La svolta degli anglicani Dio non è più il “Signore”

By 5 Ottobre 2006Rassegna Stampa

LONDRA – La violenza domestica è un problema grave anche nel Regno Unito. La polizia riceve quasi 600 mila richieste di intervento ogni anno e il problema è enorme se si considera oltretutto che secondo le statistiche la donna decide di chiamare gli agenti solo dopo aver subito una media di 35 abusi da parte del compagno. E moltissime non avranno mai il coraggio di farlo. Non meraviglia dunque che la Chiesa d’Inghilterra cerchi di intervenire. Ma il documento inviato ai pastori che guidano il gregge di 26 milioni di fedeli nel Regno Unito (e altri 48 milioni sparsi nel mondo) ha individuato tra le motivazioni del fenomeno il fatto che Dio è chiamato «Signore» e invocato come «Egli» o «Lui». «L’uso acritico dell’immaginario maschile» incoraggerebbe gli uomini a picchiare mogli e compagne, secondo l’analisi contenuta nella direttiva «Responding to domestic abuse» scritta dall’Archbishops’ Council, l’organo di governo della Chiesa anglicana. Il rapporto è stato accettato anche dal Dottor Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury. I saggi della Church of England spiegano che la formula rituale del matrimonio, nella quale la donna promette di «obbedire» al marito, può rafforzare nell’uomo la convinzione di possesso della compagna, confermando la sua idea di dominio. Un procedimento mentale contorto che può portare alla violenza. La formula dell’«obbedienza» risale al Libro delle Preghiere autorizzato nel XVI secolo da Enrico VIII e non compare nel rituale cattolico, dove marito e moglie si promettono fedeltà e amore reciproco. Anche nel rito anglicano adesso è offerta una versione che omette il verbo «obey» nella dichiarazione della sposa. Le linee guida per vescovi e pastori sono improntate alla consapevolezza che la Chiesa può e deve fare di più nella formazione della coppia, anche se si calcola che sui 26 milioni di britannici allevati secondo i precetti anglicani solo meno di tre milioni frequentino regolarmente le parrocchie. Il clero anglicano però si sente responsabile, tanto che le nuove linee guida mettono in guardia dal rischio di non essere abbastanza severi con i mariti violenti. E ammoniscono a non infondere nelle mogli oppresse e picchiate un’idea distorta del cristianesimo come obbligo alla sottomissione, al perdono e quindi alla mancata denuncia. Il documento del Consiglio degli Arcivescovi cita anche un caposaldo della critica femminista: «Se Dio è uomo allora l’uomo è Dio» e invita i pastori a stare attenti alle citazioni di violenze bibliche che «possono rafforzare comportamenti gravi all’interno delle famiglie». L’invito alla cautela nella definizione di Dio come «He» (Egli) o «Lord» (Signore) nelle prediche e negli inni sacri ha suscitato reazioni polemiche da parte del clero conservatore secondo il quale si tratta di una distorsione teologica in ossequio a «un’agenda femminista». Rod Thomas, vicario di Plymouth e portavoce del movimento evangelico Reform ha detto che «il documento vira verso la “correttezza politica”» sproporzionata e che «la Bibbia dicendo che Dio ha caratteristiche sia maschili che femminili non si astiene comunque dal riferirsi al Signore al maschile». Sferzante Simon Calvert, teologo del Christian Institute: «Vorrebbero cancellare secoli di insegnamenti giudaico-cristiani a causa di qualche malintesa teoria femminista». «Mettono in dubbio anche il Padre Nostro», scrive il Daily Mail, giornale da quasi due milioni e mezzo di copie al giorno che si definisce voce dell’ inglese medio. E in un editoriale dal titolo «Oltre il credibile» attacca: «Non si meriterebbe più rispetto il clero della Chiesa d’ Inghilterra se smettesse di credere in sciocchezze del genere e cominciasse a credere in Dio?». Il gioco di parole è certamente ad effetto, ma resta il fatto che ogni anno una donna su dieci è picchiata in casa, proprio dove dovrebbe essere al sicuro, più rispettata e amata. E secondo uno studio della Chiesa Metodista oltre il 50 per cento delle mogli e compagne vittime di abusi rivelano nel segreto del confessionale che la situazione è durata a lungo, fino a cinque anni; il 25 per cento anche per dieci anni o più.

di: Guido Santevecchi
da: Corriere della Sera (http://tinyurl.com/km3uk)
data: 4 ottobre 2006

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