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   Autore  Topic: Il vero digiuno  (letto 850 volte)
salvo
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Il vero digiuno
« Data del Post: 17.02.2009 alle ore 15:59:40 »
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Il vero digiuno

 
Isaia 58

 
Ciò che io colgo leggendo Isaia 58, è il consiglio del Signore rivolto ad un popolo che non amava tanto i suoi consigli, e anche noi spesso e volentieri mascheriamo la nostra vita religiosa con riti e formule tese a compiacere noi stessi anzichè il Signore.
 
L'invito del Signore a Isaia è di gridare con la gola e di non trattenersi, non aver paura di cosa possono dire gli altri; l'invito del Signore ha un obiettivo ben preciso, quello di far conoscere al suo popolo i suoi misfatti.
(Molte sono le cose che si potrebbero dire, come l'invito di Paolo a Timoteo di tagliare dirittamente la Parola, esortare riprendere, castigare, perchè verrano i tempi in cui non sopporteranno più la sana dottrina. 2 Tim.4/3)  
Ci sono personaggi che predicano beati coloro che li innalzano e maledicono coloro che non camminano con loro.  
″Gli oppressori del mio popolo sono fanciulli (gente che non ha l'uso della sapienza), e donne lo signoreggiano. (Le passioni della vita) Popolo mio, quelli che ti predicano beato ti fanno traviare, e fanno andare in perdizione la via dei tuoi sentieri (ti nascondono la verità secondo Iddio) ″. Isaia 3/12
 
Nel secondo verso Iddio spiega le ragioni del suo procedimento, del compito che aveva affidato al profeta, e dice: "Ben mi cercano ogni giorno (ripetizione dei riti e dei sacrifici), e prendono piacere di sapere (essere informati) le mie vie; tutto questo era per apparenza, perchè ribadisce il Signore, il loro scopo è di apparire come gente che non abbia abbandonata la legge del Signore.
 
Credo non sia difficile immaginare la trasposizione anche ai nostri tempi.
Il tutto viene poi condito dalla presunzione, nel momento in cui rivolgendosi al Signore, non si  ottiene una risposta, il che fa scattare la critica verso il Signore stesso, al quale viene contestata la mancata risposta.
Se non si viene esauditi, allora si ritorna indietro anzichè andare avanti; si incolpa il mondo intiero della nostra condizione, giustificando noi stessi e ripetendo il rito ormai famoso che fa capo a Adamo ed Eva, i quali si scusarono incolpando altri e infine Iddio stesso.
 
Il Signore che conosce i pensieri del suo popolo, risponde come sua consuetudine a quei pensieri e dice: ″Essi dicono: Perchè quando abbiamo digiunato tu non vi hai avuto riguardo?
Perchè, quando abbiamo afflitto le anime nostre tu non vi hai posto mente?

 
Di fronte a queste osservazioni il Signore risponde dicendo:
Ecco, come dire, questa è la causa:
Nel giorno del vostro digiuno, voi trovate piacere, e riscuotete le vostre rendite.
Ecco, voi digiunate a liti e a contese; e percuotete empiamente col pugno.
Non digiunate più come fate oggi, se volete che la vostra voce sia esaudita dall'alto.

Quale che sia il lume personale, resta il fatto che vicende e immagini terrene, mostrano realtà eterne, scritte nei cuori degli uomini.
Qui come altrove, quelle immagini evocate dal Signore nei versi precedenti, indicano una condotta che è contro la legge del Signore, in quanto nel giorno del digiuno non era permesso riscuotere le proprie rendite, altrimenti che digiuno sarebbe stato ed è anche oggi.
Digiunare e riscuotere – digiunare e litigare, contendere – digiunare e comportarsi empiamente- Sono cose vietate dal Signore onde non sia vanificato l'effetto del digiuno.
Alla luce del nuovo testamento, il digiuno acquista un valore aggiunto, perche esula dall'immediato beneficio anima/corpo, e si estende ad una condotta che non ritiene i bisogni del corpo immediati e assolutamente necessari, ma li subordina alla volontà di Dio.
 
E' Gesù stesso a porre tale fondamento, quando ricorda l'antico pensiero di suo Padre descritto in Deut. 8/3, dove dice: "Egli dunque ti ha afflitto, e ti ha fatto aver fame; poi ti ha pasciuto di Manna, della quale nè tu nè i tuoi padri avevate avuta conoscenza; per insegnarti che l'uomo non vive di pane solo, ma d'ogni parola procedente dalla bocca del Signore." cfr. Matteo 4/4 e Luca 4/4
Chiude Gesù questo pensiero in una cornice inoppugnabile dicendo: " Il mio cibo è ch'io faccia la volontà di colui che mi ha mandato, e ch'io adempia l'opera sua." Giov. 4/34
 
Ma la dove il processo in positivo non prende forma, quello negativo acquista vigore e si diventa rigorosi nei confronti degli altri e tolleranti nei confronti nostri e di chi ci sta a cuore; cioè, si comincia col riscuotere le proprie rendite anche legittime a volte, e si finisce per comportarsi con empietà.
 
Questa la contestazione del Signore,  che risponde ad un popolo che ama e del quale desidera la santificazione.  Ebrei 12/5-8
Da sola questa osservazione del Signore ricopre tanti momenti della vita cristiana, e se qualcuno pensa che stiamo parlando del digiuno fisico, è in errore, perché nemmeno il Signore, e lo vedremo in seguito, si occupa di tale digiuno e lo dimostra nel rendere ragione del ″suo digiuno, quello che Lui approva″, come dire che ci sono digiuni che Iddio non può approvare, come la santificazione esteriore, ovvero l'elencazione di cose che non si fanno più, l'essere "lavati e stirati", il ricercare di apparire, mancando però di evidenziare il lavoro del Signore, quello vero, nella nostra vita.
Il racconto del fariseo e del pubblicano sono li ad evidenziare quanto si possa diventare empi davanti al Signore se non si pratica un cammino di santificazione vera. Luca 18/13
 
segue al prossimo post.
 Occhiolino
« Ultima modifica: 17.02.2009 alle ore 16:06:20 by salvo » Loggato

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Re: Il vero digiuno
« Rispondi #1 Data del Post: 19.02.2009 alle ore 15:39:59 »
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Iddio mostra la strada da seguire

 
Poi Iddio mostra la strada da seguire per conseguire la santificazione, e dice: Il digiuno che io approvo, è forse quello che voi state praticando?
Nominerai tu questo digiuno e giorno gradito al Signore, che l'uomo chini il capo come un giunco, e si corichi nel cilicio e nella cenere?

 
In realtà il Signore sta semplicemente dicendo che Lui non ama vedere che la persona si affligga o si tormenti nel corpo, perchè questa via si pasce di vanità, come quella descritta all'inizio del capitolo, infatti dice all'inizio: "voi trovate piacere e riscuotete i vostri crediti" (crediti o rendite stanno a ricordare le relazioni umane, dove il perdono e la carità non sono vere, dove l'amore per il prossimo che dovrebbe maturare nel momento della contrizione, scatena invece la ricerca dei propri diritti e a volte anche la violenza nei confronti del prossimo, violenza che si manifesta addossando sugli altri le nostre colpe).  
La parabola del creditore spietato è eloquente ammaestramento, perché evidenzia quale spesso e volentieri è il comportamento “cristiano” nelle mani di creature impenitenti; egli avrebbe dovuto  rimettere il debito al suo debitore, proprio perchè veniva dalla casa del Suo Signore il quale gli aveva rimesso il suo enorme debito.
 
Dopo aver costretto il suo popolo a riflettere sul proprio comportamento, Iddio sempre misericordioso, mostra Lui la sua via  e propone il suo ragionamento chiedendo sempre che il suo popolo chini il suo capo e compari se stesso e la propria condotta con  quella che Iddio gli propone, perché spesso è la mancanza di un paragone con dolo o con colpa che si frappone fra l'uomo e Dio;  quindi Iddio dice: Non è questo il digiuno che io approvo, cioè, che si sciolgano i legami di empietà, che si sleghino i fasci del giogo, e che si lascino andare franchi quelli che sono fiaccati, e che voi rompiate ogni giogo?
Il capitolo che si apre davanti è immenso, perchè copre con poche parole ed evidenzia quanta servitù ci sia nei rapporti fra credenti i quali non si perdonano a vicenda essendo gli uni gli altri legati a doppio filo, perchè chi non avrà rimessi i peccati, legando altri resta a sua volta legato in un sentiero di empietà. (Empietà è vivere da falsi credenti, cioè creature che pur conoscendo la verità, vivono come se non la conoscessero.)
Essendo il capitolo immenso è fuori luogo trattarlo in  questo contesto. A buon lettore.......
 
Il primo passo per poter servire gli altri è renderli liberi nei nostri confronti, cioè farli sedere al nostro tavolo, nella nostra casa, insomma amarlo come fratello (Salmo 133), non fare sentire nessuna alterigia nel parlare, nessun spirito di superiorità; spianata la strada (Isaia 40/1-5), la gloria del Signore potrà infine manifestarsi in tutto il suo splendore. Quanti monti impediscono il manifestarsi della gloria di Dio.
 
Molto si può leggere nel comportamento di Simone il fariseo che invitò Gesù in casa sua, e della donna peccatrice che del tutto indifferente del giudizio che pendeva sopra la propria vita da parte della classe dei farisei, entrò in casa di Simone, mentre Gesù era seduto alla sua tavola.
 
Una volta spianata la strada, allora diventa possibile rompere il pane a chi ha fame, raccogliere in casa i poveri erranti, coprire gli ignudi, etc (Matteo 25/40) sia in senso umano e ancor di più in senso spirituale.
 
Allora la tua luce spunterà fuori come l'alba e il tuo ristoro germoglierà immediatamente; e la tua giustizia andrà davanti a te, e la gloria del Signore sarà la tua retroguardia.
 
Possiamo intendere la cosa in due sensi diversi ma complementari, ossia in senso spirituale  e in senso materiale. La tua luce spunterà fuori come l'alba, non è certo riferita al nostro essere uomini, poiché Cristo è la nostra luce e la sua presenza ci illuminerà di luce profonda; Lui è la luce che illumina ogni uomo che viene al mondo (Giov. 1), il che significa sostanzialmente che il volto di Cristo ti illuminerà di vera luce, perchè lo avrai amato nei suoi.  
Nel libro dei Proverbi, lo scrittore definisce così il cammino di coloro che accettano di essere giustificati da Cristo: Il sentiero del giusto è come il sole il quale va sempre più risplendendo finché diviene chiaro giorno (Prov. 4/18)
 
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« Ultima modifica: 19.02.2009 alle ore 15:40:29 by salvo » Loggato

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Re: Il vero digiuno
« Rispondi #2 Data del Post: 23.02.2009 alle ore 20:39:15 »
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Il tuo ristoro germoglierà  immediatamente...

 
Tu sarai ristorato dalle arsure del peccato, (pensare a Cristo sulla croce che portando il peso del peccato disse: “Ho sete”, potrebbe aiutare la nostra comprensione), per la sua presenza, per la sua luce dentro di te, che mette pace nel tuo cuore fra te e Lui. Se si vuol approfondire l'argomento andare a questo linkGesù ha vinto il mondo e il peccato che è nel mondo affinché chi si affida a Lui non abbia più sete. Giov. 4/9-15 Matteo 11/28-30
 
La tua giustizia andrà davanti a te...

 
Al di là del concetto di giustizia che è molto vasto, nel contesto il senso riguarda il fatto che avendo creduto in Lui e avendolo accettato nel cuore, tu sarai chiamato giusto e questa sarà la tua unica giustificazione. Null'altro, perchè l'opera appartiene al Signore il quale guarda al cuore e non all'aspetto e fa grazia a chi vuole fare grazia.
Se camminerai nella luce del tuo Dio, il quale illumina i tuoi passi (Salmo 119/105), e ti mette nelle condizioni di vedere dove vai, il Signore stesso lascerà nei cuori la testimonianza del tuo essere servo suo, quindi Lui sarà la tua retroguardia.
 
In queste condizioni, il Signore evidenzia che hai raggiunto lo stadio in cui, "Tu invocherai e il Signore ti risponderà e ti dirà: Eccomi, (interessante è il modo che il Signore ha di comunicare con i suoi figli, "eccomi"Occhiolino."
Sembrerebbe alla luce dei fatti che sono stati evidenziati prima e che presentano una condizione di benessere spirituale, che tutto vada bene, che non ci sia nulla da sanare, e invece non è così, perchè ad ogni scalino che saliamo, la visione cambia, e cambia soprattutto la visione di noi stessi, quando stiamo alla luce del Signore.
 
Dicendo Eccomi, il Signore si presenta nella sua santità davanti ai suoi figli, e siccome li ama propone loro la santificazione di cui hanno bisogno per  poter progredire nel cammino verso il cielo; quindi dice: "Se tu togli nel mezzo di te il giogo, l'alzare il dito, e il parlare iniquità, e apri l'anima tua a colui che ha fame. e sazi la persona afflitta; la tua luce si leverà nelle tenebre, e la tua oscurità sarà come il mezzogiorno."
 
Da una prima analisi si evince che nonostante la santificazione in cui il credente si verrebbe a trovare seguendo il suo consiglio, rimangono ancora gli strascichi di una umanità non ancora completamente redenta, dove la tendenza a governare gli altri, (il giogo), la tendenza a sentirsi superiori non è ancora stata debellata, perchè è dura a morire; l'alzare il dito evidenzia la facilità con cui tendiamo a giudicare gli altri che "noi vediamo in peccato", e il parlare iniquità qui evidenzia non tanto la condizione dell'empio, ma la condizione di chi essendo santo, aggiunge a ciò che il Signore dice, qualcosa che il Signore non ha detto, e quindi quel aggiungere e quel togliere si chiamano "iniquità".  
Come è stato osservato, non si tratta di empietà ma della infermità dell'uomo di terra che lascia ancora la sua carne governare la sua vita.
 
Qui come del resto anche altrove, il termine  carne è usato per definire tutto ciò che è frutto della fatica dell'uomo, dalla cose buone amabili e onorevoli, fino alla cose più infime che in questo caso sono ormai lontane dallo stato del credente di cui stiamo trattando.
 
In questo contesto rientrano tutte le cose che fanno capo alla dottrina in quanto tale, se essa si sostituisce alla rivelazione, le opere buone se esse non sono il frutto della fede; la buona volontà per aiutare la causa di Cristo, le fatiche fatte e non richieste dal Signore, in quanto consigliere interiore, etc.
 
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Re: Il vero digiuno
« Rispondi #3 Data del Post: 25.02.2009 alle ore 19:44:59 »
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segue da post precedente
 
Bene, dice il Signore, se tu accetti ancora questa santificazione e come conseguenza apri l'anima tua a chi ha fame...,il che non è riferito alla beneficenza e opere buone, ma è aprire l'anima a chi ha fame, riguarda una conoscenza dei bisogni interiori degli uomini di cui solo il Signore è rivelatore e consigliere; in tale  condizione, il credente gioisce nel sentire i passi del suo Signore mentre mette le scarpe di un essere umano e gli va incontro, per servirlo (Genesi 18).
 
Ci si sofferma troppo sulle opere che si possono “contare”, perché la vanità è figlia spesso della religione volontaria, mentre invece, sovente avviene che non sappiamo di aver servito il Signore, semplicemente perché ciò che abbiamo fatto l'abbiamo fatto nell'amore di Cristo e quindi essendo un fatto “naturale, naturalmente divino”, non fa scalpore perché è “naturale, frutto di una vita nuova”.
 
Il testo citato in Genesi 18, mette in risalto la condizione di Abrahamo, condizione consigliata dal Signore nel capitolo 17/1, dove Iddio gli dice: "Io sono l'Iddio Onnipotente, cammina davanti a me e sii intiero".
Avendo Abrahamo creduto e condiviso il monito di Dio, aveva intrapreso a vivere con integrità di cuore, e tale condizione si rivela nel capitolo 18.
Letteralmente i tre personaggi non avevano "fame", ma l'uomo di Dio vide tre uomini e quindi come tali li ha guardati, al di la della luce interiore che gli ha consigliato di inchinarsi davanti a loro e parlare con loro come se fossero una sola persona.
Quindi in virtù della sua condizione spirituale, si mise al loro servizio per lavare loro i piedi e dare loro da mangiare. Li ha chiamati, “mio Signore” e li ha serviti come uomini.
 
Il risultato della condizione sopra descritta, ha messo Abrahamo nella condizione di ricevere dal Signore una promessa, quella di un figlio.
La tua luce si leverà nelle tenebre, e  il tuo ristoro germoglierà immediatamente, è sicuramente un linguaggio che va al di là dell'immagine stessa, perchè si parla di Luce che si leva davanti all'uomo di Dio; un uomo Abrahamo, che era ormai avanti negli anni e non aveva ancora ricevuta progenie, e quindi vedeva la sua sera avvicinarsi senza frutto e il suo giorno ormai declinare, pensando che avrebbe lasciato ogni cosa ai suoi servitori.
 
Se ci è lecito immaginare, correre con la fantasia di un cuore che scopre la misericordia divina, ci piace pensare a questo santo uomo e guardarlo negli occhi mentre in tarda età si vede un figlio girargli attorno, giocando come fanno i bambini.
Una immagine che rende grande il padre ma rende anche grande il figlio della promessa, che era legato al cuore di quel padre.
Ah, i frutti della giustizia, i frutti della giustizia quanto sono diversi dai frutti della sollecitudine! E Abrahamo ha imparato anche questo, quando per sollecitudine entrò dalla sua serva e da quella nacque Ismaele. Quante sofferenze si sarebbero potute evitare, ma  così è fino a quando l'uomo non impara a dipendere dal Signore.
Ritorniamo al soggetto.
 
Il Signore ti condurrà del continuo e sazierà l'anima tua dalle arsure, e riempirà di midollo le tue ossa e tu sarai come un orto adacquato, e come un fonte d'acqua che non si esaurisce mai. cfr. (Giov. 4/13-14)
 
E quelli che usciranno di te, che ti appartengono in virtù della promessa che io ti ho fatto, essi e non altri, riedificheranno il luoghi deserti fin dai tempi remoti (ciò rimanda alla storia antica e pur recente che riguarda la vita nascosta e le rovine nascoste che abitano nel cuore degli uomini); è una storia antica, perchè la radice è antica, perchè l'uomo è sempre lo stesso e non è diverso da suo padre Adamo, né è diverso oggi da ieri, e così via. cfr.(Ger. 6/16 e 18/15)
 
Dunque i tuoi figli, quelli che ti appartengono, che sono tuoi figli, eredi tuoi per la fede, essi riedificheranno i sentieri antichi; essi e solo essi saranno sacerdoti a Dio per fare tutte le sue volontà, insieme a Colui che solo ha saputo ascoltare sempre suo Padre e sempre ha ubbidito alla sua voce, perchè solo insieme al sacerdote anche i sacerdoti potranno servire Iddio negli uomini. Meditare Giov. 17/6-8
 
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Re: Il vero digiuno
« Rispondi #4 Data del Post: 26.02.2009 alle ore 14:16:17 »
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segue dal post precedente
 
Tu ridirizzerai i fondamenti di molte età passate e sarà chiamato: Ristoratore di rovine. Racconciatore dei sentieri, affinché vi si possa camminare.
 
Il linguaggio è sicuramente profetico, esso è applicabile sicuramente a Cristo e a tutta la progenie di Abrahamo, poiché il popolo del Signore è un popolo di sacerdoti, di re e di principi; sacerdoti re e principi non devono far pensare all'immagine che noi abbiamo di tali persone, ma di ciò che essi vogliono essere nelle mani del Signore.
Sacerdote, re  e principe è riferito all'animo più che alla forma. Nel sacerdote è preminente la pietà, nel re è preminente il governo delle cose di Dio, nel principe è preminente le gentilezza.
Le tre cose possono anche sussistere nella stessa persona, nella misura della grazia di Dio.
Giacobbe, uomo di terra, graziato da Dio divenne Israele, cioè principe del Signore; or tutti conosciamo il processo che sta alla base della vita di Giacobbe prima  che il Signore gli cambiasse il nome.
 
Ecco ormai siamo arrivati all'ultima stazione e non è stato facile arrivarvi, ma se qualcuno vi è arrivato sa quante cose ha lasciato per la via, così come la serpe lascia il suo mantello nella sua stagione.
Ma ecco che il Signore si ripresenta di nuovo, e ha ancora qualche consiglio da dare al pellegrino che ha lasciato la sua casa, la sua terra natia, il suo popolo. cfr (Salmo 45/11).
In questa occasione il Signore non dice "Eccomi", ma quello che dice è il proseguo di ciò che aveva cominciato prima; ormai il Signore vive al fianco del suo servitore, gli è amico e compagno di viaggio; quindi prosegue dicendo: Se tu ritrai il tuo piede per non fare le tue volontà nel Sabato, nel Mio giorno Santo; e se tu chiami il sabato Delizie, e quello che è santo al Signore onorevole; e se tu lo onori senza operare secondo le tue vie, senza ritrovare le tue volontà e senza dire parola.
 
Quanti se Signore!  Certo non sono dubitativi ma rivelano quanto siano per l'uomo che dipende da se stesso cose impossibile da farsi; quindi il Signore evidenzia come aveva già fatto in precedenza che è la nostra volontà ancora viva, la nostra conduzione spesso in opposizione al Signore stesso che rende difficile ogni cosa nelle vie del Signore; non è la via del Signore difficile ma la nostra umanità irredenta a crearci le più grandi difficoltà.
 
Vediamo in dettaglio i grandi se, posti dal Signore.
 
"Se tu ritrai il tuo piede per non fare le tue volontà nel Sabato, nel Mio giorno Santo."
Il rischio di fare la nostra volontà è un male dal quale non siamo ancora definitivamente guariti, perchè spesso e volentieri confondiamo le opere della carne con il frutto dello Spirito, e nel giorno del Signore queste cose non possono esistere, perchè sarebbe come dire che Iddio accetterebbe in casa sua uno che non si identifica in Lui.
 
Le opere della carne non sono certo le cose abominevoli, non si riferiscono certo a cattive conversazioni, ma riguardano le nostre scelte di vita, di conduzione; le nostre scelte di come servire il Signore senza domandare a Lui quali siano le cose che Lui vuole da noi; anche queste fanno parte alle opere della carne, perché la tendenza a fare qualcosa per meritare, guadagnare la vita eterna non lascia subito il credente, anche il più consacrato.
 
Molto spesso gli uomini si scontrano di fronte alla osservanza di giorni e calende, etc., ma qui il Signore dopo aver parlato del sabato, rivendica il suo Sabato, non quello degli uomini; il suo Sabato, il suo giorno Santo, non quello che gli uomini gli dedicano spesso senza intendimento; esso è una condizione, uno stato di riposo, il riposo di chi dipende dal Signore il quale fino a  tanto che non viene chiamato, "veglia".
 
Nel mio Sabato, indica che vi è un sabato che non è suo ma nostro, perchè  il sabato è per l'uomo  perchè l'uomo si riposi e non l'uomo per il sabato, cioè servo del sabato; or ciò che serve all'uomo non appartiene al Signore, nel senso che Lui non sarà onorato dalle cose visibili, ma dalla consacrazione interiore.
 
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« Ultima modifica: 26.02.2009 alle ore 14:21:24 by salvo » Loggato

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Re: Il vero digiuno
« Rispondi #5 Data del Post: 26.02.2009 alle ore 15:48:02 »
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segue dal post precedente
 
In quel Sabato, cioè quello del Signore, mentre in esso ci troviamo, non dovrebbe esserci alcun pericolo, ma così non è, perchè fino a tanto che l'opera di santificazione non è compiuta, abbiamo sempre la libertà di tornare indietro. Gesù stesso disse: Io ho deposta la mia vita e ho anche libertà di riprenderla.
 
Fino a che Dio non è finalmente divenuto "ogni cosa in tutti", ancora tutto è possibile, quindi il Signore si rivolge ai suoi figli e a loro dice che nel Suo Sabato, nel Suo giorno santo, quando comunque l'avrai già definito Delizie e giorno onorevole, hai ancora bisogno di onorarlo lasciando definitivamente  le tue vie, abbandonando completamente la ricerca della tua volontà, e senza esitazione alcuna.
 
Sembra udire la voce del Signore che descrive il suo Servitore, in Isaia 50/5 dove parlando profeticamente del suo servitore, Gesù avendo il primato in ogni cosa, dice: Il Signore Iddio mi ha aperto l'orecchio e io non mi sono ribellato e non mi sono ritirato indietro.
 
Conclude il Signore i suoi consigli al suo popolo dicendo: "Allora tu prenderai i tuoi diletti nel Signore, e io ti farò cavalcare sopra gli alti luoghi della terra, e ti darò da mangiare l'eredità di Giacobbe, tuo padre, perchè la bocca del Signore ha parlato."
 
Il salmo 40 è illuminante circa il processo di santificazione e ad un certo punto nel verso cinque, dice: "Tu non prendi piacere in sacrificio, è in offerta; Tu mi hai forate le orecchie; Tu non hai chiesto, olocausto, né sacrificio per il peccato. Allora io ho detto: Eccomi venuto; è scritto di me nel volume del Libro. Dio mio, io prendo piacere in far la tua volontà; e la tua Legge è nel mezzo delle mie interiora. "
 
Finalmente la creatura ha compreso dopo le peripezie dei primi versi quanto sia importante che la sua verità sia scritta nelle interiora, onde l'amore e l'ubbidienza non siano il frutto della volontà di uomo, ma della tenerezza dello Spirito Santo, il quale avendo lavorato la nostra vita di dentro ha generato dentro di noi la carità, ovvero quell'amore viscerale per tutto ciò che appartiene al Signore.
 
Tu prenderai finalmente i tuoi diletti solo ed esclusivamente nel Signore, e nessun altro amore, nemmeno quello della tua vita alla quale hai definitivamente rinunciato, potrà mai più farti tornare indietro.
Una immagine bellissima di identificazione col Signore, è descritta in Deut. 15/16-17
dove leggiamo: “Ma se pure egli ti dice: Io non voglio uscir d'appresso a te; perchè egli amerà te e la tua casa, perchè egli starà bene teco;  allora prendi una lesina, e foragli l'orecchia contro all'uscio; ed egli ti sarà servo in perpetuo.” Totale digiuno al proprio io, identità per amore del padrone.
 
A questo punto ecco che il Signore apre un cielo ancora sconosciuto ai più, un cielo definito "gli alti luoghi della terra"; tu, dice il Signore, cavalcherai sopra gli alti luoghi della terra. Le immagini che si profilano all'orizzonte sono di grande distesa e non è possibile narrare con poche parole, quindi dobbiamo affrettare.
 
Io ti darò da mangiare l'eredità di Giacobbe, tuo padre.
 
Il che vuol dire che verrai nel pieno possesso di ciò che Iddio ha promesso a tuo padre, Giacobbe; notare che qui il Signore, pur parlando di cose eterne, ricorda sempre all'uomo, qualora ve ne fosse ancora bisogno, la sua origine; figlio di Giacobbe, non figlio di Israele; nel cielo di Dio, tutti siamo figli dello stesso padre, ma nell'olimpo degli uomini, ognuno è figlio di suo padre e solo di suo padre; carne e sangue non hanno alcun valore davanti al Signore e a nulla serve dire: "Noi siamo figli di Abrahamo; noi siamo figli di Giacobbe", perchè ciò non ci salverà, nè avremo per questo nostro dire alcun merito davanti al Signore. Cfr.(Matteo 3/9 Giov 8/31-40)
Ecco dunque che appare all'orizzonte, concreta, definita, la promessa dell'eredità, quella che il Signore aveva fatta con Abrahamo prima e con Giacobbe poi.
Una eredità non fatta certo di cose terrene, ma di letizia maturata nell'attesa, una eredità che Pietro definisce così: "BENEDETTO sia Iddio, e Padre del Signor nostro Gesù Cristo, il quale, secondo la sua gran misericordia, ci ha rigenerati in speranza viva, per la risurrezione di Gesù Cristo dai morti;  all'eredità incorruttibile, ed immacolata, e che non può scadere, conservata ne' cieli per noi. "
 
Nulla di terreno dunque, ma piena partecipazione alla natura divina.
 
Perchè la bocca del Signore ha parlato; Iddio suggella le sue parole, giurando per se stesso che nulla cambierà di ciò che Lui ha promesso, perchè quello Lui farà.
 
Fine.
Questo è il mio contributo al tema così controverso del digiuno, la dove la teoria deve cedere il passo alla vita che viene dal Signore; il sapere le cose non giova a nulla, nel viverle secondo Iddio c'è la vita.
 
Avevo sperato in un vostro contributo, onde allargare la visione; pazienza, sarà per un'altra volta.
 
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Il vero digiuno
« Rispondi #6 Data del Post: 05.03.2009 alle ore 17:25:10 »
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Pace a tutti  Ciao
 
Caro Salvo, ho finito di leggere ieri questo tuo commento, devo dire che in merito non mi sento di aggiungere nient'altro, credo che sia sufficiente così nel senso che ci sono molti spunti su cui soffermarsi e riflettere e ti dico in tutta onestà che non è sufficiente di leggerlo una sola volta per afferrarne l'insegnamento
 
Come sai ti ho inviato uno studio sul digiuno e la preghiera, che lessi tempo fa, ma che francamente dovrei andare a rileggere, come ti dissi non è uno studio mio e quanto scriverò qui di seguito sono solo dei pensieri che mi sono venuti alla mente qualche giorno fa,... non sono né scontatezze né affermazioni, ma qualcosa su cui riflettere e capire se ha un senso e se il senso è quello giusto, premetto che riguardo al digiuno ho molto da imparare... ed ora vado con l'esposizione
 
A parer mio si parla poco oggi del digiuno, e ci si adopera in esso ancora meno, si tende di più alla testimonianza, all'evangelizzazione, allo studio della Parola, ben inteso che sono tutte cose che devono esserci, ma il digiuno sembra avere un ruolo preminente in certi frangenti, quasichè fosse indispensabile, irrinunciabile... ( ho voluto usare di proposito quest'ultima parola proprio perché credo che il digiuno sia qualcosa di irrinunciabile ed ho voluto sottolinearlo )
 
Vediamo di fare qualche accostamento, è scritto:
 
Mat 16:24  Allora Gesù disse ai suoi discepoli: Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso e prenda la sua croce e mi segua.  
 
anche la croce è indispensabile se vogliamo seguire Cristo, ed una delle cose che avviene sulla croce è uno spogliamento ovvero una privazione, se proviamo a vedere anche il digiuno ci fà privare di qualcosa, senza prenderla troppo alla larga, la domanda che mi pongo è: " quella carne che deve morire, muore per mezzo del digiuno? "; " è il digiuno il mezzo per la crocifissione? "
 
qualcuno potrà considerare il digiuno come un periodo di tempo da dedicare a null'altro che al Signore ( e questo riferito a come usare il tempo ), ma anche io riflettevo su un altro aspetto del digiuno, ovvero che durante il digiuno noi ci priviamo del cibo, e che cosa ha di diverso il cibarsi dal non cibarsi? a cosa serve il privarsi del cibo? voglio dire l'utilità qual'è?
 
e la risposta che mi sono dato è che il cibo ci dà " un senso di appagamento ", " un senso di soddisfacimento ", che per certo sminuisce e affievolisce l'ardore per una santa ricerca di Dio il quale ci incoraggia, ci sprona, ci esorta ( per il nostro bene ma anche perché è Lui l'Autorità ) con queste parole:
 
Marco 12:30"..ama dunque il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua e con tutta la mente tua e con tutta la forza tua. "
 
come è possibile se consciamente o inconsciamente noi ci sentiamo\siamo appagati?
 
mi fermo qui Salvo, vorrei che fosse messa in enfasi l'utilità del digiuno, soprattutto cambiare quella visione distorta e sbagliata che il digiuno è una sofferenza o una perdita, come detto all'inizio sono poco preparato sul digiuno, confido in qualche altro contributo per la nostra edificazione
 
ps se ritieni che mi stò discostando da quanto ti eri proposto tu con l'apertura di questo topic allora me lo fai sapere che provvederò a spostarlo
 
Pace
Roberto
« Ultima modifica: 05.03.2009 alle ore 17:26:31 by ROBY66 » Loggato

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Re: Il vero digiuno
« Rispondi #7 Data del Post: 07.03.2009 alle ore 14:57:38 »
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Grazie Roby per aver reso possibile ampliare il soggetto e per avermi dato questa gioia, rara.
anelle tue parole si colgono momenti di vera riflessione e gratitudine al Signore.

on 05.03.2009 alle ore 17:25:10, ROBY66 wrote:
A parer mio si parla poco oggi del digiuno, e ci si adopera in esso ancora meno, si tende di più alla testimonianza, all'evangelizzazione, allo studio della Parola, ben inteso che sono tutte cose che devono esserci, ma il digiuno sembra avere un ruolo preminente in certi frangenti, quasichè fosse indispensabile, irrinunciabile... ( ho voluto usare di proposito quest'ultima parola proprio perché credo che il digiuno sia qualcosa di irrinunciabile ed ho voluto sottolinearlo )
 
Vediamo di fare qualche accostamento, è scritto:
 
Mat 16:24  Allora Gesù disse ai suoi discepoli: Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso e prenda la sua croce e mi segua.  
 
anche la croce è indispensabile se vogliamo seguire Cristo, ed una delle cose che avviene sulla croce è uno spogliamento ovvero una privazione, se proviamo a vedere anche il digiuno ci fà privare di qualcosa, senza prenderla troppo alla larga, la domanda che mi pongo è: " quella carne che deve morire, muore per mezzo del digiuno? "; " è il digiuno il mezzo per la crocifissione? "

 
Una cosa che rilevo, e si evince dalle cose scritte circa la tentazione di Gesù nel deserto, è che non si ha pazienza di aspettare il Signore, perchè all'uomo che non ama quella che noi chiamiamo "inattività", aspettare il Signore lo trova "indecente", e così da di piglio nell'operare nel frattempo. Sono stringato, ma capirai.
Così che ci si viene a trovare ricchi e arricchiti, e come tali incapaci di avere momenti di intimità col Signore, perchè la nostra "carne", reclama la sua fetta di "pane".
Ma Gesù disse, Lui che aveva certo l'autorità a trasformare le pietre in pane, che aveva scelto la via del dipendere da suo Padre, perchè la via principe dell'uomo è quella di dipendere da Dio, anche per le cose visibili, per i bisognbi terreni.
 
E' evidente che che la via del digiuno non va intesa come fine a se stessa, ma come un condizionamento dei bisogni del nostro corpo, affinchè attenda il Signore in tutte le sue vie.
E' così che il digiuno acquista un valore diverso, secondo quale obiettivo lo anima; il Maestro non aveva preponderante la necessità del corpo, ma quelle dello spirito e della sua personale sottomissione a  Sorridenteio.
E' chiaro che se il digiunare diventa una forma di gratificazione personale di qualsivoglia genere, perde l'obiettivo stesso del digiuno rendendo vana quella fatica.
Il digiuno è anch'esso una forma di sacrificio, ma come dice Davide nel Salmo 51, "Tu non gradisci sacrifici, perchè i sacrifici del Signore, sono un cuore rotto e uno spirito contrito."
Non è il digiuno che fa morire la carne, ma lo spirito che sta dietro ad esso, cioè, con quale obiettivo viene esso praticato.
 
Dietro la eventuale privazione momentanea, ciò che conta è che le volontà del nostro corpo siano sottomesse al Signore; tali volontà sono e debbono essere subordinate ad un governo frutto delle nostre scelte.
Ciò che si può leggere nella vicenda del peccato di Adamo ed Eva, è queso desiderio di appropriazione indebita, non necessaria alla vita, che ha portato l'uomo a volere sempre di più per se stesso, avendolo reso schiavo. Stessa riflessione anche se in tono diverso si può vedere in Giov. 8/34-36.
Il digiuno non può essere considerato il mezzo della crocefissione, ma porta ad essa, perchè la croce è la rinuncia definitiva, ultimo commento a Isaia 58, dove al credente si chiede di non ritrovare mai più le sue volontà, quindi fine dell'uomo vecchio e di tutto ciò che prima lo tratteneva dal servire pienamente il suo Signore, le sue volontà

Quote:

qualcuno potrà considerare il digiuno come un periodo di tempo da dedicare a null'altro che al Signore ( e questo riferito a come usare il tempo ), ma anche io riflettevo su un altro aspetto del digiuno, ovvero che durante il digiuno noi ci priviamo del cibo, e che cosa ha di diverso il cibarsi dal non cibarsi? a cosa serve il privarsi del cibo? voglio dire l'utilità qual'è?
 
e la risposta che mi sono dato è che il cibo ci dà " un senso di appagamento ", " un senso di soddisfacimento ", che per certo sminuisce e affievolisce l'ardore per una santa ricerca di Dio il quale ci incoraggia, ci sprona, ci esorta ( per il nostro bene ma anche perché è Lui l'Autorità ) con queste parole:
 
Marco 12:30"..ama dunque il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua e con tutta la mente tua e con tutta la forza tua. "
 
come è possibile se consciamente o inconsciamente noi ci sentiamo\siamo appagati?

Il digiuno è sempre stato legato ad un momento di penitenza, quindi alla confessione delle nostre umane debolezze; il penitente può sentirsi appagato solo se ha pace col Signore e non se ha digiunato.
Chi si sente appagato per aver digiunato, non ha compreso quel che ha fatto, come potrebbe corrispondere a Isaia 58?
Chi digiuna davanti al Signore è sazio, perchè davanti al Signore l'uomo non mancherà di nulla, essendo il Signore stesso tutto, in quel momento.
Diciamo che è bene digiunare quando non vogliamo avere fra noi e il Signore nessun ostacolo per fare la sua volontà, ma poi il ritornare alle sane abitudini che riguardano i bisogni del nostro corpo è necessario.
 
Anche io mi fermo per ora, ma credo sia ancora possibile proseguire.
Salvo
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