Kenya, i cristiani rispondono affollando le chiese

By 5 Aprile 2015Dicembre 17th, 2020Chiesa Perseguitata

MILANO – Una massiccia partecipazione ai culti pasquali ha segnato, in Kenya, la tangibile risposta della popolazione alla strage di Garissa. L’azione terroristica del gruppo estremista somalo Al-Shabaab, che ha causato la morte di un numero ancora imprecisato di studenti cristiani deliberatamente individuati e assassinati in base alla loro fede, ha portato i credenti a riempire le chiese nonostante il trauma delle vicende di giovedì scorso e l’oggettivo pericolo, confermato dalle nuove minacce dei fanatici musulmani.

La nuova strage ha richiamato nuovamente l’attenzione dei media italiani sulla situazione dei cristiani perseguitati, dopo le drammatiche vicende che tre settimane fa hanno avuto come scenario il Pakistan. Il Corriere della Sera ha dedicato sabato uno speciale di ben cinque pagine alla persecuzione dei cristiani, ricordando tra l’altro come ogni mese nel mondo siano oltre trecento le vittime dell’intolleranza, e proprio i cristiani siano obiettivo privilegiato degli estremisti; «gli studenti kenioti, uccisi perché cristiani – ricorda in un commento Andrea Riccardi -, si affiancano ai fedeli pachistani assassinati in chiesa due settimane fa, mentre pregavano di domenica. A migliaia di chilometri, si rivela un’impressionante continuità nell’odio di chi ha l’unica colpa di portare il “nome cristiano”. Sono cittadini di Paesi differenti, hanno storie diverse o partecipano a varie confessioni (cattolici, ortodossi, protestanti e neoprotestanti). Ma tutti uccisi, solo perché cristiani, da una violenza vigliacca contro gente disarmata».

Appena il giorno prima, commentando a caldo i fatti, Vittorio Messori ricordava come i pericoli per i cristiani giungano non solo dall’islam ma anche da “comunità che la leggenda rosa occidentale rappresentava come miti, pacifiche, fraterne”, e sottolineava l’identità cattolica di buona parte dei martiri, attribuendo il motivo di questa prevalenza a un presunto carattere meno “assimilabile” del cattolicesimo rispetto “certe sette” del protestantesimo “pronte a ogni concessione” (una posizione singolare, quella dello scrittore, che evidentemente non tiene conto degli elementi storici che, attraverso i secoli e a diverse latitudini, testimoniano invece la non infrequente commistione tra cattolicesimo e contesti pagani).

Sul dramma keniota è tornato domenica Ernesto Galli della Loggia parlando della “identità fragile dei cristiani” e dell’immobilità dell’Occidente di fronte a tragedie sempre più frequenti: «anche se invochiamo “mobilitazioni” – denuncia lo storico -, anche se deprechiamo silenzi e complicità, poi in realtà non sappiamo mai come continuare il discorso, che cosa dire: perché non sappiamo che cosa fare… siamo paralizzati dal ricordo del nostro passato, la nostra opinione pubblica è trattenuta da mille scrupoli religiosi, da mille cautele filantropiche, da mille obiezioni legalistiche, da mille timori circa le conseguenze politiche. La disumanità avversaria, insomma, può sempre contare sulla nostra coscienziosa umanità; la barbarie anticristiana farsi forte dell’incivilimento cristiano: almeno oggi».

La Pasqua di paura dei cristiani “dal Kenya a Baghdad” è stata seguita ampiamente anche sulla Stampa dall’inviata Francesca Paci con una panoramica sulle aree più pericolose in particolare tra Asia e Africa, e ricordando le 4344 vittime del 2014, dieci al giorno. Uno stillicidio che assume una prospettiva ancora più inquietante in base ai risultati di una ricerca del centro studi americano Pew Forum, che rimarca la apparentemente inarrestabile marcia dell’islam che, a questi ritmi, nel 2070 si presenterà come la prima religione al mondo.

«Si direbbe – chiosa Lorenzo Mondo domenica sul quotidiano torinese – che gli assassini ubbidiscano oscuramente a un disegno perverso, quasi diabolico.
Che tendano da un lato a distruggere le reliquie del cristianesimo nelle aree delle sue origini e del primo insediamento; dall’altro a devastare le terre di più recente inseminazione, di più vigoroso sviluppo della fede. Nel mezzo stanno i paesi dell’Occidente, che hanno smarrito in buona parte il senso della loro eredità».

In questo contesto, in particolare, stride la posizione francese, definita da Cesare Martinetti una “laicité integralista” che «in nome della libertà di espressione» dà il diritto di insultare i cristiani, e nel contempo «in nome della laicità» non dà ai cristiani la possibilità di difendersi esprimendo le proprie convinzioni.

(foto tratta dal Christian Post)

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