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   Relazioni con chi vive nel peccato
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   Autore  Topic: Relazioni con chi vive nel peccato  (letto 1059 volte)
andreiu
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Relazioni con chi vive nel peccato
« Data del Post: 16.05.2013 alle ore 13:35:56 »
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L'oggetto di questo argomento nasce dall'esegesi di 1 Corinzi 5:11-13.
 
Riporto il brano in questione " ma quel che vi ho scritto è di non mischiarvi con chi, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, un avaro, un idolatra, un oltraggiatore, un ubriacone, un ladro; con quelli non dovete neppure mangiare. Poiché, devo forse giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi
 
Volevo porre alla vostra attenzione due tesi in merito:
 
1) C'è chi afferma che chi vive in uno stato di peccato, pur definendosi credente, deve essere bandito fisicamente dalle riunioni di chiesa, impedendogli di fatto la frequentazione.
 
2) La seconda tesi è in relazione alla riprensione pubblica di chi vive in una situazione di peccato, ma dando sempre la possibilità al peccatore impenitente di frequentare le riunioni e di ascoltare la Parola, pur essendo escluso dalla comunione fraterna e dalle attività spirituali.
 
A voi il dibattito.
 
Inoltre come intendere il "non dove mangiare" con il peccatore impenitente? Si intende il mangiare la cena del Signore o il mangiare in genere?
 
Per ora la mia convinzione la tengo mia, ma poi la esporrò. Volevo prima sentire voi.
 
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Re: Relazioni con chi vive nel peccato
« Rispondi #1 Data del Post: 16.05.2013 alle ore 17:10:10 »
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on 16.05.2013 alle ore 13:35:56, andreiu wrote:
Volevo porre alla vostra attenzione due tesi in merito:

Io penso che la tesi migliore sia la seconda perché bisogna sempre dare a un peccatore la possibilità di ravvedersi, naturalmente è logico che quella persona viene lasciata in Chiesa purché non rubi, non disturbi, non molesti, non racconti apostasie o oscenità, non venga in Chiesa ubriaco, non fumi in Chiesa, ecc. ecc.
Anche perché poi bisogna tener presente che la Chiesa in genere è un luogo pubblico e di conseguenza è aperto a tutti.


on 16.05.2013 alle ore 13:35:56, andreiu wrote:
Inoltre come intendere il "non dove mangiare" con il peccatore impenitente? Si intende il mangiare la cena del Signore o il mangiare in genere?

In quei tempi il mangiare assieme significava anche un momento di intimità, cioè un momento di comunione da trascorrere con chi la pensa come noi.
 
Non penso che quella proibizione riguardi la Cena del Signore che è un altro discorso a parte e poi ognuno deve esaminare se stesso (1Corinzi 11:28) e poi la Cena del Signore è disciplinata dal Pastore della Chiesa come quando avverte che la Santa Cena è solo per i battezzati in età cosciente.
 
A mio avviso il brano significa che non dobbiamo avere intimità, cioè confidarsi o accettare consigli da chi ha un comportamento non cristiano.
« Ultima modifica: 16.05.2013 alle ore 19:05:21 by New » Loggato
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Re: Relazioni con chi vive nel peccato
« Rispondi #2 Data del Post: 16.05.2013 alle ore 23:26:18 »
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Pace,  
 
volevo dirti come la penso io,  
in primis mi ritengo di essere contraria a questa tesi:
 

Quote:
1) C'è chi afferma che chi vive in uno stato di peccato, pur definendosi credente, deve essere bandito fisicamente dalle riunioni di chiesa, impedendogli di fatto la frequentazione.

 
sono contraria perché almeno che non sia di disturbo come diceva prima New, cioè non molesti la quiete dei fratelli in chiesa insomma, è giusto che abbia una possibilità, nel senso mi spiego, se già questa persona vive una vita nel peccato cioè lontana da Dio e gli viene impedito di frequentare la chiesa noi impediamo ulteriormente a questa persona intanto un riavvicinamento a Dio, ma impediamo anche la possibilità di rendersi conto che c'è qualcosa nella sua vita che non va, quindi di ravvedersi.
 
poi per quanto riguarda la seconda tesi:  
 

Quote:
2) La seconda tesi è in relazione alla riprensione pubblica di chi vive in una situazione di peccato, ma dando sempre la possibilità al peccatore impenitente di frequentare le riunioni e di ascoltare la Parola, pur essendo escluso dalla comunione fraterna e dalle attività spirituali.

 
Posso dire che sono contraria alla riprensione pubblica, perchè in molte occasione può capitare che la persona chiamata in causa si offenda, quindi si allontani di sua spontanea volontà dalla chiesa.
 
Sono d'accordo invece con la possibilità che continui a frequentare le riunioni e di ascoltare la parola perché ascoltando la parola c'è sicuramente un riavvicinamento a Dio quindi un possibile ravvedimento.
 
Per quando riguarda l'esclusione dalla comunione fraterna e dalle attività spirituali vorrei sapere cosa intendi nello specifico?..
 
Invece per quanto riguarda :

Quote:

 Inoltre come intendere il "non dove mangiare" con il peccatore impenitente? Si intende il mangiare la cena del Signore o il mangiare in genere?

 
L'interpretazione mia è questa, non mangiare è una metafora che vuole riferirsi di non condividere il proprio tempo con persone che potrebbero in un certo senso contaminarti.
 
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Re: Relazioni con chi vive nel peccato
« Rispondi #3 Data del Post: 16.05.2013 alle ore 23:28:46 »
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Mia personale lettura, ma non credo che l'apostolo scrivendo si riferisse alla partecipazione degli incontri comunitari, mi sembra che nella comunità del Nuovo Testamento l'identità del credente nell'appartenenza alla Chiesa sia molto meno radicata rispetto a noi oggi nei riguardi della partecipazione agli aspetti celebrativi e liturgici. Sono quindi d'accordo con il pensiero conclusivo di New.
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Re: Relazioni con chi vive nel peccato
« Rispondi #4 Data del Post: 17.05.2013 alle ore 05:49:56 »
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on 16.05.2013 alle ore 13:35:56, andreiu wrote:
L'oggetto di questo argomento nasce dall'esegesi di 1 Corinzi 5:11-13.
 
Riporto il brano in questione " ma quel che vi ho scritto è di non mischiarvi con chi, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, un avaro, un idolatra, un oltraggiatore, un ubriacone, un ladro; con quelli non dovete neppure mangiare. Poiché, devo forse giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi
 
Volevo porre alla vostra attenzione due tesi in merito:
 
1) C'è chi afferma che chi vive in uno stato di peccato, pur definendosi credente, deve essere bandito fisicamente dalle riunioni di chiesa, impedendogli di fatto la frequentazione.
 
2) La seconda tesi è in relazione alla riprensione pubblica di chi vive in una situazione di peccato, ma dando sempre la possibilità al peccatore impenitente di frequentare le riunioni e di ascoltare la Parola, pur essendo escluso dalla comunione fraterna e dalle attività spirituali.
 
A voi il dibattito.
 
Inoltre come intendere il "non dove mangiare" con il peccatore impenitente? Si intende il mangiare la cena del Signore o il mangiare in genere?
 
Per ora la mia convinzione la tengo mia, ma poi la esporrò. Volevo prima sentire voi.
 
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Dal momento che si fa riferimento e due tesi interpretative, per spiegare il passo in questione, credo che la cosa migliore per comprendere il passo in questione e dare una valida spiegazione che non vada fuori contesto, sia quella di analizzarlo nel suo naturale contesto.
 
Il capitolo 5 della prima Corinzi, tratta un caso specifico, cioè un peccato, definito fornicazione, commesso in mezzo alla comunità, vale ad affermare che un Tizio, conosciuto come fratello dalla chiesa, sì tiene la moglie di suo padre. La cosa che preoccupa l’apostolo, è il fatto che, tra la comunità, si parla di questo peccato, non in una forma velata ma chiaramente. Questo significa che il comportamento di quel Tizio, non solo non è rimasto nascosto, ma chiaramente nota alla comunità, senza che ci sia stata una smentita dall’interessato, che nega la verità dell’accaduto, quindi un fatto provato.
 
Davanti a questa cruda realtà, quello che maggiormente addolora Paolo è che la fratellanza di Corinto, non solo non ha preso nessun provvedimento disciplinare nei confronti di chi ha commesso l’incesto, ma addirittura lo ha lasciato in mezzo alla comunità. Un simile atteggiamento, non solo non può essere giustificato, ma neanche tollerato, senza che la dignità della stessa chiesa sia danneggiata, sia sotto l’aspetto esteriore, come anche in quello interiore.  
 
Nel passo in questione, non c’è il minimo accenno che possa avallare l’ipotesi che, l'incestuoso possa rimanere in mezzo alla comunità, quindi partecipare a tutte le attività che la chiesa svolge. Quindi, fare trapelare la “possibilità che il peccatore si ravveda”, o concedergli l’opportunità di arrivare a ciò, non rientra nel contesto del passo in questione, ma viene ordinato dall’apostolo, con parole ferme e severe: togliete il malvagio di mezzo a voi stessi (che equivale ad una chiara espulsione dalla comunità in senso letterale).
 
Una simile decisione che Paolo suggerisce, non riguarda il comune peccatore di questo mondo, ma specificatamente:
 
Vi ho scritto nella mia lettera di non mischiarvi con i fornicatori;
non del tutto però con i fornicatori di questo mondo, o con gli avari e i ladri, o con gl’idolatri; perché altrimenti dovreste uscire dal mondo;
ma quel che vi ho scritto è di non mischiarvi con chi, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, un avaro, un idolatra, un oltraggiatore, un ubriacone, un ladro; con quelli non dovete neppure mangiare
(vv. 9-11).
 
Inoltre, se il passo in questione parlasse del “comune peccatore”, bisognoso di ravvedimento e di salvezza, lasciarlo in mezzo alla comunità, non solo il discorso sarebbe differente, ma rientrerebbe anche nella missione della chiesa.
 
Infine, il "non dovete neppure mangiare ", non ha niente a che vedere con la Cena del Signore, visto che nel contesto non c’è un minimo accenno a ciò, ma riguarda semplicemente il “mangiare generale”, inteso non semplicemente di consumare un pasto, ma di avere un rapporto di comunione.  
 
« Ultima modifica: 17.05.2013 alle ore 15:27:59 by Domenico » Loggato
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Re: Relazioni con chi vive nel peccato
« Rispondi #5 Data del Post: 17.05.2013 alle ore 10:58:06 »
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Sono pienamente d'accordo con il fratello Domenico.
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Re: Relazioni con chi vive nel peccato
« Rispondi #6 Data del Post: 17.05.2013 alle ore 11:18:37 »
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Ora espongo quella che è la mia convinzione.
 
Il caso presentato in questo capitolo è certamente grave e tale gravità era aumentata per il semplice fatto che la chiesa di Corinto tollerava la situazione del fornicatore incestuoso.  
 
Intanto Paolo nei confronti di questa persona rivolge una sanzione apostolica del tutto simile ad una condanna a morte. Infatti questo fornicatore "viene dato in man di Satana per la distruzione della carne" e queste parole non possono essere certamente spiritualizzate, in quanto ci troviamo di fronte ad un giudizio fisico.  
 
Di fronte a tale sentenza, la chiesa di Corinto non doveva più avere relazioni con il peccatore impenitente. Poi Paolo dichiara di "non mescolarsi con i fornicatori". In un certo qual modo abbiamo un verbo "culinario", ovvero quando noi ad esempio prendiamo degli ingredienti per fare ad esempio la pasta. Non è fuori luogo questo esempio, visto che poco prima Paolo parla della "pasta e del lievito". Ma domandiamoci, quando la pasta viene corrotta dal lievito. Nel momento in cui il lievito viene mescolato con la pasta. Se la pasta ed il lievito rimangono "vicini", ma senza che ci sia mescolamento, la pasta rimane pasta ed il lievito rimane lievito.
 
Con questo cosa voglio dire? Paolo non mi pare che spieghi in che modo io non devo avere "relazione" con il peccatore impenitente. Ad esempio io posso stare vicino ad una persona senza che con quella persona abbia una relazione, posso anche scambiarci due parole, ma non è che con questo si stabilisce un rapporto.
 
Il tutto poi va visto in un contesto spirituale. Il testo credo che ci insegni che tutta la chiesa deve prendere atto di una situazione iniqua se sussiste e repentinamente cambiare comportamento nei confronti di colui o colei che si trova nel peccato.  
 
Inoltre l'espressione "togliete il malvagio di mezzo da voi stessi" (il testo bizantino ha il futuro "Toglierete"Occhiolino, nell'AT era sempre visto come lo spostamento di un cadavere dopo una sentenza di morte. Anche in 1 Co 5 abbiamo una sentenza di morte queste parole sono rapportate in modo specifico al fornicatore di Corinto. Tuttavia abbiamo anche un altro dettaglio. Avendo in greco il riflessivo "voi stessi", Paolo parla in modo specifico sul comportamento che ogni credente della chiesa deve tenere. Anche se un peccatore impenitente viene espulso da una comunità (il che legalmente non si può fare perché un locale di culto è un luogo pubblico), il problema continua a rimanere se si parla di un credente. Potrebbe essere benissimo che si tratti di un falso  credente che ha fatto una confessione di fede superficiale e basta.  
 
Sul "mangiare" non si può dire per certo se si parla della cena del Signore o del mangiare in generale. In 1 Corinzi questo verbo è in relazione ad uno o l'altro caso. Io sono più propenso a pensare che si parli della Cena del Signore. Interessante osservare che Giuda Iscariota, che era un ladro, mangiava con il Signore Gesù, ma quando Gesù istituisce il Suo memoriale, Giuda non è con la schiera dei discepoli.  
 
Un altro passo interessante è "Se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi riuniate per attirare su di voi un giudizio.
Quanto alle altre cose, le regolerò quando verrò" (1 Co 11:34). Paolo pone in relazione il mangiare generale con il mangiare la cena del Signore, distinguendo le due cose. Paolo dà molta importanza al mangiare la cena del Signore, ecco perché sono più propenso a pensare che in 1 Co 5 parli della cena del Signore, considerando che allora gli incontri avvenivano nelle case e la cena del Signore in mezzo ad un banchetto comune. E' chiaro che quando si celebrava la cena del Signore in mezzo ad un banchetto comune, il peccatore impenitente non poteva e non doveva parteciparvi.
 
In conclusione credo che ogni chiesa debba comportarsi seguendo questa linea guida:
 
1) Il peccatore impenitente deve essere ripreso anche pubblicamente (Paolo afferma "Riprendi tutti coloro che peccano"
 
2) I credenti si devono prodigare nel far comprendere al peccatore impenitente la gravità della sua situazione e fino a che non c'è un suo ravvedimento non può partecipare alla vita attiva della chiesa.
 
3) Ma nel contempo, se lui vuole, gli deve essere concessa la possibilità di ascoltare la parola di Dio.
 
Termino con questo passo di Giacomo "Fratelli miei, se qualcuno tra di voi si svia dalla verità e uno lo riconduce indietro, costui sappia che chi avrà riportato indietro un peccatore dall'errore della sua via salverà l'anima del peccatore dalla morte e coprirà una gran quantità di peccati". Questo deve essere il nostro obiettivo
 
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Re: Relazioni con chi vive nel peccato
« Rispondi #7 Data del Post: 17.05.2013 alle ore 11:29:03 »
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Oltre il fatto che avevo interpretato la tua domanda nel modo sbagliato, molte cose che hai detto tu e Domenico non le sapevo.. Ora bibbia e appunti su 1 corinzi 5.. Sorriso
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Re: Relazioni con chi vive nel peccato
« Rispondi #8 Data del Post: 20.06.2013 alle ore 18:23:31 »
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Condivido quanto detto da New, Ilcuorebatte e poi ben spiegato da Andreiu.
Ferma restando la condanna pubblica delle condotte peccaminose, non dovrebbe essere negata a nessuno la possibilità di ascoltare. Che non venga anche a noi la tentazione di prenderci le chiavi del Regno di Dio, per aprire e chiudere a nostra discrezione. Lasciamole al padrone di casa, e non mettiamoci di ostacolo davanti alla porta.
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Re: Relazioni con chi vive nel peccato
« Rispondi #9 Data del Post: 20.08.2013 alle ore 16:29:26 »
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Vorrei porre una riflessione per quel che riguarda il "non mangiare".  Personalmente ho la sensazione che si tratti della cena del Signore. Pensiero suffragato se analiziamo cosa fosse la cena del Signore dal punto di vista strettamente storico.
Sappiamo infatti che Paolo farà addirittura una riprensione su come questo "pasto d'amore" venisse consumato nella chiesa... laddove un fratello aveva sete, ve ne era uno ubriaco. Laddove un fratello aveva fame, ve ne era uno con abbondanza di pietanze per sè.
 
Se non sbaglio la cena del Signore veniva seguita dalla chiesa come un vero e proprio pasto, a cui si faceva seguire lo scambio del pane e del vino come memoria del sacrificio di Gesù, come da Lui stesso richiesto.
 
In questo contesto quindi secondo me potrebbe essere molto probabile che Paolo stesse parlando della cena del Signore. E quindi dicesse che, durante una cena simile, fatta con le dovute accortezze e quindi secondo la regola dell'amore, non fosse il caso che un uomo che viveva in una situazione peccaminosa pubblica vi partecipasse.
 
Che ne pensate? Vi sembra plausibile?
Se così fosse allora, il passo può intendersi in modo preciso: non condividete il vostro tempo "comunitario" libero con una simile persona. L'applicazione che ne può conseguire oggi, immagino che debba essere presa dal pastore della chiesa, secondo la situazione che si trova a dover gestire con l'aiuto del Signore.
 
Di certo, questo non ci autorizza a escludere a piacimento un fratello o l'altro a simili incontri, in base a quanto sappiamo noi dei suoi peccati! L'equilibrio sta nell'avere la giusta sensibilità spirituale per capire se tale situazione è un errore riconosciuto oppure uno stato di vita "volontario e quindi permanente".
 
Questo lo dico perchè non vorrei si sottolineassero  aspetti che non sto tenendo in considerazione. Un caro anziano ricordo che diceva la riprensione può essere pubblica se il peccato è commesson in pubblico, meglio però cercare sempre una riprensione privata per amore del peccatore.
 
Secondo me, decidere di non far partecipare una persona ad un evento comunitario come un raduno o la cena del Signore che hanno le nostre chiese oggi, è già di per sè una riprensione pubblica. Senza quindi palesare pubblicamente le motivazioni, escludere una persona da un momento comunitario è un segnale ben chiaro per tutta la comunità e anche per la persona stessa. La chiesa sana, pregherà per quella persona senza iniziare autonomamente il circolo del "gossip" alla caccia del peccato nascosto!
 
Secondo me può esserci una riprensione pubblica, ma l'amore deve dominare ogni nostra azione. Quindi vi sono riprensioni e riprensioni.
Si può escludere qualcuno da attività/incontri comunitari di una certa intimità e "responsabilità spirituale", qualora il peccato commesso sia di pubblico dominio e di una certa rilevanza.
 
Non vi sono cenni alla predicazione della Parola e quindi al culto... quindi non parlerei di "esclusione" del peccatore dai culti pubblici.
« Ultima modifica: 20.08.2013 alle ore 16:42:07 by Stefanotus » Loggato
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