La libertà di Asia Bibi appare distante

By 29 Luglio 2014Rassegna Stampa

LAHORE (Pakistan) – Sul caso grava l’ombra dell’omicidio di un giudice, ucciso perchè ha assolto due cristiani ritenuti blasfemi. Nessuno dei magistrati di oggi ha dimenticato e potrà mai cancellare dalla mente quell’omicidio, che è stato un chiaro avvertimento.

LAHORE (Pakistan) – Se Meriam è salva, per Asia Bibi la fine dell’incubo è e resterà molto lontana. Dopo il rilascio e il “lieto fine” della vicenda della donna sudanese che ha incontrato Papa Francesco, in molti hanno rivolto il pensiero a un’altra donna e madre ingiustamente condannata a morte: Asia Bibi, in carcere da cinque anni in Pakistan. Asia, condannata in primo grado per presunta “blasfemia”, è in attesa dell’avvio del processo di appello davanti all’Alta Corte di Lahore.

Per il prete pakistano Bernard Inayat, intellettuale e giornalista, direttore del magazine di Lahore “The Christian View”, la situazione di Asia non promette, realisticamente, nulla di buono. Dall’osservatorio che conduce, Inayat segue da molto vicino, con assidui contatti diretti, la vicenda di Asia e quella di un altro cristiano condannato morte per fase accuse di blasfemia, Sawan Masih. La visione che consegna a Vatican Insider non vede spiragli di risoluzione immediata: “Rispetto a Meriam, la situazione di Asia Bibi è ben diversa. Le pressioni in Pakistan sono fortissime e la legge sulla blasfemia (che punisce con la pena di morte il vilipendio al Corano e al profeta Maometto, ndr) è intoccabile. Per questo, anche i cristiani, presa coscienza di ciò, hanno scelto la strada di proporre almeno delle modifiche procedurali, per fermare gli abusi. Infatti la legge, per come è fatta, è un comodo strumento per accusare chiunque, in qualsiasi luogo, volendosene liberare, grazie a falsi testimoni”.

«In particolare, sul caso di Asia – spiega il direttore – pesa l’ombra dell’omicidio di un giudice dell’Alta Corte. Dopo aver assolto nel 1994 i due cristiani Rehmat Masih e Salamat Masih, tre anni più tardi il giudice musulmano Arif Iqbal Bhatti è stato brutalmente assassinato nella sua stanza all’Alta Corte di Lahore. Nessuno dei magistrati di oggi ha dimenticato e potrà mai cancellare dalla mente quell’omicidio, che è stato un chiaro avvertimento. Molti giudici non approvano la legge sulla blasfemia e sanno che Asia è innocente. Ma nessuno vorrà mai giudicare e assolvere Asia Bibi, perché farebbe la stessa fine di Arif Iqbal Bhatti. In questo stato di cose, assisteremo a una eterna litania di rinvii per quel processo. Nessuno sa se e quando il caso sarà mai calendarizzato e discusso in aula».

Sulla controversa legge di blasfemia, di cui Asia Bibi è vittima, Inayat propone due emendamenti procedurali: «Quando c’è un caso di supposta blasfemia, bisogna porre in stato di fermo l’accusato e il suo accusatore, per stabilire chi sia la vittima. E l’indagine va svolta da un Soprintendente di polizia, non da agenti di rango più basso. Solo dopo l’indagine, può essere registrata una denuncia ufficiale (First information report), a carico dell’uno o dell’altro. Si potranno frenare gli abusi della legge se chi accusa falsamente rischierà pene simili a chi commette il reato». […]

di: Paolo Affatato
da: VaticanInsider/LaStampa.it – L’articolo completo
data: 28/7/2014

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