La pazienza di Gesù

By 4 Luglio 2014Media&Fede

Gesù è un uomo dell’erranza, che va, si muove, si sposta, cammina. (…) Predica con forza la mitezza, con decisione l’arrendevolezza, vuole mostrare come sia possibile rovesciare la visione corrente delle cose… Così predica lungo le vie, nei villaggi, dentro le abitazioni, in sinagoga, al tempio, nei territori della Galilea e della Giudea. Ma sconfina anche nei territori pagani: nell’Idumea, in Transgiordania, a Tiro e Sidone, da una riva all’altra del grande lago, da una folla all’altra, perché tutti hanno bisogno di una parola di compassione, tutti hanno bisogno di una parola di speranza. Per questo Gesù appare spesso come un impaziente. Incurante della polvere e degli insulti, della fatica e delle incomprensioni, della stanchezza, dei rifiuti, dei rischi, sa di non avere troppo tempo. E sa che l’unica cosa che conta non è preservare la propria vita, ma offrirla in dono a chi si incontra per la via…

Anche al tempio Gesù ha parole spazientite e gesti pieni di collera. Rovescia tavoli e sedie, impedisce che si trasportino vasi e suppellettili, si mette a urlare fuori misura nel vedere quanti sono indifferenti alla santità della casa di preghiera. Ma, appunto, è necessaria quest’ira e questa crudezza, per poter individuare i veri destinatari dell’indulgenza e della compassione, per potersi fermare a spiegare, a discutere, a convincere, ad aver premura. Per poter dare testimonianza che la vita va spesa e non conservata, va vissuta e non vezzeggiata.

Pian piano, in maniera molto netta, la pazienza di Gesù si delinea come dimensione attiva. Non passiva sottomissione, non assoggettamento al destino, ma scelta consapevole, assunzione del destino dell’altro come propria responsabilità. Questo, mi sembra, anche il senso ultimo della preghiera di Gesù al Getsemani.

Gabriella Caramore – Pazienza e impazienza: la spada di Gesù
Avvenire, 15/5/2014

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