Progetto Archippo - Seminari a domicilio
Benvenuto Visitatore. Fai Login o Registrati.   Regolamento Leggi il regolamento completo

Indice Indice   Help Help   Cerca Cerca   Utenti Utenti   Calendario Calendario   Login Login   Registrati Registrati

 
   I Forum di Evangelici.net
   Dottrina, storia ed esegesi biblica (partecipazione riservata a chi si identifica con i punti di fede di evangelici.net)
   Dottrina e riflessioni bibliche
(Moderatori: andreiu, ilcuorebatte, Asaf)
   Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Topic Precedente | Prossimo Topic »
Pagine: 1 ... 4 5 6 7 8  ...  17 · vai in fondo · Rispondi Rispondi   Abilita notifica Abilita notifica    Invia il Topic Invia il Topic    Stampa Stampa
   Autore  Topic: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?  (letto 14671 volte)
MrTamburino
Membro
***



W questo FORUM!!!

   
WWW    E-Mail

Posts: 70
Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #75 Data del Post: 29.06.2014 alle ore 18:53:18 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica


on 29.06.2014 alle ore 15:07:46, Stefanotus wrote:

 
Quindi nel tornare al segno delle lingue... Vedo che la chiesa nascente lo predicava, lo ricercava e lo viveva e addirittura lo... Normava!!!
Quindi per me è volontà di Dio che me lo abbia tramandato affinché allo stesso modo io lo viva, lo ricerchi, lo predichi e lo applichi secondo le norme date dall'autorità biblica!

 
tu dici a proposito del segno delle lingue, che la chiesa lo predicava, lo ricercava, lo viveva e addirittura lo Normava!!!
 
precedentemente ad un altro utente dicevi sempre a proposito del segno delle lingue:  
 

Quote:
Anzi abbiamo addirittura epistole di 30 anni dopo che le regolamentano.

 
e poi ancora dici:

Quote:
La cosa è diversa se cerchiamo di accettare le lingue come segno della pienezza

 
quindi quando dici che la chiesa lo ricercava o lo normava, o che le epistole dopo 30 anni le regolamentano,
o quando dici bisogna accettare le lingue come segno,
 
stai dicendo che il segno delle lingue degli atti sono le lingue che verranno regolamentate dopo nell’epistole come corinzi. Sempre se non scrivi una cosa e poi ne pensa un'altra.
Loggato
Caste
Membro familiare
****



Give God a Chance

   
WWW    E-Mail

Posts: 1271
Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #76 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 00:47:16 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica


on 29.06.2014 alle ore 15:24:23, Marmar wrote:
A questo punto abbiamo messo a fuoco la diversità. Ciò che abbiamo di diverso è il modo di leggere le scritture.

 
Secondo me non è nemmeno tanto quello, quanto come vogliamo fare corrispondere le scritture alla nostra esperienza. Faccio un ultimo esempio: riguardo al parlare in lingue ritengo di avere un'esperienza abbastanza vicina a ciò che ha descritto Salvo, quindi ho visto eccessi e cose sensate. Al di là di questo, quando vado a vedere negli Atti la descrizione dei vari avvenimenti di cui abbiamo parlato vedo alcune cose: in certi punti le lingue sono un segno e in altri non se ne parla, in alcuni casi per il battesimo vi è imposizione delle mani, in altri no, in altri abbiamo altri segni tangibili (le lingue di fuoco e il vento da una parte, il profetare dall'altra). Qual è l'unico certissimo punto in comune risultante da un'onesta analisi del testo su cui credo che possiamo tutti quanti trovarci d'accordo? Il fatto che Dio agisce come meglio crede. Il resto, poi, è aperto a discussione.
 

on 29.06.2014 alle ore 15:24:23, Marmar wrote:

Qual è quello giusto? Ognuno deve farsi un'idea personale leggendo e meditando ciò che è scritto.  
 
Per questo dicevo: "Rispetto comunque tutti gli altri punti di vista come aventi lo stesso valore del mio."

 
Senza esagerare, c'è sempre un meglio e un peggio Sorridente

on 29.06.2014 alle ore 15:24:23, Marmar   wrote:

Comunque restiamo in tema: qual è scritturalmente la diversità fra segno e dono delle lingue?

 
Ecco, questo ho già detto anche io che vorrei averlo più chiaro, infatti...  
 

on 29.06.2014 alle ore 17:42:33, Domenico wrote:

 
Credo che dobbiamo esaminare il dono delle lingue nell'insegnamento di Paolo, secondo 1 Corinzi 14, perché forse, esaminando questo testo, si possono chiarire tante cose. Che ne pensate?

 
penso che sia il caso di farlo!  Sorriso
Loggato

"Il problema delle citazioni su internet è che non si sa mai se siano vere o no" Abraham Lincoln
Domenico
Membro familiare
****




Certo, beni e bontà m'accompagneran no (Sal. 23:6)

   
WWW    E-Mail

Posts: 857
Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #77 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 02:15:15 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica

1) IL PARLARE IN LINGUE, NELL'ESERCIZIO DEL DONO RICEVUTO (1 Corinzi 14:1-39)

 
Per descrivere adeguatamente l'esercizio di un dono ricevuto, con particolare riferimento a quello del parlare in lingue, l'apostolo Paolo dedica l'intero capitolo 14 della 1 Corinzi. In questo capitolo si fa l'analisi del dono del parlare in lingue, con tutte le necessarie considerazioni, per collocarlo nel giusto posto, secondo che Dio l'ha posto e secondo la volontà dello Spirito che lo dona. In questo capitolo quattordici si fa specificatamente riferimento alla cosiddetta gerarchia dei carismi in vista dell'utilità comune. Il dono della profezia viene indicato superiore a quello del parlare in lingue, a meno ché, quest'ultimo non venga interpretato alla pari con quello della profezia.  
 
Chi parla in lingue parla a Dio
 
Perché chi parla in lingue non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno l'intende, ma in ispirito proferisce misteri (v. 2).
 
Fin dalle prime parole l'apostolo Paolo esorta a ricercare i doni dello Spirito, anche se subito dà la preferenza al dono della profezia rispetto a quello delle lingue, per i motivi che le lingue sono incomprensibili, mentre il profetare tutti lo capiscono e tutti ne possono ricevere un beneficio. Per quanto riguarda invece il dono del parlare in lingue, è detto chiaramente che chi parla,
 
non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno l'intende, ma in ispirito proferisce misteri.
 
Il fatto che qui Paolo dica chiaramente che nessuno intende il parlare di chi parla in lingue, ha portato diversi a fare riferimento ad Atti 2 nel quale si afferma, che tutti capivano quello che si diceva in lingue.
 
Facendo questa specie di parallelismo, si parla che il «dono delle lingue», di Atti 2 è diverso da quello di 1 Corinzi 14:2. Ma è proprio vero che ci sono diversi «doni delle lingue?» Da quello che Paolo dice, risulta chiaro che il dono delle lingue è uno solo (1 Corinzi 12:10). Allora, come spiegare questa differenza che si nota tra (Atti 2 e 1 Corinzi 14:2)?  
 
Anzitutto, vorremmo suggerire di non usare il termine «dono delle lingue» per Atti 2, dato che in tutto il capitolo non c'è una sola parola o frase che possa autorizzare l'uso di questo termine. Secondo quello che comprendiamo, le lingue di Atti 2 non stanno ad indicare il dono delle lingue, ma la prova che lo Spirito Santo venne sulla Chiesa. Se è vero che da tutti è indicato la Pentecoste, come data della nascita della Chiesa, è altrettanto vero che la Pentecoste stabilisce il giorno della venuta dello Spirito Santo. È più che logico che lo Spirito Santo che è appena arrivato sulla Chiesa, facesse parlare le lingue degli uomini conosciute in quel tempo e per le persone che si trovarono presenti per quella circostanza.
 
Se lo Spirito Santo avesse dato il dono delle lingue nel giorno della Pentecoste, come alcuni affermano, e nessuno avesse capito, stando alle parole di 1 Corinzi 14:2, non solo lo Spirito Santo non sarebbe stato riconosciuto, ma coloro che parlavano in lingue, sarebbero stati considerati doppiamente pazzi. Se con la comprensione delle lingue, si diceva che coloro che parlavano in quella maniera erano pieni di vino dolce, consideriamo che cosa avrebbero detto se quelle lingue non fossero state comprese.
 
La natura del dono delle lingue, pertanto rimane quello di 1 Corinzi 14:2 e non quello di Atti 2. Valutato in questo modo 1 Corinzi 14:2, non c'è nessuna contraddizione e non c'è nessun motivo di parlare del dono delle lingue per quanto riguarda Atti 2:6,11 (ammesso che lo Spirito Santo avesse dato in quel giorno anche il dono delle lingue.
 
Ritornando all'affermazione paolina che nessuno intende il parlare in lingue, dato che chi li parla, non parla agli uomini ma a Dio, si capisce subito qual è lo scopo del parlare in lingue: parlare a Dio. Una cosa è parlare agli uomini e un'altra è parlare a Dio. Chi parla agli uomini, deve usare un linguaggio che gli esseri umani capiscono, specie a cui la parola è rivolta. Ma per parlare a Dio, non c'è nessuna preoccupazione di scegliere un linguaggio che egli comprende, perché Dio capisce tutti i modi d'esprimersi. Non è l'uomo che sceglie di parlare un certo tipo di linguaggio a Dio, ma è lo Spirito, che servendosi della bocca umana, si indirizza a Dio.
 
Non si può accettare l'idea che esista un linguaggio per offrire l'adorazione a Dio e un linguaggio per rivolgere la parola all'uomo. Nella lunga discussione che Paolo fa per quanto riguarda il parlare in lingue, non c'è un minimo accenno a questa eventualità anche se egli stesso fa riferimento alle lingue degli uomini e degli angeli (1 Corinzi 13). Risulta allora chiaro qual'è il primo scopo di parlare in lingue: comunicare a Dio. Da questo punto di vista, è più che giustificabile il desiderio di Paolo: Or io ben vorrei che tutti parlaste in altre lingue (v. 5).
 
Chi parla in lingue edifica se stesso
 
Chi parla in lingue edifica se stesso (v. 4). Dal momento che parlando in lingue si parla a Dio, e parlando con Dio si stabilisce una relazione di comunione con lui, l'affermazione che chi parla in lingue edifica se stesso, deve essere tenuta in debito conto. È vero che tutto il ragionamento che Paolo fa, tende a mettere in risalto, non tanto l'edificazione personale, quanto quella della collettività. Nonostante ciò, non si può negare la validità dell'edificazione singola e personale.
 
Ogni credente che mira ad una relazione di comunione con Dio, non può ignorare di procurare la propria edificazione in questo rapporto personale e cosciente. La parola che Paolo adopera in questo testo di (1 Corinzi 14:4) è oikodomei che significa: «Fabbricare una casa, fabbricare, edificare, costruire» [O. Michel, GLNT, (Grande Lessico del Nuovo Testamento), Vol. VIII, 384-408 per la storia e lo sviluppo del concetto]. L'elemento che edifica colui che parla in lingue, è forse stato trascurato o sottovalutato da coloro che si oppongono all'esercizio di questo dono dello Spirito. Uno che ha abbondanza di benedizione per sé che ha fatto dei progressi nelle vie di Dio, che è cresciuto nella grazia e nella conoscenza, può, con maggior facilità, partecipare agli altri l'abbondanza di questa ricchezza spirituale.
 
segue...
Loggato
Domenico
Membro familiare
****




Certo, beni e bontà m'accompagneran no (Sal. 23:6)

   
WWW    E-Mail

Posts: 857
Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #78 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 02:16:36 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica

Il parlare in lingue rappresenta un esercizio spirituale per far crescere la propria esperienza spirituale, che si manifesta essenzialmente nel rapporto di comunione con Dio. Dio, per mezzo del dono delle lingue, ha provveduto un mezzo efficacie per la nostra edificazione. Quando l'insegnamento di Paolo, viene considerato e capito nella maniera come lui l'ha esposto, non c'è nessun motivo, non solo di screditare il dono delle lingue, e tanto meno di combatterlo, come uno sviamento dalla parola di Dio, ma vi si trova uno strumento valido per costruire il proprio rapporto con Dio. Sotto questo profilo va inquadrata e intesa la raccomandazione di Paolo: E non impedite il parlare in altre lingue (v. 39).
 
Alla luce di quanto abbiamo considerato, non è affatto vero che ai giorni nostri, non c'è nessun'utilità nel parlare in lingue. In tutto il capitolo quattordici della 1 Corinzi, non c'è una sola frase o una parola che afferma che parlare in lingue, fu solamente per l'era apostolica e che all'infuori di questo tempo, non c'è da pensare che lo Spirito Santo dia lo stesso dono ai nostri giorni.
 
Se l'esercizio del dono delle lingue risultava di edificazione a chi ne parlava e in vista di quest'elemento Paolo poteva esprimere il suo desiderio di voler vedere tutti parlare in lingue, perché gettare tanta infamia e tanto discredito su un dono dello Spirito, qualificandolo come manifestazione del diavolo? Se il diavolo può far parlare in lingue, dicono alcuni, ci domandiamo perché mai non potrebbe farlo lo Spirito Santo, che è di gran lungo superiore al diavolo? Perché accettare una manifestazione del diavolo, indicandola in prima persona come chi produce questa confusione di parlare in lingue, dicono alcuni, senza badare di rigettare chi veramente sta all'origine del dono stesso?
 
Si afferma che Satana è la scimmia di Dio, non perché inventi le cose, ma perché cerca di fare quello che Dio fa. Se è vero che il parlare in lingue, ai giorni nostri, per diversi è considerato una chiara manifestazione di Satana, già quest'affermazione in se stessa è una prova inconfutabile, non solo che esiste lo Spirito Santo, ma che questo Spirito Santo distribuisce i suoi doni, anche quello del parlare in lingue, com'egli vuole, anche ai nostri giorni.
 
La necessità di usare un linguaggio che gli altri capiscono
 
Nei vv. 6-12, l'apostolo Paolo si intrattiene ad analizzare, il bisogno di comprendere un linguaggio, se si vuole partecipare attivamente nell'ambito di una Comunità. Non importa se attraverso un linguaggio si può recare una rivelazione, una conoscenza, una profezia o qualche insegnamento; se non c'è comprensione, non si può ricevere quello che si vorrebbe dare.
 
Il fatto stesso che tra gli uomini esistono tante specie di parlare, fornisce all'apostolo l'occasione per affermare, che nessun parlare è senza significato (v. 10); e se una tromba dà un suono sconosciuto, chi si preparerà alla battaglia? (v. 8). Questi esempi tratti dalla vita comunitaria porta Paolo a far notare quanto sia importante, per il bene della Chiesa, che il dono delle lingue è espletato in maniera che tutti possono ricavarne beneficio. Ciò sarà possibile se al parlare in lingue, seguirà l'interpretazione.
 
Appare chiaro nel suo contesto, che tutto il ragionamento che Paolo fa si riferisce alla Comunità dei credenti, e non al singolo fedele che esercita il dono delle lingue. Più in là, egli suggerisce le necessarie istruzioni per quanto riguarda l'esercizio del dono delle lingue nelle pubbliche riunioni di culto.
 
Lo Spirito e l'intelligenza
 
Poiché se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa. Che dunque? Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza; salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l'intelligenza (vv. 14﷓16
 
Pregare e salmeggiare, sono due attività che si possono compiere con l'esercizio del parlare in lingue. Per quanto riguarda la vita privata, non c'è niente che possa impedire un simile esercizio e che una simile pratica non sia valida.
 
L'esplicito riferimento che Paolo né fa, è prova che esiste una simile possibilità. Sarebbe ridicolo se si concedesse una simile possibilità solamente su un piano ipotetico e si negasse su quello pratico. Se Paolo poteva dire ai Corinzi: Io ringrazio Dio che parlo in lingue più di tutti voi (v. 18), è una prova che quando Paolo era solo con Dio, dava via libera allo Spirito nella sua vita, talché non solo poteva parlare in lingue a Dio, ma addirittura pregava e salmeggiava con lo stesso entusiasmo e fervore.
 
Un simile esercizio è compreso e valutato solamente da coloro che lo esercitano. Davanti al sacerdote Eli, Anna, che muoveva le sue labbra, era considerata una donna ubriaca, non sapendo però che lei stava spandendo l'anima sua davanti all'Eterno (1 Samuele 1:12﷓15). Le cose dello Spirito sono comprese da coloro che sono spirituali (1 Corinzi 2:14). Ma poiché Paolo sta parlando in riferimento a coloro che non capiscono il «ringraziamento» che si eleva a Dio attraverso il parlare in lingue, specifica:
 
Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza; salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l'intelligenza.
 
Con queste parole, «Paolo non si erge a difesa di uno sterile intellettualismo» [L. Morris, La prima epistola di Paolo ai Corinzi, pag. 230]. Anche se il pregare e il salmeggiare in lingue possono essere considerati un pio esercizio spirituale, nondimeno, per quanto riguarda il culto pubblico, dove partecipano tante persone, e soprattutto ci possono essere presenti delle persone nuove, senza nessun'esperienza spirituale, a sentire quel tipo di parlare potrebbero essere indotti a qualificare chi parla in lingue come se fosse un pazzo (v. 23). In vista di questa partiacolare situazione, il consiglio che Paolo dà è quello di dire  
 
cinque parole intelligibili, per istruire anche gli altri, che dirne diecimila in altra lingua (v. 19).
 
È in previsione dell'autocontrollo che Paolo raccomanda di non essere  
fanciulli per senno. Siate pur bambini quanto a malizia, ma quanto a senno, siate uomini compiuti (v. 20).
 
Questo perché, l'intelligenza deve essere usata, anche nell'esercizio del dono spirituale. Usare l'intelligenza nell'esercizio del dono spirituale, non significa però che il dono dello Spirito deve essere amministrato secondo il criterio e le valutazioni umane, ma significa essenzialmente armonizzare l'esercizio del dono spirituale per il bene e l'edificazione comune.
 
segue...
Loggato
Domenico
Membro familiare
****




Certo, beni e bontà m'accompagneran no (Sal. 23:6)

   
WWW    E-Mail

Posts: 857
Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #79 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 02:18:37 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica

Sfruttare il significato della frase «uomini maturi» per avvalorare la tese che il parlare in lingue, ai giorni nostri, sarebbe appartenuto ad un tempo di fanciullezza, dove la conoscenza non era tanto sviluppata rispetto a quella di oggi, e continuare a credere all'utilità del parlare in lingue, significa andare indietro anziché avanti, si sentì dire da qualcuno [Prendere l’esortazione di Paolo per ciò che riguarda 1 Corinzi 14:20 e interpretarla che: «Nell’entusiasmo dei Corinzi per la glossolalia, sonora e vistosa, Paolo vede una puerilità da fanciulli inesperti; mentre se essi fossero maturi quanto a sentimenti, preferirebbero alla glossolalia quei carismi che apportano maggiore utilità» (G. Ricciotti, Gli Atti degli Apostoli e le lettere di S. Paolo, pag. 390, significa classificare il «dono del parlare in lingue», come qualcosa che appartenga a l’uomo e non come un dono dello Spirito Santo. Se i Corinzi parlavana in lingue, non era perché erano «fanciulli e immaturi», ma perché lo Spirito Santo aveva dato loro quel dono. Era il loro modo indiscriminato, nell’esercizio del dono ricevuto, che li rendeva fanciulli e immaturi e non perché il dono del parlare in lingue debba essere inteso come segno e prova di immaturità spirituale].  
 
Dare una simile interpretazione alla frase paolina significa leggerla con mente preconcetta e fuori del suo normale contesto.  
 
La citazione della Scrittura che Paolo fa  
 
Egli è scritto nella legge: io parlerò a questo popolo per mezzo di gente d'altra lingua, e per mezzo di labbra straniere; e neppure così mi asteranno, dice il Signore (v. 21).
 
Questa citazione si trova in (Isaia 28:11), dove viene messa in risalto la disubbidienza del popolo alla voce del Signore a mezzo del profeta. In conseguenza di questa marcata disubbidienza, il Signore stesso annunzia che parlerà a quel popolo disubbidiente in lingua straniera. Risulta chiaro l'applicazione che Paolo fa, quando afferma  che le lingue servono di segno non per i credenti, ma per non i credenti (v. 22). Commenta Norman Hillyer:
 
«Poiché il popolo di Dio si rifiuterà di ascoltare con obbedienza e fede la sua chiara parola, ascolterà termini incomprensibili, cioè per punizione saranno esiliati tra gente d'altra lingua, gli Assiri e persevereranno nella loro incredulità» [H. Hillyer, Commentario Biblico, III, pag. 373].
 
La necessità di regolare il parlare in lingue nelle riunioni pubbliche
 
Che dunque fratelli? Quando vi radunate, avendo ciascun di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in lingue, o un'interpretazione, facciasi ogni cosa per l'edificazione (v. 26).
 
Questo è un sano principio per ciò che concerne le riunioni pubbliche della chiesa: tutto deve essere fatto per l'edificazione. Il dono del parlare in lingue, può essere esercitato come dono spirituale nelle riunioni pubbliche della chiesa, a condizione che ci sia l'interpretazione, un altro dono spirituale, attraverso il quale la comunità dei credenti, o quanti partecipano alle riunioni, possono capire quello che viene detto in lingue ed essere edificati. L'esercizio del dono del parlare in lingue, può essere fatto nelle riunioni pubbliche della chiesa, da due o al massimo tre, uno dietro l'altro, e uno interpreta (v. 27). La stessa norma viene data per l'esercizio del dono della profezia. Ribadendo che il dono della profezia sia superiore a quello delle lingue, Paolo conclude il suo insegnamento sul soggetto, con la raccomandazione:  
 
Chi ritiene d'essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto scrivo è comando del Signore; se qualcuno non lo riconosce, neppure lui è riconosciuto. Dunque, fratelli miei, aspirate alla profezia e, quanto al parlare con il dono delle lingue, non impeditolo. Ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine (CE (vv. 37-40).
 
Anche se viene raccomandato bramare, il dono della profezia, cioè desiderare ardentemente, non deve essere sottovalutato quello del parlare in lingue, perché anch'esso è dono dello Spirito Santo e come tale non può essere soppiantato né impedito nel suo esercizio. Tutto deve farsi, per quanto riguarda il culto pubblico, con decoro e con ordine. Anche se certe manifestazioni di fanatismo non vanno incoraggiate ma represse; l'ordine di Paolo non deve essere inteso come qualcosa di militaresco, e tanto meno un rigorosismo formalistico prestabilito, privo di un qualsiasi mordente vitale.
 
Là dove lo Spirito Santo con i suoi doni viene accantonato, o non gli viene dato spazio di agire com'egli vorrebbe, o viene sostituito con la saggezza e l'accortezza umana, si avrà sì, certamente, una forma impeccabile in tutte le fasi del culto, con un ordine prestabilito e bene organizzato, ma spoglio e povero di manifestazioni spirituali atte ad infiammare la fede del tiepido, e a rinnovare lo zelo e la dedizione per il servizio del gran Re, e Signor nostro Gesù Cristo.
Loggato
Stefanotus
Visitatore

E-Mail

Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #80 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 09:01:31 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica    Rimuovi messaggio Rimuovi messaggio


on 29.06.2014 alle ore 18:53:18, MrTamburino wrote:

 
tu dici a proposito del segno delle lingue, che la chiesa lo predicava, lo ricercava, lo viveva e addirittura lo Normava!!!
 
precedentemente ad un altro utente dicevi sempre a proposito del segno delle lingue:  
 
e poi ancora dici:
 
quindi quando dici che la chiesa lo ricercava o lo normava, o che le epistole dopo 30 anni le regolamentano,
o quando dici bisogna accettare le lingue come segno,
 
stai dicendo che il segno delle lingue degli atti sono le lingue che verranno regolamentate dopo nell’epistole come corinzi. Sempre se non scrivi una cosa e poi ne pensa un'altra.

 
MrTamburino, sarà almeno il secondo post che leggo con tono accusatorio nei miei confronti.
Tralasciando il tono, mi infastidisce che non comprendendo perché scrivo certe cose, ti permetti di darmi quasi dello schizzofrenico, ossia tolgo e metto a piacimento oppure dico una cosa e ne penso un'altra. Se vuoi dei chiarimenti sono disponibile a darteli, ma se devi passare il tempo ad attaccare ti chiederei di smettere per cortesia.
 
Io ho ben detto che il parlare in altre lingue era un segno ricercato, predicato e vissuto (e ne vediamo nel libro degli atti le evidenze). Non sto di certo negando che "in principio" gli apostoli non si aspettavano "questa modalità". Sapevano solo di dover rimanere a Gerusalemme ad aspettare. Così come pare che non si aspettassero che questa manifestazione si potesse ripetere anche in altre occasioni. Ma una volta che Dio ha dimostrato che la cosa si ripeteva sistematicamente... allora hanno iniziato a reputarla normale. Al punto che, sempre parlando di parlare in altre lingue, abbiamo Paolo che scrivendo 30 anni dopo circa le sue epistole, dice perché Dio ha dato le lingue e come andavano gestiti questi carismi.
La lettera ai Corinzi era specificatamente per i Corinzi, visto che vivevano degli eccessi in quella comunità. Ma vi era l'uso tra i credenti di copiare le lettere di Paolo e distribuirle nelle varie altre comunità, perché se anche non vivevano gli stessi eccessi, era importante conoscere "la volontà di Dio" (non di Paolo) espressa in questi testi.
 
Nel dire questo però non ho specificatamente detto se si parlava di segno o dono. Anche se ho usato la terminologia segno o dono, volevo riferirmi al parlare in altre lingue in generale. Il topic l'ho aperto io apposta per chiede se abbiamo evidenze bibliche che distinguano le due cose.
 
Personalmente mi sono già espresso a riguardo, secondo me nel momento in cui si viene battezzati nello Spirito Santo si riceve il dono delle lingue, che allo stesso tempo è un segno esteriore sovrannaturale.
Domenico sembra dire che forse si tratta di due cose diverse. Sto cercando di capire.
 
Ti sia chiaro, che io non sono qui per insegnare, ma per condividere ciò che so e confrontarmi con fratelli che hanno maturato magari idee e opinioni diverse.
Loggato
Stefanotus
Visitatore

E-Mail

Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #81 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 09:16:06 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica    Rimuovi messaggio Rimuovi messaggio


on 30.06.2014 alle ore 00:47:16, Caste wrote:

 
Secondo me non è nemmeno tanto quello, quanto come vogliamo fare corrispondere le scritture alla nostra esperienza.  

Da un punto di vista storico diciamo... I pentecostali hanno fatto al contrario. Ossia interpretata la Scrittura in un certo modo... hanno chiesto a Dio di operare nelle loro vite secondo quella modalità da loro interpretata.
 
Successivamente poi... negli anni, le cose sono andate un po' cambiando. Vuoi influenze di altri gruppi o nuove reinterpretazioni... non saprei dire. Solo che se ci pensi, chiunque si è avvicinato "da profano" ad una chiesa pentecostale, veniva istruito sia alla salvezza e gli aspetti che gli concernono, sia alla vita della chiesa, sia quindi agli aspetti carismatici.
 
Immagino che come io, che frequentavo una chiesa pentecostale classica, sono stato istruito a comprendere che le lingue fossero il segno evidente di un battesimo nello Spirito Santo, altri potessero invece in altre chiese essere istruiti che le lingue non fossero il segno evidente e necessario.
 
Successivamente, ossia adesso. è normale che sia io che Marmar ad esempio, adattiamo direttamente o indirettamente le scritture alla nostra esperienza personale o comunitaria. In fondo pensiamoci, frequentiamo la nostra comunità perché ne condividiamo i principi...  
 
Quello che però io considero un ottimo risultato è esser riusciti a capirsi che il problema non sta nell'esperienza personale o comunitaria. Non è che da una parte c'è l'opera di Dio e dall'altra il demonio. Mi spiego?
Siamo riusciti ad intenderci che le differenze di vedute nascono da un approccio diverso alle Scritture. Ed io sono persuaso che è così, perché ho conosciuto tante persone, molti studiosi biblici che ritengo molto preparati che avevano posizioni dottrinali diverse...e confrontandomi sono sempre finito là: leggendo un verso, per uno era attuabile oggi, per l'altro no. Perché?
Questo vale per le lingue, ma vale anche per il velo e anche altre manifestazioni carismatiche.
Alla fine è tutto là: come decidiamo di intraprendere il nostro rapporto con la Scrittura.
 
Giustamente, Marmar dice, valuto entrambe le posizioni di pari valore, ed è un approccio che condivido perché è onesto e sinceramente interessato alla verità. Ponendosi in questa posizione non è più questione di avere ragione o torto, ma di capire cos'è che divide e se questa posizione è davvero una "divisione" oppure no.
Loggato
Stefanotus
Visitatore

E-Mail

Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #82 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 09:35:17 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica    Rimuovi messaggio Rimuovi messaggio


on 30.06.2014 alle ore 00:00:00, Domenico wrote:

Su questo potrei esser d'accordo.
Quindi diciamo che in atti, parlando di lingue non si parla di doni.
 
[quote]
È più che logico che lo Spirito Santo che è appena arrivato sulla Chiesa, facesse parlare le lingue degli uomini conosciute in quel tempo e per le persone che si trovarono presenti per quella circostanza.

Questa teoria sembra invece andare un po' ad affermare quello che i testimoni di Geova e altri evangelici affermano.
Ossia che gli ebrei che venivano dalla diaspora, sentivano parlare gli apostoli nelle loro lingue natie, quindi gli apostoli in pratica miracolosamente parlavano lingue umane.
Ma questa teoria a me non convince molto.
Prima di tutto perché sarebbe l'ennesima eccezione. Nei passi successivi infatti, non ha senso dire che i battezzati nello Spirito Santo parlassero lingue straniere. A meno che non si accetta la teoria che in pratica Dio concedeva questa capacita linguistica per poi predicare il vangelo in tutto il mondo con qualsiasi lingua.
Teoria ripeto che secondo me non ha alcun fondamento biblico. Per me ha più senso che Atti 2 sia lo stesso dono di cui parla Paolo ai Corinzi. Perché?
Primo perché atti 2:4 dice:
"Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi."
Non mi sembra proprio che dica che gli apostoli parlassero lingue conosciute, piuttosto l'espressione "come lo spirito dava loro di esprimersi" in qualche modo a me fa riecheggiare i sospiri inneffabili che lo Spirito ci sospinge a dire quando ci "aiuta nella preghiera".
Secondo motivo perché i versi 6 e 8 di atti dicono:
"Quando avvenne quel suono, la folla si raccolse e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua".
 
"Come mai liudiamo parlare ciascunonella nostra propria lingua natìa?"
 
Al leggere di questi versi, ogni volta si fa subito un abbinamento logico del tipo che ogni apostolo parlava una lingua, lingua di un gruppo di persone giù. Quindi paradossalmente per intenderci 120 apostoli? 120 lingue diverse.
 
Ma letteralmente a me sembra di leggere che gli apostoli parlavano in lingue come un tutte le altre occasioni, niente di diverso... ma il miracolo in questo caso stava anche nel fatto che ogni astante che li ascoltava, era lui che "UDIVA" la propria lingua.
Quindi immagino che so, un Pietro parlare in lingua sconosciuta e in quello stesso suono per uno era la lingua dei Parti, per un altro era la lingua dei Med e così via per gli Elamiti, etc etc.
 
Quindi proprio per gli stessi discorsi fatti in precedenza, non mi va di arrivare a certe conclusioni che soddisfano le logiche che uniscono i puntini che tanto piacciono a noi studiosi. Mi piace piuttosto rimanere legato al testo e considerarlo ispirato da Dio e quindi veritiero.
Non voglio vedere l'ennesima eccezione, ma piuttosto influenzare il meno possibile l'andamento dei fatti.
 
Io sono proprio d'accordo nell'affermare la veridicità di 1 Corinzi 14:2, ossia che nessuno capisce le lingue dello Spirito. Ma in atti 2, con i versi che ho citato, devo constatare che Dio fece un ulteriore miracolo, ossia che fossero gli stranieri sentivano ogni apostolo glorificare Dio nella propria lingua. Il miracolo "della comprensione" era nelle orecchie e nella mente degli stranieri, non nella lingua degli apostoli.
 
Che ne pensi Domenico?
 
Inoltre ho letto il resto della tua disquisizione, ma non credo che abbiamo fornito elementi utili a capire se segno e dono delle lingue siano due cose diverse.
« Ultima modifica: 30.06.2014 alle ore 09:45:09 by Stefanotus » Loggato
Caste
Membro familiare
****



Give God a Chance

   
WWW    E-Mail

Posts: 1271
Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #83 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 10:14:53 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica


on 30.06.2014 alle ore 09:16:06, Stefanotus wrote:

Da un punto di vista storico diciamo... I pentecostali hanno fatto al contrario. Ossia interpretata la Scrittura in un certo modo... hanno chiesto a Dio di operare nelle loro vite secondo quella modalità da loro interpretata.
 
Successivamente poi... negli anni, le cose sono andate un po' cambiando. Vuoi influenze di altri gruppi o nuove reinterpretazioni... non saprei dire. Solo che se ci pensi, chiunque si è avvicinato "da profano" ad una chiesa pentecostale, veniva istruito sia alla salvezza e gli aspetti che gli concernono, sia alla vita della chiesa, sia quindi agli aspetti carismatici.

Sì, forse ho scritto in maniera troppo veloce: anche io ritengo che ogni movimento, denominazione e avvenimento nella storia della chiesa, sia stato susseguente a un certo modo di vedere o interpretare la bibbia. Dopo, però, nei confronti tra interpretazioni, credo che l'importanza dell'esperienza personale sia molto alta.
 

on 30.06.2014 alle ore 09:16:06, Stefanotus wrote:

Quello che però io considero un ottimo risultato è esser riusciti a capirsi che il problema non sta nell'esperienza personale o comunitaria. Non è che da una parte c'è l'opera di Dio e dall'altra il demonio. Mi spiego?
Siamo riusciti ad intenderci che le differenze di vedute nascono da un approccio diverso alle Scritture. Ed io sono persuaso che è così, perché ho conosciuto tante persone, molti studiosi biblici che ritengo molto preparati che avevano posizioni dottrinali diverse...e confrontandomi sono sempre finito là: leggendo un verso, per uno era attuabile oggi, per l'altro no. Perché?
Questo vale per le lingue, ma vale anche per il velo e anche altre manifestazioni carismatiche.
Alla fine è tutto là: come decidiamo di intraprendere il nostro rapporto con la Scrittura.

Certo, era il discorso che avevamo fatto tempo fa: se la Bibbia è la parola di Dio, se lo Spirito Santo (dunque Dio) ci parla attraverso la sua parola e se noi siamo esseri umani e, quindi, per definizione, tutti quanti diversi uno dall'altro, è normale che dal confronto tra parola e persona attraverso lo Spirito, escano cose diverse.
 

on 30.06.2014 alle ore 09:16:06, Stefanotus wrote:

Giustamente, Marmar dice, valuto entrambe le posizioni di pari valore, ed è un approccio che condivido perché è onesto e sinceramente interessato alla verità. Ponendosi in questa posizione non è più questione di avere ragione o torto, ma di capire cos'è che divide e se questa posizione è davvero una "divisione" oppure no.

 
Non dovrebbe mai essere una questione di chi ha ragione o torto, perché nessuno ha mai completamente l'una o l'altro. Anche questa è una cosa che dimentichiamo spesso, e mi fa piacere vedere che qua, nonostante le discussioni, anche piuttosto accese, che spuntano di tanto in tanto, siamo in molti a ricordarcelo. O a provare a ricordarcelo.  Vago
 

on 30.06.2014 alle ore 09:35:17, Stefanotus wrote:

 
Io sono proprio d'accordo nell'affermare la veridicità di 1 Corinzi 14:2, ossia che nessuno capisce le lingue dello Spirito. Ma in atti 2, con i versi che ho citato, devo constatare che Dio fece un ulteriore miracolo, ossia che fossero gli stranieri sentivano ogni apostolo glorificare Dio nella propria lingua. Il miracolo "della comprensione" era nelle orecchie e nella mente degli stranieri, non nella lingua degli apostoli.

 
Anche questa è una posizione abbastanza condivisa, se non ricordo male, a me non convince proprio tantissimo, sinceramente. Hai ragione nel dire che si aggiunge un'altra eccezione, da una parte; ma, dall'altra, si aggiunge un apparato miracolistico che mi pare un pochino inutile. Sempre a mio modo di vedere, ovviamente. Sorriso
 
« Ultima modifica: 30.06.2014 alle ore 10:19:15 by Caste » Loggato

"Il problema delle citazioni su internet è che non si sa mai se siano vere o no" Abraham Lincoln
MrTamburino
Membro
***



W questo FORUM!!!

   
WWW    E-Mail

Posts: 70
Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #84 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 10:50:30 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica


on 30.06.2014 alle ore 09:01:31, Stefanotus wrote:

 

 
Sappi che non ti stavo attccanto, attaccavo piuttosto certe tue cose dette che non sono della bibbia. Esempio quanto dici che c’è un solo segno iniziale dici una cosa falsa.
 
stefano dice:

Quote:
Questo segno solo appariva e bastava. La Bibbia parla di uno solo.

 
la stessa cosa quando dici che simone il mago ha visto le lingue, è un'altra bugia, perché simone il mago avrebbe anche potuto vedere qualche altro segno. capisci che per anni ti hanno inculcato cose giuste ma anche cose che devi rivedere.
 
voglio complimentarmi con utente CASTE, lui è stato equilibrato dicendo:
 

Quote:
quando vado a vedere negli Atti la descrizione dei vari avvenimenti di cui abbiamo parlato vedo alcune cose: in certi punti le lingue sono un segno e in altri non se ne parla, in alcuni casi per il battesimo vi è imposizione delle mani, in altri no, in altri abbiamo altri segni tangibili (le lingue di fuoco e il vento da una parte, il profetare dall'altra). Qual è l'unico certissimo punto in comune risultante da un'onesta analisi del testo su cui credo che possiamo tutti quanti trovarci d'accordo? Il fatto che Dio agisce come meglio crede. Il resto, poi, è aperto a discussione.

 
lui ammette che ci sono stati altri segni perchè la bibbia lo dice e lui non fantastica sopra. perchè è dio che agisce come vuole. il resto è aggiungere quello che la bibbia non dice.
 
e poi la chiesa in ATTI non predicava le lingue che tu vuoi fa passare. la chiesa predicava cristo crocifisso e resiscitato.
 
stefano dice:

Quote:
Quindi nel tornare al segno delle lingue... Vedo che la chiesa nascente lo predicava,

 
non capisco perchè vuoi aggiungere cose che non sono della bibbia?
 
« Ultima modifica: 30.06.2014 alle ore 10:55:00 by MrTamburino » Loggato
Stefanotus
Visitatore

E-Mail

Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #85 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 10:58:42 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica    Rimuovi messaggio Rimuovi messaggio

Caste, rispondo solo sull'ultimo punto.

Quote:

Anche questa è una posizione abbastanza condivisa, se non ricordo male, a me non convince proprio tantissimo, sinceramente. Hai ragione nel dire che si aggiunge un'altra eccezione, da una parte; ma, dall'altra, si aggiunge un apparato miracolistico che mi pare un pochino inutile. Sempre a mio modo di vedere, ovviamente

Io non credo di aver AGGIUNTO un apparato miracolistico.
 
Credo di esser rimasto legato al testo in modo il più possibile trasparente, cercando di non influenzare con visioni personali.  Almeno ci provo...
 
Se da una parte 1 Corinzi dice che le lingue non si capiscono... e dall'altra atti 2 non dice che si capivano, ma che ognuno sentiva la propria lingua... sinceramente così, su due piedi, leggendo in italiano... senza influenze non ci vedo una contraddizione. Vedo che entrambe le realtà vivono insieme coerenti.
Tutto qui.
 
Quello che però noto, rimanendo in tema al topic è che stiamo mettendo in relazione Atti 2 (Segno? Dono?) e Corinzi (sicuramente dono).
« Ultima modifica: 30.06.2014 alle ore 10:59:44 by Stefanotus » Loggato
Marmar
Admin
*****



Dio è buono

   
WWW    E-Mail

Posts: 7950
Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #86 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 11:18:10 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica

Qualcuno vede in At 2 l'unificazione delle lingue, ossia: l'inverso di ciò che accadde in Babele. non so cosa pensare a proposito.
Loggato

Aiutiamoci gli uni gli altri a liberarsi da quello che ritarda il nostro cammino.
Caste
Membro familiare
****



Give God a Chance

   
WWW    E-Mail

Posts: 1271
Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #87 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 11:36:42 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica

Bisogna ricordarsi una cosa: fino a prima del movimento pentecostale (quindi metà '800) la quasi totalità dei teologi, studiosi della bibbia e quant'altro, nel parlare di lingue riferendosi ad Atti o a Corinzi, pensavano a dei linguaggi intelleggibili ma non conosciuti alle persone che li parlavano. Da qui nascono sia la posizione cessazionista, relativa all'idea che il dono non servisse più alle singole persone nel momento in cui era la chiesa a occuparsi di scrivere la parola in più linguaggi possibili (se non erro anche Agostino affermava questo), sia l'idea da te descritta di un parallelo con la torre di Babele.
 
Idealmente ci può stare: abbiamo gli uomini che vogliono raggiungere il cielo con mezzi inadatti e Dio confonde i loro linguaggi cosicché non possa più esserci collaborazione tra di loro; con la Pentecoste abbiamo una "riunificazione sovrannaturale" dei linguaggi in modo che la salvezza possa essere annunciata a tutti.
Loggato

"Il problema delle citazioni su internet è che non si sa mai se siano vere o no" Abraham Lincoln
Stefanotus
Visitatore

E-Mail

Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #88 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 11:37:49 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica    Rimuovi messaggio Rimuovi messaggio


on 30.06.2014 alle ore 10:50:30, MrTamburino wrote:

Sappi che non ti stavo attccanto, attaccavo piuttosto certe tue cose dette che non sono della bibbia. Esempio quanto dici che c’è un solo segno iniziale dici una cosa falsa.

MrTamburino, mi stai dando del bugiardo? Sorriso
Io ho spiegato la mia posizione ed insieme ad altri fratelli, se leggi tutto il topic ho detto esplicitamente che:
dall'analisi del libro degli atti, si nota che dalla manifestazione pentecostale (ossia avvenuta a pentecoste) della venuta dello Spirito Santo sui discepoli, questi videro 3 segni.
Poi abbiamo citato che di questi tre segni, STORICAMENTE e non dottrinalmente, solo il parlare in altre lingue è avvenuto più volte. E in altri punti sempre in atti, anche se alla venuta dello Spirito non è specificato cosa succedeva, vi sono delle evidenze che avvenisse qualcosa che in modo "indiscutibile" spingeva gli apostoli a credere che lo Spirito scendeva ancora.  
Quindi tutti i pentecostali classici, ossia movimenti evangelici che sono nati dal risvegli del 1907, credendo che la chiesa del Nuovo Testamento fosse la chiesa modello che Dio ha voluto lasciare nella Bibbia, per lasciare la Sua volontà per ogni chiesa cristiana di ogni tempo... hanno visto in questo modus operandi dello Spirito Santo, un modus operandi ripetibile che nel corso della storia è stato abbandonato... Lo hanno ricercato ed è avvenuto.
Questa è storia ed è scritta in decine e decine di libri. Non te lo dico solo io. ok?
I pentecostali sono quelli che a partire dal racconto biblico sono convinti che il Signore si manifesta così quando Battezza con il fuoco.
Sono i movimenti carismatici successivi, o neo pentecostali che hanno iniziato a mettere in dubbio questa presa di posizione.

Quote:

la stessa cosa quando dici che simone il mago ha visto le lingue, è un'altra bugia, perché simone il mago avrebbe anche potuto vedere qualche altro segno. capisci che per anni ti hanno inculcato cose giuste ma anche cose che devi rivedere.

Ok. E' ufficiale. Mi stai dando del bugiardo. Sorridente
Comprendo benissimo la tua posizione e non posso dire che non sia "valida" come opposizione. Ma tu hai "prova" che nel nuovo testamento, dopo l'evento di atti 2, vi fossero altri segni oltre al parlare in altre lingue che dimostrassero la discesa dello Spirito Santo sui credenti?
No.
Al contrario invece vi sono più prove che questo evento accadeva. Quindi è ragionevole, sicuramente più ragionevole da accettare rispetto ad altri segni MAI menzionati.
 

Quote:

e poi la chiesa in ATTI non predicava le lingue che tu vuoi fa passare. la chiesa predicava cristo crocifisso e resiscitato.

Allora...  
Atti 11:4 dice che Pietro racconta dei fatti:
"Allora Pietro raccontò loro le cose per ordine fin dal principio, dicendo..."
Nel fare questo racconto dirà:
"Avevo appena cominciato a parlare quando lo Spirito Santo scese su di loro, esattamente come su di noi al principio.  Mi ricordai allora di quella parola del Signore che diceva: "Giovanni ha battezzato con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo". Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?»
 
Ora punto primo: Domenico, qui il segno della venuta dello Spirito Santo, viene chiamato dono... quindi mi pare che dia ancora supporto alla mia tesi.
 
Secondo caro Mr.Tamburino, Sorriso nella Bibbia quando si parla di doni dello Spirito Santo, si parla di lingue di fuoco? di vento che soffia? non credo.
Di solito nella Bibbia, tra i doni dello Spirito Santo c'è il parlare in altre lingue.
Quindi quando Pietro in questo verso dice: "Sorridenteio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato anche a noi" a cosa è lecito pensare biblicamente che si stesse riferendo?
Alle lingue di fuoco che volavano?
Al suono del vento che soffia?
Di quale dono parla secondo te?
 
Ma andiamo avanti, abbiamo Pietro che predica in Atti 10.
Se leggi il capitolo... arriverai a leggere al verso 43 che Pietro dice : "Sorridentei lui (Gesù) attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati mediante il suo nome. Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo scese su tutti quelli che ascoltavano la Parola. E tutti i credenti circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliarono che il dono dello Spirito Santo fosse dato anche agli stranieri,  perché li udivano parlare in altre lingue e glorificare Dio."
 
Toh... di nuovo si parla di dono e di nuovo si parla di altre lingue. Quindi mi pare molto NATURALE che al seguito della predicazione di Pietro del Cristo e del suo mandato (cosa che facciamo anche noi oggi) seguisse l'arrivo dello Spirito Santo.  
Al punto che Pietro dirà: "C'è forse qualcuno che possa negare l'acqua e impedire che siano battezzati questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo come noi?
 
Quel come noi? a cosa si riferisce? Ad Atti 2 no?
E a quale segno? Al parlare, non certo al rumore del suono o le lingue di fuoco svolazzanti. Sorriso
 
Poi abbiamo un'altra evidenza... Paolo dirà agli Efesini:
"... «Riceveste lo Spirito Santo quando credeste?» Gli risposero: «Non abbiamo neppure sentito dire che ci sia lo Spirito Santo»." - Atti 19:2
 
E cosa fa Paolo?
Spiega:
"Giovanni battezzò con il battesimo di ravvedimento, dicendo al popolo di credere in colui che veniva dopo di lui, cioè, in Gesù."
Quindi, come avevo detto prima a Marcello, questi uomini ricevettero il battesimo del battista che aveva ricevuto anche Gesù, ma Paolo insegna che dovevano essere battezzati adesso nel nome di Gesù. Questo lo facciamo anche noi perché è la pratica della chiesa degli atti, e quindi valida anche per le chiese di ogni tempo.
E poi? Cosa fece Paolo poi?
"... avendo Paolo imposto loro le mani, lo Spirito Santo scese su di loro ed essi parlavano in lingue e profetizzavano." Atti 19:6
Toh guarda! Furono battezzati in Spirito Santo e parlarono in lingue.
E' o non è una pratica NATURALE che ci viene raccontata dai fatti degli apostoli?
 
Questi passi dimostrano cosa? I primi dimostrano che questa cosa della discesa dello Spirito Santo succedeva e che dipendeva da Dio e i discepoli, divenuti apostoli la "impararono" nel cammino... non erano proprio tanto preparati. Ma successivamente lo ritenevano "necessario", Paolo dirà: lo avete ricevuto? No? Allora preghiamo. Impose le mani e... arrivò.
 
Mi pare storia normale e tramandata a noi non per motivi "culturali" ma affinché noi la praticassimo.
In fondo abbiamo la chiusura del Vangelo di Marco che dice:
 
"Questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: nel nome mio scacceranno i demòni; parleranno in lingue nuove... e quelli se ne andarono a predicare dappertutto e il Signore operava con loro confermando la Parola con i segni che l'accompagnavano."
 
Inoltre questa era una profezia di Gioele che Pietro in Atti 2 si auto "assegnerà":
14 Ma Pietro, levatosi in piedi con gli undici, alzò la voce e parlò loro così:
Uomini di Giudea, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, vi sia noto questo, e ascoltate attentamente le mie parole.  Questi non sono ubriachi, come voi supponete, perché è soltanto la terza ora del giorno; ma questo...
 
Questo cosa? Il parlare in altre lingue che loro giudicavano essere ubriachi!
 
è quanto fu annunciato per mezzo del profeta Gioele:
"Avverrà negli ultimi giorni", dice Dio, "che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni,
e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. Anche sui miei servi e sulle mie serve, in quei giorni, spanderò il mio Spirito, e profetizzeranno.

Loggato
Stefanotus
Visitatore

E-Mail

Re: Segno, dono, frutto, carisma: Differenze?
« Rispondi #89 Data del Post: 30.06.2014 alle ore 11:41:05 »
Rispondi con quote Rispondi con quote   Modifica Modifica    Rimuovi messaggio Rimuovi messaggio


on 30.06.2014 alle ore 11:18:10, Marmar wrote:
Qualcuno vede in At 2 l'unificazione delle lingue, ossia: l'inverso di ciò che accadde in Babele. non so cosa pensare a proposito.

Si ho letto in merito e mi piace come applicazione spirituale. Dio ha diviso le lingue e unisce un popolo indipendentemente dalle lingue. Bella.
Ma non ne farei dottrina perchè, in Babele le lingue sono state DIVISE letteralmente. In Atti 2 non sono state riunite. Nonostante si accetti l'evento e l'applicabilità oggi, la Bibbia stessa dice che "nessuno le capisce"... quindi... Sorriso
Loggato
Pagine: 1 ... 4 5 6 7 8  ...  17 · torna su · Rispondi Rispondi   Abilita notifica Abilita notifica    Invia il Topic Invia il Topic    Stampa Stampa

« Topic Precedente | Prossimo Topic »

Evangelici.net è un sito di Teknosurf.it srl ‐ P.IVA 01264890052 ‐ Privacy policy