«Non è bene che l’Adam sia solo». La creazione si completa quando quella «cosa molto bella e molto buona», l’Adam, si svela realtà plurale, diventa persona. È appassionante e ricchissimo il ritmo che nel secondo capitolo della Genesi va dall’Adam (l’essere umano) all’uomo e alla donna…
Per la prima volta, in una creazione ancora tutta buona e bella, ci troviamo di fronte a un «non è bene», che riguarda la solitudine, una carestia relazionale…
Entra sulla scena l’ezer kenegdo, un’espressione ebraica che rimanda allo sguardo e agli occhi, che potremmo tradurre: “qualcuno con il quale poter incrociare gli occhi alla pari”; qualcuno/a che sta di fronte, allo stesso livello, “occhi negli occhi”… La storia non inizia con il peccato, ma con occhi che si incrociano alla pari. L’ezer kenegdo è la donna, l’ishàh che è di fronte a ish (l’uomo), come ish è di fronte a ishàh…
Luigino Bruni – E Dio vide: non è bene che l’Adam sia solo
Avvenire, 2/3/2014