Probabilmente nessun versetto della Torà, neppure i grandi appelli dei profeti a favore dei poveri e contro la corruzione del potenti, ha la forza dell’espressione zedeq, zedeq tirdof, ossia «la giustizia, la giustizia seguirai» (Deuteronomio 16,20). Ma seguire è verbo debole e si dovrebbe piuttosto tradurre inseguire o addirittura perseguire, con quella determinazione o quell’accanimento che solo vocazione e passione sanno instillare.
I commentatori ebrei hanno sempre colto la radicalità della ripetizione del termine giustizia, che ricorda le chiamate divine, e l’hanno spiegata ora sottolineando i due livelli di giustizia chiamati cioè «legge e moralità», ora marcando lo spirito di abnegazione con cui l’impresa della giustizia va affrontata: «Che tu ne riceva un profitto o un danno; nella parola e nell’azione; verso un ebreo o verso un non ebreo», è la chiosa di Bachià ben Asher.
Massimo Giuliani – Abramo e Noè diversa giustizia
Avvenire, 15/11/2016