Pyongyang: «sì, i centri di detenzione esistono»

By 11 Ottobre 2014Chiesa Perseguitata

NEW YORK – Per la prima volta un alto esponente della Corea del Nord ha ammesso ufficialmente l’esistenza dei luoghi di detenzione conosciuti nel mondo come i famigerati gulag dove da decenni vengono deportati i “nemici del popolo”, tra cui i cristiani, insieme alle loro famiglie.

L’ammissione è giunta da parte di un funzionario, Choe Myong Nam, in replica a un rapporto delle Nazioni Unite sul rispetto dei diritti umani in Corea del Nord; l’esponente smentisce tuttavia che si tratti di campi di lavoro o che le condizioni di vita siano quelle denunciate: la definizione usata dal funzionario parla di semplici «centri di detenzione dove i cittadini vengono convinti a migliorare i propri pensieri e ragionare sui propri errori», ma è comunque un passo notevole per un regime che fino a ieri ha sempre negato anche la semplice esistenza di questi luoghi, almeno cinque, testimoniata da informatori e confermata dalle immagini satellitari.

Choe Myong Nam, riporta Asianews, nel corso dell’audizione all’ONU ha denunciato di rimando “la pressione di forze esterne” che penalizzano l’economia del suo Paese, liquidando il rapporto delle Nazioni Unite come “l’ennesimo tentativo condotto da forze ostili di usare i diritti umani per denigrare l’immagine e l’ideologia scelte dal popolo coreano”.

Secondo un esponente sudcoreano, la cui testimonianza viene citata dall’Osservatore romano di oggi, «in base al materiale proveniente da istituti di ricerca nazionali ed esteri, e all’analisi delle immagini satellitari, l’area totale dei campi di prigionia del regime comunista nordcoreano è risultata essere di 1.247 chilometri quadrati», una superficie doppia rispetto alla capitale sudcoreana Seul.

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