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   La vita (com'esistenza) dell’aldilà
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   Autore  Topic: La vita (com'esistenza) dell’aldilà  (letto 5194 volte)
ilcuorebatte
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"Noi ci battiamo per il nostro tutto" Atanasio

   
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #15 Data del Post: 13.10.2009 alle ore 21:23:01 »
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on 04.10.2009 alle ore 18:50:19, Domenico wrote:
“E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte del soggiorno dei morti (Hadēs) non la potranno vincere” (Matteo 16:18).
 
In esegesi si è discusso se il racconto che Luca ci ha tramandato, sia una “parabola” o la “narrazione di un fatto successo”. Personalmente sono convinto che si tratti del racconto di un “fatto successo” e non di una “parabola”. Tra i motivi che mi inducono a credere, c’è anche una parola che Backer, in una sua osservazione ha messo in evidenza: il termine è “c’era”. Maurizio, rispondendo a quest'osservazione, afferma che questa parola  
 
Dimostro con la Bibblia in mano, che, non è affatto vero. Questa tesi davanti alle affermazioni delle Scritture, non regge. Ho raccolto 21 passi di reali persone che la Bibbia presenta, usando la forma verbale “c’era”. Ecco i testi:
 
1) c‘era con lui il suo amico Chira, l’Adullamita (Genesi 38:12)
2) C‘era un uomo di Sorea, della famiglia dei Daniti, di nome Manoà (Giudici 13:2)
3) C‘era un uomo nella regione montuosa di Efraim che si chiamava Mica (Giudici 17:1)
4) C‘era un uomo di Ramataim-Sofim, della regione montuosa di Efraim, che si chiamava Elcana (1 Samuele 1:1)
5) C‘era un uomo, discendente di Beniamino, che si chiamava Chis (1 Samuele 9:1)
6) C‘era un servo della casa di Saul, di nome Siba... (2 Samuele 9:2)
7) C‘era là un uomo scellerato di nome Seba (2 Samuele 20:1)
8) Poi c‘era suo fratello Asaf (1 Cronache 6:39)
9) Là c‘era un profeta del SIGNORE, di nome Oded (2 Cronache 28:9)
10) Nella residenza reale di Susa c‘era un Giudeo di nome Mardocheo (Ester 2:5)
11) C‘era Aman che era venuto nel cortile esterno della casa del re (Ester 6:4)
12) C‘era nel paese di Uz un uomo che si chiamava Giobbe 1:1)
13) c‘era là un capitano della guardia, di nome Ireia (Geremia 37:13)
14) c‘era un sacerdote di nome Zaccaria (Luca 1:5)
15) c‘era un mendicante, chiamato Lazzaro (Luca 16:20)
16) C‘era un uomo, di nome Giuseppe, che era membro del Consiglio (Luca 23:50)
17) C‘era tra i farisei un uomo chiamato Nicodemo (Giovanni 3:1)
18) C‘era un ammalato, un certo Lazzaro di Betania (Giovanni 11:1)
19) Or a Damasco c‘era un discepolo di nome Anania (Atti 9:10)
20) A Ioppe c‘era una discepola, di nome Tabita (Atti 9:36)
21) Giunse anche a Derba e a Listra; e là c‘era un discepolo, di nome Timoteo (Atti 16:1).
 

 
A parte che non capisco proprio l'utilità di un analisi esegetica  di questo tipo, e soprattutto la sua validità, essendo speculativa, tanto da arrivare a dire che non regge la tesi contraria. Dimostrare che il termine c'era è sempre associato a persone a fatti e persone reali dimostra in modo assoluto che non è possibile che esso possa essere stato usato per racconti metaforici?  
 
Io l'ho trovato invece usato ovviamente in misura minore, ma d'altronde mi sembra anche ovvio che sia così data la loro minore presenza nella Scrittura, nei racconti metaforici, e nella descrizione delle visioni profetiche, associate a figure e personaggi
 
nel canestro più alto c'era per il faraone ogni sorta di vivande cotte al forno... Gn 40.17  
 
L'utilizzo di c'era... compare nella descrizione delle visioni profetiche di Ezechiele, e anche in Daniele.
 
Ma soprattutto compare in una parabola narrata in Matteo, "Udite un'altra parabola: C'era un padrone di casa" Mt 21.33
 
Quindi l'affermazione "Sorridenteimostro con la Bibblia in mano, che, non è affatto vero. Questa tesi davanti alle affermazioni delle Scritture, non regge" che è quella con cui introduci la tua analisi è tanto forte, ma anche imprecisa, tanto è vero che la ritroviamo addirituttura nella costruzione proprio di una parabola.
Io mi ero limitato nei miei precedenti interventi a suggerire che il termine c'era in un ultima analisi non era dimostrativo delle tesi possibilistiche sulla realtà storica del racconto in questione, e ora    
Bibbia alla mano se la motivazione decisiva è quella terminologica l'ho posso anche ribadire.
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #16 Data del Post: 13.10.2009 alle ore 22:29:17 »
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Matteo 21:33 inizia chiaramente con "Udite un'altra parabola..."
 
Cuorebattente... credo che in questo caso la forzatura sia tua. Perchè Domenico voleva chiaramente dimostrare che l'espressione "c'era" non è mai usata per sottointendere un fatto "immaginario".
Chiaramente (è sottointeso ma a questo punto meglio specificarlo) laddove diversamente non indicato!
 
L'affermazione è : l'espressione c'era NON E' utilizzata per sottointendere fatti "immaginari" come si tendeva in un altro topic.
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #17 Data del Post: 14.10.2009 alle ore 00:16:30 »
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Non ho capito di  quale forzatura stai parlando, io so che cosa ho detto prima, e cosa affermo ora, dato che Domenico risponde ad una mia osservazione, che prende pari pari, come dimostra proprio dagli esempi che ha postato. Cosa c'entrano con quanto tu mi dici?
L'espressione "c'era un padrone di casa", è usata in apertura di una parabola, da commento stesso dell'evangelista, non c'entra proprio niente  il fatto "immaginario",  la parabola si contestualizza da sola come genere letterario, poteva certamente essere un fatto realmente accaduto, come tra l'altro anche l'episodio narrato in Luca, ma il punto non è questo, l'importanza non è l'avvenimento in se in quanto reale, ma in quanto vero, in quanto possibile. Domenico fa una chiara affermazione, sulla base di una tesi terminologica, che nei fatti è inesatta. L'utilizzo  del termine "c'era", nella Scrittura non contestualizza in modo assoluto un fatto come realmente avvenuto, e il fatto che lo troviamo all'inizio di una parabola, che per definizione è un racconto verosimile lo dimostra, al pari di un "c'era una volta" Il fatto che lo troviamo utilizzato nelle descrizioni delle visioni di Ezechiele e Daniele anche. Questo è quanto lui voleva dimostrare non esatto con questa  analisi, quindi di quale forzatura stai parlando.
Ma al di la di questo, è proprio l'analisi terminologica fatta in questo modo, trasversalmente che non tiene conto degli  autori, dei generi letterali, delle lingue originali, che faccio fatica a capire.
« Ultima modifica: 14.10.2009 alle ore 06:40:02 by ilcuorebatte » Loggato

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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #18 Data del Post: 14.10.2009 alle ore 03:34:48 »
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Quote:
 
Pertanto è legittimo considerare che il "paradiso" del vs.4 è presumibilmente il "terzo cielo" del vs.2, e/o ad esso strettamente associato.
 

Ho espresso il parere dei commentatori. Condivido che presumibilmente il paradiso è il "terzo cielo"
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #19 Data del Post: 14.10.2009 alle ore 04:04:43 »
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Quote:

A parte che non capisco proprio l'utilità di un analisi esegetica  di questo tipo, e soprattutto la sua validità, essendo speculativa, tanto da arrivare a dire che non regge la tesi contraria. Dimostrare che il termine c'era è sempre associato a persone a fatti e persone reali dimostra in modo assoluto che non è possibile che esso possa essere stato usato per racconti metaforici?  
 
Io l'ho trovato invece usato ovviamente in misura minore, ma d'altronde mi sembra anche ovvio che sia così data la loro minore presenza nella Scrittura, nei racconti metaforici, e nella descrizione delle visioni profetiche, associate a figure e personaggi  
 
nel canestro più alto c'era per il faraone ogni sorta di vivande cotte al forno... Gn 40.17  
 
L'utilizzo di c'era... compare nella descrizione delle visioni profetiche di Ezechiele, e anche in Daniele.  
 
Ma soprattutto compare in una parabola narrata in Matteo, "Udite un'altra parabola: C'era un padrone di casa" Mt 21.33  
 
Quindi l'affermazione "Sorridenteimostro con la Bibblia in mano, che, non è affatto vero. Questa tesi davanti alle affermazioni delle Scritture, non regge" che è quella con cui introduci la tua analisi è tanto forte, ma anche imprecisa, tanto è vero che la ritroviamo addirituttura nella costruzione proprio di una parabola.  
Io mi ero limitato nei miei precedenti interventi a suggerire che il termine c'era in un ultima analisi non era dimostrativo delle tesi possibilistiche sulla realtà storica del racconto in questione, e ora    
Bibbia alla mano se la motivazione decisiva è quella terminologica l'ho posso anche ribadire.
 

Le citazioni che ho prodotto, sono tutte in relazione a un nome specifico, quindi "c'era", non è usato in senso generico, ma specificamente menzionando un nome vero e non immaginario.
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #20 Data del Post: 14.10.2009 alle ore 07:12:57 »
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Un modo diverso di dire, cose già dette, che il racconto in questione è l'unico, se fosse metaforico, in cui viene viene menzionato il nome di uno dei personaggi, oppure viceversa che è un caso unico essendo metaforico in cui "c'era" è associato ad un personaggio immaginario. Essendo la prima condizione risaputa, che non abbiamo paralleli nei racconti "verosimili" di natura morale di Gesù di altri nomi di personaggi, mi sembra anche scontato il risultato a cui si perviene con l'analisi terminologica. Allargare questa ricerca ad altri contesti è abbastanza inutile, senza tenere conto dei generi. Diversi tra noi, l'hanno già valutata nel topic specifico questa unicità e si sono fatti la loro opinione rispondendo, e rispondendoti. In questo caso per me rimane valido che a livello terminologico l'utilizzo di "c'era", non comprova nulla di definitivo, perchè questa analisi non apporta nulla di nuovo, che non fosse evidente.  
Il dubbio sul genere di questo racconto, narrato da Gesù, rimane, e non perchè ne discutiamo io e te, ma perchè come ben sai gente più colta di me e di te hanno espresso opinioni diverse, e il fatto che siamo costretti nel contesto dottrinale, a doverlo considerare un passo importante per spiegare le dinamiche della vita nell'al di la, per i particolari unici che esprime, nonostante l'evidenza che si tratti, nelle intenzioni dell'autore, di una storia con intento morale, e non didascalico su realtà extra-terrene, dovrebbe spingerci alla prudenza, e non a spingere sull'accelleratore.
Mia umilissima opinione, motivo per cui, proprio perchè non ho una convinzione interiore al riguardo su questo racconto, preferisco mantenermi nel dubbio, e cercare in altri passaggi della Scrittura le certezze, cosa che tra l'altro devo dire che tu hai fatto egregiamente nella tua analisi.
 
« Ultima modifica: 14.10.2009 alle ore 08:26:27 by ilcuorebatte » Loggato

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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #21 Data del Post: 14.10.2009 alle ore 10:18:48 »
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Cerco di spiegare quello che penso io riguardo queste opinioni.

on 14.10.2009 alle ore 07:12:57, ilcuorebatte wrote:

Allargare questa ricerca ad altri contesti è abbastanza inutile, senza tenere conto dei generi.

Sono il primo a dire che bisogna tenere conto sempre dei generi e dei contesti delle citazioni. Perciò sono d'accordo con te. Se lo si fa in modo "superficiale" non serve a niente.
Però a quanto ho capito io, spiegatemi se mi sbaglio, riguardo alla famosa parabola, tu sostieni che "il c'era" era una conferma di un modo di dire che sottointende un racconto immaginario.
 
Ed è questa affermazione che, con l'analisi postata da Domenico (credo ben contestualizzata ma dovrei guardarla a fondo) viene smentita. Non ci sono basi per dire che è così.
Tu dici: non ci sono prove nemmeno per dire il contrario. In parte è vero, ma è più plausibile. Poi è normale che tu possa dire: non mi convince. PErchè in fondo non è scritto da nessuna parte che quell'espressione significhi "una cosa" piuttosto che "l'altra".
 
Però valutando che (e credo sia questo il perno della questione non risolta, inutile girarci intorno) in tutta la Bibbia l'espressione "c'era" è usata tante volte e non sottointende mai "una favola o un racconto", se non espressamente specificato... molti tendono a credere che in questo caso (ricco e Lazzaro) sia tutto realmente accaduto.
 

Quote:

In questo caso per me rimane valido che a livello terminologico l'utilizzo di "c'era", non comprova nulla di definitivo, perchè questa analisi non apporta nulla di nuovo, che non fosse evidente.  

In questo ci terrei a specificarlo, non è secondo me importante stabilire se c'era indica o no una favola. Questo mi pare fossi stato tu a dirlo...dovrei rileggere.
Non si dibatte sul fatto che si usa "c'era" e perciò è vero.
Il punto è: non c'è scritto NULLA che indichi una favola o una parabola, come altrove succede SEMPRE. Anzi al contrario c'è scritto c'era.
Diciamo che è una sottocausa, una sub-tesi, nella definizione della posizione teologica. Mi spiego?
 

Quote:

Il dubbio sul genere di questo racconto, narrato da Gesù, rimane, e non perchè ne discutiamo io e te, ma perchè come ben sai gente più colta di me e di te hanno espresso opinioni diverse,

Su questo potremmo dire tutto allora...
Qui, magari in pm mi piacerebbe discuterne. Pure la predestinazione assoluta è accettata da alcuni e negata da altri. Gente molto più colta di tutti noi qui è ancora in discussione... che vuol dire? Che allora non lo sappiamo e non abbiamo certezze di alcun tipo?
Qual'è la tua posizione quando leggi la Bibbia...
Perchè se la posizione è "gli studiosi non lo sanno e noi non lo possiamo sapere con certezza", allora si apre una fascia di "possibilità" infinite...
 

Quote:

e il fatto che siamo costretti nel contesto dottrinale, a doverlo considerare un passo importante per spiegare le dinamiche della vita nell'al di la, per i particolari unici che esprime, nonostante l'evidenza che si tratti, nelle intenzioni dell'autore, di una storia con intento morale, e non didascalico su realtà extra-terrene, dovrebbe spingerci alla prudenza, e non a spingere sull'accelleratore.

Su questo sono pienamente d'accordo con te. L'obiettivo è dare un insegnamento di tipo morale, e perciò come è stato e perchè passa in secondo piano.
Ma vorrei chiederti una cosa anche qui.
Quando Gesù raccontò la parabola del seminatore...
Stava narrando un fatto con finalità diverse dalla pura e vera seminazione dei contadini.
Però era tutto comunque REALISTICO.
Per il movimento che un contadino fa seminando, succedeva spesso che i semi si distribuissero in quel modo (terreno buono, meno buono, etc).
Il paragone che poi Gesù fa è con il risultato della parola nei cuori...con percentuali diverse... e non credo sia irrealistica come percentuale, giusto?
 
Quello che vorrei dire è, che anche quando Gesù parla in parabole, quello che dice non è mai frutto di fantasia assoluta, invenzione, ma sempre basato su ciò che realmente esiste ed avviene.
Perchè questa volta dovremmo dire: non è sicuro?
 

Quote:

Mia umilissima opinione, motivo per cui, proprio perchè non ho una convinzione interiore al riguardo su questo racconto, preferisco mantenermi nel dubbio, e cercare in altri passaggi della Scrittura le certezze, cosa che tra l'altro devo dire che tu hai fatto egregiamente nella tua analisi.

Condivido pienamente questa opinione e anche il modo di fare. Se una cosa non ne ho la certezza (vuoi perchè non l'ho approfondita, o perchè le basi su cui viene proposta non mi convincono, etc etc) preferisco rimanere nel dubbio.
Poi applico molto il: dove la Bibbia tace, noi tacciamo.
 
Ma in questo caso, la Bibbia non tace...ci sono dei riferimenti...
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #22 Data del Post: 15.10.2009 alle ore 00:46:01 »
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on 09.10.2009 alle ore 05:31:53, Domenico wrote:

 
ZioFrank ha suggerito che...
 
Ai fini di una rigorosa esegesi, non ha niente a che vedere fare riferimento al significato del nome Lazzaro “Dio aiuta” per negare la sua storicità. Si sa, infatti, che quasi tutti i nomi ebraici, hanno un particolare significato. Il nome si dava ad una reale persona, non ad un essere che esisteva solamente nell’immaginazione. Nessuno metterà in dubbio che  
 
Però affermare che «non si deve prendere alla lettera la descrizione puramente immaginaria dell'aldilà (vv.24-26)...», significa che per quanto riguarda la vita dell’aldilà, (visto che i versetti in questione parlano esplicitamente di quell'esistenza), che Gesù non sapeva quello che diceva o stava inventando qualcosa che non aveva niente ha che fare con la realtà. Ci vuole forse un'elevata sapienza per vedere una “forzatura interpretativa” che mira ad annullare che “la vita” (com'esistenza) continua a vivere dopo la morte, oltre la tomba?

 
 Sorriso
 
Solo adesso ho letto.
 
Caro Domenico,
ho evidenziato in grassetto il significato che tu hai voluto dare, con una mera interpretazione personale, a ciò che ho scritto.
 
No! Non ci vuole sapienza per credere che la vita continui oltre la morte: infatti, non l'ho detto.  Sorriso
 
Piuttosto continuo a sostenere che la chiave di lettura della parabola riguarda, basta pensarci un pò, non una "delucidazione" del modo di vivere nell'aldilà ma la sorte eterna del ricco.
L'ambiente originario della parabola (per me questo è) è ebraico. Quel ricco aveva la possibilità di evitare "l'inferno" facendo del bene ai poveri, come dice la Parola di Dio. Mosè aveva insegnato di non chiudere la mano davanti al fratello bisognoso (Dt. 15,7-8 ) e nel profeta Isaia si legge che non è il digiuno che Dio vuole ma che si divida il pane con l'affamato, che si introducano in casa i miseri senza tetto e che si vesta chi è nudo (58,6-7).
Ebbene, Gesù non ha fatto altro che portare alla perfezione quello che Mosè e i profeti hanno detto.
La parabola "de-quo" è perciò la Sua chiara risposta ai farisei, attaccati al denaro. E' qui che si decide la salvezza: o il denaro o Dio.
Dio non ha piacere della morte del malvagio, ma vuole che si converta e viva!
Se non fosse una parabola accadrebbe che nell'aldilà... la visione della felicità dei giusti sarà per i peccatori come un supplemento di pena, di sete ed angustia.
Qualcosa stride e in modo anche sgradevole.
 
Un santo abbraccio.  Sorriso
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #23 Data del Post: 15.10.2009 alle ore 08:09:58 »
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Non interveniamo su argomenti che abbiamo già trattato altrove (ricco e Lazzaro), ripeteremmo cose  
già ampiamente dette.
 
Grazie.
 
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Per una corretta esegesi biblica più che questione di testi e contesti è questione di testi e ...teste!
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #24 Data del Post: 15.10.2009 alle ore 08:25:57 »
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Zio Frank scrive:

Quote:
Se non fosse una parabola accadrebbe che nell'aldilà... la visione della felicità dei giusti sarà per i peccatori come un supplemento di pena, di sete ed angustia.

 
Visto che parlare dell'aldilà non è OT ...
Scusa, Zio Frank, mi spieghi cosa stride in questo fatto?
Proprio in riferimento allo stridere (Diodati traduce le parole di Gesù per i dannati con "stridor di denti"Occhiolino, la Parola parla di tormenti e pene: che c'è di strano se una parte di esse dipende dalla pena di non aver scelto la "buona parte", in confronto ai giusti che ora gioiscono per l'eternità?
Poi, scusa, stride in riferimento a cosa, a ciò che è scritto nella Bibbia?
Pace a te
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #25 Data del Post: 15.10.2009 alle ore 16:44:14 »
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Asaf scusami se ritorno sull'argomento, però a questo punto si doveva chiedere a Domenico di esprimere le sue argomentazioni, come è giusto che sia, senza dovere tirare in ballo e riportare stralci d'interventi altrui.
 

on 14.10.2009 alle ore 10:18:48, Novello wrote:

Però a quanto ho capito io, spiegatemi se mi sbaglio, riguardo alla famosa parabola, tu sostieni che "il c'era" era una conferma di un modo di dire che sottointende un racconto immaginario.
 

 
Novello, rispondo solo in parte, perche è divenuto un continuo ripetersi, se io affermassi quanto ritieni di aver capito, sarei un ingenuo.  
Io ho detto proprio l'opposto, che "c'era", non permette, come qualcuno aveva osservato, di sottoindere che il racconto fosse realmente una storia accaduta (Questo non nega che non lo possa essere). DI fatti, facevo notare, che alcuni racconti iniziano con "c'era una volta", e nell'ultimo post, riporto anche un riferimento - ma ce ne sarebbe più di uno, invece di c'era, possiamo esaminare "vi era" - di una parabola che inizia con questa espressione, quindi avvolora la mia supposizione.  
L'analisi di Domenico se ci dobbiamo fermare al genere letterario a livello terminologico non aggiunge nulla, perchè sappiamo che questo è l'unico caso in cui Gesù da un nome ad uno dei personaggi, quindi è ovvio, che non troveremo nelle parabole, la parola "c'era", associata a un nome. Estendere questa ricerca linguistica ad altri generi letterari quanto può essere utile?
Sulla seconda questione, che le parabole sono sempre introdote in qualche modo da alcune espressioni, io ho già dato due risposte, prima ti ho dimostrato che non è vero, e il fatto di trovare "c'era" non associato a un nome non può essere un fatto distintivo, è una sub-tesi alquanto debole perchè non ha inerenza ne linguistica, e ne terminologica.
Secondo rispondendo a Domenico, dissi, che nel contesto del capitolo, Gesù inizia narrando una parabola guarda caso che parla proprio della ricchezza, dopo di che c'è una discussione tra Lui, e dei farisei, e subito dopo riprendere l'argomento raccontando la storia del ricco e Lazzaro, ma nel contesto c'è un assoluta continuità di tempi, azioni e argomenti, quindi non mi sembra questo racconto, così dissociato dal contesto "parabolico", come si vuol fare passare.  
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #26 Data del Post: 15.10.2009 alle ore 16:59:58 »
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on 15.10.2009 alle ore 16:44:14, ilcuorebatte wrote:

Novello, rispondo solo in parte, perche è divenuto un continuo ripetersi, se io affermassi quanto ritieni di aver capito, sarei un ingenuo.  
Io ho detto proprio l'opposto, che "c'era", non permette, come qualcuno aveva osservato, di sottoindere che il racconto fosse realmente una storia accaduta (Questo non nega che non lo possa essere).

Insomma tu personalmente ritieni che quel c'era non nega nulla, ma non evidenzia nemmeno nulla.
Ho capito.
Sulla base della sua totale "inservibilità" come tesi, non la utilizzeresti.
 

Quote:

L'analisi di Domenico se ci dobbiamo fermare al genere letterario a livello terminologico non aggiunge nulla, perchè sappiamo che questo è l'unico caso in cui Gesù da un nome ad uno dei personaggi, quindi è ovvio, che non troveremo nelle parabole, la parola "c'era", associata a un nome. Estendere questa ricerca linguistica ad altri generi letterari quanto può essere utile?

Questo sarà lui a dircelo.
Secondo me (io avrei fatto così) serviva per avvalorare che l'utilizzo di certe espressioni bibliche (tipo c'era) come fai tu non è proprio della Bibbia, ma è proprio del tuo tempo e della tua cultura (che poi è anche la nostra).
 
Dimostrando che quanto tu supponi è "figlio" del tuo contesto, si poteva altresì dimostrare che la tua opinione era strettametne personale e non legata al contesto di tutta la Bibbia, nonostante i differenti contesti e stili letterari che andavano comunque rispettati nella ricerca.
 

Quote:

Sulla seconda questione, che le parabole sono sempre introdote in qualche modo da alcune espressioni, io ho già dato due risposte, prima ti ho dimostrato che non è vero, e il fatto di trovare "c'era" non associato a un nome non può essere un fatto distintivo, è una sub-tesi alquanto debole perchè non ha inerenza ne linguistica, e ne terminologica.
Secondo rispondendo a Domenico, dissi, che nel contesto del capitolo, Gesù inizia narrando una parabola guarda caso che parla proprio della ricchezza, dopo di che c'è una discussione tra Lui, e dei farisei, e subito dopo riprendere l'argomento raccontando la storia del ricco e Lazzaro, ma nel contesto c'è un assoluta continuità di tempi, azioni e argomenti, quindi non mi sembra questo racconto, così dissociato dal contesto "parabolico", come si vuol fare passare.  

Ma nessuno ti ha detto che sbagli a dire che prima ci sia una parabola e che sbagli a dire che le cose siano collegate. Ma non ci sono basi per supporre che Gesù abbia narrato due parabole di fila. Perchè la prima volta viene detto e la seconda no.
Non credo sia intelligente da parte mia, ma di chiunque "dividersi" per una questione "linguistica".
Bisognerebbe allontanare ogni riserva mentale ed essere obiettivi su quanto è scritto. Da una parte è scritto che era una parabola, nell'altra no.... questo dovrebbe bastare. Però chiaramente, posso capire che ognuno rimane della propria maturata opinione.
Infine sul discorso linguistico aggiungerei che l'ultima parola spetti sempre a gente come Asaf o Andreiu che studiando la lingua originale, sanno sicuramente "impersonare meglio" le regole e le abitudini linguistiche del tempo e di una lingua diversa dalla nostra.
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #27 Data del Post: 15.10.2009 alle ore 23:57:45 »
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Con la speranza che non ci fossilizziamo su di una questione già ampiamente trattata,  
brevemente diciamo subito che pensare di riconoscere un genere letterario mediante un “verbo” equivale a fare violenza al testo, benché oltrepassa ogni criterio di buon senso, chi studia esegesi sa cosa intendo.  
 
Nel “nostro”, trattasi del verbo essere che si trova più di 2400 volte nel solo N.T. con almeno 30 forme diverse, tra cui la nostra è la seconda forma più usata, ben 315 volte nel N.T. nella 3a pers. sing. all’imperfetto attivo indicativo.
 
Ora giusto per fare un es. in Lu.16:1 abbiamo la stessa forma linguistica “anthrôpos tis en plousios” [C'era un uomo ricco  (Riv., Diod., N.D., CEI)], e pure anche se non viene detto esplicitamente, tutti riconoscono nel racconto una parabola.  
Perché sono chiari i tratti caratteristici di una parabola (è quello che conta e permette di riconoscere un genere), e non certo per la frase “C'era un uomo ricco”.  
 
Attenzione vale anche il contrario!  
 
Giustamente Novello sottolinea a proposito di regole e abitudini linguistiche,  
a pro di onestà intellettuale, cito dal suo manuale esegetico:  
 
"C’è poi un altro tipo di parabola, il cui paragone non è presentato con un modo di fare tipico e universale, ma come una storia, […] ad es. “Un uomo piantò una vigna …”,  
ai racconti di questo genere, noi metteremo volentieri, come inizio, la formula tradizionale “C’era una volta …” (Bruno Corsani, fu biblista e docente di esegesi del N.T.).
 
Concludo, grammaticalmente il verbo di per se non fa una piega.
 
N.B.: Con questo non sto dicendo che il racconto del "ricco e Lazzaro” sia una parabola (per la mia tesi rimando all’apposita discussione sul “ricco e Lazzaro – considerazioni – dati oggettivi – obiezioni"Occhiolino.
 


 
Motto: <<Il rimedio a una cattiva esegesi non è la mancata interpretazione, ma una buona interpretazione fondata sui criteri del buonsenso e onestà intellettuale>>.
« Ultima modifica: 16.10.2009 alle ore 00:04:39 by Asaf » Loggato

Per una corretta esegesi biblica più che questione di testi e contesti è questione di testi e ...teste!
Novello
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #28 Data del Post: 16.10.2009 alle ore 07:41:12 »
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Asaf quando scrivi è un piacere leggerti. Mi piace il modo "trasparente" ed obiettivo con il quale poni le tue argomentazioni.
 
Grazie.
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Domenico
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Certo, beni e bontà m'accompagneran no (Sal. 23:6)

   
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Re: La vita (com'esistenza) dell’aldilà
« Rispondi #29 Data del Post: 17.10.2009 alle ore 20:11:07 »
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Yeenna
 
Il termine yenna ricorre nel Nuovo Testamentio 12 volte. I passi in cui compare il nostro termine sono: Matteo 5:22,29,30; 10:28; 18:9; 23:15,33; Marco 9:43,45,47; Luca 12:5; Giacomo 3:6.
 
Yeenna è forma greca dall’aramaico gê-hinnām, che a sua volta, è derivato dall’ebraico gêhinnōm, “Sorridentei là il confine saliva per la valle di Ben-Innom fino al versante meridionale del monte dei Gebusei, cioè Gerusalemme, poi saliva fino alla cima del monte che sta di fronte alla valle di Innom a occidente, e all’estremità della valle dei Refaim, al nord” (Giosuè 15:8); “poi scendeva all’estremità del monte posto di fronte alla valle di Ben-Innom, che è nella vallata dei Refaim, al nord, e scendeva per la valle di Innom, sul versante meridionale dei Gebusei, fino a En-Roghel” (Giosuè 18:16) oppure gê benê hinnōm “Profanò Tofet nella valle di Ben-Innom, affinché nessuno potesse più far passare per il fuoco suo figlio o sua figlia in onore di Moloc (2Re 23:10).
 
Da tempo immemorabile questo era il nome del Wādi er-rabābi a sud di Gerusalemme, che più tardi diventò malfamato perché al tempo dei re Achaz e Manas in quel luogo erano state sacrificate vittime a Moloch, come riferisce 2Re 16:3 “ma seguì l’esempio dei re d’Israele, e fece passare per il fuoco persino suo figlio, seguendo le pratiche abominevoli delle genti che il SIGNORE aveva cacciate davanti ai figli d’Israele” e 2Re 21:6 “Fece passare suo figlio per il fuoco, si diede alla magia e agli incantesimi, e nominò degli evocatori di spiriti e degli indovini; si abbandonò completamente a fare ciò che è male agli occhi del SIGNORE, provocando la sua ira” Le minacce di giudizio pronunciate contro questa valle esacrata “Perciò, ecco, i giorni vengono, dice il SIGNORE, che non si dirà più Tofet né la valle del figlio di Innom, ma la valle del massacro, e, per mancanza di spazio, si seppelliranno i morti a Tofet” (Geremia 7:32); “Perciò, ecco, i giorni vengono, dice il SIGNORE, in cui questo luogo non sarà più chiamato Tofet, né la valle del figlio d’Innom, ma: Valle del Massacro (Geremia 19:6), hanno suggerito alla letteratura apocalittica, a partire dal sec. II a. C., di licalizzare nella valle di Hinnom l’inferno del fuoco, che vi si sarebbe dischiuso dopo il giudizio finale. Ben presto il termine gêhinnōm passò a designare lo stesso inferno di fuoco della fine dei tempi. Il Nuovo Testamento rispecchia questo stadio di evoluzione semantica.
 
Presupposto fondamentale per la comprensione dei passi neotestamentarie sulla geenna è la rigorosa distinzione che il N.T. pone tra Hadēs e yeenna. a) L’Ade accoglie gli empi solamente per il tempo intermedio tra la morte e la risurrezione, mentre la geenna è il luogo di pena dopo il giudizio finale: nell’ade gli empi sono sostoposti a un giudizio temporaneo, nella geenna invece subiscono la pena eterna:  
“Se la tua mano ti fa cadere in peccato, tagliala; meglio è per te entrare monco nella vita, che avere due mani e andartene nella geenna, nel fuoco inestinguibile
dove il verme loro non muore e il fuoco non si spegne.
Se il tuo piede ti fa cadere in peccato, taglialo; meglio è per te entrare zoppo nella vita, che avere due piedi ed essere gettato nella geenna,
dove il verme loro non muore e il fuoco non si spegne.
Se l’occhio tuo ti fa cadere in peccato, cavalo; meglio è per te entrare con un occhio solo nel regno di Dio, che avere due occhi ed essere gettato nella geenna,
dove il verme loro non muore e il fuoco non si spegne. (Marco 9:43-48). Inoltre, b) le anime degli empi si trovano nell’ade in un stato di incorporeità, mentre nelle geenna l’anima e il corpo, dopo la risurrezione, periranno nel fuoco eterno “E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può far perire l’anima e il corpo nella geenna (Matteo 10:28).
 
La geenna è preesistente “Allora dirà anche a quelli della sua sinistra: "Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli!” (Matteo 25:41) ma si manifesterà solo dopo la generale risurrezione e il giudizio finale, come un abisso di fuoco “Io vi mostrerò chi dovete temere. Temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella geenna. Sì, vi dico, temete lui” (Luca 12:5); “e li getteranno nella fornace ardente. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti.
Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi per udire oda.
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo averlo trovato, nasconde; e per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo.
«Il regno dei cieli è anche simile a un mercante che va in cerca di belle perle;
e, trovata una perla di gran valore, se n’è andato, ha venduto tutto quello che aveva, e l’ha comperata.
«Il regno dei cieli è anche simile a una rete che, gettata in mare, ha raccolto ogni genere di pesci;
quando è piena, i pescatori la traggono a riva, poi si mettono a sedere e raccolgono il buono in vasi, e buttano via quello che non vale nulla.
Cosà avverrà alla fine dell’età presente. Verranno gli angeli, e separeranno i malvagi dai giusti
e li getteranno nella fornace ardente. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti (Matteo 13:42-50).
 
Quanti nell’ultimo giorno sono incorsi nel giudizio divino di condanna “ma io vi dico: chiunque si adira contro suo fratello sarà sottoposto al tribunale; e chi avrà detto a suo fratello: "Raca" sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli avrà detto: "Pazzo!" sarà condannato alla geenna del fuoco (Matteo 5:22), e “Serpenti, razza di vipere, come scamperete al giudizio della geenna?” (Matteo 23:33) vi vengono innientati dal fuoco eterno; questi sono gli empi “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché viaggiate per mare e per terra per fare un proselito; e quando lo avete fatto, lo rendete figlio della geenna il doppio di voi” (Matteo 23:15), unitamente a Satana e ai demoni “Allora dirà anche a quelli della sua sinistra: "Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli!” (Matteo 25:41), dove vengono sprofondati gli empi, Satana, la Bestia e il suo profeta, la morte e l’Ade “Ma la bestia fu presa, e con lei fu preso il falso profeta che aveva fatto prodigi davanti a lei, con i quali aveva sedotto quelli che avevano preso il marchio della bestia e quelli che adoravano la sua immagine. Tutti e due furono gettati vivi nello stagno ardente di fuoco e di zolfo” (Apocalisse 19:20); “E il diavolo che le aveva sedotte fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli.
Poi la morte e il soggiorno dei morti furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè lo stagno di fuoco” (Apocalisse 20:10,14).
 
Per altri particolari, vedere J. Jeremias, GLNT, (Grande lessico del Nuovo Testamento) Vol. II, col. 375-380.
 
Domenico        
« Ultima modifica: 18.10.2009 alle ore 12:43:54 by Domenico » Loggato
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