«Milano, capitale degli evangelici»

By 10 Gennaio 2006Rassegna Stampa

MILANO – Sono tra noi. Da alcuni la loro presenza è vista con fastidio. Ad altri incutono timore, alla stregua di alieni provenienti da remote galassie. Vengono, spesso, tacciati di fanatismo. Sono i pastori e i missionari arrivati dal Brasile per incrementare la diffusione in Italia delle Chiese evangeliche protestanti. Sbarcati in sordina già da qualche anno, la loro iniziale opera di proselitismo si è sviluppata con il passaparola all’interno delle comunità brasiliane nel nostro Paese. La novità, potenzialmente dirompente, è che sono ora pronti a rendersi visibili a livello nazionale e a diffondere il loro credo attraverso i moderni mezzi di comunicazione, internet in testa.

L’evangelismo non è una dottrina esclusivamente brasiliana, ma è un dato di fatto che il suo boom costituisca per il Paese sudamericano uno dei principali fenomeni sociali degli ultimi anni.
Secondo le proiezioni 2005 dell’Istituto brasiliano di geografia e statistica (Ibge), gli attuali 33 milioni di evangelici rappresentano il 18 per cento della popolazione di quella che, per il momento, continua ad essere una roccaforte del cattolicesimo. Se la loro crescita continuerà a questi ritmi, nel 2022 costituiranno esattamente la metà della popolazione del Paese. Naturale, quindi, che l’espansione delle Chiese evangeliche all’estero, di cui l’Italia è solo una delle tappe, fosse affidata proprio agli entusiasti predicatori inviati dal Brasile.

Esistono una trentina di comunità a guida spirituale brasiliana, localizzate lungo tutta la penisola. Ognuna ha da 500 a 800 fedeli. In tutto ne raccolgono, approssimativamente, 20mila. Dati precisi non esistono ancora e ci si deve basare su stime. Sono più diffuse al sud, in particolare in alcuni centri della Sicilia, della Calabria, della Basilicata e della Campania. Al nord sono presenti in Piemonte, a Torino e in Emilia Romagna, a Riccione e a Rimini. Il Veneto “bianco” è la nuova terra promessa.

Persino a Roma, terra del Successore di Pietro, gli evangélicos cominciano a fare sentire la propria voce. Ma soprattutto si sono insediati a Milano, la capitale economica, dove più evidente che in altri luoghi d’Italia è, in assoluto, la perdita di terreno della spiritualità. Proprio nel capoluogo lombardo siamo andati alla ricerca di conferme alle nostre ricerche sulla presenza in Italia del protestantesimo brasiliano. Le abbiamo trovate (dopo un paio di infruttuosi tentativi con realtà che hanno preferito restare anonime, non accettando di incontrarci), nell’esperienza della pionieristica missione “Cristo potenza che libera”, tra le prime nel nostro Paese. La chiesa si trova in via Campazzini, periferia sud di Milano, dove la città si perde nelle prime radure padane.

Tra antiche cascine lombarde, palazzoni e carrozzerie, per ironia delle sorte c’è anche un piccolo altare votivo dedicato alla Mater dolorosa, uno dei pochi rimasti in città. Un anziano, passando in bicicletta, si fa il segno della croce. Nel percorrere il sentiero sterrato che conduce alla sede, già piuttosto buio malgrado l’ora pomeridiana, ci sentiamo un po’ cappuccetto rosso nella tana del lupo. Il lupo in questione, tuttavia, ha il viso sorridente e rassicurante del pastore Derli Lopes de Oliveira, carioca di 34 anni.

«Mio padre, Evaristo Claro de Oliveira, fu il primo pastore brasiliano ad arrivare in Italia, trent’anni fa – esordisce – e a iniziare un’opera itinerante di diffusione dei principi della nostra missione, che a livello mondiale si riconosce nella Chiesa battista pentecostale. Per vent’anni si rivolse esclusivamente a fedeli italiani, riuniti nelle poche comunità esistenti, la più grande delle quali inizialmente aveva quindici membri. Grazie al successo della sua azione e dopo un ulteriore periodo di cinque anni in Sicilia, i vertici della Chiesa gli concessero di formare, qui a Milano, la missione dove siamo ora, attiva da due anni, la prima di impronta brasiliana. La prima di cui sono io personalmente responsabile, dopo essere diventato a mia volta pastore e dopo il mio arrivo in Italia, otto anni fa, al seguito di mio padre».

Il culto, che si tiene due volte la settimana, è bilingue, tutto il materiale audio e bibliografico utilizzato è in portoghese e in italiano. Scopo della missione è fare interagire le due componenti di pubblico presenti alle funzioni, quella brasiliana e quella italiana. L’introduzione del canto gospel e le performance di una band dal vivo sono state le soluzioni che maggiormente hanno sorpreso i fedeli di casa nostra, abituati a riunioni ben più compassate.
Grazie al tam-tam e alla continua opera di proselitismo di nuovi missionari appositamente chiamati dal Brasile, le comunità evangeliche si sono diffuse a macchia d’olio, raggiungendo in brevissimo tempo i numeri già ricordati. Inoltre, la crescita dell’interesse intorno al fenomeno ha fatto si che oggi, in particolare sulla piazza milanese, stiano giungendo praticamente tutte le sigle che fanno parte dell’intricato universo delle Chiese evangeliche brasiliane.

Assembléia de Deus, Igreja presbiteriana independente do Brasil, Igreja metodista livre, oltre a una lunga serie di denominazioni minori o regionali hanno attivato proprie sedi o lo stanno per fare. È in arrivo persino la famigerata Igreja Universal do Reino de Deus, al centro di scandali e invisa alle altre Chiese per la mancanza di scrupoli di alcuni suoi avidi ministri. Lo scopo è di fare quadrato intorno alle comunità brasiliane in Italia, costituendo uno zoccolo duro da usare come testa di ponte per andare alla conquista spirituale di altre anime nel nostro Paese. Un metodo che il pastore Derli non approva e non applica. «La differenza sostanziale – spiega – tra la nostra missione e le altre è che noi, fin dall’inizio, ci siamo rivolti a tutti, ai brasiliani, agli italiani, agli stranieri in Italia. Se non riusciamo a farci capire con il portoghese e l’italiano, proviamo con l’inglese. Il nostro è un linguaggio universale, il nostro messaggio è sovranazionale, anche se espresso con jeito brasileiro».

Scopo dichiarato ed espresso nelle intenzioni ufficiali delle missioni evangeliche nel nostro Paese è «mostrare il vero volto di Gesù». Lo slogan costituisce il manifesto programmatico della loro azione. La tesi è che molti italiani abbiano dimenticato chi sia Dio, ammesso che lo abbiano mai saputo. Corollario della tesi è che chi partecipa alle funzioni religiose, essenzialmente la messa cattolica, spesso lo fa per un atto emulativo, formale e ripetitivo. La soluzione è data dalla riscoperta di Dio e dei motivi reali della spiritualità, attraverso una conversione all’evangelismo attuata non per imposizione ma attraverso una presa di coscienza individuale. Queste premesse danno luogo a una visone della vita che dall’esterno può apparire schematica ed eccessivamente austera. E che, spesso, alimenta diffidenze nella popolazione.

«Su questo punto – dice de Oliveira – è necessaria da parte nostra un po’ di sana autocritica. Il nostro errore, in passato, è stato di presentare a volte l’immagine di una Chiesa evangelica troppo severa, dando l’impressione che la nostra fede fosse basata unicamente su una serie di rigide regole e di proibizioni difficili da accettare per la maggior parte delle persone. Molti missionari, per una sorta di eccesso di zelo dottrinale, perdevano di vista il vero obiettivo, cioè presentare Gesù e si limitavano ad elencare una successione di dogmi. Spesso si è trattato di un errore di interpretazione. Prendiamo la questione delle bevande alcoliche. La Bibbia non dice che è vietato bere. Ciò che va evitato è la smodatezza, che va a scapito della dignità della persona e l’eccesso, che ne mina l’autocontrollo. Dobbiamo senza dubbio continuare a proporre regole seguendo le quali l’uomo riesca ad aprire il proprio cuore a Dio, ma esse non devono essere percepite come fredde e punitive. Devono essere viste come principi del decoro e dell’etica cristiana».

Nel corso di questi primi anni di presenza attiva degli evangelici brasiliani in Italia non si ha notizia di veri e propri atti di ostilità nei loro confronti. Di difficoltà pratiche, soprattutto di carattere burocratico, invece, è costellato il loro quotidiano. Nell’esperienza della missione di via Campazzino c’è una circoscrizione sorda a qualunque richiesta di illuminazione del vialetto di accesso alla chiesa, che fa parte del suolo comunale. Il locale in cui si svolgono le funzioni, all’interno di una vecchia autorimessa in disuso, era praticamente in rovina. De Oliveira e compagni lo hanno imbiancato e rimesso a nuovo con le loro mani, ma la proprietà, malgrado percepisca un lauto affitto, si rifiuta di riconoscere loro un contributo per i lavori di miglioria. Problemi di questo tipo sono diffusi in tutte le comunità.

Poi c’è la Chiesa cattolica, che a volte crea intoppi in maniera subdola o velata, spesso, ancora una volta, attraverso cavilli burocratici. Per fare un esempio, agli evangelici brasiliani di qualunque sigla finora le amministrazioni locali hanno unicamente concesso l’uso di capannoni o edifici in condizioni precarie e solo in zone periferiche o degradate delle nostre città. Il sospetto su chi vi sia dietro a queste decisioni, in loro, è alto. Raramente, riferisce tuttavia de Oliveira, sono stati fatti oggetto di azioni di aperto ostracismo.

«Per quanto ci riguarda – racconta il pastore – ricordo solo un caso, avvenuto anni fa a Castellammare di Stabia. All’interno di un cinema, mio padre stava facendo una oração (una preghiera, secondo il termine evangelico, ndr), contro la tossicodipendenza a cui partecipavano giovani “difficili” o disadattati. Su un tavolo, si era accumulata una certa quantità di siringhe e dosi di droga di cui, su sollecitazione di mio padre, i ragazzi si erano liberati, svuotando le tasche. Arrivarono i carabinieri, chiamati dal parroco del rione, che li aveva esortati ad “arrestare quel falso profeta”. Mio padre si rifiutò di interrompere il rito e al tempo stesso invitò gli ufficiali a osservare quello che stava succedendo. Presa coscienza degli scopi pacifici della riunione, i carabinieri se ne andarono, sequestrando la droga e non riscontrando nulla di illegale».

Il nuovo ecumenismo dovrebbe favorire la ripresa del dialogo della Chiesa cattolica con le altre religioni e questa voglia di pace potrebbe favorire l’accettazione degli evangelici, anche brasiliani. Quanto alla loro visibilità, fino a oggi l’accesso ai media italiani si è limitato ad apparizioni su canali televisivi e stazioni radio a diffusione locale. In questo ha inciso la mancanza di grosse risorse finanziarie. Le comunità si mantengono con le offerte spontanee dei fedeli, secondo quanto afferma Derli de Oliveira, anche se esistono casi di pastori che vengono stipendiati direttamente dai vertici delle rispettive Chiese.

Ma il mezzo che potrebbe, a breve, contribuire a estendere la visibilità degli evangélicos in Italia è il web, il cui utilizzo è diffusissimo in Brasile, paese all’avanguardia nel campo. «Internet può essere uno strumento del male – ammonisce de Oliveira -, ma anche un veicolo per il bene. Alle caratteristiche di versatilità e universalità, unisce quella dell’economicità. Sono quotidianamente stupito dalle possibilità della rete, ma solo da poco, al nostro interno, abbiamo cominciato ad ipotizzarne l’uso per la diffusione della nostra dottrina. Attraverso la partecipazione a chat room e alla presenza nelle principali comunità virtuali, negli ultimi mesi siamo riusciti a farci conoscere da un numero elevatissimo di persone. Italiani e brasiliani che vivono in Italia. Abbiamo un nostro sito in costruzione e il progetto è quello di trasmettere le funzioni in streaming video».

Oltre a favorirne la penetrazione ecumenica, l’aumentata notorietà delle Chiese evangeliche potrà accrescerne l’influenza politica, anche in Italia? È una domanda forse prematura ma che è legittimo porsi. La questione è da tempo fonte di discussioni in Brasile, dove decine di personaggi politici di spicco, come l’ex governatore dello Stato di Rio de janeiro, Anthony Garotinho del Pmdb e l’attuale vicepresidente della Repubblica, José Alencar, entrato nel nuovo Partido municipalista renovador, fanno capo a movimenti di ispirazione religiosa protestante.

«Meglio lasciare fuori la politica dalle chiese – è la risposta ufficiale del responsabile della missione Cristo potenza che libera – e pensare allo spirito. Sono consapevole che in tutto il mondo le organizzazioni religiose hanno il potere di destituire i governi ed eleggere i presidenti, ma personalmente preferisco votare un politico laico, piuttosto che uno religioso, se lo reputo migliore. È anche l’opinione generale delle nostre chiese».

E’ però lecito pretendere una presa di posizione anche su argomenti che riguardano la socialità e che non possono essere ignorati. Come sul risultato del recente referendum che ha visto la maggioranza dei brasiliani dire “no” all’abolizione della libera vendita di armi leggere nel Paese. «Il voto è stato frutto del particolare momento che il Brasile sta vivendo – conclude il pastore – associato a un bisogno di autodifesa cui si è ritenuto di rispondere affermando la necessità di armarsi. Gli evangelici sono per la non violenza e contro le armi, il cui uso, anche da parte di onesti cittadini, non può che richiamare e generare altra violenza».

di: Antonio Forni
da: Musibrasil http://www.musibrasil.net/vsl_art.asp?id=1340
data: 10 gennaio 2006

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