Gli equivoci sulla sentenza di Strasburgo

By 23 Luglio 2015Dall'Italia

MILANO – La sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo non chiede all’Italia di approvare i matrimoni gay, come annunciato da giornali e politici. Due giorni dopo la sentenza di Strasburgo, a bocce ferme, dalla lettura del dispositivo emergono i dettagli sulla notizia che, ieri, è stata riportata con ampia evidenza ma in maniera piuttosto sbrigativa dai quotidiani nazionali. E, riferendosi alle parole della Corte, i titoli di apertura risultano falsare – se non stravolgere – la notizia, come diversi commentatori hanno segnalato, rilevando problemi di metodo e di merito.

A proposito del metodo, la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo – riassume Antonio Sanfrancesco su Famiglia Cristiana – ha espresso un parere sul caso di tre coppie di omosessuali italiani che vivono insieme da anni; una delle coppie ricorrenti si era già più volte rivolta alla magistratura italiana, ottenendo due sentenze avverse dal Tribunale di Trento e infine anche dalla Corte costituzionale, che aveva dichiarato inammissibile la richiesta, ricordando che regolamentare l’eventuale riconoscimento giuridico spettava al Parlamento italiano.

La Corte europea si limita a chiedere all’Italia di «adottare qualche forma di riconoscimento legale per questo genere di convivenze – continua Sanfrancesco -, ma senza specificare che debba trattarsi di matrimonio». Anzi, sottolinea Sanfrancesco, «un particolare omesso nei resoconti, è che la Cedu ha dichiarato “inammissibile” il ricorso delle tre coppie italiane nella parte che invoca l’articolo 12 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo (diritto al matrimonio) perché esso “non impone un obbligo agli Stati di garantire l’accesso al matrimonio a coppie dello stesso sesso come le ricorrenti”».

Esprimersi sulla materia spetta ai legislatori dei Stati nazionali e a nessun altro organo, nazionale o comunitario, aspetto che molti politici nei loro commenti hanno trascurato. «La Corte di Strasburgo – rileva la scrittrice Costanza Miriano in un commento indirizzato alla Presidente della Camera, una tra le prime autorità a esprimersi sulla sentenza – non ha alcun potere di sostituirsi al nostro Parlamento. Se la pensate diversamente, chiudete Camera e Senato, visto che servirebbero solo a eseguire ordini».

Sul merito, invece, per Massimo Introvigne del Cesnur la sentenza è «tecnicamente aberrante perché – quando stabilisce un diritto delle coppie omosessuali conviventi a vedersi riconosciute in quanto tali – rappresenta un’entrata a gamba tesa gravissima nella sfera della sovranità dei singoli Stati, che evidentemente comprende l’ambito delicatissimo della famiglia», e oltretutto «si basa anche su informazioni frammentarie e talora false. Afferma che l’opinione pubblica italiana è ampiamente favorevole alle unioni omosessuali, leggendo in modo unilaterale alcuni sondaggi e ignorandone altri, per non parlare di piazza San Giovanni e del milione di persone che sono andate in piazza a dire il contrario. Ci si chiede con quanto zelo il nostro governo abbia difeso l’Italia, che si ritrova condannata sulla base di informazioni in parte inesatte».

Polemica anche la reazione dell’associazione ProVita, organizzatrice del Family Day, secondo la quale «il Governo italiano – scrive in una nota Francesca Romana Poleggi – dovrebbe far ricorso contro la sentenza Oliari dimostrando che i diritti individuali dei conviventi sono ampiamente garantiti, senza la necessità del riconoscimento pubblico di alcun tipo di unione», anche se «ci sono poche speranze che il nostro Governo lo faccia».

Il testo della sentenza

(nell’immagine, l’aula principale della Corte di Strasburgo. Fonte: youtube)

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