"Perdono": gli evangelici e la richiesta di Bergoglio

By 28 Luglio 2014Dall'Italia

CASERTA – La semplicità di una sala di culto in costruzione ha ospitato la visita di papa Francesco alla Chiesa della Riconciliazione: un cantiere en plein air, con il suggestivo sottofondo delle cicale dai campi circostanti, ha fatto da cornice alla visita di cortesia che si è trasformata in un momento storico.

A Caserta 350 persone hanno accolto l’arrivo di papa Bergoglio, amico di vecchia data del pastore casertano Giovanni Traettino. Bergoglio, che ha restituito la visita di Traettino a Santa Marta dell’estate scorsa, ha chiesto di assistere a un culto evangelico e ha voluto essere presente in via Feudo di San Martino «superando in un colpo solo le complicazioni protocollari», come ha spiegato Traettino nell’introdurre l’ospite.
Il Padre Nostro e la lettura del Salmo 16 hanno aperto l’incontro, proseguito con canti di lode e quattro testimonianze di vite salvate da depressione, droga, ludopatia attraverso l’intervento di Dio.

Bergoglio ha partecipato e assistito con attenzione ai diversi momenti di un culto che non è stato di maniera. Ci si sarebbe potuti aspettare parole di cortesia e scambi di complimenti, e invece – pur nel contesto della proverbiale ospitalità campana – Traettino non ha avuto paura di toccare tasti scomodi, fatti di un passato nemmeno troppo remoto dove i pentecostali venivano perseguitati da un regime dittatoriale, sotto lo sguardo di una chiesa cattolica non certo dispiaciuta del trattamento di favore adottato nei suoi confronti a discapito delle altre realtà cristiane. Un atteggiamento che, insieme alle disposizioni di legge (la circolare conosciuta con il tristemente noto nome del sottosegretario agli Interni Buffarini Guidi), continuò a produrre conseguenze fino a metà degli anni Cinquanta e anche oltre, attraverso l’arresto di ministri di culto e sequestri arbitrari dei locali di riunione. Una ferita ancora viva nel ricordo dei pionieri pentecostali e dei loro discendenti.

In questo contesto il concetto di “riconciliazione”, il termine che campeggia dietro al pulpito e risuona con frequenza nella sala, assume un significato più intenso. Il percorso della riconciliazione a volte passa anche per il Calvario, ammette Traettino, attraverso l’incomprensione, ma non deve impedirci di “fare spazio all’amore”.

Papa Francesco, parlando a braccio, raccoglie la sfida. Apre con il suo stile da predicatore evangelico lanciando l’invito a non essere “cristiani fermi”, perché «chi non cammina si corrompe, come l’acqua ferma». Parla (spesso) di Spirito Santo, che «fa la diversità nella chiesa, ma lo stesso Spirito fa l’unità». Si schiera a favore di un vangelo “della carne”, concreto, quello dei bisogni del prossimo, perché «non si può predicare un vangelo puramente intellettuale».

Cita Giuseppe, venduto dai fratelli per invidia. «Invidia e gelosia ci hanno diviso come i fratelli di Giuseppe», riflette, prima di pronunciare le storiche parole: «come pastore della chiesa cattolica io vi chiedo perdono. Perdono per quei fratelli e sorelle cattolici che non hanno capito, che sono stati tentati dal diavolo e hanno fatto come i fratelli di Giuseppe». E conclude: «Prego Dio che ci dia la grazia di riconoscere e perdonare». Per andare avanti, per “trovare Gesù” con l’entusiasmo dei primi discepoli, per proseguire il cammino della santità cristiana “lasciandosi incontrare da Gesù”.

Proprio per fare questo passo avanti papa Francesco è a Caserta. E anticipa le obiezioni: «Qualcuno sarà stupito: il papa è andato dagli evangelici! Sì, sono andato a trovare fratelli!»
«Siamo profondamente grati», commenta Traettino dopo l’intervento di Bergoglio, prima di chiudere l’incontro così com’era iniziato: nella semplicità di un cantiere, si alza la semplicità di un Padre Nostro.

LE REAZIONI – Prevedibilmente vario il registro delle reazioni evangeliche all’incontro di Caserta. Anticipa tutti il commento l’Alleanza Evangelica Italiana che, dopo aver promosso alcuni giorni fa una dichiarazione congiunta sul tema, per bocca del suo vicepresidente Leonardo De Chirico rileva come «È cambiato l’atteggiamento della chiesa romana, non la sostanza. La chiesa cattolica non è intervenuta in nessuno degli ambiti che, cinque secoli orsono, hanno portato alla Riforma protestante: sola Scrittura, solo Cristo, sola grazia. Va bene l’amicizia, va bene la collaborazione ove possibile, ma bisogna fare attenzione… Non è un antagonismo pregiudiziale, né una chiusura al dialogo. L’unità e l’ecumenismo sono obiettivi da perseguire, così come insegna la Bibbia, attraverso verità e carità. Non una senza l’altra. L’unità può avere come unico collante la Parola di Dio». «Quello che registriamo – continua – è un cambiamento nell’atteggiamento. La chiesa romana, che per anni ci ha perseguitati, oggi ci abbraccia» ma, avverte De Chirico, lo fa «anche nei confronti degli atei, degli ebrei e dei musulmani. Tutti uniti in un sentimento di comune umanità. Ecco, questo tipo di unione è quello che stigmatizziamo».

Gli fa eco Elpidio Pezzella, a nome della Federazione Chiese Pentecostali, che affida al sito Caserta 24 la sua riflessione: Bergoglio, scrive, «ha suscitato le simpatie di molti, vuoi per il suo modo di parlare molto “evangelico”, vuoi per il suo non condannare nessuno e abbracciare tutti, che ha dato l’idea di un cambiamento. La posizione dei pentecostali però in generale resta distante dal cattolicesimo, seppur senza avversione. Come raggiungerli allora? Solo attraverso la porta dell’ecumenismo», e conclude riflettendo sul fatto che dopo la scelta di Traettino «non saranno pochi i cattolici che dalla prossima settimana si sentiranno forse autorizzati o incuriositi a visitare le Chiese della Riconciliazione».

A proposito dei numerosi commenti a margine, Marco Delle Monache parla di “occasione sprecata per tacere”: il coordinatore di Chiesa condotta da propositi (Saddleback Church Italia) registra che «l’effetto dell’incontro tra Bergoglio e Traettino è di compattare gli evangelici non sull’essere d’accordo su qualcosa, ma sul non essere d’accordo», atteggiamento che «ha origini lontane, nell’essere minoranza, per molto tempo osteggiata, in una nazione laica che, di fatto, ha nella denominazione cattolica la propria religione ufficiale; nel tempo abbiamo sviluppato anticorpi potenti per sopravvivere a tale situazione, ma che spesso, come nelle malattie autoimmuni, invece di combattere il virus penetrato all’interno del corpo, combattono il corpo stesso, fiaccandolo… E così, invece di pensare a come rendere visibile il movimento evangelico quale portatore di una fede unitaria in Cristo, ma arricchita da differenti modi di mettere in pratica i Suoi comandamenti, ancora una volta, ci siamo “autodigeriti”».

Ponderata l’analisi di Giacomo Carlo Di Gaetano, per il Dipartimento di ricerche e studi dei Gruppi biblici universitari, a margine dell’incontro casertano: «emerge chiaramente la necessità che l’evangelismo si doti al più presto di categorie adeguate per rispondere alle sfide che gli sono state lanciate. L’applicazione di cliché preconfezionati (Riforma protestante contro Chiesa cattolica da un lato, ecumenismo e apertura dall’altro) risulta infatti clamorosamente inadeguata e porta, quanto meno nel primo caso, a strumentalizzazioni e a clamorose gaffe». Per Di Gaetano emerge in particolare «la necessità di fare delle scelte di metodo preliminari»: in primo luogo è necessario «decidere se tornare a parlare di cattolicesimo, spendendo delle energie nel conoscerlo veramente nella sua configurazione attuale, oppure continuare a parlare del rapporto degli evangelici con il cattolicesimo, usando il secondo come un alibi per parlare di come gli evangelici debbano compattarsi»; in seconda battuta è importante «decidere se la nostra vocazione in quanto evangelici è quella di rispondere al cattolicesimo oppure dedicarsi totalmente a rendere testimonianza al vangelo, sia pure in un contesto segnato dalla predominanza del cattolicesimo e pur in presenza di gesti come quelli a cui abbiamo assistito».

Risponde indirettamente alle osservazioni dei commentatori lo stesso Giovanni Traettino, che in un comunicato di bilancio definisce la giornata di lunedì 28 luglio come «il coronamento di un percorso, un punto di arrivo e allo stesso tempo di partenza. Di arrivo, per la richiesta di perdono senza precedenti, che chiude un annoso capitolo storico – per usare le parole di papa Francesco – di ferite, incomprensioni, invidie, dolore. Di partenza, perché questo passo pone le basi per un dialogo tra fratelli, che non è il riconoscimento acritico di tutte le dottrine e le pratiche dell’altro, ma il desiderio di una comunione che si eserciti a partire dal rapporto personale con Cristo, nel chiaro rispetto delle diversità e delle specificità di ciascuno».

«Crediamo sia sempre più importante – ha sottolineato Traettino – riconoscersi tra veri credenti in un mondo sempre più pagano e solo formalmente cristiano», rivelando anche che proprio su questo argomento si è sviluppata una parte del dialogo privato con papa Francesco per un impegno «sul fronte della conversione e della riforma: la conversione come cura e rimedio a chiese di “pagani battezzati”, magari praticanti della domenica, che non hanno mai sperimentato nella loro vita un incontro personale con Cristo; la riforma, costante e profonda, per seguire costantemente le indicazioni della Bibbia e dello Spirito Santo nel tempo in cui viviamo».

«Su queste premesse – conclude Traettino – la Chiesa della Riconciliazione intende continuare a sviluppare il suo impegno di dialogo», preferendo all’ecumenismo classico «una dinamica spirituale che valorizza le relazioni tra persone che hanno vissuto una autentica esperienza di fede. Vogliamo ripartire da qui, tenendoci lontani dalle polemiche e venendo piuttosto incontro alle necessità di un mondo che ha un urgente bisogno di Dio e di testimoni autentici del Suo Messaggio».

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