Obama denuncia repressioni libertà religiosa

By 11 Febbraio 2014Esteri

WASHINGTON – Il 6 febbraio, in occasione del discorso pronunciato al National Prayer Breakfast che dal 1953 si tiene a Washington annualmente ogni primo giovedì di febbraio, Barak Obama ha denunciato la repressione religiosa in atto nel mondo e principalmente in Cina, Iran e Corea del Nord: «La storia dimostra che quando le nazioni rispettano i diritti del loro popolo, tra i quali quello della libertà di religione, sono in ultima analisi nazioni più giuste, più in pace e più prospere. Quelle che non rispettano tali diritti diffondono germi d’instabilità, di violenza e di estremismo».

Obama ha anche ricordato pubblicamente e per la prima volta la situazione dei due americani che hanno chiesto l’intervento del governo degli Stati Uniti dopo essere stati condannati per la loro fede cristiana. «Preghiamo per il pastore Saeed Abedini – ha detto Obama. È stato trattenuto in Iran per più di diciotto mesi, condannato a otto anni di carcere per accuse concernenti la sua fede cristiana». «Mentre continuiamo a lavorare per la sua libertà – ha aggiunto -, chiediamo di nuovo al governo iraniano di rilasciare il pastore Abedini, così che possa tornare tra le braccia amorevoli della moglie e dei figli in Idaho». «Preghiamo per Kenneth Bae – ha detto ancora – per la sua liberazione». Bae, che gestisce una società turistica nello stato di Washington, è stato arrestato non lontano dalla città di Yanji, nel novembre 2012, dove alcuni gruppi cristiani prestano aiuto ai rifugiati nordcoreani. Dopo una serie di viaggi in Corea del Nord per assistere bambini orfani, Bae è stato accusato di aver commesso “atti ostili per far cadere il governo”. È stato condannato a quindici anni di lavori forzati, e recentemente chiesto al governo americano di “fare maggiori sforzi e prestare maggior attenzione alla sua situazione”. A seguito del discorso di Obama, la moglie di Abedini, Naghmeh, ha dichiarato ai media che era grata al presidente di aver parlato del marito, ma avrebbe voluto che l’avesse fatto prima, così che il marito si sentisse sostenuto e rassicurato. Naghmeh Abedini spera che a questo primo segnale se ne aggiungano altri. Secondo l’Associated Press, anche la famiglia Bae, dopo aver saputo che Obama aveva promesso di lavorare per la liberazione del congiunto, ha espresso gratitudine e speranza in colloqui a favore del loro caro tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord. [gp]

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