Usa, costituzionali le preghiere in Consiglio comunale

By 16 Giugno 2014Rassegna Stampa

NEW YORK – Nel suo rapporto di maggioranza (cinque giudici contro quattro), il giudice Anthony Kennedy ha difeso il fatto che, nel finanziare un responsabile di chiesa per dire una preghiera confessante durante riunioni del Consiglio comunale, la Città di Greece (Stato di New York) non ha violato il Primo emendamento che vieta ogni religione ufficiale.

«Ritenere che le invocazioni debbano essere non confessanti costringerebbe le autorità che chiedono preghiere e i tribunali ad agire come supervisori e censori del discorso religioso», scrive Kennedy in nome dei giudici conservatori. I legislatori e i giudici dovrebbero quindi regolare le preghiere, coinvolgendo i governi negli affari religiosi in un modo ben più importante dell’attuale pratica della Città di Greece che non approva le preghiere in anticipo e non ne discute il contenuto dopo che sono state dette». La giudice Elena Kagan, redattrice della relazione di minoranza, ritiene che questa decisione sia sfasata rispetto alla società americana di oggi. Per un esperto del Primo emendamento, si tratta di una «cattiva decisione» che potrebbe emarginare gli adepti di religioni minoritarie nella loro propria città. Senza sorprese, la vittoria della Città di Greece è stata incoraggiata dai cristiani conservatori in particolare, che ritengono che l’espressione religiosa sia stata troppo limitata nei luoghi pubblici. «La decisione della Corte suprema di oggi è una grande vittoria per la libertà religiosa», ha dichiarato Eric Rassbach, direttore giuridico aggiunto del Fondo Becket per la libertà religiosa. «Simili preghiere sono state dette nei parlamenti del nostro Paese da oltre 200 anni. Esse presentano la diversità religiosa del nostro Paese e mettono in luce il fatto che la religione è un aspetto fondamentale della cultura umana, ed esse rafforzano l’idea fondamentale che i nostri diritti vengono dal Creatore e non dal legislatore». Tony Perkins, presidente del Family Research Council, un gruppo cristiano conservatore che difende i valori della famiglia, ha applaudito la decisione: «La Corte ha respinto l’idea che noi, in quanto cittadini, dobbiamo reprimere la nostra fede entrando nello spazio pubblico» Questa decisione ha deluso le donne atee ed ebraiche che avevano fatto causa contro la città. Esse avevano sostenuto che la preghiera durante le riunioni del consiglio comunale che facevano riferimento a Gesù o allo Spirito Santo escludeva i non cristiani. […]Il fardello delle preghiere confessanti. Edwina Rogers, direttore esecutivo della Secular Coalition for America (gruppo di difesa degli atei, umanisti e liberi pensatori), si è detto molto delusa che la corte «abbia scelto di ignorare il fardello che rappresentano le preghiere confessanti per i cittadini non credenti o aventi altre credenze». Elena Kagan lo ha espresso nel suo rapporto: «nessuno può onestamente leggere le preghiere delle riunioni del consiglio comunale di Greece altrimenti che come specificamente e sistematicamente cristiane. L’autore delle preghiere non ha affatto capito che la società americana oggi e da tempo è un mosaico di fedi diverse». Daniel Mach, direttore del programma sulla libertà di credenza e di coscienza dell’Unione americana per le libertà civili, ha dichiarato: «Siamo delusi da questa decisione. Che un organo ufficiale favorisca una religione dovrebbe essere al di fuori dei limiti fissati dalla Costituzione. Queste preghiere confessanti, finanziate dal comune, violano la regola elementare che impone alle autorità di restare neutrali in materia di fede».
Un mutamento repentino.Ira Lupu, professore di diritto onorario dell’Università George Washington, specialista del Primo emendamento, ha dichiarato che questa sentenza «cancella d’un tratto decenni di comprensione» del posto concesso alla preghiera durante riunioni di Stati, di comuni o di commissioni scolastiche. «Nelle vicende precedenti, i parlamenti che pregavano sistematicamente a nome di Gesù avevano perso, ma coloro che facevano uno sforzo ragionevole per avere un funzionamento di preghiera che permettesse di variare le preghiere o fosse aperto alla pluralità vincevano. Era il funzionamento messo in atto che era importante», spiega il giurista. «Questa decisione rompe con questa interpretazione. Essa non insiste sull’importanza di rendere la preghiera non confessante né incoraggia la diversità. La confessione maggioritaria di una comunità può imporre la preghiera e i credenti minoritari potrebbero essere messi da parte se non si dessero da fare per chiedere «Hei! E noi?». Di conseguenza, secondo Ira Lupu, «un comune può, di fatto, identificarsi con una tradizione religiosa particolare, ciò che il Primo emendamento è appunto tenuto a impedire. Per cui penso che sia una cattivissima decisione». Ma il professore di diritto Richard W. Garnett dell’Università Notre Dame, specialista dei rapporti Chiesa/Stato e della libertà religiosa, considera questa decisione corretta e attesa. «Ciò che stupisce invece è che quattro giudici si oppongano a questa decisione. Deliberare che le preghiere dei consigli comunali e dei parlamenti debbano essere non confessionali sarebbe stato un gesto drammatico e controverso». Ma per Richard Garnett, che le preghiere confessanti siano costituzionali non significa che le pratiche quali quelle di Greece siano «sagge e benvenute».

(Traduzione dal francese di Jean-Jacques Peyronel)
di: Lauren Markoe, Cathy Lynn Grossmann
Rns/Protestinter
da: Riforma n. 22
data: 6/6/2014

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