Lutero e la musica sull’Osservatore romano

By 6 Febbraio 2017Focus

In occasione dei 500 anni della Riforma, Sergio Militello propone sull’Osservatore romano «una breve riflessione sull’operazione musicale della Riforma, dal momento che lo stesso Lutero beneficiò di un’ottima educazione musicale, letteraria e poetica».

Militello ricorda il Lutero cantore, compositore, che “per oltre un ventennio, tra il 1521 e il 1545, redasse canti spirituali”. Sul piano tecnico «la forma strofica senza ritornello fu una scelta attenta alle esigenze della riforma “popolare”, di cui i canti spirituali presentano melodie assai cantabili, non lunghe e incisive. Questo intento pragmatico di Lutero affonda, però, le sue radici in una precisa e ricca visione teorica, che si colloca nella concezione agostiniana della musica come donum Dei».

L’autore ricorda anche la “funzione unificatrice del canto: per il suo carattere comunitario, infatti, il canto corale forgia e rafforza l’unione tra i suoi esecutori”, amplificata dalla “introduzione con la Riforma della lingua vernacolare per facilitare ai fedeli la comprensione dei testi liturgici”, che è stata “una scelta d’avanguardia adottata solo secoli dopo anche dalla Chiesa cattolica”.

Il libro dei canti, nelle chiese evangeliche, diventa “assieme alla Bibbia, uno strumento tradizionale e un costume ecclesiale e familiare”, e i repertori di brani si sviluppano “a ritmo impressionante”. In ambito calvinista «i cosiddetti salmi ugonotti divennero una vera e propria bandiera confessionale, diffondendosi, tradotti nelle rispettive lingue o dialetti, in diversi paesi d’Europa», e vennero utilizzati «anche in comunità piccole, come la Chiesa evangelica valdese».

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