Il Cairo, oltre cento famiglie copte in fuga

By 2 Agosto 2012Rassegna Stampa

IL CAIRO – Circa cento famiglie cristiane sono fuggite dal villaggio di Dashur (Giza), quaranta chilometri a sud del Cairo a causa delle violenze esplose nei giorni scorsi fra la comunità copta e quella musulmana. Un gruppo di musulmani ha dato alle fiamme diverse abitazioni e negozi di cristiani e tentato di incendiare anche la chiesa locale. La polizia è intervenuta lanciando gas lacrimogeni. Negli scontri sono rimaste ferite sedici persone, fra cui dieci agenti. Il gruppo tornava dal funerale di un islamico, morto durante una rissa con alcuni cristiani avvenuta lo scorso 27 luglio. Fonti della diocesi di Giza, affermano che per paura di nuovi attacchi le famiglie copte hanno abbandonato il villaggio. Il caso di Dahshour è il primo grave episodio di violenza fra cristiani e musulmani dopo l’elezione a presidente dell’islamista Mohammed Morsi.

Le tensioni sono esplose lo scorso 27 luglio. Il parroco della parrocchia Mari Gerges (San Giorgio) di Dahshur, p. Takla, racconta che quel giorno, Ahmed Ramadan viene da Sameh Sami, un copto che tiene una bottega per stirare vestiti (makwagi), per ricuperare le sue camicie. Una camicia è bruciata per caso. Ahmad protesta. Sameh si offre a rimborsarla e si danno appuntamento per la sera dopo la rottura del digiuno. Alla sera Ahmed arriva, ma non è solo. Con lui ci sono alcune centinaia di persone, munite di coltelli, armi e bottiglie Molotov.

Sameh chiude la bottega e si protegge dentro casa, dove si trovano il padre e il fratello. Gli aggressori sparano dei colpi di arma da fuoco e lanciano delle bottiglie Molotov. Una di queste non esplose, e Sameh la rimanda agli aggressori. Purtroppo essa esplode vicino a Mo’adh Hasaballah, il quale viene gravemente ustionato. La gente lo porta al Cairo in un ospedale.

La folla è scatenata. Attaccano la famiglia (il padre e i due figli) e un altro cristiano, e bruciano le case dei cristiani. I pompieri non ce la fanno ad arrivare, a causa della folla. Molte case e negozi dei cristiani sono distrutti.

Intanto, ieri mattina Mo’edh è morto in ospedale. Un “barbuto” (un Fratello Musulmano oppure un Salafita) ha avvertito i cristiani che in serata (ieri), dopo i funerali, sarebbero tornati e avrebbero bruciato la chiesa e tutte le case dei cristiani, uccidendo chi si troverà. Circa 120 famiglie cristiane sono fuggite temendo il massacro.

Intanto, Sameh Sami, suo padre e suo fratello sono stati arrestati con l’accusa di “omicidio involontario”. «Come sempre – commenta un fedele – in Egitto è l’aggredito, se copto, che è messo in prigione! ».

Hamam Sayed, studente universitario di ventidue anni di Dahshour, spiega che la famiglia dell’ucciso, le forze dell’ordine e il parroco cristiano stanno tentando di trovare una mediazione per riportare la calma nel villaggio. Secondo il giovane, le violenze sono esplose anche a causa dell’inerzia delle forze di sicurezza, che non hanno fatto nulla per fermare roghi e saccheggi. Il parroco di Dahshour afferma che la polizia è intervenuta dopo quasi un’ora dall’inizio degli scontri, quando ormai la maggior parte degli edifici era bruciata e le famiglie cristiane fuggite. […]

da: AsiaNews
data: 2 agosto 2012

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