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   Autore  Topic: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?  (letto 5185 volte)
Stefanotus
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Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Data del Post: 05.03.2015 alle ore 15:41:55 »
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Ciao a tutti.
Qualche giorno fa su Facebook mi è stato inoltrato questo messaggio:
La Bibbia è un libro scritto da ebrei per ebrei. Infatti fu scritto in ebraico con mentalità ebraica. Il Nuovo Testamento è scritto in greco, ma pensando in ebraico! Quindi noi non possiamo leggere la Bibbia con la nostra attuale mentalità occidentale (derivata dalla cultura greca). Pensiamo di comprenderla ma in realtà spesso prendiamo delle vere e proprie cantonate.
 
La mentalità che permea la Bibbia è la mentalità semitica mediorientale. Questa è la chiave per comprendere le Scritture."
 
Che ne pensate di simili affermazioni?
Vi va di parlarne insieme?
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #1 Data del Post: 05.03.2015 alle ore 16:15:59 »
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Direi che... bah... ho già scritto da un'altra parte che questa storia della "mentalità greca" contro la "mentalità giudaica" è piuttosto una sciocchezza, soprattutto se consideriamo il periodo del NT. Se non erro anche Kosher aveva affermato questo. Basta leggere i libri dei Maccabei per conoscere lo stato della società ebraica nel periodo pre-neotestamentario, non so come si possa voler creare questo distacco con il pensiero e la società greca.  
Poi, che la mentalità occidentale derivi da quella greca (casomai da quella romana) mi sembra una frase buttata un po' lì per fare i dotti: che significa?  
Quali sono le radici storiche della società occidentale moderna? Come si è sviluppata? Quali importanti culture l'hanno composta?
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"Il problema delle citazioni su internet è che non si sa mai se siano vere o no" Abraham Lincoln
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #2 Data del Post: 05.03.2015 alle ore 16:22:40 »
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Lo scopo della discussione vuole essere proprio questo, mettere insieme queste considerazioni.
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #3 Data del Post: 06.03.2015 alle ore 01:47:54 »
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on 05.03.2015 alle ore 15:41:55, Stefanotus wrote:

Che ne pensate di simili affermazioni?
Vi va di parlarne insieme?

 
Come per l'interpretazione di ogni testo, credo che sia importante anche per la Bibbia fare una bella immersione nella cosiddetta "mentalità ebraica". Quando studio mi accorgo che effettivamente nel momento in cui spengo la "parte greca" con tutte le sue categorie e accendo quella ebraica, allora posso dire che sto iniziando a capire sul serio e soprattutto a scendere nelle profondità dei testi.
 
Come accennato, lo stesso avviene con tutte le altre letterature. Quando leggo l'Iliade devo calarmi in un certo contesto, se leggo l'Eneide in un altro ancora. Dante ci porta in un altro mondo, il Mahabharata in un altro ancora. Nel momento in cui annulliamo queste possibilità e leggiamo questi testi con le stesse lenti attraverso cui potremmo leggere, che so, Manzoni (per citare un grande classico a noi vicinissimo), allora ciò che noi comprendiamo automaticamente si sostituisce a ciò che invece dovremmo comprendere se ci sforzassimo di trovare la giusta ottica, il vero significato.
Sicuramente non è qualcosa di facile da fare, perché ci viene normale leggere la Bibbia in un certo modo. Forse parlare di "mentalità greca" è troppo vago. Bisognerebbe piuttosto parlare di una mentalità di indubbia origine greca ma che si è sviluppata ed arricchita (o impoverita) nel corso dei secoli. Leggere la Scrittura da Occidentali del XX-XXI secolo è purtroppo un nostro limite, che diventa una colpa se mantenuto con ostinatezza.
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #4 Data del Post: 06.03.2015 alle ore 10:44:47 »
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Ciao Vladi.
 
Condivido molto di quello che hai detto chiaramente. Ma credo che possiamo insieme agli amici del forum, andare oltre queste condivisibili affermazioni.
Questo perché noi evangelici (espressione che uso mettendomi in gioco seriamente) siamo credenti cristiani che non utilizzano la Bibbia come se fosse "una qualsiasi" pubblicazione letteraria.
 
Gli evangelici in generale, nella loro storia, sono credenti che avevano un'approccio spirituale a questo testo. Questo perché si erano accorti che leggendo la Bibbia, quella Bibbia cambiava il loro cuore, la loro vita. Quella Bibbia presenta un Gesù Cristo vivente capace di cambiare il nostro mondo e darci dei veri obiettivi di vita, diamo un senso alla vita.
 
Sei d'accordo con queste affermazioni? Credo di si.
Non a caso la sezione di questo forum in cui scriviamo è una sezione "riservata" a chi condivide la nostra posizione "evangelica", quella più diffusa. Crediamo che la Bibbia sia la "parola di Dio". Crediamo nella sua DIVINA ispirazione. Crediamo che Dio ha voluto RIVELARSI attraverso di essa anche a noi e per chiunque lo ricerchi con tutto il cuore.
Sappiamo tutti che laddove un organizzazione ecclesiastica si sia voluta interporre tra l'uomo e Dio, si sono creati molti problemi. Abbiamo imparato nei secoli, che ogni uomo deve poter aver accesso al testo biblico e chiedere a Dio, allo Spirito Santo l'illuminazione per comprendere quel testo.
 
Questi sono discorsi spirituali CLASSICI diciamo, usati dagli evangelici che hanno fatto un'esperienza con Dio. E io li faccio miei. Io ho conosciuto Cristo in questo modo. Quindi quand'anche venisse un'angelo dal cielo a dirmi qualcosa di diverso, per me quell'angelo sarebbe maledetto!
Mi spiego?
 
Ma ritengo anche vero quanto hai detto tu. Noi ci conosciamo anche personalmente e entrambi conosciamo la passione e l'amore che abbiamo per questo testo. Sai benissimo che conosco la tua invidiabile preparazione e condivido quando dici che la Bibbia è un testo che va compreso anche nel linguaggio che usa, perché è stato redatto in epoche da noi ogni giorno più distanti.
 
Ma io vorrei costruire insieme a te e agli amici del forum un ponte. So che è un impresa complessa e richiede sincero interesse a voler approfondire certi argomenti mettendo in gioco anche sé stessi e le proprie convinzioni in merito, ma secondo me un credente sincero e interessato alla Verità, dovrebbe approfondire seriamente certe tematiche.
 
Ci sono certamente credenti a cui queste discussioni non interessano... e li capisco. Ma a me (se non si era ancora capito) piace andare in fondo alle cose, appassionarmi a temi biblici e scavare in fondo alla Parola.
La Parola di Dio è come una miniera e nasconde molti tesori.
 
Qual è il problema che solleva un approccio solo "storico" e distaccato come quello che proponi?
Il primo problema che vedo io è dato dalla tua prima affermazione che confermava quanto io ho esposto come tema del topic:
Quote:
Come per l'interpretazione di ogni testo, credo che sia importante anche per la Bibbia fare una bella immersione nella cosiddetta "mentalità ebraica".

L'espressione problematica è "come per ogni testo".
Gli ebrei sappiamo che intorno alla Bibbia avevano altri testi che la riguardavano, la spiegavano, la "completavano". Vi erano tanti studiosi (rabbini) che facevano tante teorie, che gli ebrei tenevano in alta considerazione. Lo sai molto meglio di me.
Ma nel Nuovo Testamento vediamo citazioni provenienti solo dai testi che noi chiamiamo Antico Testamento e che consideriamo ispirati.
La premessa evangelica è che la Bibbia sia composta da Nuovo e Antico Testamento e che il loro contenuto sia divino.  Questo cosa significa innanzitutto?
Che se è Dio ad aver ispirato questo testo, ed è Dio ad essere Eterno per natura ed Onnisciente, può aver mai potuto decidere che il testo per esser compreso necessitasse di una simile immersione nella mentalità ebraica?
 
La seconda cosa importante che nasce dal considerare la Bibbia un testo divino, è il suo contenuto. Cosa afferma internamente la Bibbia riguardo alla Sua stessa interpretazione?
 
Il conflitto concettuale che vedo è questo, lo esprimo in modo molto semplice. Gesù dice: vi manderò lo Spirito Santo, Egli vi guiderà in tutta la Verità. Io oggi leggo questo testo e comprendo che lo Spirito Santo sia un elemento necessario per comprendere la Verità.
Qualcuno però potrebbe dirmi: "Fai attenzione, perché Gesù era ebreo e quando un ebreo usava il verbo "mandare" intendeva "disegnare". Quando un ebreo parlava di "Spirito Santo" intendeva l'animale "colomba". E quando un ebreo diceva "guidare" intendeva "far comprendere".
Ecco che in pratica, con un esempio un po' simpatico ti dimostro come un ebreo potrebbe distorcere completamente la mia comprensione del testo che diventerebbe : "Gesù dice vi disegnerò una colomba e così capirete tutta la Verità!". Un concetto completamente diverso da quello che avevo tra le mani fino a qualche minuto fa.
 
(cont...)
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #5 Data del Post: 06.03.2015 alle ore 10:46:06 »
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Quindi... Come posso quindi giustificare "biblicamente" questa immersione nella cultura giudaica?
La Bibbia in sé, dentro di sé, la pretende?
Oppure è una regola scientifica che nulla a ha che vedere con il testo biblico?
 
Ti faccio un altro esempio molto pratico. La Bibbia mostra Gesù che EBREO viveva tra ebrei. Eppure questi ebrei leggendo tutta la loro Bibbia di allora, piena di riferimenti a Cristo e al messia, avevano compreso (grazie anche alla loro storia con Dio) che doveva venire un messia, ma non lo seppero riconoscere. Anzi Gesù li innervosiva per mille motivi.
Se guardiamo i loro commenti a Genesi o a Isaia troviamo molte cose utili e interessanti certamente, ma non troviamo traccia di Cristo! Non avevano capito che sarebbe nato da una vergine, non avevano capito che sarebbe nato a Betlemme, etc etc etc.
 
Insomma da un punto di vista storico, credo che la comprensione del testo necessiti un immersione nel contesto storico in cui è stato scritto. Ma si tratta comunque di un'analisi LIMITATA al testo in sé e non può e non dovrebbe sostituire un'analisi cristocentrica del testo, che la Bibbia propone come CHIAVE di lettura di tutta la Bibbia. Riesco a spiegarmi?
 
La sensazione che ho è che dando spazio ad un interpretazione testuale di tipo "storico-filologica" si riesca a stravolgere l'intera concezione cristiana.
 
Credo che un esempio utile potrebbe essere la conversione dei pagani che avvenne nel primo secolo dopo Cristo. Secondo voi, ai pagani si imposero le "tradizioni e le interpretazioni bibliche dell'Antico Testamento" oppure si presentò una fede NUOVA e rivista in Cristo Salvatore?
 

Quote:
Quando studio mi accorgo che effettivamente nel momento in cui spengo la "parte greca" con tutte le sue categorie e accendo quella ebraica, allora posso dire che sto iniziando a capire sul serio e soprattutto a scendere nelle profondità dei testi.

Queste sono affermazioni secondo me un pochino "pericolose" capisci cosa intendo?
Le ho usate spesso anche io, anche qui sul forum. Ma adesso ho la sensazione che si stia enfatizzando talmente tanto su questi aspetti, che si stia diffondendo la convinzione che SENZA questa immersione nel mondo ebraico, non si può capire né l'Antico Testamento, né il Nuovo Testamento, né la dottrina cristiana in genere.
 
Io credo che un buon studioso della Bibbia dovrebbe fare 3 passaggi per interpretare il testo. Dimmi se concordi.
1) Interpretazione del testo in sé.
In questa fase, leggendo per esempio Esodo, lo studioso deve comprendere il testo ebraico in sé, cosa questo significava a quel tempo, i modi di dire, i significati possibili, il contesto del testo, etc etc. Chiamerei questa fase: studio del significato PRIMO del testo.
2) Interpretazione del testo alla luce del Nuovo Testamento.
In questa fase invece lo studioso dovrebbe comprendere il testo alla luce delle verità esposte nel nuovo testamento. Per esempio leggendo un testo sul sacrificio di un agnello, comprendere il simbolismo che Dio stava insegnando in un primo tempo, in preparazione all'agnello che fu Cristo. Quindi stabilire come il significato PRIMO del testo ha fatto parte di un percorso PROGRESSIVO nella storia che Dio ha guidato nei secoli. Chiamerei questa fase: interpretazione "cristocentrica"?
3) Interpretazione del testo attualizzata.
In questa fase, da non confondere con l'illuminazione dello Spirito Santo, lo studioso biblico può stabilire l'insegnamento GENERALE che quel testo espone. Banalmente: Nell'Antico Testamento l'agnello sacrificato significava qualcosa (fase 1), nel Nuovo Testamento Cristo è l'agnello purissimo (fase 2), oggi noi possiamo predicare Cristo ed esser salvati nel Suo nome fino a quando Egli ritornerà (fase 3).
 
Mi spiego quindi?
Mi pare di capire che gli studi storico critici che vengono effettuati dai traduttori, dai filologi, hanno certamente una forte influenza e sono sicuramente utili, anzi necessari per comprendere il testo in sé, fase 1.
Ma non dovrebbero però essere usati come "chiave" di lettura di tutta la Bibbia in generale. Dico questo perché ho notato un atteggiamento che si sta diffondendo tra molti credenti, che è quello di pretendere di capire meglio il messaggio biblico, perché leggono o studiano pubblicazioni ebraiche che spiegano i testi "alla loro maniera".  
L'intera vita di Gesù, la sua storia, i suoi insegnamenti vengono "giudaizzati" e quindi REINTERPRETATI annullando molti dei fondamenti su cui poggiano i movimenti cristiani.
Una per tutte per intenderci l'annullamento della divinità di Cristo.
 
Quello che vorrei fare quindi è creare questo ponte, creare questo equilibrio tra le due discipline: l'interpretazione testuale che operano gli studiosi del testo e l'interpretazione testuale che operano i credenti cristiani.
 
Infatti tu mi accenni ad una ostinatezza che noi cristiani abbiamo nel leggere la Bibbia influenzati dalla nostra cultura. Io invece ti sto proponendo una legittimazione di questo atteggiamento.
Se Dio ha scritto la Bibbia (quindi si accetta l'ispirazione verbale del testo) non può non aver pensato a me a te che nati in Italia l'avremmo letta con la nostra mentalità. E allo stesso tempo non può aver deciso che per comprenderla necessitavamo della mentalità giudaica. Mentalità che ripeto, da sola li portò ad un errata interpretazione testuale che non gli fece riconoscere Cristo, quindi fallimentare.
Riesco a spiegarmi?
 
Sono temi complessi e so di non avere tutti gli strumenti per affrontarli.
Ma insieme ce la faremo.
« Ultima modifica: 06.03.2015 alle ore 10:47:54 by Stefanotus » Loggato
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #6 Data del Post: 06.03.2015 alle ore 12:25:41 »
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Premetto che mi riferisco sempre ad un contesto di studio della Bibbia, di esegesi del testo. Ovviamente non tutti hanno la possibilità e  il tempo di studiare a fondo.
 

Quote:
Questi sono discorsi spirituali CLASSICI diciamo, usati dagli evangelici che hanno fatto un'esperienza con Dio. E io li faccio miei. Io ho conosciuto Cristo in questo modo. Quindi quand'anche venisse un'angelo dal cielo a dirmi qualcosa di diverso, per me quell'angelo sarebbe maledetto!  
Mi spiego?

 
Ti spieghi, e condivido.
 

Quote:
Qual è il problema che solleva un approccio solo "storico" e distaccato come quello che proponi?

 
Non è un approccio distaccato, anzi, è l'opposto: un'immersione. Comprendo le possibili perplessità suscitate dal metodo storico-critico. A mio avviso è un buon metodo, ma riconosco che non sia stato usato bene nell'arco della storia, il che ha fatto rigettare il tutto. Un suo utilizzo sobrio e ponderato è fatto dagli studiosi conservatori, il che è comunque un bene. Però il principio è buono: ristabilire il significato originale dei testi. Senza questo ristabilimento secondo me si resta nella tradizione cui ci siamo abituati. Indubbiamente si dicono e sentono molte belle cose, ma stiamo sempre in superficie (per lo meno, questa è la mia esperienza di "uditore di prediche" - prediche di insegnamento).
 

Quote:
Ecco che in pratica, con un esempio un po' simpatico ti dimostro come un ebreo potrebbe distorcere completamente la mia comprensione del testo che diventerebbe : "Gesù dice vi disegnerò una colomba e così capirete tutta la Verità!". Un concetto completamente diverso da quello che avevo tra le mani fino a qualche minuto fa.

 
No vabbè un approccio giudaico è più serio, non così giocondo. Però è vero che molte espressioni del Nuovo Testamento non sono comprensibili se non attraverso le fonti rabbiniche.
Alla fine se hai un testo della cultura ebraica in mano, puoi anche spiritualizzarlo come viene fatto oggi, però ti troverai a dire cose che quel testo non dice, magari bellissime, ma non attinenti. Quindi l'insegnamento è sbagliato.
Giovanni usa il linguaggio dei Targum per esprimersi, Paolo usa il metodo del Midrash per spiegare, Gesù insegna come un Fariseo, etc. Se andiamo nell'Antico Testamento, vediamo come gli autori della prosa suddividano il testo in unità mediante uno speciale utilizzo della sintassi (inizialmente incompresa dagli studiosi europei, e per questo identificata come un "patchwork"Occhiolino, vediamo come vi sia una concezione completamente differente della realtà e di Dio, rispetto a quella che noi abbiamo in maniera automatica (attraverso la filosofia e la teologia che permeano il nostro esistere, che sono proprio di matrice greca). Quindi i mezzi sono quelli ebraici, e vanno compresi se uno vuole capire cosa un autore stia veramente dicendo. Ma questo serve per approfondire, non per avere le basi, diciamo. (Ripeto, mi riferisco ad un ambito di studio della Parola).
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #7 Data del Post: 06.03.2015 alle ore 12:39:19 »
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Quote:
Queste sono affermazioni secondo me un pochino "pericolose" capisci cosa intendo?

 
Sì, capisco. Il problema però è sempre lo stesso: la poca sobrietà, l'estremismo. È vero che molti hanno un approccio ebraicizzante che sconvolge eccessivamente. Bisogna essere capaci, allora si eviteranno gli eccessi. Però resta necessario. Se penso sempre al Vangelo di Giovanni, una mentalità greca dove mi porta? Mi porta a ragionare in termini astratti, filosofici, teologici (e infatti è quello che avviene in tutto il Cristianesimo). Una mentalità ebraica, una conoscenza della cultura ebraica dove mi porta? Sui Targum, cioè lo sfondo della concezione della realtà da parte di Giovanni.
Se devo pensare al problema del male, dell'onnipotenza di Dio, etc. che mezzi usiamo automaticamente? Quelli che ci offre il nostro contesto, cioè quelli di matrice greca. Ma gli autori biblici approcciavano il problema in un altro modo, con la loro mentalità. Lo stesso agire quotidiano è completamente differente dall'agire quotidiano di un ebreo (non mi riferisco a leggi e comandamenti), perché il suo si basa sulla realtà biblica, il nostro si basa sulla realtà biblica filtrata attraverso 2000 anni di un miscuglio pagano-cristiano. C'è comunque una realtà originale che andrebbe riscoperta.  
 
Personalmente, quando faccio esegesi o studio, non creo tre piani, non faccio tre passaggi come quelli da te elencati. Tutto viene a galla insieme: il significato primo, l'aspetto cristologico, l'attualizzazione. Anzi, il significato primo mi dà molto più insegnamento valido per oggi di quanto me ne dia uno studio che prescinda da quello.
Genesi 1.26 può essere un buon esempio, già detto altrove. Il significato originale trasforma la tua quotidianità a livello pratico.
 
La cosa interessante è che vi è una cesura nettissima dopo l'epoca del Nuovo Testamento. È come se la chiesa si sia completamente dimenticata dei veri insegnamenti originarii. Ci sono molte verità contenute nel Nuovo Testamento che però sono restate lì per secoli perché non studiate del tutto o solo in superficie.
 
Non mi fraintendere, non mi riferisco alle basi della fede, ma allo studio della Parola. A mio avviso è importante anche quello per crescere (oltre a tutti gli altri aspetti della vita cristiana). Ma serve un cambiamento notevole nella concezione delle cose per un buono studio e un'esegesi corretta.  
 
Comunque può uscire una discussione molto interessante  Occhiolino
« Ultima modifica: 06.03.2015 alle ore 12:42:50 by Amenachos » Loggato
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #8 Data del Post: 06.03.2015 alle ore 13:50:07 »
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on 06.03.2015 alle ore 10:46:06, Stefanotus wrote:

Insomma da un punto di vista storico, credo che la comprensione del testo necessiti un immersione nel contesto storico in cui è stato scritto.

 
Stefano, è fondamentale, credo che converrai.
 

Quote:
Ma si tratta comunque di un'analisi LIMITATA al testo in sé e non può e non dovrebbe sostituire un'analisi cristocentrica del testo
 
 
Stai facendo un po’ di confusione. Qualsiasi approccio utilizzi: contesto storico, l’ambiente vitale (Sitz im Leben) e altri elementi non escludono a priori una eventuale analisi cristocentrica del testo che dipende, poi, dall'esegesi finale.
 

Quote:
che la Bibbia propone come CHIAVE di lettura di tutta la Bibbia

 
Stefano, se in tutti i passi della Bibbia tu ci vedi un riferimento al Cristo non è mica colpa dell’agiografo. Se qualcuno decide di far morire i propri figli per una interpretazione assurda e paradossale del Levitico a proposito del sangue, non è mica colpa di Mosè.
 

Quote:
La sensazione che ho è che dando spazio ad un interpretazione testuale di tipo "storico-filologica" si riesca a stravolgere l'intera concezione cristiana.

 
Stefano, caro, ascolta. Gli studiosi (visto che tu ultimamente usi spesso questo termine, gli accademici) soprattutto quelli (e mi dispiace dirtelo ma nelle Università sono 8 su 10) che utilizzano il metodo storico-critico, sono soliti produrre due tipi di pubblicazioni: una di carattere tecnico-scientifica per gli addetti ai lavori e una di tipo divulgativo per la massa, diciamo pure per noi  ignoranti. Uno studioso serio, Stefano, nell’uno e nell’altro caso non intende assolutamente scrivere ai fini della predicazione o per fare proselitismo: solitamente i loro studi vengono definiti studi specialistici. Un accademico con la A maiuscola non si confronta in rete con te o con me, si confronta con altri accademici. Tu, io o altri che leggiamo le pubblicazioni di questi professori, decidiamo liberamente di imbatterci in un mondo molto affascinante, almeno per me, ma a dir poco complicato e in certi casi pericoloso. Non voglio assolutamente scoraggiarti vai pure avanti nella tua ricerca, ma se hai deciso di affrontare certe tematiche, devi essere consapevole che un percorso del genere non è facile e richiede grande preparazione e impegno.
 
Sulla "mentalità ebraica"- cosiddetta, ha ragione Vladi - e la cultura greca ci sarebbe molto da dire.
 
« Ultima modifica: 06.03.2015 alle ore 14:06:55 by kosher » Loggato

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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #9 Data del Post: 06.03.2015 alle ore 13:58:46 »
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on 06.03.2015 alle ore 12:39:19, Vladi91 wrote:

La cosa interessante è che vi è una cesura nettissima dopo l'epoca del Nuovo Testamento. È come se la chiesa si sia completamente dimenticata dei veri insegnamenti originarii. Ci sono molte verità contenute nel Nuovo Testamento che però sono restate lì per secoli perché non studiate del tutto o solo in superficie.
 
Non mi fraintendere, non mi riferisco alle basi della fede, ma allo studio della Parola. A mio avviso è importante anche quello per crescere (oltre a tutti gli altri aspetti della vita cristiana). Ma serve un cambiamento notevole nella concezione delle cose per un buono studio e un'esegesi corretta.  
 
Comunque può uscire una discussione molto interessante  Occhiolino

 
Beh, da quel che so, in linea di massima si tende a far coincidere questo con il fatto che il cristianesimo si sia staccato in fretta dall'ebraismo e sia diventato molto rapidamente religione "per tutti", tra l'altro esattamente nello stesso momento in cui la società ebraica come si era vista, veniva definitivamente polverizzata.  
 
Certamente anche una piccola ricostruzione storica degli avvenimenti nel corso dei secoli, fatta magari in maniera più approfondita, potrebbe aiutare.
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #10 Data del Post: 07.03.2015 alle ore 09:38:54 »
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on 06.03.2015 alle ore 12:25:41, Vladi91 wrote:
Non è un approccio distaccato, anzi, è l'opposto: un'immersione. Comprendo le possibili perplessità suscitate dal metodo storico-critico. A mio avviso è un buon metodo, ma riconosco che non sia stato usato bene nell'arco della storia, il che ha fatto rigettare il tutto. Un suo utilizzo sobrio e ponderato è fatto dagli studiosi conservatori, il che è comunque un bene. Però il principio è buono: ristabilire il significato originale dei testi. Senza questo ristabilimento secondo me si resta nella tradizione cui ci siamo abituati. Indubbiamente si dicono e sentono molte belle cose, ma stiamo sempre in superficie (per lo meno, questa è la mia esperienza di "uditore di prediche" - prediche di insegnamento).

Guarda, io ormai ho imparato a distinguere molto il concetto di predicazione dal concetto di studio. Una predicazione pastorale della domenica ha scopi spirituali e obiettivi spirituali. Si tratta di applicazioni del testo che, nonostante abbiano il DOVERE di rispecchiare il significato originario come tu affermi (e io concordo), non servono a "spiegare la Bibbia", ma a diffondere la volontà di Dio per noi.
Quindi le applicazioni spirituali e le attualizzazione che fa un pastore... possono essere in parte slegate dai contesti e dai messaggi originari. Mi spiego meglio, se dovessimo scoprire che uno dei comandamenti di esodo era "non rubare", perché al tempo vi erano popolazioni che facevano delle razzie intorno al popolo di Dio e questi erano influenzati... non è detto che un pastore debba predicare SOLO e PER FORZA sulle influenze negative di chi ci sta intorno. Un pastore può predicare semplicemente sul non rubare... e applicare molti concetti attuali al perché non si ruba... mi spiego?
Altra cosa è invece lo studio biblico di esodo 20 etc etc etc.
Quindi seppur è vero che tante volte i nostri pastori non vanno così in profondità, è anche vero che non è il loro scopo. Si tratta di due usi della Parola diversi secondo me.
Io non sono contro i metodi storico critici per usi scientifici, intendiamoci. Secondo me molto di cui noi abbiamo oggi della Bibbia è dovuto a loro, ci mancherebbe.
Ma quello che vorrei cercare di far quadrare è come Dio abbia guidato la stesura della Bibbia, come Dio abbia potuto pensare a noi, quindi se è mai possibile che Dio abbia PRETESO questa immersione di cui parliamo.
 
L'obiettivo di questa discussione non è porsi a uno dei due estremi, ma cercare la quadra. Perché per me è inaccettabile pensare che Dio pretenda questa immersione giudaica. Se penso alla mia esperienza o all'esperienza di molti credenti, questi si sono convertiti a Cristo per la potenza della Parola che hanno letto da soli, o che hanno ascoltato da predicazioni PRIVE di questi "bagni di giudaismo", piuttosto erano spiegazioni convincenti della grazia di Cristo, fatte con la mentalità nostra, altrochè!
Io non voglio sminuire la Parola del potere spirituale che essa ha. Se la rendo un libro come tanti altri, allora... tutti gli evangelici e i cattolici etc etc... hanno preso un abbaglio!
Se così fosse, allora gli ebrei rimangono gli unici detentori della verità...e così facendo staremmo dicendo pure che avevano ragione ad uccidere Cristo.
Io non sono dell'idea di Caste, ossia ripassare un po' di storia cristiana. Può essere utile, ma ci prenderebbe tempo e sarebbe comunque un discorso "contestabile". Io rimarrei nel seminato biblico. Paolo, predicando ai pagani, cambia mentalità dottrinale. In Atti 15 abbiamo una svolta dottrinale. L'ebraismo e le sue convinzioni e interpretazioni viene SUPERATO in Cristo.
 
Mi dici che Paolo parla secondo modalità dettate dai suoi studi, così come Giovanni, così come altri... ma questo cosa significa? Significa che per comprenderli bisogna conoscere le opere a cui si ispiravano?
Vedi, uno dei punti fermi dei credenti evangelici è il "sola Scriptura". Non accettiamo l'idea che la Bibbia debba essere corredata da altri testi per esser compresa o per esser completata. La Bibbia è l'unica parola di Dio ispirata. Quindi è SUFFICIENTE e NECESSARIA per ottenere salvezza.
Mi spiego?
 

Quote:
No vabbè un approccio giudaico è più serio, non così giocondo. Però è vero che molte espressioni del Nuovo Testamento non sono comprensibili se non attraverso le fonti rabbiniche.

Io ci scherzavo un po' certamente.
Ma spero che hai capito il concetto.
 

Quote:
Alla fine se hai un testo della cultura ebraica in mano, puoi anche spiritualizzarlo come viene fatto oggi, però ti troverai a dire cose che quel testo non dice, magari bellissime, ma non attinenti. Quindi l'insegnamento è sbagliato.

E' per questo che io ti ho esposto i 3 punti sopra:
1) Significato Primo; 2) Significato alla luce di Cristo; 3) Significato attuale che il pastore vuole dare alla chiesa.
In questo senso, il Pastore può essere illuminato a dire cose magari slegate dal messaggio primo e dal significato alla luce di Cristo, ma questi ne fanno da base.
Ricordo che una volta sentì una predicazione su "Chi predica il Vangelo, deve vivere del Vangelo", o una cosa simile detta da Paolo. Il testo parlava di "SOLDI" che Paolo necessitava per vivere e che dedicandosi al 100% al servizio della Parola, non poteva avere. Quindi li chiedeva. Peccato che il pastore predicò sul quel VIVERE del Vangelo, inteso come : il Vangelo deve essere VISIBILE nel nostro modo di vivere.  
Il concetto non era sbagliato di per sé, però prese il testo sbagliato per dirlo.
Capisco che ci sono questi errori, ma sono errori che ... purtroppo capitano.
Chi non sbaglia?
Dire il contrario, significherebbe che ogni testo ha un solo possibile significato legato al suo tempo. Quindi addio al concetto di illuminazione spirituale del testo. Mi spiego?
 
Tu fai bene a parlare di differenza tra "studio della Parola" e "altri usi".
Ma qui stiamo parlando della NECESSITA' di questi studi, che possono influenzare GLI ALTRI usi. Come per l'esempio che ti ho fatto per la colomba. Facendo così non solo la Bibbia perde di semplicità ma perde anche di Spiritualità. Insomma non è più una fede evangelica questa (secondo il mio modo di vedere).
 
Stiamo perdendo un po' di identità facendo così.
So che alcuni potrebbero dire: ma ti interessa la verità o l'identità...?
E qui si aprirebbero altri discorsi ancora...
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #11 Data del Post: 07.03.2015 alle ore 11:36:13 »
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on 06.03.2015 alle ore 13:50:07, kosher wrote:
Stai facendo un po’ di confusione. Qualsiasi approccio utilizzi: contesto storico, l’ambiente vitale (Sitz im Leben) e altri elementi non escludono a priori una eventuale analisi cristocentrica del testo che dipende, poi, dall'esegesi finale.
 
Stefano, se in tutti i passi della Bibbia tu ci vedi un riferimento al Cristo non è mica colpa dell’agiografo. Se qualcuno decide di far morire i propri figli per una interpretazione assurda e paradossale del Levitico a proposito del sangue, non è mica colpa di Mosè.

E' perfettissimo come discorso. Ma il punto che vorrei porre è "come Dio vuole che noi ci avvicinassimo alla Bibbia stessa!".
Immagino che ai tempi del levitico il testo avesse un interesse "storico, narrativo/legislativo" per il popolo. Oggi però il senso è cambiato. Lo era cambiato anche ai tempi di Gesù, in cui vi era il tempio e non vi era più il tabernacolo no?
Quindi aveva sia valore storico, sia legislativo ma "rivisto" in ottica TEMPIO.
 
Ad esempio leggendo i salmi troviamo la paternità di Davide in molti di essi. Vi sono stati critici letterari che invece, studiando lo stile dei salmi, li datavano in un periodo che andava dal 400 al 100 a.C. (Pfeiffer). Ma nel Nuovo Testamento è Gesù stesso a citare Davide come autore dei Salmi, e negli Atti viene fatto così nuovamente.
Quindi cosa si può stabilire? Se avesse ragione lo storico critico in questo modo Gesù e gli apostoli risultano “erranti”. Ma è accettabile per un credente?
 
Dovremmo introdurre forse la dottrina che Gesù essendo uomo SBAGLIO’ volutamente la citazione dei salmi per non scandalizzare le persone intorno a sé che la pensavano così?
Quanto possiamo spingerci nell’assecondare tecnicismi e scoperte linguistiche ponendoli sopra la semplice interpretazione testuale PRIVA di questa immersione ebraica?
E' questo il nocciolo della questione. Cosa ha voluto lasciarci Dio con la Bibbia?
Un testo qualsiasi o un testo divino?
Come trovare un equilibrio?
 

Quote:
Stefano, caro, ascolta. Gli studiosi (visto che tu ultimamente usi spesso questo termine, gli accademici) soprattutto quelli (e mi dispiace dirtelo ma nelle Università sono 8 su 10) che utilizzano il metodo storico-critico, sono soliti produrre due tipi di pubblicazioni: una di carattere tecnico-scientifica per gli addetti ai lavori e una di tipo divulgativo per la massa, diciamo pure per noi  ignoranti. Uno studioso serio, Stefano, nell’uno e nell’altro caso non intende assolutamente scrivere ai fini della predicazione o per fare proselitismo: solitamente i loro studi vengono definiti studi specialistici. Un accademico con la A maiuscola non si confronta in rete con te o con me, si confronta con altri accademici. Tu, io o altri che leggiamo le pubblicazioni di questi professori, decidiamo liberamente di imbatterci in un mondo molto affascinante, almeno per me, ma a dir poco complicato e in certi casi pericoloso. Non voglio assolutamente scoraggiarti vai pure avanti nella tua ricerca, ma se hai deciso di affrontare certe tematiche, devi essere consapevole che un percorso del genere non è facile e richiede grande preparazione e impegno.

Pienamente d'accordo.
Ma non è questo il punto.
Oggi è molto facile copiare un testo piazzarlo sul web in un blog e diffondere strane idee. E questo indipendentemente da chi ne fruirà.
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #12 Data del Post: 07.03.2015 alle ore 13:31:55 »
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on 07.03.2015 alle ore 09:38:54, Stefanotus wrote:

Ma quello che vorrei cercare di far quadrare è come Dio abbia guidato la stesura della Bibbia, come Dio abbia potuto pensare a noi, quindi se è mai possibile che Dio abbia PRETESO questa immersione di cui parliamo.


on 07.03.2015 alle ore 09:38:54, Stefanotus wrote:

L'obiettivo di questa discussione non è porsi a uno dei due estremi, ma cercare la quadra. Perché per me è inaccettabile pensare che Dio pretenda questa immersione giudaica. Se penso alla mia esperienza o all'esperienza di molti credenti, questi si sono convertiti a Cristo per la potenza della Parola che hanno letto da soli, o che hanno ascoltato da predicazioni PRIVE di questi "bagni di giudaismo", piuttosto erano spiegazioni convincenti della grazia di Cristo, fatte con la mentalità nostra, altrochè!

 
Credo che questo dipenda anche dai vari ruoli che assume la bibbia. Torniamo all'assunzione precedente, ovvero che la Bibbia è "prodotta" al 100% Dio e al 100% dagli scrittori.
E' chiaro che, nel suo ruolo di libro sacro dobbiamo sforzarci sempre di più tendere al 100% di Dio, con un variabile interesse per il 100% umano, che dipende da persone, circostanze, necessità. D'altro canto, lo studioso storico o filologo che possa essere, sarà interessato a studiare il più possibile il 100% umano, con una percentuale di Dio estremamente variabile (che, purtroppo, può essere facilmente 0Mamma mia. Spero di essermi spiegato bene  
 

on 07.03.2015 alle ore 09:38:54, Stefanotus wrote:

Vedi, uno dei punti fermi dei credenti evangelici è il "sola Scriptura". Non accettiamo l'idea che la Bibbia debba essere corredata da altri testi per esser compresa o per esser completata. La Bibbia è l'unica parola di Dio ispirata. Quindi è SUFFICIENTE e NECESSARIA per ottenere salvezza.
Mi spiego?

Ste, non ti offendere, ma non potevi esprimere il concetto in modo peggiore! Sorridente direi che quello che hai detto tu è il "solo Cristo" scambiato con la bibbia. Pensandoci bene, direi che la bibbia non è né sufficiente (senza dubbio), né necessaria (probabilmente) ad ottenere la salvezza
 

on 07.03.2015 alle ore 09:38:54, Stefanotus wrote:

Tu fai bene a parlare di differenza tra "studio della Parola" e "altri usi".
Ma qui stiamo parlando della NECESSITA' di questi studi, che possono influenzare GLI ALTRI usi. Come per l'esempio che ti ho fatto per la colomba. Facendo così non solo la Bibbia perde di semplicità ma perde anche di Spiritualità. Insomma non è più una fede evangelica questa (secondo il mio modo di vedere).

 
A mio modo di vedere dipende dall'applicazione del "corretto" ovvero: quando viene fatta una predica (o uno studio) che fornisce concetti dottrinalmente giusti, dando insegnamenti coerenti con la parola, pur magari basandosi su comprensioni scorrette del significato originario del testo, direi che la predica è ugualmente corretta.  
Quindi, sicuramente lo studio ci aiuta, come dice Vladi, a immedesimarci molto meglio nel tempo biblico, il che, inevitabilmente, ci porterà ad avere qualche ulteriore input. Quindi è utile, decisamente utile. Necessario? Direi di no.  

on 07.03.2015 alle ore 09:38:54, Stefanotus wrote:

Stiamo perdendo un po' di identità facendo così.
So che alcuni potrebbero dire: ma ti interessa la verità o l'identità...?
E qui si aprirebbero altri discorsi ancora...

Eh, forse dipende dall'identità Occhiolino  
 

on 07.03.2015 alle ore 11:36:13, Stefanotus wrote:

Ad esempio leggendo i salmi troviamo la paternità di Davide in molti di essi. Vi sono stati critici letterari che invece, studiando lo stile dei salmi, li datavano in un periodo che andava dal 400 al 100 a.C. (Pfeiffer). Ma nel Nuovo Testamento è Gesù stesso a citare Davide come autore dei Salmi, e negli Atti viene fatto così nuovamente.
Quindi cosa si può stabilire? Se avesse ragione lo storico critico in questo modo Gesù e gli apostoli risultano “erranti”. Ma è accettabile per un credente?
 
Dovremmo introdurre forse la dottrina che Gesù essendo uomo SBAGLIO’ volutamente la citazione dei salmi per non scandalizzare le persone intorno a sé che la pensavano così?
Quanto possiamo spingerci nell’assecondare tecnicismi e scoperte linguistiche ponendoli sopra la semplice interpretazione testuale PRIVA di questa immersione ebraica?
E' questo il nocciolo della questione. Cosa ha voluto lasciarci Dio con la Bibbia?
Un testo qualsiasi o un testo divino?
Come trovare un equilibrio?

Questo è l'annoso discorso per cui ti ho scritto anche in privato. Come dicevo, reputo proprio scorretto l'approccio iniziale. Innanzitutto bisogna ricordarsi che la scienza lavora nel campo delle probabilità, questo è tanto vero per le scienze matematicamente fondate, quanto più per quelle come la filologia e la storiografia (non me ne vogliate, ma c'è storcerebbe il naso all'uso del termine "scienza" in questi ambiti Sorridente )
Quindi, tutt'al più, quello che possiamo dire è che  ci sono studiosi che, con i dati che hanno a disposizione e con i metodi che hanno scelto di applicare, sono giunti a una conclusione che può essere probabile. Questa è la massima certezza fornita dal metodo scientifico.  
In secondo luogo, il discorso preso in esame, riguardo alle citazioni dei Salmi, effettivamente si riduce a un: "ma perché?" ovvero, perché mai Gesù avrebbe dovuto intervenire dicendo "Guardate che poi non tutti i salmi potrebbe averli scritti Davide, magari altri sono successivi, la datazione in realtà è un po' controversa..." che utilità aveva nel ministero di Gesù e, ancora di più, a che pro scriverlo? Facciamo un tentativo:  (non possiamo escluderlo a priori) proviamo a pensare che, fra tutti gli insegnamenti che Gesù ha dato ai suoi discepoli, ci sia anche il "discepolo storico" che gli abbia chiesto informazioni sulla storia dell'AT. Però, se poi gli scrittori sacri avessero perso tempo a riportare tali cose, per quanto corrette, il cristianesimo si sarebbe trasformato in una disputa storica (priva di prove tangibili) con gli ebrei dell'epoca, finendo per non acquistare il suo reale valore come "religione".  
Questo, ovviamente era un esempio che può fare sorridere, ma non va ignorato.  
 

on 07.03.2015 alle ore 11:36:13, Stefanotus wrote:

Pienamente d'accordo.
Ma non è questo il punto.
Oggi è molto facile copiare un testo piazzarlo sul web in un blog e diffondere strane idee. E questo indipendentemente da chi ne fruirà.

 
Il che mi fa pensare, parafrasando Kosher: se qualcuno utilizza a sproposito uno studio, dopo averlo letto male e non approfondito, che colpa ne ha lo studioso? Sorridente
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #13 Data del Post: 07.03.2015 alle ore 14:58:51 »
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Il mio punto di vista è un po' diverso.
 
Le scritture, in particolare mi riferisco al N. T. sono solo una testimonianza del ministero di Cristo, una scintilla che si deve accendere in noi, poi se il terreno è adatto porterà frutto, ognuno a suo modo.
 
Nell'insieme della chiesa poi c'è la crescita, per quanto riguarda la comprensione dei testi, che dallo Spirito sono stati guidati come stesura e dallo stesso Spirito saranno guidati in comprensione.
 
Ma lo scopo delle scritture non è tanto la comprensione dei testi, anche se è indispensabile almeno a qualche livello, ma è la produzione di santi: di seguaci di Cristo che porteranno avanti il suo ministero.
 
Per questo è indispensabile lo Spirito che agisce dall'interno degli individui, nel modo che: "quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà"
 
Le difficoltà di comprensione che ovviamente ci sono, secondo le scritture sono completamente superate dall'azione dello Spirito, unico formatore della chiesa, in quanto anche autore delle scritture, oltre che della nuova nascita.
 
Mi rendo conto che questo può essere l'origine del marasma interpretativo in cui ci troviamo, poiché secondo le scritture ognuno può accreditarsi a valido interprete come sedicente mezzo dello Spirito. Purtroppo questa è la realtà, e credo avallata anche da Dio stesso, perché buon seme e zizzania DEVONO crescere assieme.  
 
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Re: Pensare in ebraico per comprendere la Bibbia?
« Rispondi #14 Data del Post: 08.03.2015 alle ore 10:38:46 »
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on 07.03.2015 alle ore 13:31:55, Caste wrote:
Credo che questo dipenda anche dai vari ruoli che assume la bibbia. Torniamo all'assunzione precedente, ovvero che la Bibbia è "prodotta" al 100% Dio e al 100% dagli scrittori.
E' chiaro che, nel suo ruolo di libro sacro dobbiamo sforzarci sempre di più tendere al 100% di Dio, con un variabile interesse per il 100% umano, che dipende da persone, circostanze, necessità. D'altro canto, lo studioso storico o filologo che possa essere, sarà interessato a studiare il più possibile il 100% umano, con una percentuale di Dio estremamente variabile (che, purtroppo, può essere facilmente 0Mamma mia. Spero di essermi spiegato bene

ESATTAMENTE. BRAVO. QUINDI?
Quello che sto cercando di fare con voi è come si può stabilire l'equilibrio tra le due parti.  
Banalmente, io non considero la Bibbia un testo come la divina commedia, ossia 100% umano. Considero la Bibbia vincolata "ai tempi e ai modi" in cui fu scritta, perché è un opera umana fisicamente. Ma allo stesso modo la considero "divina". Perché? Perché essa si dichiara divina. Mi spiego?
Uno studioso, uno scienziato... non affermerà mai che la Bibbia sia divina.
Il contenuto della Bibbia "per fede" deve SOPRAFFARE la regola scientifica.
Io credo che Cristo è risorto. Uno scienziato dirà: è scritto nei testi sacri, come in altri testi sacri sono scritte tante altre favole.
 
Qual'è il problema?
Che ieri, vista una più diffusa ignoranza "dottrinale" diciamo, i pastori insegnavano ciò che sapevano, si scrivevano libri ed erano loro a "stabilire" questo equilibrio. Oggi invece, sta accadendo che l'accesso diretto tramite internet a questi testi "scientifici" sta spostando la capacità di rimanere equilibrati.
Quindi la Bibbia dice: il mar rosso si aprì miracolosamente. Oggi attraverso studi storico critici  si può provare a stabilire che: c'era la bassa marea, c'era un punto in cui effettivamente l'acqua arrivava effettivamente fino ai fianchi, i popoli di allora scrivevano in maniera allegorica, si esagerava etc etc. Alla fine quindi il significato primo e più semplice viene distorto, annullato, trasformato.  
Ed oggi, nel film di Mosè ti viene riproposta la storia in cui il mare viene "soffiato via" da una bassa marea....
Capite la difficoltà?
Con questi metodi in passato si è pure ipotizzata l'inesistenza storica di Gesù!
O un complotto sulla sua resurrezione.
 
Secondo me noi evangelici dovremmo avere una posizione CHIARA e sostenibile in merito all'uso degli studi storico critici. Così come il nostro "comparto dottrinale", ossia i punti di fede, debbano essere in qualche modo tenere presenti scoperte, ricerche, possibilità.
 

Quote:
Ste, non ti offendere, ma non potevi esprimere il concetto in modo peggiore! Sorridente

A volte ... m'impappino.  
 

Quote:
direi che quello che hai detto tu è il "solo Cristo" scambiato con la bibbia. Pensandoci bene, direi che la bibbia non è né sufficiente (senza dubbio), né necessaria (probabilmente) ad ottenere la salvezza

No no... uno dei punti fermi della dottrina evangelica è la necessità e la sufficienza delle Scritture per ottenere salvezza. Solo la Bibbia presenta il messaggio di Salvezza come Dio lo ha voluto.
Se vogliamo riprendere e contraddire questo concetto alla luce di nuove affermazioni sull'identità della Bibbia... siamo a mare.
 

Quote:
A mio modo di vedere dipende dall'applicazione del "corretto" ovvero: quando viene fatta una predica (o uno studio) che fornisce concetti dottrinalmente giusti, dando insegnamenti coerenti con la parola, pur magari basandosi su comprensioni scorrette del significato originario del testo, direi che la predica è ugualmente corretta.

Eh si... qui entriamo nel merito della tolleranza.

Quote:
Quindi, sicuramente lo studio ci aiuta, come dice Vladi, a immedesimarci molto meglio nel tempo biblico, il che, inevitabilmente, ci porterà ad avere qualche ulteriore input. Quindi è utile, decisamente utile. Necessario? Direi di no.  
Eh, forse dipende dall'identità Occhiolino

No io sto cercando di dire che alle volte questo studio "SorridenteISTORCE" il messaggio e quindi l'identità, i principi, etc etc etc.
 

Quote:

Questo è l'annoso discorso per cui ti ho scritto anche in privato. Come dicevo, reputo proprio scorretto l'approccio iniziale. Innanzitutto bisogna ricordarsi che la scienza lavora nel campo delle probabilità, questo è tanto vero per le scienze matematicamente fondate, quanto più per quelle come la filologia e la storiografia (non me ne vogliate, ma c'è storcerebbe il naso all'uso del termine "scienza" in questi ambiti Sorridente )
Quindi, tutt'al più, quello che possiamo dire è che  ci sono studiosi che, con i dati che hanno a disposizione e con i metodi che hanno scelto di applicare, sono giunti a una conclusione che può essere probabile. Questa è la massima certezza fornita dal metodo scientifico.

Si ok. ma come avevamo scritto su Elohim... alla fine il plurale intensivo adesso è certezza. Ieri invece era certezza l'errore grammaticale forzato a sostegno della trinità. Quindi...  
 

Quote:
In secondo luogo, il discorso preso in esame, riguardo alle citazioni dei Salmi, effettivamente si riduce a un: "ma perché?" ovvero, perché mai Gesù avrebbe dovuto intervenire dicendo "Guardate che poi non tutti i salmi potrebbe averli scritti Davide, magari altri sono successivi, la datazione in realtà è un po' controversa..." che utilità aveva nel ministero di Gesù e, ancora di più, a che pro scriverlo?

No .. ascolta stabilire perché mi pare un processo alle intenzioni e non mi interessa.
Gesù lo dice per i suoi motivi in quel momento. Un po' come se io dicessi: ieri ho preso la mia auto per andare a lavoro. Ho parlato di auto per un motivo, ma sto allo stesso tempo affermando che ho un auto.
Quindi se Gesù affermava ciò che affermava, indipendentemente dagli scopi, quella era la verità.
 

Quote:
Facciamo un tentativo:  (non possiamo escluderlo a priori) proviamo a pensare che, fra tutti gli insegnamenti che Gesù ha dato ai suoi discepoli, ci sia anche il "discepolo storico" che gli abbia chiesto informazioni sulla storia dell'AT. Però, se poi gli scrittori sacri avessero perso tempo a riportare tali cose, per quanto corrette, il cristianesimo si sarebbe trasformato in una disputa storica (priva di prove tangibili) con gli ebrei dell'epoca, finendo per non acquistare il suo reale valore come "religione".  
Questo, ovviamente era un esempio che può fare sorridere, ma non va ignorato.
Ma guarda che è un esempio simpatico che però avvenne!
"E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano." - Luca 24:27
 

Quote:
Il che mi fa pensare, parafrasando Kosher: se qualcuno utilizza a sproposito uno studio, dopo averlo letto male e non approfondito, che colpa ne ha lo studioso? Sorridente

Giusto. Quindi tornando a noi, COME dobbiamo utilizzare questi studi?
Cosa ci suggerisce la Bibbia?
Quanto è autorevole in testo in sè?
Quanto siamo autorizzati a "metterlo in dubbio" con studi critici?
Cosa ha voluto lasciarci Dio?  
Possiamo accettare come i cattolici che per Dio fosse importante solo il messaggio e non il testo in sé... quindi la Bibbia contiene la Parola di Dio e non è la Parola di Dio?
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