KHARTUM – I due pastori sud sudanesi Yat Michael e Peter Yen Reith sono stati liberati mercoledì scorso. In giudizio sono stati condannati solo per reati per i quali avevano già scontato i tempi di pena previsti. Michael e Reith hanno dovuto affrontare sei capi d’accusa, ma di quattro, quelli che avrebbero comportato la pena di morte o l’ergastolo, non sono stati ritenuti colpevoli. «Mi sento come rinato, ormai ero in carcere da molti mesi» ha dichiarato Michael che era stato arrestato lo scorso dicembre dopo una predicazione d’incoraggiamento a una comunità evangelica di Khartoum-Bahri sulla cui area, chiesa e altri edifici connessi avevano messo gli occhi investitori musulmani.
Nel mese di gennaio era stato arrestato anche Reith, che si era presentato alle autorità preposte con una lettera del leader della chiesa evangelica presbiteriana sud-sudanese contenente una richiesta di notizie sulla sorte toccata al pastore Michael. Entrambi gli arresti erano avvenuti per opera del Servizio nazionale d’intelligence e sicurezza sudanese (Niss), condotto da islamisti radicali.
A margine della situazione dei due pastori sud-sudanesi la visita ai due detenuti concessa ultimamente dalle autorità sudanesi a un pastore statunitense che ha anche usato il suo cellulare per brevi riprese generando così, secondo alcuni osservatori, altre preoccupazioni per la sorte dei pastori sud sudanesi.
Indicativo della persecuzione sudanese a danno dei sud sudanesi (diversi dei quali continuano a risiedere al nord) il balzo del Sudan dall’undicesimo al sesto posto nell’ultima World Watch List (2015), la classifica dei cinquanta Paesi in cui i cristiani sono maggiormente perseguitati compilata dall’organizzazione evangelica a sostegno della chiesa perseguitata Porte Aperte/Open Doors. [gp]
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