Usa, i millennials e la Bibbia

By 14 Novembre 2014Esteri

WASHINGTON – È opinione corrente che la Bibbia sia e rimanga il bestseller che quasi nessuno legge. Non è il caso dei millennials statunitensi, la nuova generazione tra i 18 e i 30 anni, la prima cresciuta in un ambiente digitale, coinvolta nel movimento InterVarsity Christian Fellowship, omologo dei Gruppi biblici universitari italiani. Proprio da questi giovani che vivono di tecnologia, cresciuti in un ambiente digitale, risulta che la Bibbia è “letta” preferibilmente su carta stampata, studiata per assimilarla lasciandosi trasformare da valori che loro trovano innovatori perché riescono a cambiare la visione corrente del mondo e delle cose.

È dai tempi della generazione nata dopo la Seconda guerra mondiale, seguita poi dai baby boomers, da generazione X e ora dalla nuova generazione dei nati negli anni Ottanta che il movimento studentesco cristiano statunitense (così come l’italiano) concentra la sua attenzione sullo studio della Bibbia.

Sui millennials e la Bibbia il sito Mission Network riporta una ricerca condotta dal gruppo Barna per conto di InterVarsity e dell’American Bible Society. Implementata dai ricercatori di InterVarsity Terry Linhart e Jen Bradbury, l’indagine rileva un certo scetticismo tra i non cristiani, ma nel complesso la maggior parte dei giovani tiene ancora la Bibbia in grande considerazione: quasi la metà crede che la Bibbia sia d’interesse attuale (21%) e ispirata da Dio (27%), solo un quarto legge la Bibbia almeno una volta la settimana. Ma tra gli intervistati appartenenti a InterVarsity l’87% legge la Bibbia almeno una volta la settimana: lettura e preghiera sono le due principali discipline spirituali praticate.

Nella settimana precedente il sondaggio, il 98% si è impegnato in letture della Bibbia al di fuori di una funzione religiosa. Il motivo principale per cui leggere la Bibbia è risultato “per acquisire guida e saggezza”. Linhart ha rilevato che quasi il 90% degli intervistati partecipava a un piccolo gruppo di studio settimanale, e tra questi solo il 50% era coinvolto in momenti comunitari di studio, prima di venire in contatto con il movimento cristiano studentesco. Intraprendendo lo studio delle Sacre Scritture, la loro definizione della Bibbia è cambiata da “limitante” a “vivificante”.

Il coinvolgimento in InterVarsity ha modificato anche le abitudini personali: la percentuale di quanti studiano personalmente la Bibbia dopo essere entrati nel gruppo sale dall’11% al 40%. Gli intervistati hanno riferito che lo studio della Bibbia ha rafforzato la loro fede e che «la comprensione delle Scritture porta alla fiducia, a un entusiasmo spirituale volto alla trasformazione e alla crescita personale».

«Abbiamo lo studio della Bibbia nel nostro dna» ha dichiarato Lindsay Olesberg, coordinatore delle interazioni tra studenti di InterVarsity, commentando i dati che confermano la validità di un progetto nato nell’immediato dopoguerra: i piccoli gruppi di studio biblico dei Campus universitari statunitensi, rivolti all’evangelizzazione e al discepolato, promossi e guidati dagli stessi studenti, funzionano anche nell’epoca digitale dei millennials evangelici. [gp]

(Foto da InterVarsity, Madison)

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