Birmania, un paese in pericolo

By 16 Giugno 2012Chiesa Perseguitata

VERONA – Sale la tensione in Myanmar (o Birmania), scontri tra buddisti e musulmani in uno stato del nord. I militari sembrano trarne giovamento, rallentando il processo democratico, mentre i cristiani della zona vivono nella paura.

Si era parlato molto del Myanmar quando in aprile scorso San Suu Kyi, la donna Premio Nobel per la Pace 1991 e leader del partito Lega nazionale per la democrazia, dopo decenni di privazioni e sofferenze, per la prima volta avrebbe occupato un seggio nel Parlamento del paese.

I cristiani, insieme all’organizzazione internazionale a supporto della chiesa perseguitata Porte Aperte, si erano chiesti se quel seggio significasse qualcosa sia in termini di maggiore democrazia nel paese, sia in minori discriminazioni per i cristiani.

Non è passato molto tempo e la situazione si è fatta già incandescente. Un’ondata di violenza tra buddisti e musulmani ha provocato una decina di morti, svariati feriti e centinaia di edifici danneggiati nello stato nord occidentale di Rakhine (confine con il Bangladesh). Il mese scorso una donna sarebbe stata stuprata e uccisa da tre giovani musulmani e questo crimine avrebbe innescato una rappresaglia furiosa da parte di una folla inferocita di 300 buddisti, l’assalto a un pullman carico di pellegrini musulmani e l’uccisione di dieci di loro. Di seguito, secondo le ricostruzioni di diversi testimoni, circa mille musulmani (del gruppo etnico dei “Rohingya”) avrebbero attaccato i villaggi e le case dei buddisti, soprattutto nei centri di Maungdaw e Buthidaung, uccidendo almeno sette persone, ferendone a decine e devastando centinaia di abitazioni.

È tale l’escalation di violenza che le autorità hanno annunciato il coprifuoco in quattro città – tra le quali la capitale dello stato a nord del paese, Sittwe – e dispiegato truppe dell’esercito. Anche se scontri tra buddisti e musulmani accadono periodicamente in Myanmar, soprattutto nello stato del Rakhine che è un punto di particolare frizione tra gruppi etnici, quest’ondata di violenza preoccupa e gli osservatori pensano che in sottofondo ci sia una manovra dell’esercito che non pare disposto a lasciare il potere in favore di una Birmania democratica.

Porte Aperte opera nel paese (che è al 33.mo posto della lista dei Paesi in cui maggiormente si perseguitano i cristiani, la WWList) e informa che «tutto questo tocca il cuore della Chiesa in questa zona del paese. Molti cristiani ne subiscono le conseguenze. L’abitazione di un credente cristiano evangelico è stata data alle fiamme durante gli scontri. L’instabilità, le violenze e la ferocia che serpeggiano tra musulmani e buddisti rendono la vita dei cristiani rischiosa, esponendoli a continui pericoli. Le rappresaglie dei militari a volte colpiscono anche incolpevoli famiglie cristiane. Gli ex musulmani diventati cristiani in queste zone non si muovono da casa poiché potrebbero diventare il bersaglio dell’odio dei Rohingya, cioè i musulmani, che in questa area del Paese sono maggioranza». [gp]

(nella foto: Bimbi del Myanmar)

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