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   Autore  Topic: Il nome di Dio  (letto 28993 volte)
Robby71
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #600 Data del Post: 16.05.2020 alle ore 18:23:30 »
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Perdonatemi se mi intrometto ma vorrei fare una domanda a Vladi e Simon: Alla fine di questo lungo dibattito di natura altamente tecnica si può convenire sul fatto che la pronuncia esatta completa di vocali del nome di Dio la possiamo solo supporre senza averne assoluta certezza?
Mi basterebbe anche un semplice si o no.  
 Sorriso
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Simon
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #601 Data del Post: 17.05.2020 alle ore 11:06:36 »
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on 16.05.2020 alle ore 18:23:30, Robby71 wrote:
Perdonatemi se mi intrometto ma vorrei fare una domanda a Vladi e Simon: Alla fine di questo lungo dibattito di natura altamente tecnica si può convenire sul fatto che la pronuncia esatta completa di vocali del nome di Dio la possiamo solo supporre senza averne assoluta certezza?
Mi basterebbe anche un semplice si o no.  
 Sorriso

 
Caro Robby,
Rispondo da parte mia, ma penso che Vladi concorderà.
Devo andare oltre il solo “si” o “no, ma sarò brevissimo.  
Sembrerà incredibile, ma finora non abbiamo mai discusso della “pronuncia esatta completa di vocali del nome di Dio” perché una teoria relativamente recente afferma che quelle segnate nel testo non sono le vocali del nome di Dio, ma sarebbero le vocali di un’altra parola non scritta nel testo (adonaj o elohim).
Da parte mia aggiungo solo che se vogliamo leggere il nome di Dio, possiamo solo leggerlo per come è scritto, cioè “JeHWaH” o “JeHoWaH”. Stiamo parlando però del nome nel testo ebraico in lingua ebraica. Il nome in lingua italiana deriva dal latino e si legge nei dizionari di lingua.  
Saluti
Simon  
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Robby71
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #602 Data del Post: 17.05.2020 alle ore 11:22:42 »
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on 17.05.2020 alle ore 11:06:36, Simon wrote:

 
Caro Robby,
Rispondo da parte mia, ma penso che Vladi concorderà.
Devo andare oltre il solo “si” o “no, ma sarò brevissimo.  
Sembrerà incredibile, ma finora non abbiamo mai discusso della “pronuncia esatta completa di vocali del nome di Dio” perché una teoria relativamente recente afferma che quelle segnate nel testo non sono le vocali del nome di Dio, ma sarebbero le vocali di un’altra parola non scritta nel testo (adonaj o elohim).
Da parte mia aggiungo solo che se vogliamo leggere il nome di Dio, possiamo solo leggerlo per come è scritto, cioè “JeHWaH” o “JeHoWaH”. Stiamo parlando però del nome nel testo ebraico in lingua ebraica. Il nome in lingua italiana deriva dal latino e si legge nei dizionari di lingua.  
Saluti
Simon  

Ti ringrazio per la risposta Simon, la mia era una domanda atta a capire se si poteva raggiungere una precisa risposta al tema di questo Topic, e avendo notato che ambedue siete parecchio informati sulla lingua ebraica mi sono permesso di porre questa domanda.
Grazie ancora. Sorriso
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #603 Data del Post: 23.05.2020 alle ore 11:53:07 »
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Sì, la pronuncia originaria è ignota. Ci possono essere tracce qua e là che indicano alcuni elementi del nome originario, ma nulla di completo. Nel corso della storia ci sono state tradizioni diverse e tutt'ora vi sono modi di leggerlo in maniera differente.
 
La discussione qui si è focalizzata sul come la tradizione orale testualizzata dai Masoreti pronunciasse il nome.
 
Mi sembra di capire che la questione sembra rotare intorno all'assenza del holem hasser nel tetragramma. A mio avviso (come della comunità di studiosi) non è un problema, perché tutti gli elementi linguistici circostanti indicano senza ombra di dubbio che si debba leggere Adonay, e che né Shema', né YeHWaH o altro sia possibile (gli argomenti linguistici valgono per entrambe queste opzioni). Se ci fosse stato il puntino, allora avremmo avuto un holam male', il che sarebbe stato scorretto. Senza puntino, si evita quantomeno l'errore, e la lettura è comunque possibile senza ambiguità alcuna (per triti e ritriti elementi linguistici).
 
Però quello di YeHWaH e YeHoWaH sembra più una trollata, quindi non capendo se Simon è serio o meno mi esimo dal replicare. Mettendo le mani avanti, se mai farai ebraico Robby71, non leggere YeHWaH o YeHoWaH se no ti sbattono fuori di classe o ti becchi quantomeno una ramanzina (eventi cui ho assistito lol), soprattutto se ti hanno già spiegato le preposizioni e la loro vocalizzazione.
 
In ogni caso, questo per quanto riguarda esclusivamente il testo masoretico. Poi, al di fuori, anche altre pronunce e altre tradizioni.
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #604 Data del Post: 23.05.2020 alle ore 12:38:56 »
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Secondo me il nome non deve essere conosciuto, se non in Yeshua, poiché noi abbiamo conosciuto il Padre solo attraverso di lui.
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Aiutiamoci gli uni gli altri a liberarsi da quello che ritarda il nostro cammino.
Robby71
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #605 Data del Post: 23.05.2020 alle ore 15:36:12 »
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on 23.05.2020 alle ore 11:53:07, Vladi91 wrote:
Sì, la pronuncia originaria è ignota. Ci possono essere tracce qua e là che indicano alcuni elementi del nome originario, ma nulla di completo. Nel corso della storia ci sono state tradizioni diverse e tutt'ora vi sono modi di leggerlo in maniera differente.
 
La discussione qui si è focalizzata sul come la tradizione orale testualizzata dai Masoreti pronunciasse il nome.
 
Mi sembra di capire che la questione sembra rotare intorno all'assenza del holem hasser nel tetragramma. A mio avviso (come della comunità di studiosi) non è un problema, perché tutti gli elementi linguistici circostanti indicano senza ombra di dubbio che si debba leggere Adonay, e che né Shema', né YeHWaH o altro sia possibile (gli argomenti linguistici valgono per entrambe queste opzioni). Se ci fosse stato il puntino, allora avremmo avuto un holam male', il che sarebbe stato scorretto. Senza puntino, si evita quantomeno l'errore, e la lettura è comunque possibile senza ambiguità alcuna (per triti e ritriti elementi linguistici).
 
Però quello di YeHWaH e YeHoWaH sembra più una trollata, quindi non capendo se Simon è serio o meno mi esimo dal replicare. Mettendo le mani avanti, se mai farai ebraico Robby71, non leggere YeHWaH o YeHoWaH se no ti sbattono fuori di classe o ti becchi quantomeno una ramanzina (eventi cui ho assistito lol), soprattutto se ti hanno già spiegato le preposizioni e la loro vocalizzazione.
 
In ogni caso, questo per quanto riguarda esclusivamente il testo masoretico. Poi, al di fuori, anche altre pronunce e altre tradizioni.

Grazie Vladi,  Sorriso
considerando te e Simon esperti, o quanto meno dei buoni conoscitori della materia linguistica ebraica (almeno dal mio punto di vista), come utenti di questo forum,  possiamo arrivare alla conclusione che le vostre risposte rispecchiano perfettamente quello che la maggioranza dei traduttori sostiene da secoli, cioè che la pronuncia esatta del nome di Dio è incerta. Di conseguenza, per quanto mi riguarda, il dubbio sul nome tradotto in italiano "Geova" continua a rimanere più che giustificato nonostante le presunte certezze di alcuni...
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Robby71
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #606 Data del Post: 23.05.2020 alle ore 15:37:46 »
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on 23.05.2020 alle ore 12:38:56, Marmar wrote:
Secondo me il nome non deve essere conosciuto, se non in Yeshua, poiché noi abbiamo conosciuto il Padre solo attraverso di lui.

Condivido pienamente  Sorriso Buono!
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #607 Data del Post: 23.05.2020 alle ore 19:27:08 »
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on 23.05.2020 alle ore 15:36:12, Robby71 wrote:

Grazie Vladi,  Sorriso
considerando te e Simon esperti, o quanto meno dei buoni conoscitori della materia linguistica ebraica (almeno dal mio punto di vista), come utenti di questo forum,  possiamo arrivare alla conclusione che le vostre risposte rispecchiano perfettamente quello che la maggioranza dei traduttori sostiene da secoli, cioè che la pronuncia esatta del nome di Dio è incerta. Di conseguenza, per quanto mi riguarda, il dubbio sul nome tradotto in italiano "Geova" continua a rimanere più che giustificato nonostante le presunte certezze di alcuni...

 
Yes, la pronuncia esatta non si sa. Geova non è né meglio né peggio di altre opzioni da un punto di vista strettamente linguistico (che so, rispetto a Yahwéh o altro). Da un punto di vista storico, ha un uso più frequente e più diffuso nelle traduzioni medievali e moderne. Quindi, tutto sommato, ci sta. È uno dei tanti modi di chiamare Dio e non credo sia giustificato prenderlo di mira in maniera particolare.
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #608 Data del Post: 23.05.2020 alle ore 23:09:12 »
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on 23.05.2020 alle ore 11:53:07, Vladi91 wrote:
Sì, la pronuncia originaria è ignota. Ci possono essere tracce qua e là che indicano alcuni elementi del nome originario, ma nulla di completo. Nel corso della storia ci sono state tradizioni diverse e tutt'ora vi sono modi di leggerlo in maniera differente.
 
La discussione qui si è focalizzata sul come la tradizione orale testualizzata dai Masoreti pronunciasse il nome.
 
Mi sembra di capire che la questione sembra rotare intorno all'assenza del holem hasser nel tetragramma. A mio avviso (come della comunità di studiosi) non è un problema, perché tutti gli elementi linguistici circostanti indicano senza ombra di dubbio che si debba leggere Adonay, e che né Shema', né YeHWaH o altro sia possibile (gli argomenti linguistici valgono per entrambe queste opzioni). Se ci fosse stato il puntino, allora avremmo avuto un holam male', il che sarebbe stato scorretto. Senza puntino, si evita quantomeno l'errore, e la lettura è comunque possibile senza ambiguità alcuna (per triti e ritriti elementi linguistici).
 
Però quello di YeHWaH e YeHoWaH sembra più una trollata, quindi non capendo se Simon è serio o meno mi esimo dal replicare. Mettendo le mani avanti, se mai farai ebraico Robby71, non leggere YeHWaH o YeHoWaH se no ti sbattono fuori di classe o ti becchi quantomeno una ramanzina (eventi cui ho assistito lol), soprattutto se ti hanno già spiegato le preposizioni e la loro vocalizzazione.
 
In ogni caso, questo per quanto riguarda esclusivamente il testo masoretico. Poi, al di fuori, anche altre pronunce e altre tradizioni.

 
Caro Vladi,
Per quanto riguarda l’ebraico, il richiamo a adonaj non manca solo della holem ma manca di due vocali su tre. Per puntellare la teoria bisogna supporre che lo stesso masoreta, lo devo ripetere ancora una volta, vocalizzasse la parola adonaj in un modo ma il tetragramma con riferimento alla lettura adonaj in un altro, ben diverso e non compatibile. Se per te questo è solo un piccolo dettaglio, per un linguista certamente non lo è.  
Nuovamente vedo che torni a presentare presunte regole di grammatica come se fossero universalmente valide e presenti in tutti i manoscritti conosciuti. Che l”holam male” venga annotato in modo riconosciubile dal masoreta è una tua supposizione, purtroppo non dimostrata. Non lo trovo un modo corretto di fare informazione e l’holam che si ritrova in alcuni passi, anche nel Leningrado, non rende per forza vocalico il waw sottostante.
La lettura YeHoWaH è la conclusione a cui è arrivato Gertoux nella sua tesi di master, che analizza tutte le ricorrenze dei nomi teoforici, sia col tetragramma a inizio che a fine parola. Gordon arriva alla stessa identica conclusione, ma facendo un percorso del tutto diverso. Ha investigato tutto il patrimonio letterario di lingua ebraica e consultato una quantità enorme di manoscritti, trovando 16 riferimenti al processo di trasmissione della pronuncia del nome in ambito rabbinico. Pur essendo lui stesso figlio di un rabbino, cresciuto in sinagoga, non ha alcuna difficoltà a pronunciare il nome e ad usarlo anche in preghiera secondo la lettura YeHoWah.  
 
Saluti
 
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #609 Data del Post: 23.05.2020 alle ore 23:12:15 »
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on 23.05.2020 alle ore 15:36:12, Robby71 wrote:

Grazie Vladi,  Sorriso
considerando te e Simon esperti, o quanto meno dei buoni conoscitori della materia linguistica ebraica (almeno dal mio punto di vista), come utenti di questo forum,  possiamo arrivare alla conclusione che le vostre risposte rispecchiano perfettamente quello che la maggioranza dei traduttori sostiene da secoli, cioè che la pronuncia esatta del nome di Dio è incerta. Di conseguenza, per quanto mi riguarda, il dubbio sul nome tradotto in italiano "Geova" continua a rimanere più che giustificato nonostante le presunte certezze di alcuni...

 
Caro Robby,
Geova in italiano a me personalmente non piace come suono e al mio orecchio suona di gran lunga migliore il tedesco Jehova, che è un calco perfetto del latino medioevale Iehova.  
In letteratura italiana non abbiamo alternative se non il Iehova usato anche da Verdi nel Nabucco:
https://www.youtube.com/watch?v=UHYpWDvdazY
Yahweh e simili sono una soluzione decisamente peggiore: non solo è un lemma assente dai dizionari di lingua e dalla letteratura italiana ma è anche del tutto assente dai manoscritti di lingua ebraica. Si tratta di un’ipotesi linguistica, che tra l’altro non rispetta neanche le regole di pronuncia dell’ebraico tradizionale, mettendo di seguito due consonanti senza vocale intermedia, una roba impronunciabile per un giudeo.  
Stammi bene
 
Simon
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #610 Data del Post: 24.05.2020 alle ore 12:53:11 »
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In realtà sia i linguisti, sia i filologi di ebraico sono concordi in quel che ho affermato, quindi non vedo dove sia l'oggetto del contendere in questo. Hai inoltre sovrapposto aspetto linguistico e filologico.
Sugli aspetti linguistici non c'è un singolo dubbio, e le regole sono valide universalmente: /me-/ lo si trova solo davanti a gutturale, non davanti a /sh/ o /y/, etc. etc.
Il tetragramma come lo troviamo nel codice di Aleppo è vocalizzato in maniera compatibile (!) con Adonay, e non è ben diverso, ma essenziale.  
 
Uno può anche consultare centinaia di manoscritti masoretici, ma è poco rilevante. Quello che conta è il Codice di Aleppo, cioè il codice modello. Gli altri possono trasmettere tradizioni diverse a seconda del luogo di produzione. Qui si sta discutendo della tradizione di Tiberiade, che si perse già nel corso dell'XI secolo. I manoscritti più tardi possono anche preservare un testo che non si rifà alla tradizione masoretica, ma forse si avvicina ad una tipologia testuale simile a quella della Vorlage della LXX.
 
Una tesi di master di uno studioso di dubbia qualità (Gertroux) e quanto dice Gordon (credo tu ti riferisca Cyrus H. Gordon, giusto?) non cambiano il fatto che quella che offri qui resta una spiegazione rigettata in toto dalla comunità scientifica, perché non sostenuta dai dati linguistici e filologici. Sai quante cose imprecise o proprio sbagliate ha detto e scritto Gordon per quanto riguarda gli aspetti di lingua? Dalla Lineare A come lingua semitica all'Ugaritico (ma si era ancora all'inizio), all'Eblaita fino all'Ebraico Biblico. Ha toppato spesso e volentieri, tant'è che, pur riconoscendogli molti meriti, non è generalmente citato se non per essere smentito.
Se è importante accumulare liste di nomi su chi sostiene cosa, allora non c'è partita, perché linguisti e filologi leggono Adonay (o Elohim nei casi già discussi).
 
Non è che se qualcuno ha detto qualcosa ad un certo punto allora va bene. Qui gli schieramenti sono dell'ordine 99.9 vs 0.1. E può comunque darsi che lo 0.1 abbia ragione, quindi va comunque ascoltato. Ma fin'ora lo 0.1 non ha prodotto nulla di valido per far cambiare idea alla comunità degli ebraisti.
Tutti vedono che le vocali non sono perfettamente identiche, eppure non è un problema né per linguisti, né per filologi (al contrario di quanto tu arbitrariamente affermi), perché l'evidenza dà comunque una risposta identica da qualsiasi punto la si guardi.
Quindi riformuliamo, cosicché sia chiaro a chi magari non è nel campo e non conosce linguisti e filologi di ebraico: per Simon è un problema, non per linguisti e filologi.
Tu lavori dall'alto verso il basso, cioè hai preso una definizione e la applichi sforzando l'evidenza; chi fa linguistica e filologia lavora dal basso, e quindi crea e raffina le definizioni.
È come se tu prendessi il Gesenius, leggessi il primo paragrafo di un elemento linguistico con la regola generale e ti fermassi lì senza leggere i sottoparagrafi con tutte le sfumature.
 
Ma anche solo riflettendo su cosa sia più improbabile: il naqdan che ha vocalizzato il codice di Aleppo, è più probabile che abbia inserito il 100% delle volte, per elementi linguistici di diversa natura, delle vocalizzazioni errate, oppure che le vocalizzazioni siano giuste ed il masoreta voleva con esse indicare una gutturale all'inizio della pronuncia del tetragramma, avendo vocalizzato le migliaia di ricorrenze del tetragramma in maniera essenziale come Adonay (o Elohim)?
Aaron ben Asher ha deciso di utilizzare delle vocali che non possono andare mai davanti alla yod, quindi è sicuro che non poteva essere pronunciato YeHWaH, perché non esistono me-yehwah, ba-yehwah, la-yehwah, ka-yehwah, va-yehwah (come tali pronunce non sono possibili davanti a shma). Inoltre, se fosse stato YeHWaH, non avrebbe perso lo shewà dopo preposizione. Invece tutti questi comportamenti linguistici sono perfettamente in linea con Adonay, come lo sono le vocali di Adonay o Elohim che compaiono in maniera sufficiente per rendere la pronuncia certa.
Quello linguistico è un argomento molto più decisivo della vocalizzazione del tetragramma senza holam (non considero nemmeno quanto dici sull'assenza di DUE vocali di Adonay perché completamente fuori luogo, trattandosi di hataf patah sotto Adonay. E in ogni caso, per far capire che quello shewà - che deve essere semplice perché sotto yod - equivale ad un hataf patach, i masoreti gli attribuiscono lo stesso comportamento del hataf di Adonay facendolo sparire dopo ba-, la-, ka-), perché quest'ultima è comunque precisa nell'essere essenzialmente senza ambiguità in quanto a referente. Senza contare che il 100% delle volte la vocalizzazione muta in Elohìm con Adonay consonantico. Non è che la grammatica si è presa una vacanza solo davanti al tetragramma.
 
Ma possiamo anche aggiungere altri dettagli di cui non parlammo ancora, perché passi Shema' che è comunque una teoria ingegnosa anche se sbagliata, ma YeHWaH proprio..
Che YeHWaH non sia una parola pronunciabile come tale lo vedi anche dall'assenza di qualsiasi segno vocalico sotto la prima ה, la quale sicuramente non è mater lectionis perché non solo è preceduta da shewà, ma non è nemmeno mai tale all'interno di parola. Il che è un'indicazione ulteriore del fatto che le vocali presenti non apartengono al tetragramma ma ad altro.
In ebraico, YeHWaH non può esistere come parola, e infatti i masoreti hanno fatto di tutto per renderlo chiaro ed inqeuivocabile il 100% delle volte che la grammatica glielo consentiva, oltre al non mettere nessun segno vocalico con la ה. Per leggere YeHWaH dovresti mettere uno schewà quiesciente sotto la ה, creando però un'altra situazione impossibile nell'ebraico tiberiense, cioè due schewà a inizio parola. Quindi dissimileresti il primo in hiriq come si fa quando si aggiungono le preposizioni a nomi che già iniziano in shewà o in alcune forme costrutte, avendo così YiHWaH. Quantomento, questo nome sarebbe formalmente corretto. Quello che invece proponi tu, YeHWaH, non solo va contro ogni regola linguistica afferente l'ebraico tiberiense, ma anche contro la pratica masoretica di utilizzare i segni vocalici. Sotto la ה non hanno messo niente, perché YeHWaH non è una parola.
 
Il masoreta goes out of his way nella vocalizzazione degli elementi linguistici attaccati al tetragramma per far capire senza dubbio alcuno ed ambiguità che il nome sicuramente non era da leggersi con Y iniziale, ma, altrettanto sicuramente, Adonay. Applica esattamente le regole grammaticali di Adonay, sempre.
E su questo non ci piove. Poi, ripeto, al di fuori del codice di Aleppo (e quindi della tradizione masoretica di Tiberiade) vigono altre regole e tradizioni, non necessariamente identiche a quelle testualizzate in quel manoscritto.
 
(E mi sono focalizzato su YeHWaH perché è la forma che troviamo principalmente in Aleppo e Leningrado. Ma lo stesso vale, linguisticamente, per YeHoWaH, che è però forma ampliamente diffusa più tarda e quindi insignificante ai fini della discussione sulla notazione masoretica)
« Ultima modifica: 27.05.2020 alle ore 02:30:17 by Amenachos » Loggato
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #611 Data del Post: 27.05.2020 alle ore 06:51:47 »
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In ogni caso, visto che da Shema' siamo a passati a YeHWaH/YeHoWaH, è bene riarticolare in maniera più organizzata il perché tale lettura sia ancora più assurda di Shema', che, se non altro, è ingegnosa.
 
- La tradizione orale masoretica è stata testualizzata nel Codice di Aleppo da Aaron Ben Asher. Questo è il codice modello, e quindi ogni tipo di osservazione va fatta a partire da questo manoscritto. Possiamo anche usare il Codice di Leningrado, soprattutto per il Pentateuco, quasi interamente perduto nel Codice di Aleppo. Ciò, tuttavia, con la consapevolezza che il Codice di Leningrado stesso è stato corretto e rivisto sulla base del Codice di Aleppo, quindi non è depositario primo della tradizione masoretica di Tiberiade.
 
- La tradizione masoretica si perse già nell'XI secolo. Di conseguenza, nei manoscritti successivi, si trovano una varietà di tradizioni diverse, e modi di lettura diversi, che non riflettono la lettura della vocalizzazione usata dai masoreti di Tiberiade. Noi stessi, o i parlanti ebraico moderno, leggiamo il testo masoretico per lo più secondo la tradizione sefaradita.
 
- Fatte queste premesse di carattere storico, il Codice di Aleppo vocalizza il tetragramma pressoché esclusivamente YeHWaH. Vi sono altre possibilità come YeHoWaH, YeHWiH e YeHoWiH.
 
- Che il tetragramma non fosse letto YeHWaH è innanzitutto chiaro dal fatto che la prima ה non ha nessun segno vocalico. Ogni consonante, a meno che non si tratti di mater lectionis, deve essere provvista di un segno vocalico, sia pure lo shewà quiescente che indica assenza di vocale. La ה non è madre di lettura per due ragioni: 1) è preceduta da shewà mobile 2) la ה non è mai madre di lettura in corpo di parola. È quindi certo che YeHWaH non è una parola, ma un caso di ketiv / qere.
 
- Che il tetragramma non possa essere letto come Shema' o come YeHWaH/YeHoWaH/YeHWiH/YeHoWiH è ulteriormente chiaro dal fatto che gli elementi grammaticali preposti al tetragramma (cioè preposizioni e congiunzione coordinante) indicano il 100% delle volte e senza eccezione alcuna che la pronuncia del nome non poteva iniziare né con /sh/, né con /y/, né con alcun altra consonante che non fosse una gutturale. Pur avendo la lettera yod davanti ai loro occhi, il naqdan ha scelto di vocalizzare in una maniera tale che non permette la lettura della yod. Nello specifico, in ebraico NON sono possibili le seguenti letture:
 
- meshma / meyeh(o)wah (corretto: misshma / mih(o)wah)
 
- bashma / bayeh(o)wah (corretto: bishma / bih(o)wah)
 
- lashma / layeh(o)wah (corretto: lishma / lih(o)wah)
 
- kashma / kayeh(o)wah (corretto: kishma / kih(o)wah)
 
- vashma / vayeh(o)wah (corretto: ushma / vih(o)wah)
 
Nessuna delle forme tra parentesi è attestata davanti a tetragramma, rendendo impossibile le letture Shma' e YeH(o)WaH.
 
- Il comportamento delle vocali, deliberatamente aggiunte dai masoreti, punta in tutti e 5 i casi verso la lettura del tetragramma come Adonay. Infatti è corretto:
 
- me'adonay  (si osservi come in questo caso lo schewà mobile resti presente. Uno schewà mobile preceduto da vocalizzazione /me/ deve per forza essere una variante grafica di un hataf)
 
- badonay
 
- ladonay
 
- kadonay
 
- vadonay
 
- È falso affermare che lo shewà sotto la yod del tetragramma non si identico e corrispondente al hataf patach sotto Adonay. Infatti, esso, benché shewà mobile, si comporta esattamente come il hataf patach di Adonay e cade in presenta delle preposizioni. Né lo shewà mobile, né il hataf patach hanno questo comportamento al di fuori del nome Adonay.
« Ultima modifica: 28.05.2020 alle ore 22:25:48 by Amenachos » Loggato
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #612 Data del Post: 27.05.2020 alle ore 06:53:03 »
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- Sempre riguardo alla presenza dello shewà mobile piuttosto che del hataf patach sotto la yod, che sembra sconcertare così tanto Simon, mi sembra che un ripasso delle BASI della fonetica e della notazione grafica del sistema tiberiense sia qui necessario.
Patach, shewà mobile e hataf patach sono meramente varianti grafiche dello stesso suono, cioè /a/ breve. Il fatto che noi le leggiamo in maniera diversa l'una dall'altra è perché adottiamo una tradizione di lettura del testo differente da quella di Tiberiade. Una parola come מְדַבֵּר, che noi leggeremmo /medabber/, in ebraico tiberiense era letta come /madhabber/, avendo lo shewà mobile e il patach lo stesso suono, cioè /a/ breve. Esso è notato diversamente perché la prima /a/ breve deriva da abbreviamento, la seconda no. La vocalizzazione dello shewà mobile come /a/ breve è inoltre preservata in altre tradizioni di lettura, in Yemen, nel Kurdistan occidentale ed orientale, e in Kerala (qui solo per le letture festive).
Non solo shewà mobile e patach hanno la stessa quantità e qualità vocalica, ma anche il hataf patach. Salvo in casi di ortoepia, il hataf patach ricorre sotto gutturale. È meramente una variante grafica notata in un certo contesto, ma non è fonologicamente diverso da shewà mobile o da patach. Pertanto, parole come מְדַבֵּר /madhabber/, הֲמֶלֶךְ /hamelekh/ (con particella interrogativa הOcchiolino, e הַמֶּלֶךְ /hammelekh/ (con articolo determinativo), venivano lette con la stessa /a/ breve, benché questo suono venisse segnato diversamente a seconda del contesto della sillaba e dell’origine del suono. Sono varianti GRAFICHE, NON fonetiche, e si equivalgono perfettamente. Questo lo sappiamo anche grazie al ‘Trattato sullo shewà’ del X sec. (scritto in arabo ma con lettere ebraiche), il quale è una fonte primaria che descrive il sistema masoretico di Tiberiade quando era ancora in vita. La parte che ci interessa è la seguente:
 
ותבת אַן כַל מַכפף פַלא בַד לַה מַן שַוא בַתה אַלא אַן יַמנעה אַלדגש כַמא מַתלנא פַי
אול קַולנא הֲַמֶלֶך הַַמֶּלֶךְ אַו יַמנעה שַוא יַכון אַלי גַאנבה אַעני בַעדה כַקולך אַַבְרָּהָּם אַלאלףַ
כפיף וַלולא אַלשוא אַלדי בַעדה גַעלנא לַה שַוא
 
‘È cosa stabilita che ogni lettera che ha una vocale leggera richieda uno shewà a meno che non sia impedito dal dagesh, come abbiamo esemplificato all’inizio del nostro trattato, הֲמֶלֶךְ - הַמֶּלֶךְ, o con uno shewà che sia le adiacente, cioè vicino, come in אַבְרָהָם. La ‘alef ha una vocale breve e, se non fosse stato per lo shewà che segue, gli avremmo dato uno shewà.”
 
È la struttura della sillaba che porta ad una notazione grafica differente, non il fatto che shewà mobile, patach e hataf patach siano suoni diversi: tutti e tre indicano /a/ breve. Un ulteriore conferma si ottiene da alcuni manoscritti della Genizah del Cairo (T-S A21.14 Gen. 35:12; T-S A2.30 Exod. 9:27; CUL Or 1080.A3.21 Num. 6:2; T-S AS 67.133 Deut. 14:28), dove hataf patach e shewà mobile sono utilizzati al posto di patach in sillabe chiuse atone, sempre per indicare /a/ breve. Questo fenomeno è anche attestato nel Codice di Leningrado qua e là (e.g. Exod. 9:1; 30:8; Judg. 16:2; 2 Sam. 10:11), e addirittura in alcuni codici Giudeo-Arabi, dove shewà mobile e hataf patach sono usati al posto del patach in sillabe sia aperte che chiuse per indicare /a/ breve in arabo (e.g. כַלְקְתְני /khalaqtani/ ‘tu mi hai creato’ in T-S Ar. 8.3, fol. 16v, dove lo shewà sotto lamed e sotto tav corrisponde al fatha arabo in خَلَقتَنِؾOcchiolino.
Quindi, riassumendo, il hataf patach che troviamo sotto ad Adonay, e lo shewà mobile sotto il tetragramma, non solo hanno lo stesso comportamento dopo le preposizioni ב-¸ל-, e כ- (il che è UNICO ed ESCLUSIVAMENTE proprio di questi due nomi – che poi è uno solo, cioè Adonay – e di nessun altro elemento della lingua ebraica), ma indicano addirittura lo stesso identico suono, cioè /a/ breve. Semplicemente, vi è una notazione diversa: hataf patach perché sotto ‘alef, shewà mobile perché sotto yod.
 
- Un’ulteriore prova, se mai necessaria, che confermi che YeHWaH del Codice di Aleppo era da leggersi Adonay deriva dal fatto che il 100% delle volte che troviamo Adonay scritto effettivamente prima o dopo il tetragramma, quest’ultimo assume il hiriq di Elohim sotto il waw, cosicché l’espressione possa venir letta Adonay Elohim piuttosto che Adonay Adonay. Se il tetragramma non fosse stato letto Adonay, non ci sarebbe stata la necessità di cambiare il 100% delle volte la vocalizzazione del tetragramma.
 
- Altre vocalizzazioni più rare nel Codice di Aleppo e che magari si impongono in manoscritti più tardi e quindi non derivanti dalla tradizione orale di Tiberiade, tipo YeHoWaH o YeHoWiH, confermano che dietro il tetragramma ci fossero Adonay ed Elohim. Addirittura, YeHoWaH è l’esatta copia, questa volta completa anche di holam haser, di Adonay, essendo che lo shewà mobile e il hataf patach sono mere varianti grafiche della /a/ breve.
 
- L’assenza del holam haser a questo punto non crea nessun tipo di problema, perché l’evidenza linguistica e filologica, che si compone di più elementi indipendenti l’uno dall’altro, punta sempre ed inequivocabilmente verso la lettura Adonay. Non c’è un singolo elemento che sia uno che punti altrove. La mia ipotesi, come già scrissi, è che la presenza del holam haser, oltre ad essere superflua per la notazione di migliaia di occorrenze del tetragramma, sarebbe potuta risultare ambigua. Fraintendere un holam haser vicino a vav è uno degli errori più comuni.
« Ultima modifica: 29.05.2020 alle ore 10:14:02 by Amenachos » Loggato
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #613 Data del Post: 27.05.2020 alle ore 06:54:07 »
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In conclusione, qual è il motivo per cui c’è praticamente il consenso tra ebraisti su come vada effettivamente letto il tetragramma secondo la tradizione tiberiense? Non perché sono tutti ciechi, ma semplicemente hanno fatto i compiti a casa, conoscono la lingua ebraica, la vocalizzazione masoretica, e le fonti primarie. Probabilmente, se i masoreti fossero stati degli ingegneri, avrebbero segnato il holam haser e Simon sarebbe contento perché la sua formuletta sul ketiv e qere sarebbe applicabile ovunque. Linguistica e filologia non funzionano così. Nonostante ciò, i masoreti agirono comunque con estrema precisione e senza possibilità di ambiguità. Semplicemente questa precisione non è articolata secondo le categorie che Simon desidererebbe. Sostenere che il tetragramma nel Codice di Aleppo e quindi secondo la tradizione di lettura di Tiberiade non vada letto Adonay (o, contestualmente, Elohim) è semplicemente uno schiaffo alla linguistica e alla filologia del testo ebraico, una deliberata decisione di non considerare l’evidenza testuale.
« Ultima modifica: 27.05.2020 alle ore 07:21:18 by Amenachos » Loggato
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Re: Il nome di Dio
« Rispondi #614 Data del Post: 28.05.2020 alle ore 15:15:56 »
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(Mi è stato fatto osservare che ti riferisci a Nehemiah Gordon, non Cyrus H. Gordon: puntavo troppo in alto. Il fatto che le tue fonti siano Gertroux e Gordon - ho visto un video su youtube in cui parlano del tetragramma, che è di qualità imbarazzante - la dice lunga sul livello della discussione che stiamo avendo. Mi menzioni acriticamente fonti secondarie pseudo-scientifiche solo per il fatto che siano state scritte. Il paragone con Biglino calza a pennello, con la sola differenza, suppongo, che quello che Gertroux e Gordon dicono ti piaccia/serva)
« Ultima modifica: 29.05.2020 alle ore 03:52:34 by Amenachos » Loggato
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