Questa settimana sulle prime pagine dei giornali hanno avuto ampio spazio i lavori parlamentari: è stata approvata a tempo di record dalla Camera la nuova legge elettorale, che dalla prossima settimana verrà sottoposta al vaglio del Senato; proteste di piazza dei Cinquestelle (non sempre troppo fortunate), mentre a sinistra si susseguono aperture e spaccature. Sul fronte economico-giudiziario, 400 milioni di euro è la somma chiesta agli amministratori di Banca Etruria a titolo di rifusione delle perdite subite dai correntisti. Più a nord, in Lombardia, il Corriere ha svelato l’assurda vicenda del dipendente che rivelò le spese private del suo capo – il presidente delle Ferrovie Nord – a danno dell’azienda.
All’estero invece resta alta la tensione in Catalogna: dopo il referendum e la dichiarazione del governatore Puigdemont, che ha proclamato e sospeso l’indipendenza della regione, il premier spagnolo Rajoy ha chiesto chiarezza sulle posizioni dell’amministrazione locale. Negli Usa è scandalo per le rivelazioni relative agli abusi perpetrati su numerose attrici da un noto produttore di Hollywood. In Brasile continuano le trattative per riportare in Italia Cesare Battisti. Infine dalla Norvegia è giunto l’atteso annuncio: il Nobel per la pace è stato assegnato all’Ican, istituto contro le armi nucleari.
Pagina esteri. Apriamo con le notizie di cui si è sentito parlare poco: in California è allarme incendi, con ventimila abitazioni evacuate e almeno trentuno vittime accertate; un ordigno dell’Isis collocato in un campo profughi in Siria ha causato diciotto morti; in Madagascar è in corso un’epidemia di peste polmonare; nello Yemen il colera ha colpito quasi 800 mila persone.
Cesare Battisti è stato scarcerato, e ha voluto festeggiare brindando davanti ai giornalisti. Francesco Bei sulla Stampa ne fa una questione di umanità e di decenza: «c’è qualcosa di osceno in quella sfrontatezza che le famiglie delle vittime dei suoi quattro delitti certamente non meritano». Si tratta, secondo Bei, di «un problema di rispetto e di consapevolezza del passato. Perché se Battisti avesse preso davvero coscienza di quello che ha fatto non avrebbe dimostrato tanto cinismo, irridendo con quel “prosit” chi dopo trent’anni ancora attende una parola di scuse per aver avuto la propria vita distrutta».
Sta riempiendo le cronache il caso Weinstein, potentissimo produttore – per la cronaca, amico di Obama e dei Clinton – sulla cui condotta scandalosa indagano ora i giornali Usa: vent’anni fa, hanno rivelato una serie di attrici, il personaggio si sarebbe approfittato di loro con avance e molestie (spesso accettate obtorto collodalle donne per non subire conseguenze professionali). La storia, complice la confessione di Asia Argento, ha fatto discutere parecchio anche in Italia, rivelando posizioni trasversali: a bacchettare le confessioni tardive sono state, inaspettatamente, anche opinioniste donne, e perfino esponenti femministe: Natalia Aspesi (grazie a Joshua E. per la dritta) nella vicenda legge «un’insincerità di fondo. Sono un lamento tardivo. Un coro che non tiene conto della realtà dei fatti». Perché è risaputo «che i produttori, almeno da quando ho memoria di vicende simili, hanno sempre agito così. E le ragazze, sul famoso sofà, si accomodavano consapevoli. Avevano fretta di arrivare». Inutile girarci intorno, insomma: Weinstein «era un produttore potente come pochi e sporcaccione come moltissimi altri, ma «il fatto che la storia «sia venuta fuori con questa virulenza soltanto adesso, accompagnata da decine di testimonianze, non può essere casuale».
Riequilibra il quadro la scrittrice Giulia Blasi, che senza scadere nei luoghi comuniinvita all’empatia: «provate a essere una ragazza di ventun anni, minuta, davanti a un bestione in accappatoio che ha più potere su di te di chiunque altro», suggerisce. Di fronte a personaggi così «tu non sei niente, non sei nessuno». E, chiosa, purtroppo è successo a molte donne, che poi non parlano. «Perché – rileva la Blasi – quando denunci qualcuno di straordinariamente potente, un centro gravitazionale del tuo universo, rischi di distruggere la tua vita e quella delle persone che hai intorno. Perché non posso provare niente. Perché è la mia parola contro la sua».
A Oxford, presso il Balliol College, la Christian Union – l’associazione di studenti cristiani, uno tra i gruppi universitari più frequentati – si è vista negare uno stand alla fiera delle matricole, la settimana in cui i nuovi iscritti vengono a contatto con le attività proposte dalla sede universitaria. La motivazione addotta dagli organizzatori, segnala il Corriere, è che la fede cristiana «procura danno» e propaga «l’omofobia e il neocolonialismo». Una strana «intolleranza in nome dell’inserimento», ha commentato la docente Joanna Williams.
Intanto negli Usa, all’Università di Princeton, pare che il gruppo di studenti evangelici non si chiamerà più così: il termine “evangelico” verrà eliminato in quanto, è stato obiettato, porta una “percezione negativa”.
Il Manifesto, in un servizio dal sapore militante, racconta che il Brasile è diventato “evangelico e omofobico”: la “lobby politico-spirituale”, secondo il quotidiano, è in ascesa e “riempie il vuoto creato dagli scandali di corruzione creando un clima di odio verso i gay e imponendo l’insegnamento religioso a scuola”.
Porte aperte racconta la vicenda di un pastore evangelico kirghizo, ex-musulmano, la cui azienda agricola subisce dalle autorità locali un boicottaggio che mira a costringerlo ad abbandonare la regione.
Gli Usa hanno espresso l’intenzione di ritirarsi dall’Unesco per protesta nei confronti delle posizioni anti-israeliane su cui è stabilmente attestata l’agenzia (e, secondo il Foglio, non hanno nemmeno tutti i torti). Nelle ultime ore anche Israele ha dichiarato di voler seguire l’esempio di Washington.
In Sudamerica – racconta La Croix – le chiese evangeliche, facendo leva su un numero di credenti sempre più numeroso, si organizzano per far sentire la loro voce nella società.
Vicende italiche. Lidl concede il bis. Ricorderete che questa estate il discount alimentare aveva fatto scalpore per aver usato le cupole blu di Santorini cancellandone le croci per non urtare la sensibilità della clientela. A pochi mesi di distanza, Lidl ha raddoppiato: nel supermercato di Camporosso, in Liguria, è comparsa una foto del borgo di Dolceacqua e, anche stavolta, dalla chiesa e dal campanile sono scomparse le croci. Il reclamo del sindaco locale sembrava destinato a cadere nel vuoto, almeno fino a quando la vicenda non è finita sui giornali. A quel punto la risposta del gruppo commerciale è arrivata: «Nessuna strategia di marketing – hanno minimizzato da Lidl -, una semplice svista di cui ci scusiamo con i nostri clienti e con gli abitanti di Dolceacqua. L’immagine verrà rimossa e sostituita immediatamente».
In settimana ha fatto scalpore anche un programma Rai dedicato all’utero in affitto. Un programma che è parso troppo schierato a favore della pratica – condannata, per motivi medici e psicologici, da numerosi esperti e vietata in quasi tutti i Paesi del mondo – tanto da convincere diverse associazioni a scrivere alla Rai per chiedere una puntata riparatoria.
Da segnalare anche un dato pubblicato dalla Stampa: otto milioni di italiani soffrono di depressione. Un numero decisamente allarmante.
Cronache locali. Il Corriere racconta che alle prossime elezioni siciliane sarà candidato anche Pietro Garonna, definito dalla testata “teologo pentecostale”; se ne parla perché sulla scheda elettorale il candidato si presenterà come “Pietro Garonna detto Armao”. Per chi si fosse perso le puntate precedenti: Gaetano Armao è stato il candidato in pectore di Forza Italia per la presidenza della Regione, fino a quando Berlusconi non ha dovuto fare un passo indietro e convergere sul nome di Nello Musumeci per tenere insieme la coalizione di centrodestra. A quel punto Armao è uscito dalla competizione, ma il suo nome, grazie a Garonna, non scomparirà dalle liste. Possibile? Tecnicamente, sì: la legge prevede la possibilità di aggiungere un nome – o un nomignolo – sulla scheda per facilitare gli elettori (forse l’esempio più famoso è quello di “Giacinto Pannella detto Marco”, dato che con il nome d’anagrafe nessuno avrebbe riconosciuto il noto leader dei radicali). Usare questa opzione in modo diverso non è illegale, ma può risultare equivoco: come rileva un sito locale, «quel “detto Armao”, al fianco di Pietro Garonna appare quasi incomprensibile»: non solo “confonde”, ma potrebbe far sembrare il candidato come “un prestanome”.
L’interessato ha risposto agli addebiti dichiarando al Corriere che lui e Armao sono “la stessa cosa”, e affidando a una dichiarazione video (grazie a Barnaba R. per la segnalazione) una spiegazione più articolata: «vedo che molti oggi giocano sul cognome, “detto Armao”; noi volevamo lanciare un messaggio diretto […] abbiamo voluto mettere il “detto Armao” per specificare che Garonna non era candidato: si è candidato per Gaetano Armao».
Rubrica appuntamenti. Con sabato 14 ottobre i valdesi conservatori riprendono i loro culti mensili.
Per il 28 ottobre è in programma a Roma un intenso programma dedicato al cinquecentenario della Riforma: la giornata si articolerà tra tavole rotonde, presentazioni, concerti e culti.
Spiccioli dagli archivi. Interessante panoramica di Piero Boitani che nel 2012 sul Sole 24 Ore rifletteva su come la Bibbia – la sua interpretazione, l’applicazione, la percezione – abbia influito nella storia dell’Occidente.
Parentesi di costume. Vittorio Zucconi su Repubblica racconta la fede della nuova America: la religiosità tradizionale, annota Zucconi, è “in netto declino”, mentre si fa strada una «nuova spiritualità che si esprime nella frequentazione di circoli di yoga e associazioni», una “religiosità elastica” che fa da “contraltare al crescente fanatismo integralista” dove si confondono costruzioni monumentali, attrazioni da luna park e “formidabili ciarlatani”, con ripercussioni anche sul piano politico.
Dati che fanno riflettere: a margine del dramma di Las Vegas, il New York Times ha messo in fila (letteralmente) il numero di decessi causati negli Usa dalle armi da fuoco.
Da questa parte dell’Oceano invece la Francia non riesce a trovare un equilibrio: ormai, spiega Il Foglio, «l’accusa di islamofobia è un’arma» che perdona all’islam qualsiasi comportamento vietato agli altri.
Angolo cultura. La celebre Wycliffe Associates, associazione internazionale per la traduzione della Bibbia, annuncia che ha contribuito a lanciare 383 nuove versioni delle Sacre Scritture negli scorsi dodici mesi.
Dan Brown torna in Italia per presentare il suo nuovo libro, e azzarda una previsione: «io penso che, grazie alla diffusione mondiale che oggi Internet consente, entro qualche decina di anni non ci sarà più bisogno di credere nell’esistenza di un Dio. Oggi nessuno crede più in Zeus, Vulcano, Posidone. Fra poco anche il Dio cristiano sarà relegato nei miti». Così parlò l’uomo che fece fortuna spaziando tra leggende e miti.
La Stampa ricorda che nell’agosto di 120 anni si riuniva il primo congresso sionista, animato da Theodor Herzl.
Pagina spettacoli. Liam Gallagher, ospite a un programma radiofonico della BBC, ha improvvisato a sorpresa un brano cristiano del Settecento, “We plough the fields, and scatter” (“Ariamo i campi e seminiamo”).
Sempre dall’Inghilterra giunge la notizia che la Sony sta preparando un film di animazione dedicato al Natale; sarebbe la prima pellicola a tema spirituale dall’ormai lontano 1998, quando uscì Il principe d’Egitto.
Il Post, ricordando i cento anni dalla nascita di Thelonious Monk, fa presente che le prime performance del mitico jazzista avvennero suonando l’organo a seguito di un predicatore, un’esperienza che gli permise di imparare “una quantità sconfinata di canti gospel”, essenziale per caratterizzare il suo futuro stile.
La prossima partecipazione di Stefano Rigamonti allo Junior Eurovision Song Contest è stata raccontata anche sulla Stampa. E intanto la sua “Raro come un diamante” supera il milione di visualizzazioni (e ascolti) su Youtube.
Avrete notato che, quando scompare un personaggio noto, sui media riecheggia sempre una frase: “negli ultimi tempi si era avvicinato alla fede”. In un certo senso potremmo dire che nemmeno Hugh Hefner ha fatto eccezione: l’autore cristiano Lee Strobel ha raccontato infatti di aver potuto parlare del vangelo al fondatore di Playboy a margine di un’intervista. Hefner non conosceva le convinzioni di Strobel, ma pare si sia dimostrato interessato al tema.
Voci dal web fuggite. Vittorio Sgarbi – insieme a molti novelli savonarola nostrani – se l’è presa con un Bergoglio sempre più borderline: «sembra che il Corano e la Bibbia siano state entrambe scritte dagli stessi Apostoli» sono le parole attribuite al papa dal critico d’arte. In realtà il papa non ha mai detto niente di simile: la dichiarazione è stata diffusa da un sito di pseudoinformazione e la notizia (verificare è semplice) è stata smentita da diversi siti.
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