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   SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSATE ?
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   Autore  Topic: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSATE ?  (letto 18915 volte)
Stefanotus
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #15 Data del Post: 21.08.2013 alle ore 15:46:21 »


on 21.08.2013 alle ore 12:08:39, Marmar wrote:
Si tratta di cose estremamente complesse che non possono essere liquidate con un thread.

Concordo... inoltre ogni posizione rimane quella per la chiesa che l'ha "accettata". Quindi... ance se siamo in dottrina, direi che si tratterebbe solo di una disquisizione per "capire" le motivazioni dell'uno o dell'altro. Un confronto.
 

on 21.08.2013 alle ore 12:08:39, Marmar wrote:

Le condizioni di credenti sposati e divorziati sono talmente varie l'una dall'altra da non poter assolutamente essere inquadrate in numero di alcune casistiche e giudicate con un si o con un no in base ad un giudizio che, a mio avviso, può solo essere parziale.

Questo lo si può dire per qualsiasi peccato.
Banalmente uno può rubare per necessità o per puro divertimento... solo Dio può giudicare il cuore. Ma tutti conveniamo che rubare è peccato, no?
Quindi premesso che il divorzio non è voluto da Dio ma che nel nuovo testamento ci viene mostrata l'eccezione fatta da Gesù... volevo capire le regole generali che adottate. Io ho espresso quelle che vengono adottate nelle comunità che frequento. Laddove però esempi di Pastori divorziati non c'è n'è....
 

on 21.08.2013 alle ore 12:08:39, Marmar wrote:

Che il progetto di Dio non prevedesse il divorzio è ovvio, non prevedeva nemmeno la morte; ma ora le cose con cui abbiamo che fare sono queste, e dobbiamo in ogni caso gestirle.

Sei eccezionale quando scrivi così. Sorriso Sei di una pragmaticità ma allo stesso semplicità disarmante. Vorrei scrivere/parlare come te.
Hai pienamente ragione. Sorriso
 

on 21.08.2013 alle ore 12:08:39, Marmar wrote:

Sono a conoscenza di divorzi avvenuti per cause tali che impedire ad uno dei divorziati di risposarsi non lo ritengo in nessun caso giusto.

Io pure... e sono molto interessato all'argomento per questo motivo. Sorriso
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #16 Data del Post: 21.08.2013 alle ore 18:10:32 »

Il divorzio, argomento attuale, che non raccoglie l'unanimità interpretativa in mezzo ai credenti, non dovrebbe essere affrontato solamente sul testo di 1 Corizi 7:39 e trincerarsi su quest'affermazione, ma si dovrebbe esaminare tutto quello che Paolo ha scritto in questo capitolo, per comprendere cosa volesse dire Paolo su quest'argomento.
Se si riconosce l'eccezione di Gesù, se deve anche riconoscere l'eccezione di Paolo. Le due eccezioni non si contraddicono, perché affrontano due casi diversi.
« Ultima modifica: 21.08.2013 alle ore 18:48:09 by Domenico » Loggato
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #17 Data del Post: 21.08.2013 alle ore 18:36:50 »


Quote:
Io pure... e sono molto interessato all'argomento per questo motivo.

 
Atti 15
 
28 Infatti è parso bene allo Spirito Santo ed a noi...
 
Non so quale sia il modo di fare di altre comunità, ma in quella che frequento, ed in molte altre, quando si tratta di affrontare un argomento un po' più importante del solito, si riunisce il consiglio di chiesa, composto in genere da più pastori, anziani ed anche diaconi, che in preghiera e con la guida dello S. S. cerca di venirne a capo.
 
La guida della chiesa è una promessa che è stata fatta direttamente da Cristo, non è possibile dubitare del suo intervento a nostro favore, specialmente in casi importanti e che potrebbero mettere in cattiva luce la chiesa stessa.  
 
Un caso simile potrebbe essere proprio quello per un consiglio da dare a chi lo chiede per un rimatrimonio, che ha bisogno della guida dall'alto, non essendo di facile soluzione.
 
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Aiutiamoci gli uni gli altri a liberarsi da quello che ritarda il nostro cammino.
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #18 Data del Post: 21.12.2013 alle ore 23:29:43 »


on 21.08.2013 alle ore 12:08:39, Marmar wrote:
Si tratta di cose estremamente complesse che non possono essere liquidate con un thread. Le condizioni di credenti sposati e divorziati sono talmente varie l'una dall'altra da non poter assolutamente essere inquadrate in numero di alcune casistiche e giudicate con un si o con un no in base ad un giudizio che, a mio avviso, può solo essere parziale.

Uso questa considerazione di marmar perché riflette molto bene il problema.
Il divorzio è sicuramente un grande problema che non può assolutamente essere gestito da un si o da un no.
La posizione intransigente di molti non aiuta, semplicemente perché, se non si mette in pratica la carità di Cristo, cioè, la comprensione dello stato reale delle cose, si finisce per creare più danni che altro.
E' sicuramente un tasto dolente, ma la mia domanda è la seguente. Visto che oggigiorno le comunità sono sempre più "promiscue", impedire il ri-matrimonio senza se e senza ma può causare danni ancora più gravi spiritualmente parlando.
In merito a ciò, Gesù ebbe a dire che il desiderare una donna per averla è commettere adulterio con lei nel cuore. Bene, la situazione di alcuni potrebbe rientrare in questa condizione, essendo privo ma senza forza per resistere, della compagnia desiderata.
Sono solo inviti a riflessioni su tutte le situazioni possibili. Secondo me la chiesa ha in merito una grande responsabilità, e pertanto non ci si può schierare dietro un verso o dietro una dottrina, altrimenti dovremmo domandarci del perché anche a profeti e patriarchi hanno avuto più mogli e così via.
Poi occorre ben  distinguere la posizione dei ministri di culto e quella dei credenti in genere, non per fare figli e figliastri, ma semplicemente perché chi presiede ha dal Signore ricevuto maggiore grazia e quindi ha anche maggiore responsabilità.
E' solo un tentativo per fare riflettere, perché non è citando semplicemente ciò che sta scritto che si risolve il problema. Abbiamo intendimento? Discernimento? Usiamolo affinché il Suo Nome sia onorato. Dio solo è giudice degli spiriti.
Solo una preghiera scevra da pregiudizi di sorta riceverà luce in merito ad hoc, il resto è solo dottrina, buona ma incapace di risolvere il problema delle anime.
« Ultima modifica: 21.12.2013 alle ore 23:32:25 by salvo » Loggato

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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #19 Data del Post: 22.12.2013 alle ore 11:46:57 »


on 21.12.2013 alle ore 23:29:43, salvo wrote:

 il resto è solo dottrina, buona ma incapace di risolvere il problema delle anime.

 
Sono del tutto persuasa che la dottrina non dovrebbe essere strumentalizzata, ma nel contesto di quest'argomento cosa significa:" Il resto è solo dottrina", cosa intendi dire?  
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #20 Data del Post: 22.12.2013 alle ore 14:56:18 »

Per quanto riguarda il divorzio, si è d'accordo che ci sono due eccezioni: una presentata da Gesù e un'altra da Paolo? Se si riconoscono queste due eccezioni (che poi sono diverse l'una dall'altra) si dovrebbero discuterle, per portare chiarezza sull'argomento in questione.
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #21 Data del Post: 22.12.2013 alle ore 20:15:13 »


on 22.12.2013 alle ore 11:46:57, ester2 wrote:

 
Sono del tutto persuasa che la dottrina non dovrebbe essere strumentalizzata, ma nel contesto di quest'argomento cosa significa:" Il resto è solo dottrina", cosa intendi dire?  
 Sorriso

La dottrina è giusta nel presentare i fatti e le regole, quindi in se ineccepibile, ma la dottrina è come la legge della quale occorrerebbe sempre comprenderne lo spirito.
Esempio: la donna peccatrice era stata presentata a Gesù perché colta in flagranza di adulterio e secondo la legge  doveva essere lapidata.
Prima domanda: perché l'uomo che era con lei non era presente? Perché quelli che si sentivano in diritto di lapidare quella donna non lo fecero dopo la domanda di Gesù: "Chi è fra voi senza peccato, tiri la prima pietra."
Che sia chiaro, memore di altre battaglie sul forum, non ho alcuna intenzione di autorizzare nessuno a dire che io sono per l'adulterio, perché non è assolutamente vero.  
Se  pongo la domanda è per altri e non per me, perché ci sono sofferenze  causate da una dottrina che può sfociare in situazioni insostenibili.
Siccome certe situazioni di peccato sono evidenti, attorno ad essi si concentrano gli sguardi di molti, mentre manca invece il discernimento degli spiriti che, come si sa, hanno bisogno di santificazione. Ma non vi voglio certo tediare; penso che sappiate bene cosa sia meglio.
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #22 Data del Post: 22.12.2013 alle ore 20:35:40 »


on 22.12.2013 alle ore 15:05:35, Ramingo wrote:

 
Ciao Domenico,
io non leggo la Bibbia da molto, non ho neanche completato il "primo giro", potresti spiegarmi la differenza delle due eccezioni?
 
Ciao e grazie

Per spiegare le due eccezioni, quella di Gesù (Matteo 5:32; 19:9) e quella di Paolo (1Corinzi 7:10-16) ci vorrebbero diverse pagine, e, non saprei se i moderatori me lo permetterebbero. Anche le due citazioni di (Marco 10:10-11) e (Luca 16:18) verrebbero inclusi nella spiegazione in questione, per cercare di capire perché i due evangelisti non riferiscono quello che specifica Matteo.
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #23 Data del Post: 22.12.2013 alle ore 22:14:25 »


on 22.12.2013 alle ore 20:35:40, Domenico wrote:

Per spiegare le due eccezioni, quella di Gesù (Matteo 5:32; 19:9) e quella di Paolo (1Corinzi 7:10-16) ci vorrebbero diverse pagine, e, non saprei se i moderatori me lo permetterebbero. Anche le due citazioni di (Marco 10:10-11) e (Luca 16:18) verrebbero inclusi nella spiegazione in questione, per cercare di capire perché i due evangelisti non riferiscono quello che specifica Matteo.

 
Di regola non si possono fare lunghi post continuativi, ma in certi casi è stata fatta eccezione. Caro Domenico hai il permesso di postare la tua spiegazione.  Volevo segnalare che comunque ci sono diversi post sul divorzio e seconde nozze.
 
 Sorriso
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #24 Data del Post: 23.12.2013 alle ore 06:20:27 »

IL PROBLEMA DELLA ROTTURA DEL MATRIMONIO
 
Parlare del problema della rottura del matrimonio, – che in senso pratico equivale a quello del divorzio –, significa affrontare un argomento molto scottante e di vecchissima data, – anche se è diventato attuale ai nostri giorni per la sua eco in campo internazionale e per il riflesso che ha con la morale –, trattandosi di un tema, non solo che ha diviso la cristianità, ma anche perché attraverso i secoli hanno impegnato tanti studiosi appartenenti a tutte le denominazioni.
 
Ne parliamo, non perché non sia stato sufficientemente trattato, (basta pensare che sulle parole di Gesù riportate da Matteo 5:32 e 19:9 sono state dedicate intere biblioteche ma solamente per vedere come inquadrare e come interpretare questo fenomeno sociale, non solo alla luce delle varie legislazioni governative, ma soprattutto come riferimento a quello che insegna la Bibbia. Ovviamente, dovendo affrontare un argomento di vasta portata, per le inevitabili implicazioni che porta con sé, i fattori soggettivi e interpretativi giocano un ruolo primario e determinante. Faremo del nostro meglio per essere quanto più possibile obbiettivi e coerenti nello stesso tempo.
 
Non è superfluo ripetere quello che abbiamo detto fin dal principio, e cioè, che il matrimonio è di origine divina, nel senso che è stato Dio ad istituirlo, ed Egli, nell’istituirlo, non lo ha limitato ad un certo numero di anni. Accettandolo come dato certo, nessuna rottura, (intesa nel senso di «annullamento» di un matrimonio), può essere addossato a Dio o autorizzata dalla Sua Parola; tutta la responsabilità deve essere addossata all’uomo, tanto per le considerazioni e le valutazioni che fa quanto per le decisioni che prende. La rottura di un matrimonio non può essere giustificata in base a certe situazioni e circostanze in cui vengono a trovarsi l’uomo e la donna in quest'infausto e sgradevole fenomeno sociale, come se si trattasse di portare un rimedio al problema, senza tener presente il male che causa nel danneggiare la famiglia e per gli effetti disastrosi, sia per quanto riguarda la vita degli sposi, dei figli come anche e soprattutto per la violazione del principio divino, che sancisce: ...quello dunque che Dio ha unito insieme, l’uomo non lo separi (Matteo 19:6). Il problema della rottura di un matrimonio può essere sintetizzato sotto due voci:
 
1.
Incompatibilità di carattere  
2.
problemi di carattere morale.
 
1. L’INCOMPATIBILITÀ DI CARATTERE
 
Ci sia consentito di porre in partenza una domanda: «Che significa incompatibilità di carattere?». Prima di addentrarci nell’esame di questo problema, – dato che sta alla base di tanti annullamenti di matrimonio –, è necessario avere una chiara idea sul significato linguistico dei due termini in questione.
 
«Incompatibilità = 1. L’essere incompatibile; inconciliabilità; condizione d'intrinseca avversità, di contrasto, fra due concetti o situazioni o posizioni; conflitto discordanza.
2. assoluta divergenza d'idee, proposito od opinioni; contrasto; discordia, avversione. L’impossibilità di accordo o di comprensione fra due persone» [S. Battaglia,GDLI , (Grande Dizionario della lingua italiana), Vol. VII, UTET, 1972].
 
«Carattere = 6. Segno distintivo per questo è possibile discernere e giudicare un oggetto, una persona, un sentimento, un modo di essere o di comportarsi.
9. L’insieme delle disposizioni psichiche e delle qualità proprie di un individuo, che distinguono la sua personalità da tutte le altre; indole, natura, temperamento (di una persona, anche di un popolo) » [S. Battaglia, GDLI, (Grande Dizionario della lingua italiana), Vol. II, UTET, 1962].
 
Facciamo notare che, per tutti quelli che credono alla Bibbia e la ritengono vincolante in materia di fede e di morale, non sì ci può appellare ad essa per sostere questo strano fenomeno sociale, che ha dato e continua ad avere forza motivante per sostenere la validità della rottura di un matrimonio facendo esplicito riferimento all’incompatibilità di carattere tra due sposi. Condividiamo in pieno l’affermazione di Paul Tournier:
 
«La pretesa “incompatibilità di carattere” è un mito inventato da giuristi a corto di argomenti per sostenere il divorzio, e una comoda scusa che invocano i coniugi per coprire il loro fallimento». Ed ancora: «Non esistono caratteri incompatibili; vi sono incomprensioni ed errori che si possono sempre correggere, se si vuole » [P. Tournier, Comprendersi meglio fra coniugi, pp, 9-10, La voce della Bibbia, 1993].
 
Con ciò non vogliamo assolutamente ignorare che esista questo serio problema in tante famiglie; vogliamo semplicemente dire, con estrema fermezza che, un matrimonio, regolarmente contratto, non può essere sciolto e quindi annullato per incompatibilità di carattere. Tanti dicono: dal momento che i due sposi sono in continua lotta, a motivo dei contrasti che non conoscono soste, per il fatto che ognuno non si scosta nel far valere il proprio punto di vista, e quindi la propria ragione, la cosa migliore e il rimedio più efficace è quello che i due si separino, così che ognuno potrà rifarsi la la propria vita e vivere in uno stato di quiete e di tranquillità.
 
Questo tipo di rimedio o accomodamento alla meglio, che umanamente parlando potrebbe sembrare ineccepibile e quindi apparentemente innocuo, nasconde e rivela nello stesso tempo, il vero problema di fondo, che sta alla base del modo di pensare e di agire del marito e della moglie. È vero che nel matrimonio l’individualità rimane, nel senso che il marito resta marito con le sue caratteristiche e la moglie resta moglie con tutto quello che essa ha; questo però non vuol dire che il principio divino che sancisce che i due diventano una stessa carne , non sia vero. Il divenire una stessa carne, implica che i due, pur restando nella loro individualità, devono tener sempre presente che il matrimonio non è la vita a uno, ma a due.
 
Qualcuno, giustamente ha detto: «Nel matrimonio non si dice più tuo o mio, ma nostro» (Walter Trobisch). Pertanto, per mantenere inalterato il valore del matrimonio, è necessario che nei due, ci sia la piena convinzione di non far prevalere il proprio diritto e la propria ragione a danno dell’altro, per non mandare tutto a monte. Se i due veramente si amano, nel senso come Dio ha concepito l’amore, è impossibile che la diversità di carattere che c’è nell’uno e nell’altro, non possa essere compatibile tra di loro e che questo scoglio non possa essere superato. Quando si accetta il principio che i due devono vivere l’uno per l’altro e si è disposti a cedere, rinunciando a quello che potrebbe essere un proprio diritto e una la propria ragione, si può benissimo evitare di arrivare a quella drastica decisione di farla finita col matrimonio.  
 
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #25 Data del Post: 23.12.2013 alle ore 06:22:41 »

Una coppia che si separasse per motivi di «incompatibilità di carattere», credendo di risolvere il problema con l’instaurazione di un secondo rapporto, difficilmente riuscirebbe in questo loro intento, per il semplice fatto che pur cambiando partner, il problema di fondo resterebbe lo stesso, dato che gli elementi che hanno causato la rottura della prima unione, non sono stati soppressi. Di conseguenza, essi continueranno a fare il medesimo lavoro di corrosione con la seconda unione, con l’inevitabile risultato di una seconda «rottura». Quando non si estirpa il male dalla radice, nessun cambiamento di forma potrà modificare la situazione. Quando non si rinuncia alla pressione della cosiddetta ragione, non solo che i dissidi e i contrasti non avranno mai termine, ma lo stesso matrimonio sarà inesorabilmente rovinato, e rovinato per sempre.
 
2. LE QUESTIONI MORALI
 
Le questioni morali riguardano essenzialmente la fedeltà coniugale. Se i due non vogliono vedere il loro sogno d’amore svanire e il disastro piombare con la sua spaventevole mostruosità, essi devono curare e mantenere con tenacia, la fedeltà coniugale. Qui, ovviamente, tocchiamo un tasto delicatissimo, quando si fa specificatamente riferimento ai rapporti extra matrimoniali, che spesso vedono coinvolti sia l’uomo che la donna. Diciamo subito che non c’è nessuna differenza se l’infedeltà coniugale è commessa da parte del marito o viceversa. Dal momento che i due si trovano sullo stesso piano di diritti e di responsabilità, va da sé che l’infedeltà dell’uno lede l’altro e ci si danneggia reciprocamente, specie se si ha soprattutto il senso del rispetto reciproco e se si tiene ad avere una buona e sana moralità.
 
Il divieto: ...Non desidererai la moglie del tuo prossimo... (Esodo 20:17), (sicuramente a scopo sessuale), che si trova nei dieci comandamenti, deve essere tenuto in somma stima, dato che Dio, conoscitore della natura umana con tutte le sue debolezze, con questa norma, vuole salvaguardare l’unione matrimoniale davanti all’imperversare di ogni rapporto sessuale al di fuori del matrimonio e portare equilibrio nell’ambito della famiglia. Anche se le parole del divieto fanno riferimento all’uomo, non per questo la moglie deve considerarsi esclusa. Dio, infatti, non fa nessuna differenza tra l’uomo e la donna; come viene trattato l’uno viene anche trattato l’altra.
 
Se per il marito è peccato il desiderare la moglie del suo prossimo, lo deve essere anche per la sposa, lo sposo di un’altra. Quando uno dei due trasgredisce la legge di Dio, il trasgressore si rende responsabile davanti a Lui. Ciò nonostante, non si può negare l’effetto negativo che si ripercuoterà nella vita dell’altro coniuge rimasto fedele, quando si pensa che vengono toccati da vicino i sentimenti affettivi, che stanno alla base di ogni legame matrimoniale. Valuto in questo senso, si capisce subito quanto sia importante per gli sposi, mantenersi fedeli l’uno verso l’altro.
 
1) LE PAROLE DI GESÙ - L’INCISO DI MATTEO 5:31,32 [R. Bultmann,  sostiene che Matteo avrebbe operato un’ottima correzione formale in base alla sua formazione di scriba  ( F. Hauck; S. Schulz, GLNT,(Grande Lessico del Nuovo Testamento), Vol. X, col. 1447 nota 65). La forma più semplice di Marco e Luca, viene ritenuta da diversi, come la tradizione più antica].
 
Quando si è davanti ad un chiaro caso d'infedeltà coniugale, ci si chiede con ragione se il matrimonio può essere rotto o annullato, e pensare quindi ad una nuova unione oppure se sarà possibile continuare con ess. Tutto, ovviamente, dipenderà dall’impostazione che se ne farà e come si considererà il fallo del coniuge infedele. Diciamo subito che, se un coniuge infedele viene considerato come un comune peccatore, che umiliato e pentito va a Dio in cerca di perdono, può essere trattato nella stessa maniera, cioè può essere perdonato. Dal momento che si è disposti a guardare il problema sotto questo profilo, ogni altra valutazione non ha senso, dato che viene a mancare del sostegno della Parola di Dio. Prima però di proseguire nella nostra esposizione, è meglio che ci rifacciamo alle parole dell’evangelista Matteo.
 
È stato pure detto: chiunque ripudia la la propria moglie, le dia l’atto del divorzio. Ma io vi dico: chiunque manda via la la propria moglie, eccetto che in caso di fornicazione, la fa essere adultera, e chiunque sposa una donna ripudiata, commette adulterio.
 
La prima cosa che dobbiamo evidenziare è il fatto che Gesù, pur parlando di ripudio, non usa una formula di obbligatorietà. Quest'elemento, a dire il vero, non è secondario e privo di significato, ha addirittura un enorme peso in tutta l’argomentazione per capire meglio la parola del Maestro. Se Gesù avesse prescritto l’obbligo del ripudio, questa sua normativa avrebbe perentoriamente precluso ogni possibilità di perdono e di convivenza; ogni qualsiasi argomentazione non avrebbe senso e noi non avremmo nessun diritto di cercare di modificare la Sua parola. Ma poiché Egli non l’ha dato, resta aperta la prospettiva di un perdono e di una riconciliazione, atti a far continuare il matrimonio nel suo normale corso, sotto buoni auspici, soprattutto in vista della volontà divina. Viceversa, se un marito non se la sente di sopportare il torto di una moglie infedele e la vuole mandar via, egli agisce nel suo pieno diritto, poiché Gesù chiaramente ammette quest'eccezione (la sola, in caso di fornicazione).
 
Se poi, in base a questo dato di fatto, si passa al quesito della necessità e della validità di un secondo matrimonio, si affronta un argomento che non trova tutti d’accordo, dato che il testo di Matteo 5:32 non lo dice chiaramente (ma neanche lo esclude recisamente). Per avere una panoramica completa di tutto quello che Gesù disse su questo spinoso argomento, è necessario esaminare le Sue parole, e prima ancora il ripudio che prescriveva l’A.T.
 
Il ripudio secondo la norma dell’A.T.
La frase:  
 
È stato pure detto: chiunque ripudia la la propria moglie, le dia l’atto del divorzio Matteo 5:31).  
 
È sicuramente una chiara allusione alla norma contenuta in (Deuteronomio 24:1-4) da cui trae origine, poiché in nessun'altra parte dell’A.T. si parla nella maniera specifica e circostanziata come fa questo testo. Eccolo:  
 
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #26 Data del Post: 23.12.2013 alle ore 06:24:16 »

Quando uno prende una donna e la sposa, se poi avviene che essa non gli è più gradita perché ha trovato in lei qualcosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio, glielo dia in mano e la mandi via da casa sua;
se lei esce dalla sua abitazione e va e diviene moglie di un altro uomo, se quest’ultimo marito la prende in odio, scrive per lei un libello di ripudio, glielo dia in mano e la manda via da casa sua, o se quest’ultimo marito che l’aveva presa in moglie viene a morire, il primo sposo che l’aveva mandata via non potrà riprenderla in sposa, dopo che è stata contaminata perché questo è un abominio agli occhi dell’Eterno;  
e tu non macchierai di peccato il paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in eredità
.
 
Ecco l’interpretazione che davano di questo testo i due esponenti maggiori di due scuole rabbiniche, Shammai e Hillel il primo più rigoroso del secondo, vedeva nella parola «vergognoso» il senso d'impurità di condotta, l’altro invece d'indecenza o di cosa che non piaceva al marito. Secondo Rabbi Aqiba poi un uomo poteva ripudiare la propria moglie quando ne trovava una più bella di lei. L’interpretazione del testo di Deuteronomio 24:1-4, aveva generato una tale casistica, che un marito poteva avvalersi di ogni capriccio che gli passava per la testa, in materia di ripudio della propria moglie. Lasciando al momento da parte l’interpretazione dei rabbini, sul testo del Deuteronomio, il libello del ripudio che veniva consegnato nelle mani della donna, non serviva come attestazione di colpevolezza per un peccato di adulterio commesso (perché per questo tipo di peccato, la legge prevedeva, non il perdono, ma una severa condanna a morte (Numeri 5:31; Dueteronomio 22:22), ma un certificato di innocenza comprovante che se questa donna voleva contrarre un nuovo matrimonio, lo poteva liberamente fare. Infatti, in ogni atto di ripudio, sottoscritto da due testimoni, si leggeva: «Ecco, tu sei consentita a chiunque», oppure: «Puoi andare, per farti prendere in moglie da chiunque, a tuo piacimento» [R. Pesch, Il vangelo di Marco II, pp. 192-193, Paideia Brescia 1990. Il formulario di un atto di divorzio è riportato in Billerbeck, I, 311].  
 
Non era prevista nessuna punizione, se la donna ripudiata si risposava, in tal caso però, la norma stabiliva, in una maniera precisa e categorica che, se il primo marito, voleva ritornare a vivere con lei, dopo che questa si era risposata, non aveva nessun diritto a riprendersela, per il fatto che col secondo matrimonio contratto, la moglie era stata contaminata, e, per l’Eterno, era considerato un abominio e una macchia di peccato per il paese, da non tollerare.
 
Quando poi si passa ad analizzare il testo di Matteo 5:32:  
Ma io vi dico: chiunque manda via la la propria moglie, eccetto che in caso di fornicazione, la fa essere adultera; e chiunque sposa una donna ripudiata, commette adulterio.
 
Non solo si nota la differenza tra la forma di quello che è stato «detto», con: «Ma io vi dico...», appare anche chiaro il fatto che Gesù autorizza il ripudio. Chiarito e precisato in questi termini, non esiste nessun’altra causa di questo permesso a ripudiare la propria moglie, eccetto che per solo caso di fornicazione. Gli esegeti, hanno cercato di sapere se Cristo, con la concessione del ripudio in caso di fornicazione, accettava l’interpretazione di Shammai e respingeva quella di Hillel. A noi sembra, data la diversa situazione tra la legge di Mosè e quello che diceva Cristo, che Questi, cioè Gesù, pur tenendo presente ciò che era stato detto, in anticipo, preferisse far conoscere le leggi del Suo regno, senza pensare di farla coincidere con l’interpretazione di Shammai e respingere quella di Hillel, in modo che gli uomini potessero avere una base diversa, rispetto a quello che aveva concepito l'essere umano.
 
Facendo un confronto della norma di (Deuteronomio 24:1-4) con quella di (Matteo 5:32), appare chiaro che Gesù, con la Sua parola, dà una nuova direttiva a tutta la faccenda del ripudio ed apporta un sostanziale cambiamento. L’interpretazione di fare rientrare nel «vergognoso» di (Deuteronomio 24:1) solo i peccati di fornicazione, come sosteneva la scuola di Shammai, non ci sembra che possa essere sostenuta, senza alterare la chiara condanna prevista dalla legge per il peccato di adulterio, – non il ripudio, né un atto di clemenza –, ma la pena capitale. Facendo le dovute considerazioni e, soppesando il dato biblico, la logica e la coerenza, non ci permettono di fare rientrare nel «vergognoso» di Deuteronomio 24:1, il peccato di adulterio, senza infrangere la legge stessa che lo puniva con estrema severità. Per darne la dimostrazione, esaminiamo il testo del Deuteronomio 22:13-30, in cui c’è tutta la descrizione delle varie situazioni in materia sessuale.
 
Un matrimonio regolare
 
Nei vv. 13-21 si parla di un uomo che sposa regolarmente una donna e con lei consuma il suo rapporto sessuale. Dopo, però, accusa la moglie di non averla trovata vergine, e, appellandosi agli anziani della città, cerca di farsi fare da loro giustizia. Gli anziani della città, però, davanti a quella grave accusa, prima di giudicare quel caso, vogliono prima sentire i genitori di quella sposa. Se i genitori della sposa, potranno dimostrare i segni della verginità della loro figlia, attraverso lo «spiegamento del panno», la coniuge sarà dichiarata innocente, e il marito sarà punito «con battiture». Dato però, che quel marito.
 
Ha sparso una cattiva reputazione su una vergine d’Israele, gli imporranno un’ammenda di cento sicli d’argento, che darà al padre della giovane;  
così essa rimarrà sua moglie ed egli non potrà mandarla via finché vive.  
Ma se la cosa è vera e nella giovane non sono stati trovati i segni della verginità, allora faranno uscire la fanciulla all’ingresso della casa di suo padre e la gente della sua città la lapiderà con pietre, ed essa morirà, perché ha commesso un atto infame in Israele, facendo la prostituta in casa di suo padre. Così estirperai il male di mezzo a te
(vv. 19-21).  
 
Un uomo che si corica con una donna maritata
 
Se un uomo viene trovato coricato con una donna maritata, moriranno entrambi; l’uomo che si è coricato con la donna e la donna. Così estirperai il male di mezzo a te (v. 22).
 
Qui abbiamo un classico esempio di adulterio o d'infedeltà coniugale, come si vuole chiamare.  
 
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #27 Data del Post: 23.12.2013 alle ore 06:25:54 »

Una vergine fidanzata
 
Se una vergine fidanzata viene violentata in un centro abitato, la prescrizione dice:
Li condurrete ambedue alla porta della città e li lapideranno con pietre, ed essi moriranno; la fanciulla perché, pur essendo in centro abitato, non ha gridato, e l’uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così estirperai il male di mezzo a te (v. 24).
 
Mentre se lo stesso atto viene commesso «in campagna», la giovane fidanzata viene scagionata da ogni responsabilità e l’uomo viene condannato a morte, per aver violentata quella promessa sposa (vv. 25-27).
 
Un uomo che violenta una fanciulla vergine non fidanzata
 
Per questo tipo di reato, all’uomo che commette quest’atto, viene imposto di pagare un’ammenda di cinquanta sicli d’argento al padre della fanciulla.
E lei sarà sua moglie, perché l’ha disonorata e non potrà mandarla via finché egli vive (vv. 28-29).
 
Qualunque sia l’interpretazione giusta del «vergognoso» di Deuteronomio 24:1, messa a confronto con il ripudio di cui parla Gesù, non c’è nessun accenno che la donna infedele venga punita. Ecco, in che cosa consiste la nuova direttiva di Gesù e la sua innovazione. Mentre secondo la legge di Mosè il peccato di adulterio veniva condannato a morte, con la legislazione del Suo regno, l’adultera non viene condannata per questa trasgressione da Gesù (Cfr. Giovanni 8:11), e ciò in accordo con la sua missione di ...cercare e salvare ciò che era perduto (Luca 19:10).  
 
«È dunque necessario mantenere un certo equilibrio tra la rigida interpretazione della scuola di Shammai e quella molto meno severa di Hillel. Dobbiamo supporre qualche cosa di vergognoso ed offensivo che offre al marito un legittimo motivo di dispiacere e disapprovazione» [J. Murray, Il divorzio, p. 19, Voce della Bibbia, Modena 1971. È probabile quello che qualcuno dice: «Non è improbabile che l’espressione indicasse qualche grave indecenza, qualche particolare anormalità che potesse suscitare repulsione nel marito e rendere impossibile per lui la convivenza con la moglie»].
 
IL SIGNIFICATO DEL TERMINE FORNICAZIONE (GRECO = “[b]porneia” )[/b]
 
L’interpretazione del termine greco “porneia”, degli incisi di (Matteo 5:32 e 19:9), non è stata unanime nel corso dei secoli; le diverse soluzioni che sono state proposte, ne sono una prova lampante.  «Sono state dedicate intere biblioteche per gli incisi di Matteo». Per avere un’idea delle varie soluzioni che gli esegeti hanno proposto, riferiamo alcune di loro, come segue.
 
Soluzione preteritiva:  
 
[L’intestazione dei paragrafi: a) Soluzione preteritiva; b) Il senso inclusivo; c) Unioni vietate dal Levitico (Levitico 18:6-18; d) Una condotta lasciva della moglie; Infedelta’ a Dio, sono ripresi dal libro di G. Cereti: Divorzio nuove nozze e penitenza nella chiesa primitiva]
«non parla ora del caso di adulterio...ne parlerò altrove» fatta risalire ad Agostino, ma recentemente ripresa da altri autori. «Se la domanda dei Farisei in Matteo 19 riguarderà proprio questo punto, non è plausibile che la risposta abbia lasciato da parte proprio questo caso. Le difficoltà grammaticali che si sollevano contro tale soluzione sono comunque decisive » [G. Cereti, Divorzio nuove nozze e penitenza nella chiesa primitiva, p. 91, Dehoniana Bologna 1997].
 
Il senso inclusivo
 
Quest'interpretazione legge il nostro testo nel seguente modo: «Chiunque licenzia la propria donna – nemmeno in caso di fornicazione (la deve ripudiare)...» (interpretazione cara e sostenuta dalla chiesa Cattolica Romannon è grammaticalmente possibile, per il fatto che richiederebbe (come giustamente ha detto qualcuno) «un’eccessiva ginnastica grammaticale e linguistica» [J. Gnilka, Il vangelo di Matteo I, p. 256, Paideia Brescia 1990]. Per sostenere una simile lettura, non si può provare col greco biblico o profano, in particolare, che nessun autore di lingua greca nel corso dei primi secoli non abbia mai sospettato che fosse possibile una lettura di questo genere.
 
Unioni vietate dal Levitico (Levitico 18:6-18) 4075
 
[L’interpretazione rabbinica diceva che in base a Levitico 18:6-18 tutti i matrimoni ivi vietati fra parenti sono unioni impure ]
 
Questa soluzione cerca di dare il senso di unioni vietate al termine “porneia”, secondo il testo del (Levitico 18:6-18) e si sforza anche di farlo coincidere con l’interpretazione che ne davano i giudei. Inoltre, si cerca anche di metterlo in relazione col decreto apostolico, secondo (Atti 15:29), per giustificarlo nel contesto di quella decisione, e, principalmente come riferimento alle parole: imporvi alcun altro peso (Atti 15:28), per fare rientrare il divieto apostolico in questo senso. Qualcuno, in merito a questa soluzione, la definisce «seria considerazione» [J. Gnilka, Il vangelo di Matteo I, p. 256, Paideia Brescia 1990]; altri la stima «in complesso, soddisfacente» [G. Miegge, Il sermone sul monte, p. 127, Claudiana Torino 1970] mentre qualcuno non esita affermare che «sul piano puramente esegetico, non è del tutto esente da difficoltà» [G. Cereti, Divorzio  nuove nozze e penitenza nella chiesa primitiva, p. 96, Dehoniana Bologna 1977].
 
Una condotta lasciva della moglie
 
Secondo quest'interpretazione, “[b]porneia[/b]” non significa un atto singolo (adulterio), ma piuttosto un comportamento sessuale particolarmente vergognoso. Si tratterebbe in pratica di «un comportamento sessuale vicino alla prostituzione, o per lo meno di un adulterio frequentemente ripetuto» [“[b]porneia[/b]”, negli incisi di Matteo 5:32 e 19:9, qualcuno suggerisce di intenderlo nel senso di rapporto sessuale extra-coniugale della donna, praticamente adulterio (GNLT, (Grande Lessico del Nuovo Testamento), Vol. X, col. 1448). Per Fridrichsen si tratta di un rapporto prematrimoniale (GLNT, (Grande Lessico del Nuovo Testamento), Vol. X, nota 74), mentre per K. Bornhäuser «una sessualità sfrenata, forse perversa» (GLNT, (Grande Lessico del Nuovo Testamento), Vol. X, col. 1449)].  
 
Infedeltà a Dio
 
Secondo questa soluzione, “porneia” avrebbe il significato d'infedeltà a Dio, nel senso veterotestamentario, come i profeti che spesso hanno considerato Israele caduto nel peccato di adulterio, soprattutto per descrivere lo sviamento e l’allontanamento di questo popolo da Dio. (Cfr. per Esodo Isaia 23:17 e Nahum 3:4).  
 
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #28 Data del Post: 23.12.2013 alle ore 06:27:12 »

C. Buzzetti, nel suo Dizionario GRECO-ITALIANO, definisce “[b]porneia[/b]”: «Impudicizia, immoralità (di tipo sessuale prostituzione (non siamo bastardi (Giovanni 8:41), adulterio, oppure concubinato (Matteo 5:32; 19:9)»; mentre il VOCABOLARIO GRECO-ITALIANO, parla di «Prostituzione; adulterio; idolatria».
 
Davanti a questa varietà interpretativa, bisogna vedere qual è il senso che ha il termine greco “porneia” nel N.T. e negli incisi di Matteo in modo particolare. Senza dover ricorrere all’A.T. possiamo dire senza tema di sbagliare che “porneia” nel N.T. ha due significati: 1) rapporto sessuale extra matrimoniale; 2) traviamento e infedeltà a Dio. Se si passano in rassegna i venticinque casi che il N.T. registrano, e si tiene soprattutto presente il contesto nel quale il termine “porneia” viene adoperato, si può benissimo capire il senso che lo scrittore sacro dava alla parola in questione, senza dover ricorrere ad interpretazioni che potrebbero essere definite in relazione ad un determinato punto di vista in parte giustificabile, per convalidare una certa tendenza teologica. La statistica del N.T. è la seguente:
 
1)
Vangeli: (5), Matteo 5:32; 15:19; 19:9; Marco 7:21; Giovanni 8:41.
2)
Atti: (3) 15:20,29; 21:25.
3)
Paolo: (10) 1 Corinzi 5:1; 6:13,18; 7:2; 2 Corinzi12:21; Galati 5:19; Efesini 5:3; Colossesi 3:5; 1Tessalonicesi 4:3.
4)
Apocalisse: (7) 2:21; 9:21; 14:8; 17:2,4: 18:3; 19:2.  
 
I testi apocalittici, (escluso 9:21), appartengono al secondo significato; mentre tutti gli altri appartengono al primo. L'Iezabel di cui parla il testo di 2:21, pur facendo riferimento alla donna di (1 Re 21:25), è pur vero che non può trattarsi di lei, perché morta da parecchio tempo, ne consegue che deve intendersi di un atteggiamento seduttore che impersonava la moglie di Achab; quindi, “[b]porneia[/b]”, in questo passo, non può avere il senso di «un rapporto sessuale extra matrimoniale»), il suo significato traslato si impone d’obbligo. Se dobbiamo stare ai dati e al contesto di tutto il N.T. non è possibile fare entrare, negli incisi di (Matteo 5:32; 19:9, l’interpretazione rabbinica di Levitico 18:6-18).
 
Anche se accettiamo che Matteo scrisse il suo evangelo per i Giudeo-cristiani, quindi con una mentalità giudaica, resta sempre insuperabile e inspiegabile la seria difficoltà, circa l’interpretazione che dava al termine greco «”porneia”» la chiesa dei primi secoli. È certo che il senso di adulterio che unanimemente e costantemente veniva dato dalla chiesa di quel tempo al termine “porneia”, non è certamente da dimenticare e tanto meno da sottovalutare. Dovendo fare i conti con quest'interpretazione, non vediamo come si possa ribaltare questa vecchia per assegnare posto alla nuova, che non tiene presente tutto il contesto neotestamentario, per giustificare vedute e considerazioni teologiche particolari.
 
Lo stesso discorso si può fare anche per i tre testi di Atti, cioè 15:20,29 e 21:25 dei quali si è cercato di metterli in relazione col divieto di Levitico 18:6-18. La cosa che maggiormente non ci convince è: pur tenendo conto delle parole:
Infatti, è parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi alcun altro peso... (Atti 15:28),  
 
– che sicuramente c’era un chiaro riferimento a certe norme della legge di Mosè –, non sappiamo spiegarci perché gli apostoli, in un decreto così impegnativo destinato ad essere osservato dal popolo gentile che si sarebbe convertito al cristianesimo, dovevano dire delle cose velate e sottintese, se veramente avessero avuto in mente il testo del Levitico, come vorrebbe l’esegesi moderna. Non sarebbe stato meglio dirlo chiaramente e specificarlo, anziché lasciarlo alla mercé della speculazione teologica? D’altra parte, se gli apostoli, col termine “porneia”, intendevano riferirsi a quegli atti sessuali extra matrimoniali, – come del resto la logica stringente ci portava a credere –, per i gentili, anche se vivevano sotto una diversa normativa rispetto a quell'ebraica, non era difficile capire quello che gli veniva detto.
 
LA REALE SITUAZIONE DELLA DONNA RIPUDIATA E RISPOSATA
 
Si è affermato che il solo caso che Gesù riconosce il ripudio, è la fornicazione o adulterio, dato che i due termini hanno lo stesso significato e ci parlano ambedue d'infedeltà sessuale. Se una moglie non viene ripudiata da suo marito per questo specifico motivo, l’uomo non ha nessun diritto di farlo e il Signore non dà il Suo benestare se verrà fatto, poiché l’azione di ripudio non rientra nella normativa che Egli ha stabilito con la proclamazione delle leggi del Suo regno o del regno di Dio.
 
La discussione che si potrebbe fare, come del resto è stata fatta, riguarda la donna che viene ingiustamente mandata via da suo marito, cioè senza aver commesso adulterio, per stabilire se questa femmina incorre in questo peccato una volta che si risposasse. Sostenere che davanti ad un simile ingiusto trattamento, «nessuno dei due commette adulterio», perché «sono essi che hanno ricevuto un torto», è un’interpretazione insostenibile ed incoerente. Anche se il ripudio è avvenuto su una base sbagliata, stando alla parola di Gesù, la donna non è autorizzata a contrarre un secondo matrimonio, senza macchiarsi di adulterio, per il semplice fatto che il primo non è stato annullato, soprattutto davanti a Dio, anche se un tribunale ha emanato una sentenza di divorzio.
 
Dal momento che Dio considera valido il primo matrimonio a tutti gli effetti, nessun ripudio ingiustificato, può essere valido davanti a Lui. Dal momento che i due risultano legati dal vincolo matrimoniale, ogni altra unione, viene considerata da Gesù peccato di adulterio. La frase: la fa essere adultera, denota la situazione in cui viene a trovarsi una moglie o in quale pericolo viene esposta ed anche la grave responsabilità del marito per averle procurato quella situazione. Anche se questa frase è stata variamente interpretata, il senso rimane sempre inalterato: «la rende oggetto di adulterio»; «la espone alla relazione extraconiugale»; «la vota all’adulterio»; «la costringe ad essere adultera», se contrae un nuovo matrimonio.
 
Questo però non vuol dire che la donna rimanga passiva, quindi scagionata da ogni sua responsabilità. Per ogni azione che l’uomo compie, anche se vi può essere una valida giustificazione, umanamente parlando, c’è sempre una certa dose del suo volere, quindi della sua responsabilità, eccetto che non lo consideriamo come una marionetta. La categorica affermazione di Gesù: chiunque sposa una donna ripudiata commette adulterio, non permette nessuna divagazione e nessuna giustificazione può essere addotta da parte di un uomo che si sposa con una donna divorziata. Come giustamente è stato osservato dai commentatori, Matteo 5:32, stabilisce il principio dell’indissolubilità del matrimonio, e questa dovrebbe essere la norma di vita di tutta la cristianità, anche se le leggi della terra hanno instaurato il divorzio.  
 
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Re: SUL DIVORZIO, 1^ corinzi 7:27-28 CHE NE PENSAT
« Rispondi #29 Data del Post: 23.12.2013 alle ore 06:30:57 »

2) LE PAROLE DI GESÙ – L’INCISO DI MATTEO 19:3-9
 
Allora gli si accostarono alcuni Farisei per tentarlo, e gli dissero: È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?  
Ed egli, rispondendo, disse loro: «non avete voi letto che chi li creò da principio, li creò maschio e femmina?  
E disse: perciò l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà con la la propria moglie, e i due diverranno una sola carne. E così non sono più due, ma una sola carne; quello dunque che Dio ha unito insieme, l’uomo non lo separi».  
Essi gli dissero: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle un atto di divorzio e mandarla via?».  
Egli disse loro: «Per la durezza dei vostri cuori Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non era così.  
Or io vi dico che chiunque manda via la la propria moglie, eccetto che in caso di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio; e chi sposa colei che è stata mandata via, commette adulterio»
.
 
A differenza del testo di Matteo 5:32, quello di 19:3-9, oltre a presentarci la discussione che Gesù ebbe con i Farisei, presenta alcuni particolari significativi intorno al matrimonio e al problema del divorzio, soprattutto a proposito del secondo sponsalizio. Se poi il verso 9 di questo testo viene messo a confronto con i testi di Marco 10:11; Luca 16:18 e 1 Corinzi 7:39, non si può fare a meno di notare una certa differenza, non di stile ma di contenuto, che ha indotto alcuni studiosi a chiedersi se Matteo 19:9 sia originale o se debba essere considerato come un'aggiunta redazionale posteriore. Davanti ad un simile problema, conviene esaminare il testo in questione, cercare di capire la parola di Gesù, per evitare di correre il rischio di interpretarla in maniera diversa di come Lui l’ha esposta.
 
La domanda posta dai Farisei (anche se Matteo afferma che fu per tentarlo): È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo, mette in chiara evidenza la posizione di queste persone su un problema che in quei tempi era oggetto di varie discussioni, per sapere come la pensava Gesù e quale era la sua interpretazione in materia di ripudio, dato che la spiegazione delle due scuole rabbiniche non era concorde. Dalle parole che questi Farisei usino per formulare la loro domanda, sembra che condividano l’interpretazione della scuola di Hillel, il quale sosteneva che un marito poteva mandar via la propria moglie per qualsiasi motivo, anche per quello più frivolo, come per esempio se la sposa faceva bruciare il cibo e se lo stesso non fosse stato di suo gradimento.
 
Dato che la domanda fu posta per tentarlo, non possiamo stabilire con certezza quale era la loro reale convinzione in materia di ripudio. A questo punto, Giovanni Crisostomo, nel suo commentario al vangelo di Matteo, puntualizza:
 
«Ma tu osserva, anche dal modo in cui gli pongono la domanda, la loro malizia. Non dicono, infatti: tu hai comandato di non ripudiare la moglie egli, infatti, aveva già discusso su questa legge; tuttavia non ricordano quelle parole, ma prendono di là le mosse per un nuovo attacco. Pensando di sorprenderlo più agevolmente e in modo più manifesto e volendo indurlo ad una contraddizione, non gli dicono: perché hai dato questa e quella legge? Ma, come se il Cristo non avesse mai parlato su tale argomento, chiedono se è lecito ripudiare la la propria moglie, immaginando senza dubbio che egli si sia dimenticato di ciò che ha detto in precedenza. E stanno pronti – nel caso egli risponda che è lecito – a confutare la sua attuale affermazione citando le sue parole precedenti se – affermasse che non è lecito il ripudio – ad opporgli la legge di Mosè» [G. Crisostomo, Commento al vangelo di Matteo, p. 58, Città Nuova 1967].
 
Il problema posto dalla domanda non mirava a sapere se Gesù era d’accordo o meno sul ripudio, riguardava invece se Egli acconsentiva di poterlo attuare per «qualsiasi motivo», così da avvalorare o sconfessare l’interpretazione di Hillel. Senza dubbio, Gesù, conosceva le due interpretazioni di quel tempo: la rigorosa di Shammai e la lassista di Hillel. Se Egli avesse dovuto rispondere a quella domanda, nella maniera, come del resto si aspettavano i Farisei, non avrebbe dovuto fare uno sforzo eccessivo per riconoscere che in quelle parole, sulla bocca di altri, rispecchiava esattamente l’interpretazione lassista di Hillel, senza fare un lungo ragionamento per disapprovarla. Però, se Gesù avesse fatto così, avrebbe dato l’impressione di condividere quella rigorosa di Shammai, e quindi, schierarsi a suo favore.
 
La missione di Gesù non mirava a difendere una corrente di pensiero a scapito di un’altra. Lui, sapeva, infatti, che tutta la classe dirigente, sia la corrente di Shammai come quella di Hillel, non metteva in pratica la legge del Signore (Giovanni 7:19); quindi, a rigore, Gesù, non poteva essere né con l’uno né con l’altro. La Sua risposta, che poi fu una domanda, non mirava a sollevare una polemica, ma a condurre quelle persone a considerare il matrimonio fin dalla sua origine, secondo l’intenzione del creatore.
 
Quando Gesù chiede: ...Non avete voi letto che chi li creò da principio, li creò maschio e femmina, voleva forse rimproverarli, come se questi Farisei non avessero letto ciò che si trovava scritto in (Genesi 1:27; 2:24)? Certamente no! Senza dubbio, Gesù, pur sapendo che quelle persone avevano letto quei testi, voleva portarli, non solo a tenere presente il fatto che il matrimonio è l’unione di due esseri, maschio e femmina, ma che in quest'unione Dio aveva sancito la sua espressa volontà che i due restassero uniti, e che la rottura di un matrimonio, deve essere sempre considerata esclusivamente un’azione dell’uomo e solamente lui deve essere considerato il vero responsabile.
 
Impostando il discorso in quella maniera, non solo Gesù evita una sterile polemica che si poteva sviluppare, preferisce piuttosto entrare nel cuore del problema mettendone in evidenza i veri motivi, e, lasciando da parti tutte le argomentazioni umane, offre ai suoi interlocutori la possibilità di approfondire il soggetto, non su ciò che gli uomini hanno cercato di costruire, ma di fondarsi su ciò che Dio ha detto chiaramente.
 
Per una persona che non fosse stata premunita, il ragionamento di Gesù, sarebbe stato più che chiaro e convincente per accettarlo facilmente. Ma per i Farisei, quel parlare di Gesù, non portò luce nella loro mente, non perché la parola del Maestro non fosse chiara, ma perché la loro posizione era altamente preconcetta, a causa di questo, non potendo contraddire quello che Cristo aveva affermato, incalzarono con un’altra domanda:  
 
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Mi fermo per dare il tempo di leggere e fare qualche considerazione
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