Yousef Nadarkhani, mille giorni in attesa di esecuzione

By 12 Luglio 2012Chiesa Perseguitata

TEHERAN – L’8 luglio scorso ha segnato i mille giorni di carcere per il giovane pastore evangelico Yousef Nadarkhani. Il giorno dopo gli Stati Uniti hanno di nuovo chiesto all’Iran di liberarlo. Era stato arrestato nel 2009 e condannato alla pena capitale per essersi convertito dall’islam al cristianesimo: «Il pastore Nadarkhani – ha dichiarato la portavoce del dipartimento di Stato, Victoria Nuland – è sotto minaccia di esecuzione per essere stato fedele al suo credo e noi rinnoviamo il nostro appello alle autorità iraniane affinché lo liberino immediatamente». In un successivo comunicato la portavoce ha aggiunto: «Purtroppo il pastore Nadarkhani non è il solo a soffrire di una situazione come questa, perché il governo iraniano continua a violare i diritti umani dei suoi cittadini, particolarmente di quelli appartenenti alle minoranze etniche e religiose».

Yousef Nadarkhani si era convertito al cristianesimo quando aveva diciannove anni e si era unito a una chiesa evangelica battista in gran parte sotterranea, la “Chiesa d’Iran”, di cui poi è diventato pastore. Oggi Yousef Nadarkhani ha trentacinque anni.

Ultimamente Christian Solidarity Worldwide (Csw), organizzazione per la promozione dei diritti umani e della libertà religiosa, scriveva di essere stata informata che Yousef Nadarkhani avrebbe dovuto affrontare un altro processo ai primi di settembre 2012 per rispondere di “crimini contro la sicurezza nazionale”, il che, secondo Csw, sarebbe avvenuto anche per rendere i capi d’imputazione più accettabili all’opinione pubblica internazionale.

Voci provenienti dall’Iran di nuovi capi d’imputazione per Nadarkhani erano già state fatte girare ad arte in passato, da quelle di “stupro ed estorsioni” a quelle di “complotto sionista”. Una realtà è che l’arresto di Nadarkhani è avvenuto dopo la contestazione che a suo figlio fosse impartita a scuola un’educazione coranica e la sua segnalazione che la costituzione iraniana prevederebbe che i bambini siano cresciuti nella religione dei genitori e non in quella di Stato. Un’altra realtà che lo riguarda più direttamente è che secondo la legislazione iraniana quando i genitori di una persona erano musulmani al momento del concepimento e questo nato da musulmani poi si converte a un’altra religione, è un’apostata. La legge stabilisce anche le procedure per l’impiccagione di un apostata. Una volta pronunciato il verdetto, all’apostata è chiesto di pentirsi. Se si rifiuta, è ucciso. Nadarkhani ha rifiutato più di una volta di rinunciare a Cristo.

Christianity Today di ieri scrive che ogni anno in Iran sono condannate e mandate a morte centinaia di persone, fra cui decine e decine di cristiani per apostasia. Eppure in questo paese le comunità cristiane sotterranee o famigliari continuano a crescere, come ha potuto accertare anche Open Doors (Porte Aperte, l’organizzazione evangelica internazionale a sostegno della chiesa perseguitata). [gp]

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