetti, dovuti al contesto in cui ognuno vive. Si ragiona dall'alto verso il basso, e non dal basso verso l'alto, cioè non si parte dal testo per costruire, ma si costruisce a prescindere dal testo ed in seguito la costruzione è attribuita al testo (erroneamente).
Se vogliamo è un po' la stessa cosa che ha fatto la disciplina storico-critica fino a qualche decade fa. Un abuso della diacronia e una completa negligenza della sincronia, del prodotto finito, diciamo.
 
Facendo un esempio molto pratico, quello che ho già fatto un paio di volte: Gen. 1.26-28. Nella corso della storia si è attribuito di tutto a questi due versetti. In ogni approccio è evidentissima la ragione storica di quella lettura, dall'interpretazione sostanzialistica, a quella relazionale, a quella funzionale. Le prime due prescindono dal significato primo del testo, anzi lo informano secondo le concezioni dell'epoca in cui furono formulate (l'epoca di Agostino e di Barth, per esempio). Dando un'interpretazione errata a quel passo, nel pratico si vive in maniera distorta l'essere immagine di Dio, e non si comprende in maniera appropriata il piano di Dio nella storia, essendo uno dei punti iniziali distorto (figuriamoci il seguito).
Il significato primo del testo viene svalutato, senza accorgersi che esso è il più potente. Perché ciò? Perché gli strumenti esegetici e le capacità esegetiche sono poco affinate. Come comprendere il significato primo del testo? Tuffandosi nel testo e respirando, ascoltando, quello che il testo dice. Per fare questo è inevitabile che ci sia la necessità di spogliarsi di molte concezioni estranee al testo, ma che noi potremmo ingenuamente attribuirgli.
Un altro esempio, cui accennavo sopra (credo): il Vangelo di Giovanni. C'è stato un periodo in cui esso è stato letto attraverso le lenti della filosofia e della "mentalità greca". Mentre quest'approccio si è dimostrato completamente fuori strada a livello esegetico, la teologia più spiccia ha continuato a promulgare queste idee, poiché non in dialogo con gli studi neotestamentarii. Risultato? La chiesa, per lo più formata da persone non dedite allo studio, è influenzata da prodotti di bassa qualità (cioè manuali e dispense di teologia di scarso spessore), poiché i più fruibili, e brancola quindi a tastoni in concetti errati, senza rendersi conto delle implicazioni di tali concetti se presi davvero sul serio: in poche parole ripercorreremmo le vie di Origene e compagnia bella o diventeremmo tutti dei filoniani. Ulteriore conseguenza, un'incapacità di comprendere davvero il significato del Vangelo di Giovanni e quindi un'incapacità di viverlo appieno.
 
Ovvio, le basi si comprendono lo stesso, ma chi mai vorrebbe non andare in profondità e sapere cosa la Bibbia veramente dice (o per lo meno avvicinarsi sempre di più al significato vero in maniera sempre più completa)?
« Ultima modifica: 16.03.2015 alle ore 14:24:44 by Amenachos » Loggato
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #64 Data del Post: 16.03.2015 alle ore 14:49:15 »
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on 14.03.2015 alle ore 14:53:24, kosher wrote:
▪ Potrebbe essere utile accennare alla cosiddetta «autenticità paolina indiretta» ...

Kosher pienamente d'accordo con tutto.
Non è questo il punto.
Secondo quello che ho studiato io, Paolo doveva avere una malattia agli occhi. Addirittura una malattia che producesse PUS. Per questo motivo potrebbe aver ringraziato particolarmente i Galati ricordando che quando fu da loro non lo presero "a schifo". Inoltre in altri testi suoi, al termine dello scritto dice: questo lo sto scrivendo io, guardate che brutta scrittura che ho... quasi a dire: non ci vedo più niente, guardate come sono ridotto.
Quindi sapevo già che fosse sostenibile la tesi che i suoi scritti fossero indirettamente autentici anche se non direttamente scritti. Molto probabilmente dettava le sue lettere a dei collaboratori. Anche lo stile di certi scritti in cui egli a domanda risponde (es. "che diremo noi?"Occhiolino. Sembra lo stile di chi ragiona ad alta voce su un concetto e detta il testo finale.
Quindi niente di male in questo.
Piuttosto io mi riferivo a coloro che dicono che la lettera di Paolo non è letteralmente di Paolo, ma di un discepolo che riporta quanto aveva imparato da Paolo dopo tanti anni. Cioè voglio dire, che Paolo l'abbia scritta di suo o l'abbia dettata, non ne cambia la paternità e quindi l'autenticità. Che invece lo scritto non sia proprio opera di Paolo... inizia ad essere un problema, proprio gli scritti contengono dati e riflessioni personali che a questo punto lo farebbero un falso.
Su Mosè, è la tradizione ad assegnarlo a Mosè. Gesù lo conferma. Ma ne io né nessun studioso può affermare con certezza lo scritto sulla sua morte.
Alcuni sostengono Giosuè lo abbia scritto. Altri invece dicono: e se fosse stato Dio a ispirargli cosa sarebbe successo? D'altronde gli aveva pure fatto scrivere della creazione del mondo, di Adamo ed Eva, e di Noè... che problema ci sarebbe stato a fargli scrivere della sua morte? Siamo noi oggi che pensiamo "al cattivo gusto". Ma un uomo che ci parlava faccia a faccia con Dio... forse aveva tutta un'altra visione.
 

Quote:

▪ Un esempio di come lavora e ragiona uno studioso che si serve della critica testuale...Prendiamo le parole del saluto iniziale delle lettera agli Efesini...che si sia servito di tali approfondimenti per dire che la lettera sia un falso o che i credenti che credono alla tesi tradizionale siano degli stupidotti o dei creduloni.

Di certo nessuno lo fa. Ma vi sono connotazioni, conseguenze teologiche importanti però.  
Se si accetta che la lettera agli efesini potrebbe non essere agli efesini si affermerebbe che il testo non è la Parola di Dio, ma il messaggio contenuto è la Parola di Dio. In questo modo, il principio di ispirazione verbale della Scrittura MUORE. Se si accetta che solo il messaggio della Bibbia è ispirato, ma non il testo in sé, inizia a relativizzarsi molto della Bibbia. Si torna cioè alle dottrine del 1600 o giù di là, quando non si credeva nei miracoli, non si credeva nel battesimo nello Spirito Santo, non si credeva alla nuova nascita, e via così. Ci si allontana cioè dal modello apostolico.
Forse il passaggio non sembra così breve, ma lo è invece.
Perché se è il messaggio che mi interessa e non il testo in sé, allora posso accettare che le pratiche neotestamentarie erano solo per quel tempo e non per oggi. A me oggi interessa solo "il contenuto etico, morale e spirituale" non la pratica in sé. (Che se ci pensate è quanto avviene nelle comunità valdesi e credo anche battiste e luterane). Si perde l'attualizzazione del testo, in favore di una "religiosità" filosofica.
In un certo senso così muore anche il principio di SOLA SCRIPTURA. Perché per comprendere un testo biblico, non ci si muove più all'interno dei testi biblici, ma si ammette che si necessita di informazioni extra bibliche che "fanno comprendere il testo".
Un esempio pratico. Accettare SOLO il testo biblico perché ISPIRATO VERBALMENTE, permette al credente di "comprendere" l'insegnamento del "tacciansi le donne nelle assemblee" come un divieto alla predicazione femminile. Le spiegazioni teologiche derivano dal considerare la Bibbia un unico testo e quindi pur rispettando i contesti letterari o testuali di ogni libro, pur rispettando il contesto storico culturale di quello e altri passi, il teologo che usa il metodo storico grammaticale tenderà a dare una spiegazione prendendola ALL'INTERNO del testo biblico.  Chi utilizza il metodo storico critico affermerà che innanzitutto è il messaggio ad essere ispirato, non il testo di per sé. Qual è il messaggio del testo? Utilizzando una diversa contestualizzazione si dirà che la lettera in cui sono inseriti questi versetti è diretta AD UNA CHIESA in particolare e non a tutte le chiese del mondo. Quindi vi è un errore a prendere quel testo per noi. Poi aggiungendo quanto ricevuto dalle ricerche storiche e i ritrovamenti, affermerà che le donne di quella comunità vivevano in un determinato contesto e quindi erano proprio quelle donne a non dover predicare.  
Quindi il messaggio che si può trarre da questo testo NON E' che le donne non debbano predicare secondo Dio, ma che Paolo trovandosi in quella determinata situazione DECISE di vietare a QUELLE donne l'insegnamento. Quindi il Signore oggi a noi starebbe dicendo che qualora un pastore si trovi in una situazione SIMILE a quella espressa nella lettera in questione, allora si potrà comportare allo stesso modo di Paolo. Con autorità etc.
 
Ora... come vedete io conosco entrambe le posizioni. E le reputo giustamente razionali ed accettabili entrambe. Non sono un talebano. Sorriso
Ma la seconda posizione DISTRUGGE letteralmente le famose "premesse" di cui sopra, ossia le premesse interpretative classiche della tradizione evangelica. Ora io non voglio essere un tradizionalista, ma sto dicendo che questo modo di fare secondo me è fallace.
Fallace perché?
1) Non ritengo accettabile porre fede in una Bibbia fatta di opinioni personali degli autori. La Bibbia per me ha un unico Autore e gli altri sono scrittori. Per quanto la loro opinione fosse allineata a quella dello Spirito che li ispirava, oggi io devo prendere la Parola come Parola di Dio.
Se iniziassi a scegliere COSA è opinione personale e cosa no... starei sminuendo la Parola di Dio;
2) Non ritengo accettabile che parti della Bibbia del Nuovo Testamento indichino pratiche, abitudini e insegnamenti che siano legate SOLTANTO al momento storico in cui sono relegate (a meno di ovvie motivazioni contrarie e rilevate nel testo stesso); La Bibbia è la Parola di Dio utile per OGNI TEMPO;
3) Non ritengo accettabile giustificare posizioni dottrinali utilizzando "reperti archeologici" o elementi storici al di fuori della Scrittura, che a loro volta dimostrano o smentiscono determinate realtà storico - culturali. Fare così, significa influenzare l'interpretazione biblica sulla base di elementi di altra natura che ieri non c'erano oggi ci sono e domani vengono smentiti. Dio non può aver condizionato la comprensione del testo biblico all'interpretazione di dati storici.
4) Non ritengo accettabile l'estrema "contestualizzazione di uno scritto" relegandolo VINCOLATO SOLTANTO alla situazione di quel momento. Le lettere del Nuovo Testamento venivano scritte per una chiesa e girate tra le chiese, questo affinché servissero di "insegnamento" a tutta la cristianità. Quindi sono Parola di Dio allo stesso modo per noi oggi.
5) Ritengo corretto che, seppur sia giusto contestualizzare ogni testo alla luce del suo contesto storico-culturale e letterario, sia necessario interpretare ogni passo alla luce di tutta la Scrittura, come se la Bibbia fosse un unico libro.
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #65 Data del Post: 16.03.2015 alle ore 15:12:34 »
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on 16.03.2015 alle ore 14:22:45, Vladi91 wrote:

 
"Thinking with the Bible" significa indagare e comprendere ciò che è radicato nel testo e pensarlo anche oggi, per noi. Ciò avviene mediante un'attenta esegesi.  
(...)
 
Ovvio, le basi si comprendono lo stesso, ma chi mai vorrebbe non andare in profondità e sapere cosa la Bibbia veramente dice (o per lo meno avvicinarsi sempre di più al significato vero in maniera sempre più completa)?

 
Ok, grazie, ora  è chiaro! Tra l'altro hai fatto benissimo a nominare Filone che è un'ulteriore dimostrazione storica dell'ellenizzazione ebraica di cui parlavamo prima!
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #66 Data del Post: 16.03.2015 alle ore 15:17:47 »
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Chiudo il post precedente dicendo che le mie posizioni contro la metodologia storico critica, pur riconoscendone la razio, sono prese dalla tradizione "evangelica". Noi siamo quello che siamo perché aderivamo a quelle prese di posizione. Che oggi vedo si stanno sbiadendo. Parte di questa discussione ne è l'evidenza.
 
Io ho degli scritti di mio nonno e dei suoi racconti che si tramandano su mio zio e mio padre. Alcuni di essi so che sono "influenzati" dal contesto di allora e le convinzioni di allora. Vedi ad esempio l'uso della croce, cui si attribuiva il senso di idolatria e lo si vietava sulla base del comandamento in esodo, quando poi in realtà si cercò solo un modo per "distaccarsi" dalla religione che in quel momento storico ci perseguitava. Adesso invece so che non ci sarebbe nulla di male a porre una croce dinnanzi una porta a riconoscerci come coloro che credono nell'uomo che fu crocifisso.
Quindi riconosco il principio che... "tradizione evangelica si" ma fino a un certo punto. Però non posso estremizzare questo principio di evoluzione teologica al punto da rinnegare ciò che Dio ci ha donato a suo tempo. Questo mi puzza di bruciato... oserei dire di zolfo.
 
Tornando all'argomento vorrei anche dirvi che ho parlato con il mio filologo familiare. Sorriso
Allora ho chiarito che, nei confronti dei testi antichi, quindi anche per la Bibbia, fatti i ritrovamenti di tutti i manoscritti, interviene innanzitutto il filologo. Questo non attua ALCUNA ermeneutica. Il filologo è colui che attraverso tecniche precise, utilizzando dati storici, altri scritti, conoscenza sulle modalità di linguaggio, insomma... utilizzando tutta una serie di strumenti specifici, CREA IL TESTO FINALE. Ossia il filologo mette a disposizione di tutti il testo finale come doveva essere in origine. Quindi mettendo insieme tutti i manoscritti crea il testo originale dei vari vangeli etc.
Questo testo passa al traduttore. E, se ho capito bene, è questo qui che attuerà, per tradurre il testo biblico nella nostra lingua i metodi ermeneutici o MSC o MSG.
 
Quindi di conseguenza, quando poi noi, andiamo a leggere il testo italiano, stiamo leggendo e interpretando un testo che è già stato interpretato con i metodi di cui sopra. Quindi, nel trarre il significato del testo o l'insegnamento testuale, dovremmo di conseguenza "adattarci" al metodo iniziale usato dal traduttore. Il rischio sarebbe di creare un interpretazione dell'interpretato, che a dire di questo mio parente, è quello che avviene nel 99% delle chiese in cui è stato.
 
In pratica ci si arroga il diritto dell'interpretazione sulla base della reinterpretazione del testo : riapplicando un'ermeneutica a "nostro uso e consumo", cioè da profani.  Che macello ragazzi... un macello. Siamo troppo approssimativi... Sorridente Sorridente Sorridente
« Ultima modifica: 16.03.2015 alle ore 16:24:50 by Stefanotus » Loggato
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #67 Data del Post: 17.03.2015 alle ore 14:03:05 »
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Siete spariti tutti?
 Confuso Confuso
 
Conoscete questo testo?
 
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« Ultima modifica: 17.03.2015 alle ore 14:05:05 by Stefanotus » Loggato
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #68 Data del Post: 17.03.2015 alle ore 20:13:09 »
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on 17.03.2015 alle ore 14:03:05, Stefanotus wrote:
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La lettera ai Galati. Testo greco a fronte
€ 52,67, questo volume, che è uno dei venticinque volumi della serie del "commentario teologico" che la Padeia ha pubblicato, (che io ho comprato tutta la seria) è molto importante per le tante informazioni che fornisce. Non è un commentario di carattere divulgativo, ma teologico, come giustamente dice il titolo. Per chi vuole conoscere certe cose, che non si trovino nei comuni commentari, quest'opera io la consiglierei.
 
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