Un’Europa che non piace

By 15 Marzo 2012Dall'Italia

MILANO – Molte le reazioni negative alla risoluzione Ue sulle unioni gay apparse sulla stampa nazionale e a livello istituzionale.

In un comunicato riportato dalla stampa il 14 marzo Maurizio Lupi, vice presidente Pdl della Camera, ha scritto: «La decisione dell’assemblea di Strasburgo sui matrimoni gay, che ovviamente non condivido, è la prova che non può esserci azione politica se non partendo da una base valoriale chiara.[ …]. Il Ppe, di cui il Pdl, e non solo, fa parte, ritiene che ciò rappresenti un attacco alla famiglia che per noi è il cardine della società. Mettere in evidenza questa differenza significa anzitutto far vedere chiaramente quali sono i nostri valori. E tutto questo proprio nel giorno in cui il Censis dice che il 76 per cento degli italiani è per il matrimonio e la famiglia è il primo valore».

Il giorno prima su Avvenire era apparsa una considerazione sulla strategia in uso all’Ue: «La strategia sembra dunque quella ormai collaudata: approvare passaggi quantomeno controversi inserendoli in contesti a prima vista condivisibili. Così, al paragrafo 5 della risoluzione presentata dall’europalamentare olandese Sophia in’t Veld, del gruppo Alde (Radicali-Liberaldemocratici), si legge che il Parlamento europeo “invita la Commissione e gli Stati membri a elaborare proposte per il riconoscimento reciproco delle unioni civili e delle famiglie omosessuali a livello europeo tra i Paesi in cui già vige una legislazione in materia, al fine di garantire un trattamento equo per quanto concerne il lavoro, la libera circolazione, l’imposizione fiscale e la previdenza sociale, la protezione dei redditi dei nuclei familiari e la tutela dei bambini”».

Da parte sua l’Alleanza evangelica italiana ha emesso un comunicato a commento della «risoluzione del Parlamento europeo che stigmatizza i Paesi dell’Unione che non hanno ancora introdotto una concezione elastica del matrimonio, sino a estenderla a coppie dello stesso sesso» e aggiunge «il Parlamento europeo ci ha ormai abituato a simili tirate di orecchie in nome della “parità” dei diritti tra uomini e donne […]. Il Parlamento europeo persegue una definizione appiattita di “parità” tra uomo e donna. Parità significa uguaglianza di dignità e di opportunità, ma non può significare intercambiabilità e confusione. L’uomo rimane tale e la donna rimane tale, nella loro uguale umanità e nel loro diverso genere. Dio ha creato l’uomo e la donna e, nell’opera di salvezza, Dio permette di ricostruire vissuti redenti di mascolinità e femminilità, senza cancellarli. Parità significa pari dignità nella complementarità, non annullamento di ogni distinzione. Il Parlamento europeo sbaglia a mettere sullo stesso piano morale e giuridico ogni convivenza umana tra due persone».

Non sono mancate, tuttavia, anche reazioni a favore, per esempio quella di un esponente della chiesa Valdese di Milano, non condivisa però proprio da un altro valdese, il senatore Lucio Malan che ieri ha dichiarato «I 342 deputati del Parlamento Europeo che hanno votato un documento in cui ci “si rammarica dell’adozione da parte di alcuni stati di definizioni restrittive di famiglia” hanno dimostrato una visione dogmatica e intollerante e hanno invaso l’indipendenza degli stati membri, i quali hanno ogni diritto di avere una propria definizione di famiglia.

Costoro evidentemente ritengono che la loro definizione di famiglia sia quella buona e giusta e quella degli altri sia da condannare e da cambiare, non con i meccanismi democratici ma con fatwe centraliste. In particolare, i deputati italiani che hanno votato in tal senso, dovrebbero sapere che è la Costituzione che dà la definizione di famiglia. Se a loro non piace propongano di cambiarla, ma lo facciano in Italia, cosa che non risulta abbiano fatto. E non provino a imporre un modello a tutti gli altri.

Personalmente, da valdese, mi rammarico che i mezzi di informazione abbiano recepito l’entusiastico sostegno da parte del pastore Giuseppe Platone alla decisione del Parlamento Europeo come posizione dell’intera chiesa. Il Documento sul Matrimonio approvato dal Sinodo Valdese del 1971, coerente con molti secoli di storia e tuttora vigente, intende per famiglia quella formata da un uomo e una donna, sposati e dai figli da essi generati. Se poi Platone o altri lo rinnegano, se ne assumano personalmente la responsabilità».

E sui “mezzi di informazione” è di oggi un’altra notizia, dall’Italia questa volta: per la Cassazione la diversità di sesso non è più indispensabile per avere diritto alle tutele della vita familiare: http://bit.ly/zjvcF6. [gp]

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