WASHINGTON – «Farò tutto il possibile per riportare tuo padre a casa per il 17 marzo»: questa la promessa di Obama a Jacob, figlio di Saeed Abedini, pastore evangelico detenuto in Iran da due anni e mezzo. Mercoledì scorso, nel corso della sua visita a Boise, nell’Idaho, il presidente americano ha voluto incontrare la famiglia di Abedini, la moglie Naghmeh e i figli Jacob (6 anni) e Rebekka (8), per rassicurarli sull’impegno della sua amministrazione per una rapida liberazione del loro caro. Obama ha trascorso una decina di minuti con gli Abedini in un ufficio dell’Università statale di Boise, un incontro che ha sollevato la moglie del pastore: «questo incontro ha significato moltissimo per me – ha dichiarato a margine dell’incontro – e mi ha restituito un rinnovato senso di speranza».
Naghmeh ha raccontato che Obama, appena entrato, le ha assicurato che il rilascio di Saeed è per lui una priorità, tanto da avere accennato alla vicenda nel corso della storica telefonata con il presidente iraniano Rouhani, a settembre 2013.
Al termine della visita il figlio Jacob ha chiesto al presidente «potrebbe portare a casa papà per il mio compleanno?» e Obama, dopo aver chiesto la data, ha assicurato che metterà «tutto l’impegno possibile» per riportare suo padre a casa per il 17 marzo.
Secondo l’American Center for Law and Justice, organizzazione umanitaria che si occupa della vicenda, l’arresto di Saeed, cittadino americano, è frutto di un errore giudiziario e la visita di Obama alla famiglia «lancia un messaggio importante agli iraniani: è ora di rilasciare Saeed e di consentirgli di tornare dalla sua famiglia».
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(nella foto di repertorio, Saeed Abedini e il figlio Jacob)
