«C’è anche una ragione per soffrire – scrive oggi un sito parlando della terapia del dolore -, e si chiama ignoranza. “Tu donna, partorirai con dolore” dice la Bibbia; e Cristo stesso ha sofferto perché dalla sofferenza nasce la salvezza, la redenzione dal peccato; fino alle confraternite dei flagellati del XIII secolo, che violentavano il proprio corpo con corde e scudisci; passando per tutti i secoli bui della tortura inquisitoria, laddove la sofferenza non era funzionale solo a far parlare l’eretico, ma rivestiva un ruolo culturale di ammonizione e al contempo di mondatura del peccato».
Che siano retaggi del passato ormai superati, è ormai noto; stando però alle recenti argomentazioni di alcuni illustri atei che continuano ad avvalersi contro il cristianesimo della tematica della sofferenza come elevazione, viene da pensare che forse non siamo in grado di comunicare correttamente il messaggio di gioia, speranza e serenità contenuto nel vangelo.